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C’era una volta uno che scriveva un blog di dubbio gusto

Si potrebbe pensare che mi stia disaffezionando a questo blog.
Si potrebbe avere ragione nel farlo.
Io potrei avere ragione nel farlo.
Ma non lo sto facendo.
Non lo sto pensando.
Non sto pensando a niente, ultimamente.
Non ne ho le forze, la voglia e probabilmente le possibilità.
In questo momento ho un mal di testa apocalittico.
Sto vivendo la serata cercando di ignorarlo, distaccandomene.
Diciamo che l’operazione non sta dando propriamente i suoi frutti.
Diciamo che poco sta dando i suoi frutti ultimamente.
Soprattutto se si toglie dal canestrello di vimini la stanchezza, prodotto di scarto della reazione chimica che è la mia vita e che, come vuole la teoria, sposta causa accumulo l’equilibrio della reazione verso sinistra.
Non so bene per quanto andrò avanti a scrivere, questo post sta prendendo i connotati di quelle belle paginette deliranti che ho sempre scritto, anche se oggi meno frequentemente di ieri.
Per evitare di essere sorpreso dalla fine del mio scritto prima di poterlo dire, lo scrivo subito: sono sinceramente contento per voi, amici. Per tutti e due.
Per altre cose sono deciamente meno contento.
La CEI oggi ha detto che vanno presi provvedimenti per la questione rifiuti.
Il papa giorni fa ha detto che è ora di finirla col precariato.
Attendo un’enciclica di Bertinotti, giusto per chiudere il cerchio.
Ecco, son bastate due righe a togliermi la voglia di scrivere.
Mavvaffanculo.

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