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Aprile 2008

Goggle Hit List [Aprile 2008]

Questo mese credo di avere la classifica più bella di sempre.
Per questo evito commenti ed aggiungo solo una ricerca che non entra in classifica perchè troppo superiore: santachè pompini.

1 – non si vive di solo pane ma anche di pane
2 – classifica delle pillole anticoncezionali leggere
3 – macchina per fare i pompini
4 – dove comprare un ventilatore polmonare
5 – water con doccino
6 – aggettivo qualificativo per ogni mese
7 – aggiungere cuori teschi alle foto
8 – come fare soldi facili in ticino
9 – immagini di pareti imbiancate con tecniche originali
10 – tesi su torta caprese

Nota: aggiornate le sezioni “musica” e “link”

Come da pronostico

Se Dio esistesse e suonasse in una band, suonerebbe nei No Use For A Name.
Punto.
Fine della storia.
“On The Outside” è in assoluto la canzone che tira più in mezzo eseguita dal vivo.
“Coming Too Close” è da sempre il pezzo su cui mi è più difficile non piangere ascoltandolo live.
E poi loro suonano bene nonostante il posto (il Musicdrome è veramente indescrivibile), suonano tirato, suonano una scaletta di soli singoli che neanche Vasco potrebbe permettersi, suonano con attitudine.
Anche nel finale, quando fanno due pezzi a richiesta tra cui una “Don’t miss the train” di cui non ricordano pressochè nulla.
Io sarò di parte, è vero, però cazzo dal vivo sono sempre supremi.
Sempre.
Checchè ne dica il Bell’uomo, che comunque ringrazio per la compagnia e la bella serata.
Da bravo ultrafan ho presenziato anche al pre serata acustico del Quorter di Legnano, acquistando il disco nuovo e approfittando per farmelo autografare.
Come detto, io sono di parte.
Però, cazzo, gran concerto!

Ansia

La serata di festa per il mio compleanno, indetta per Sabato, sta assumendo i toni cupi della tragedia.
Si è innescato un meccanismo perverso che ha portato le mie già poco affidabili colleghe Paola e Monica a contattare alcuni miei amici.
Ori, Peich e Max, per la precisione.
Gente che dovrebbe stare in galera, per intenderci.
La cosa però non è finita qui.
La certezza matematica della totale debucle che subirò Sabato è che il tutto è foraggiato da mia madre.
Mia madre credo sia la peggio, tra tutti.
Ho seriamente paura di ciò che andrà a capitarmi. Ringraziando il cielo Peich, che insieme ad Ori è l’elemento cerebralmente più instabile, Sabato sarà per mare con la sua barchetta.
La speranza è che affondi.
E che ci siano squali nei paraggi.
E coccodrilli, murene, piranhas e magari anche il re degli animali, come accadde a Lance Murdock in una celebre puntata dei Simpson.
L’ansia che mi pervade in attesa dell’evento è decisamente a livelli preoccupanti. E’ capace di prevaricare l’angoscia scaturita dalla schiacciante vittoria di Berlusconi alle politiche unita al trionfo della Lega Nord, per dirne una.
Ignaro del mio destino quindi colgo l’occasione per dire un paio di cosette:
1- Intorno a mezzanotte, se sarò ancora vivo, l’idea è di andare a ballare un po’ di sana house. La destinazione dovrebbero essere i Magazzini Generali, ove ho scoperto non esserci selezione all’ingresso. L’alternativa è il Karma, sconfitto al momento per via del costo ingente. Chiunque abbia intenzione di aggregarsi alla serata danzante è ben accetto. Chiunque si batterà per fare in modo che io ci arrivi, alla serata danzante, è un eroe. Chiunque stia tramando nell’ombra insieme agli altri senza che io lo sappia, spero Sabato sia in barca con Peich.
2- Grazie a coloro che hanno organizzato la festa. Lo dico ora perchè non credo poi ne avrò ancora l’intenzione a giochi conclusi.
Ok, ora vado a letto a guardarmi un film nel tentativo di distogliere la testa dal mio imminente destino.

“While you’re taking your time with apologies, I’m making my plans for revenge”

Oggi è stata una bella giornata

Dall’inizio alla fine.
Mi sono divertito, ho riso, ma soprattutto dopo diverso tempo mi sono sentito meno “solo”.
Ed è stato bello oltre ogni limite.
Grazie a tutti coloro che mi hanno fatto stare bene.
Manq non dimentica.
E poi sono arrivati due regali.
Max mi ha regalato questo.
Le mie colleghe amiche Paola e Monica (che per dirla alla Frangetta maniera: “Sono troppo delle pazze!”) mi hanno regalato questo facendomelo recapitare in veste ufficiale dalla segreteria.
Due regali enormi.
Ora è tempo di andare a letto.
Ho ventisette anni.

Music, I promise

Reduce dalla serata “Phard Rock” del Rocket mi appresto a mantenere la promessa fatta soprattutto a me stesso di ridare spazio alla musica su questo blog. Certo però che prima di cominciare due cose sullo show di Barbarella bisogna proprio dirle. La prima è che lei è imbarazzante. E’ totalmente incapace di mettere i dischi ed è ancora peggio come vocalist. Arriva addirittura ad irritare.
Almeno fosse figa.
La seconda è che proprio a Barbarella vanno fatti i complimenti perchè senza saper fare nulla di nulla e senza essere la Fabiani è riuscita a diventare una star del mondo “pseudo-alterna-indi-rockcomemianonna-facciocosevedogente” di Milano. Non che sia un traguardo eclatante, ma viste le potenzialità c’è solo da esserne contenti.
Bene, ora mi lancio sul topic del post.
Ultimamente mi sono rimesso ad ascoltare un po’ di musica. Non che io abbia mai smesso, semplicemente avevo accantonato la parte della ricerca e della curiosità, quella che ti spinge a girare per la rete a leggere recensioni e ti porta a scaricare il disco di quella band che è simile a quell’altra band che fa un genere che sulla carta potresti anche apprezzare.
Solitamente il processo mi porta a mettere le mani su roba che poi mi fa abbastanza schifo, ma capita anche di trovare materiale interessante e quando questo succede, puntualmente, la soddisfazione è doppia. Oltre a questa attività di ricerca poi, mi sono gettato anche su qualche “nuova uscita” che per paura o per pigrizia ancora non avevo approcciato.
Questo per dire che carne al fuoco ce n’è, indi è bene incominciare.
Il primo disco di cui voglio parlare è quello con cui sono più in trip al momento: “The feel good record of the year” – No Use for a Name. Per me è stato un ritorno di fiamma, dopo la delusionissima di “Keep Them Confused”, disco sentito una volta e subito dismesso non senza risentimento verso una band a cui sono da sempre molto legato. L’impressione che avevo era che, semplicemente, i No Use avessero finito quel che avevano da dire e avessero iniziato a sfornare dischi fotocopia che, esattamente come le fotocopie, perdono in qualità con l’andare delle riproduzioni. Per questo è con un certo grado di paura che mi sono accostato al nuovo lavoro, invogliato più che altro dal titolo geniale che gli hanno dato.
Pochi secondi e parte “Biggest Lie”.
Subito la paura passa.
A mio parere l’open track del nuovo disco è un pezzo della madonna.
Un “Invincible”, un “On the Outside”, un “Not your savior” per capirci.
Uno di quei pezzi che mi hanno portato ad amare questo gruppo, uno di quei pezzi che puoi ascoltare in loop senza stancarti e cantando sempre più forte, uno di quei pezzi che mettono a rischio la patente se stai guidando.
Il disco poi prosegue con altre tredici tracce che riescono a far combaciare il suono classico del gruppo e la voglia di qualcosa di nuovo senza far storcere il naso nè dando l’impressione di essere di fronte ad una rivisitazione di ciò che è già stato scritto. E’ chiaro che essere originali facendo un CD HC melodico non è semplice, soprattutto se questo è il nono che si sforna in quasi vent’anni, e quindi già non annoiare è da considerarsi un buon risultato. “The feel good record of the year” però va oltre perchè a me addirittura piace. Per questo, data per assodata la partecipazione al concerto del 21 Aprile al Musicdrome, è facile che mi prenda mezza giornata di ferie per vedermi anche lo showcase acustico che faranno il pomeriggio dello stesso giorno, perchè se su disco qualche passo falso l’hanno anche fatto, dal vivo hanno sempre spaccato. Sempre.
Stesso approccio, ma diverso risultato per un altro macigno della mia gioventù: Millencolin – “Machine 15”. Non posso parlare di delusione perchè su di loro non facevo proprio più conto, tuttavia un po’ di amarezza ce l’ho visto che l’estratto che mi era capitato di sentire prima del disco, “Brand New Game”, è un bel pezzo, capace di colpirmi soprattutto per il testo decisamente toccante. Il resto del disco però è semplicemente roba che non mi piace, roba che non fa per me. In questo caso, l’adesione all’evento live è già più in discussione perchè sebbene l’ultima volta che li ho visti in un concerto “tutto loro” abbiano sfoderato uno dei migliori live cui mi sia capitato di assistere, sta volta le premesse per un fiasco sono ampie. “Kingwood” come disco era mille volte meglio pur essendo mille volte peggio di quel che avrei voluto da loro e questo non è poco. Credo che la discriminante per la mia adesione sarà prettamente economica.
Ora vado invece a parlare di due mie nuove scoperte. La prima sono i My Own Private Alaska, gruppo scelto anche per la sezione multimediale di questo mese.
Sono un trio: pianoforte, batteria e voce e sono fenomenali.
Davvero.
Io sono riuscito a trovare solo tre brani loro, poichè l’omonimo EP è scariabile per intero, ma protetto da password che al momento non sono ancora riuscito a decrittare, tuttavia sul loro myspace è possibile ascoltare “Ego Zero”, un’ulteriore prova, forse la più grande, della loro valenza. Struggente, malinconica, pregna di una carica emotiva fuori dal comune. Definire il genere eseguito dal terzetto è difficile, a naso direi screamo/post HC, ma potrei dire stupidate, sta di fatto che l’antagonismo spiccato tra le morbide e sinuose linee di piano e la voce straziante del cantante coinvolgono al primo ascolto pur non trattandosi di roba prettamente fruibile.
Secondo me valgono veramente molto.
La seconda scoperta invece è un po’ meno motivo di vanto, visto che si tratta di un disco uscito nel 2006. Trattasi di “Insomniac doze” degli Envy. Documentandomi ho appreso che gli Envy sono una formazione nipponica da sempre dedita all’emo hardcore puro e semplice, che però con questo disco ha voluto fare un tuffo nel post-rock. Atmosfere evocative, tempi dilatati e pezzi interminabili sulla scia di Godspeed You Black Emepror, Mogwai ed Explosion in the sky, uniti alla carica emotiva e dilaniante delle grida che il cantante alterna a parti quasi parlate e realmente commuoventi (o commoventi?).
Tutto, ovviamente, in giapponese stretto.
“Further Ahead of Warp” è la prima traccia del disco e secondo me merita un ascolto approfondito.
E’ veramente molto bella.
Avrei voluto parlare anche di altri dischi come il “nuovo” Coheed and Cambria e il “nuovo” Linea 77, ma penso di essere già andato fin troppo per le lunghe.
Sono ufficialmente morto di sonno e seriamente in dubbio se uscire o meno sta sera.
Domani grigliata.
Questa è l’unica cosa che scriverò, riguardo a domani.