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Maggio 2012

Blackwater

Domenica sera la HBO ha trasmesso il penultimo episodio della seconda serie di Game of Thrones. Si intitolava “Blackwater” e narrava le vicende dell’omonima battaglia avvenuta tra i Lannister, arroccati ad approdo del Re, e le truppe di Stannis Baratheon.
Questo episodio, con la dovuta moderazione di giudizio, è essenzialmente la roba più grossa che sia mai stata trasmessa in una serie TV. Cinquantaquattro minuti di tensione devastante, paura, ansia e adrenalina. Cinquantaquattro minuti di pelle d’oca, che, può sembrare assurdo, tocca l’apice sui titoli di coda.
Non: “appena prima dei titoli di coda”. Durante.
“The rain of Castamare” io non me l’ero mai immaginata, ma mi son bastate due note per realizzare come non potesse che suonare così. E già piango all’idea di quando la sentirò di nuovo.

And who are you, the proud lord said,
that I must bow so low?
Only a cat of a different coat,
that’s all the truth I know.
In a coat of gold or a coat of red,
a lion still has claws,
And mine are long and sharp, my lord,
as long and sharp as yours.
And so he spoke, and so he spoke,
that lord of Castamere,
But now the rains weep o’er his hall,
with no one there to hear.
Yes now the rains weep o’er his hall,
and not a soul to hear.

La mia lista dei 10 pezzi degli anni ’90.

Io sono una persona che cambia umore e idea ogni due secondi.
Ieri, bazzicando quei quattro/cinque blog che quotidianamente leggo, è saltata fuori questa cosa del fare una lista di dieci canzoni degli anni ’90. O meglio de “Le 10 canzoni degli anni ’90” che definiscono l’epoca. Tipo che al solito la cosa è partita da questo post di Bastonate ed è stata ripresa in simultanea da quest’altro post su Junkiepop. Io, come dicevo, prima di mettermi a stendere il post che segue ho attraversato diverse fasi.
La prima cosa che ho pensato è stata: “Figa lo faccio subito anche io.”.
La seconda è stata: “Mmmhh, no. Lascio perdere. Che poi tanto farei una lista di 10 pezzi HC melodico. Anzi questo mi fa venire in mente che da mesi dico di voler fare due o tre post monografici in cui metto insieme due o tre compilation dei generi che più mi hanno preso da che ascolto musica.”.
Fase tre: “Sta cosa delle monografie è figa, però potrei comunque fare quella lista dei dieci pezzi. Anche perchè, pensandoci, dieci pezzi dei miei anni novanta non devono per forza essere dieci pezzi HC melodico. C’è un botto di roba che per me riassume gli anni ’90. Lo faccio.”.
Così è. Ok, ci sarebbe anche tutto un sotteso di pare dovute al non voler dare l’impressione di quello che tenta in tutti i modi di inserirsi in un certo contesto sociale, ma su quello è meglio sorvolare, che siamo tutti adulti. Comunque la regola del gioco è facile: 10 canzoni, LE 10 canzoni che identificano gli anni ’90. Niente elettronica (complicato) e niente rap (easy). Se a casa ho tempo linko i video, che da qui è un delirio. Altrimenti basta andare su youtube facendo copia-incolla.

The offspring – Self esteem
Spiega: tutto inizia da lì. L’adolescenza, affermare la propria personalità omologandosi a trend cui però si omologano solo in pochi. Sto disco è uscito il giorno del mio tredicesimo compleanno. L’ho scoperto adesso. 1994.
U2 – Discoteque
Spiega: gli anni del liceo. Io, Ciccio e gli evidenziatori battuti sul banco a ritmo, durante le lezioni. Rappresentanti di classe. “La Vecchia” che interroga in Italiano, il voto di grammatica che da oggi pare non conti più, il panico in classe, io e Ciccio impreparati come tutti, ma investiti da un senso del dovere che boh. Ci offriamo noi e prendiamo a testa altissima un 5 che in altre circostanze sarebbe stato un 4. La Vecchia che, in cuor suo, aveva apprezzato il nostro sacrificio. 1997
NOFX – Bleeding Heart Disease
Spiega: i NOFX sono il mio gruppo anni novanta se ce n’è uno. Negli anni novanta non c’era internet, non c’erano gli mp3 e i dischi dovevi farteli passare da qualcuno. A me dei NOFX han passato “Heavy petting zoo” e siccome ero giovane, non leggevo le riviste con le recensioni e non frequentavo tutta quella massa critica del “si però rispetto a Punk in drublik è un disco di merda”, a me “Heavy Petting Zoo” ha spaccato il cuore in due. 1996.
Blur – M.O.R.
Spiega: negli anni ’90 impazzava il brit-pop. Oasis vs. Blur. A me non fregava un cazzo, ma pareva che non si potesse non avere opinione in merito, allora. Scelsi i Blur perchè mi piaceva “Song 2” e così comprai il disco. Solo che M.O.R. era più figa. 1997.
Derozer – Branca day
Spiega: la prima vacanza da solo io l’ho fatta con gli amici in puglia, in un villaggio che per l’occasione era stato dato interamente a disposizione a studenti delle scuole superiori. Si chiamava tipo “Student’s village”. Nella top 3 delle mie esperienze di vita. La sera si ballava e mettevano la dance per quasi tutto il tempo, ma all’improvviso potevano partire dieci/quindici minuti di rock ed era il degenero. Tipo Robi s’è spaccato un labbro nel pogo e il medico del villaggio voleva dei soldi per ricucirlo, quindi s’è tenuto lo sbrego premendoci sopra una lattina di the alla pesca. In quei minuti questa andava fortissimo. Io limonavo con una che se ci penso mi stimo molto poco. 1995.
Marilyn Manson – The beautiful people
Spiega: negli anni novanta era bello essere contro qualcosa. Io ero contro il metal. Presente quella diatriba per cui se ti piace il punk ti devono stare sul cazzo i metallari? Ecco, a me girava così e non era un grosso problema perchè il metal mi faceva abbastanza cagare davvero. Dovevo solo negare di aver ascoltato “Master o puppets” e “Fear of the dark”, innocentemente registrati sul b-side delle cassette dei NOFX e dei RANCID prima di scoprire che non si poteva fare. Insomma, Marilyn Manson era un simbolo contro cui andare e io mi ci scagliavo volentieri. 1996.
Lit – Zip-lock
Spiega: gli anni ’90 erano gli anni dello stare bene e questo disco è il disco dello stare bene. Poi se a 17 anni vai ad un concerto è c’è uno che suona la chitarra con un vibratore, diventa idolo per forza. 1999.
883 – Gli anni
Spiega: come fosse possibile vivere di ricordi a diciannove/vent’anni io ancora non me lo spiego. Però ce la si faceva abbondantemente e Max era un po’ il nostro mentore, da questo punto di vista. Nessuno che ha mai neanche visto un paio di Roy Rogers o una partita del grande Real, però la si cantava tutti insieme ricordando non si sa bene quale glorioso passato. 1995.
No Use for a Name – Not your savior
Spiega: velocità. L’HC melodico era la mia risposta al bisogno di velocità di quegli anni. Il tentativo di evolversi rispetto alla base, di sviluppare un gusto proprio, ma contemporaneamente il rendersi conto di preferire pantaloni corti e cappellini da baseball a chiodo e spille da balia. Essere e aparire. 1999.
Blink 182 – Josie
Spiega: negli anni novanta ero un teen-ager e volevo una ragazza. Grazie al cazzo. La cosa è che io la volevo proprio così, pure che del testo capivo si e no una parola ogni cinque. 1997.

Ecco la mia lista dei 10 pezzi che definiscono gli anni ’90 per come li ho vissuti io. L’ho scritta di getto, potrei già volerla cambiare, ma va bene così. Comunque i post con le compilation li farò, prima o poi.

Consenso informato

Da Wikipedia:
“In Italia, qualunque trattamento sanitario, medico o infermieristico, necessita del preventivo consenso del paziente; è quindi il suo consenso informato che costituisce il fondamento della liceità dell’attività sanitaria, in assenza del quale l’attività stessa costituisce reato. Il fine della richiesta del consenso informato è dunque quello di promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle decisioni mediche.
Il malato può decidere se vuole essere curato per una malattia e ha il diritto/dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute, chiedendo al medico ciò che non è chiaro; inoltre deve avere la possibilità di scegliere, in modo informato, se sottoporsi a una determinata terapia o esame diagnostico. In qualsiasi caso il consenso informativo va allegato (pinzato) alla fattura per legge.”

Diversi comitati etici, in italia, non vogliono che nel consenso informato su trattamenti in fase sperimentale compaia la dicitura cancro o tumore. Molto meglio neoplasia.

Qualche battuta su M^C^O

Premessa d’obbligo: da giorni sento parlare di questa iniziativa senza essermene mai curato fino ad oggi, quando la vicenda è diventata di mio interesse per una serie di ragioni che esulano da cosa sia Macao. Ad ogni modo, riassumendo, quanto accaduto è che un gruppo di persone ha occupato un grattacielo sfitto nei pressi della stazione Centrale di Milano allo scopo di creare un “centro per le Arti di Milano”. L’iniziativa (leggo da varie fonti internet, resto apertissimo a smentite o correzioni) ha il duplice scopo di dare alla città uno spazio culturale sicuramente necessario e utile e di sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina e non solo verso una categoria di addetti ai lavori le cui condizioni contrattuali sono spesso indecorose.
Questa mattina, se non erro circa dieci giorni dopo l’occupazione, le forze dell’ordine hanno sgomberato l’edificio. Immediatamente, sui vari social network e su qualche organo di stampa, s’è aperto un mondo di botta e risposta, di riflessioni e, chiaramente, di insulti intorno alla vicenda Macao.
La mia analisi vuole partire da un twitt dei 99 Posse che recita: “Chi sgombera un posto occupato è un fascista. Pisapia giù le mani da #macao”. A me, nel 2012, star qui a discutere di fascismo vs. occupazione fa abbastanza tristezza. Per quanto il movente dell’iniziativa Macao sia condivisibile (e per il sottoscritto, da quando ne è a conoscenza, lo è parecchio) il metodo con cui lo si voleva portare in essere è sbagliato. Occupare per il sottoscritto è un’azione violenta e illecita che non trova mai giustificazione, nemmeno con tutte le grosse attenuanti del caso. La scarsa adesione alla realtà di chi grida al fascismo e accusa il sindaco di Milano oltretutto è disarmante. Lo stabile occupato non è del comune, è della famiglia Ligresti. Fatta richiesta di sgombero al comune e alle forze dell’ordine non resta che prendere atto e agire per far rispettare la legge. Il punto infatti è che occupare i beni immobili altrui è illegale, quindi facendolo si fa un danno alla causa. Oltretutto si accusa Pisapia di “risposta ottusa” quando, stando sempre a quanto leggo, il sindaco si dice disposto ad incontrare i ragazzi di Macao e discutere coi suoi assessori di una possibile risoluzione del problema. Ora, secondo me è dovere di un sindaco porsi in questi termini di fronte ad una evidente necessità dei cittadini, ma non so quanti altri sindaci sentirebero questo dovere in seguito ad un’azione fatta nel pieno diritto e nella tutela della legge.
Personalmente trovo molto meno corretto e giusto l’appoggio che Boeri e la giunta di Milano hanno dato, a parole, all’iniziativa nei giorni precedenti lo sgombero. Avvallare un’iniziativa autogestita che occupa spazi non suoi senza il diritto di poterlo fare è sinonimo di non curanza verso un problema. E’ dire ai cittadini di arrangiarsi. E’ creare ancora più confusione sui piani leciti e illeciti di una battaglia sociale. E’, anche e soprattutto, un tentativo di ottenere il massimo risultato senza sporcarsi le mani. Questo non va bene ed è di questo che si dovrebbe parlare. Verificata l’esigenza di Milano e dei suoi abitanti nell’avere spazi da dedicare alla cultura tu, comune, devi impegnarti per farli saltare fuori. E’ lì che la lotta si deve combattere, spaccando il cazzo in comune, facendosi sentire e portandoli a mantenere gli impegni presi. Altrimenti la società civile muore e si passa alla legge del più forte che, manco a dirlo, contro i Ligresti di turno ci vedrebbe sconfitti comunque.
Lo so, il mio sembra il classico discorsetto di chi se ne sta sicuro dietro la tastiera, ma nel mio piccolo ho provato a relazionarmi con un comune per ottenere spazi e organizzare manifestazioni culturali che vanno al di fuori dell’interesse dei più. Cazzate eh, piccole cose, ma ottenute con grande sforzo e grande lavoro di dialogo, mediazione, interazione e via dicendo. Tutta roba molto più complessa dello sfondare la porta di un edificio abbandonato.
Poi oh, l’Italia è anche questo. Venti persone sgomberate da un edificio e ventimila che protestano su twitter.

Facciamo quello che ci viene dal cuore

Ieri sera sono andato a vedere i Derozer al Nautilus di Cardano al Campo.
Lo stesso posto dove, qualche mese fa, sono andato a vedere gli Shandon. Suonavano con altri due gruppi. Il primo l’ho rimosso, il secondo erano i Gerson, band di cui sento parlare da anni e che inspiegabilmente non mi era mai capitato di beccare live. Inspiegabilmente non tanto perchè siano una band imperdibile, quanto perchè mi pare siano in giro da un po’ e per i posti che frequento non averli mai incrociati è strano. Al banchetto regalavano un CD raccolta di pezzi tra 2002 e 2007. L’ho preso e prima o poi magari lo ascolto anche, ma non mi spingerei oltre. Di loro comunque ricorderò la cassa drittissima in tutti i pezzi, una cosa alienante.
Ad ogni modo, questo post vuole parlare dei Derozer e quel che c’è stato intorno conta pochino. Ah no, ecco, un’ultima nota a margine la voglio scrivere. Prima del concerto il DJ del Nautilus ha passato un miniset pop-punk composto da pezzi abbastanza vari, anche recenti e senza mettere gli Offspring. Visti i commenti della scorsa volta, mi sembra giusto sottolineare questa positiva variazione sul tema. Detto questo, parliamo dei Derozer.

I Derozer sono la miglior band punk-rock italiana di sempre e per sempre, nei secoli dei secoli. Non ho ben chiaro da quanto fossero fermi, non ricordo l’ultima volta che li ho visti suonare. Forse era ad un Indipendent Day a Bologna o forse in un posto sotto un cavalcavia della Milano-Torino. Sicuramente tanti anni fa. Beh, li ho trovati in formissima. Han fatto un set tirato, con tantissimi pezzi, suonato con una carica disumana e a dei volumi smodati. Smodati. Ho cantato e gridato per tutta la sera e ci son stati momenti dove ero a tanto così dal correre sotto il palco. Dito alzato sempre, pelle d’oca spesso. E l’accoppiata “Vento” + “Lungo la strada” è stato un momento sublime. Come sempre Sebi compostissimo e Mendez geniale, con le sue gag sugli astemi, le pastiglie, il fumo e tutte quelle cose che dice da dieci anni a tutte le date. Facendo ridere sempre, ovviamente.
Concerto bellissimo, che spero di replicare a breve e che allevia un po’ il fastidio dell’essere rimasto fuori a Seregno un mese fa. Venerdì sera c’era la festa del Bloom di Mezzago e sarei potuto andare anche lì. Era gratis e suonavano mille gruppi di cui forse due li avrei visti volentieri. Ci sarà sicuramente stata una montagna di gente e avranno suonato la metà dei pezzi. Insomma, meglio così.
Chiudo con una nota sulla foto che ho messo qui sopra. Kekko, quello di questo blog e non di quest’altro, ha dato vita ad una nuova iniziativa che si chiama Pressappoco e consiste nell’andare ai concerti e scattare un’unica foto, bene o male che venga. Già che c’ero, col mio cellulare NON smartphone ho fatto lo scatto qui sopra e gliel’ho mandato. Robi col suo telefono ha fatto addirittura il video di “Murruroa”, ma avendolo girato di fianco a me, sarà una sorta di karaoke version. Coming soon on youtube.

The Avengers: un film con gli schiaffi

Venerdì sera sono andato, finalmente, a vedere The Avengers.
Io non sono un fan dei fumetti Marvel, non ne ho mai letti in realtà, e non sono tantomeno fan dei film che fino ad ora hanno tratto dai vari albi di supereroi. Per contestualizzare: al cinema credo di aver visto solo il Batman con Denny De Vito che fa Penguin e quello con Shwarzy che fa Mr. Freeze (sempre che non si tratti dello stesso film). In home video ho ampliato la mia cultura guardando i primi tre X-men, il primo Spiderman, l’Hulk con Edward Norton e i due Batman di Nolan. Ah, al cinema ho visto pure Watchmen, bellissimo, ma credo non sia una roba del tutto inerente.
Questo il mio background.
Riguardo The Avengers però ho sentito parlare tantissimo e solitamente sono tipo da non restare indifferente ai casi cinematografici di massa. Di conseguenza ho deciso di andare a vedere questo film ignorando bellamente chi fossero Iron Man, Capitan America, Thor, Occhio di Falco (SPOILER: non è Marotta) e la Vedova Nera.
Onestamente ero convinto di sapere solo chi fosse Hulk, perchè con mia nonna da piccolo guardavo un telefilm (ai tempi non si chiamavano serie tv) che ce l’aveva come protagonista. E’ tuttavia evidente che mi sbagliassi, perchè chi è Hulk io l’ho scoperto solo Venerdì.

Ora, viste le premesse e sommate alla mia totale ignoranza tecnica in ambito cinematografico, sono forse la persona meno adatta a scrivere di questo film. Se volete leggere qualcosa di fatto sicuramente meglio potete rivolgervi o a Junkiepop o a i 400 Calci, che è gente preparata.
Io però dico la mia da spettatore che si reca al cinema per vedere un film con i botti e le esplosioni e tonnellate di effettoni speciali e si ritrova di fronte a The Avengers. Il risultato è bocca spalancata, risate, applausi e tantissimo gasamento.
The Avengers infatti è, essenzialmente, un film con gli schiaffi. Tanti. Tantissimi. Tutti si menano con tutti in qualsiasi scena e contesto. Buoni con buoni, cattivi con cattivi, buoni con cattivi. La sequenza finale è un’insieme di pizze gigantesco ambientato in piena Manhattan, già candidata all’oscar come “Miglior attirce non protagonista” nel ruolo della demolita. Si sfonda tutto, senza ritegno e senza troppe remore, con Hulk ancora una volta padrone delle scene e nume tutelare delle mani in faccia. Che ok finchè si è tra simili, ma quando le appone ad una sorta di mega bacherozzo alieno grosso dieci volte lui sono applausi a scena aperta. E ancora non s’è visto tutto, a quel punto lì.
Quindi ok, Hulk capo supremo e dominatore della scena, ma il supporting cast non fa certo schifo. Iron man riesce ad interpretare agevolmente in un unica prova il 98% dei ruoli presenti in Independence Day. Buca solo Liv Tyler, ma per ovvi motivi di appeal sessuale (e solo da un punto di vista maschile, credo). Simpa, tarro e con il cazzo durissimo è quello che tutti pensano essere il protagonista fino a quando arriva Hulk a spiegare come stanno le cose sul serio. Perchè, forse non l’ho ancora detto, ma ad un certo punto dal nulla arriva Hulk. In moto. Secondo me c’è un buco gigantesco nel plot a quel punto del film, ma mentre scorrono quei dieci secondi in cui ti chiedi se davvero il buco c’è e di conseguenza come ci sia finito lì, lui è già verde e sta prendendo a sonori schiaffoni alieni colossali. E allora il dubbio ti passa e te ne fotti ampiamente. Almeno, io ho fatto così.
Dicevamo degli altri comprimari. Capitan America è sicuramente il più sfigato. Dotato dell’elasticità mentale di un talebano e provvisto di solida e massiccia scopa in culo, ad un certo punto fa quasi tenerezza col suo vestitino vintage e i suoi principi morali di sto cazzo. A fine film la Polly mi ha detto che era il suo personaggio preferito. La polly, per metà film, ha dormito (seriously). Ho detto tutto.
Quarto della lista è Thor, il semidio. Un pagliaccio che fa bella figura solo perchè di istinto lo si paragona a Capitan America, nei confronti del quale ha chiaramente una marcia in più. Hulk e Iron man però giocano un altro sport e questo deve saperlo anche lui. Certo che se, in un gruppo di sei, il semidio passa in secondo piano, non è che ti vien tanto da riconoscergli una bella figura, nel film. Ok, sali sul Chrysler building e attizzi fulmini a destra e a manca, ma quello verde sta già parcheggiando le cinque dita sui musi alieni da un po’ e dei fulmini nessuno in sala si cura più. Anzi, si ride quando Hulk trova due o tre secondi di pausa nella sua opera di devastazione per umiliarti.
Si chiude con i due sfigatz del gruppo, quelli che non hanno neanche il film introduttivo allegato. Una è Vedova Nera, aka Scarlett Johansson, per cui un qualsiasi film introduttivo non porno non avrebbe aggiunto niente alla questione. Ogni volta che la si vede in scena vien solo da pensarla intenta in qualche pratica zozzissima ed è bello che sia così. Non ho neanche capito bene perchè portarla in mezzo al macello, ma credo che sotto sotto tutti volessero semplicemente provarci. Bizzarramente però lei pare avere una simpatia di riguardo nei confronti di Occhio di Falco. Per evitare che a fine film la gente neanche si ricordasse di avercelo visto, gli sceneggiatori si inventano lo stratagemma di farlo giocare coi cattivi per un po’, dove fa anche la figura del crasto. Buon trucco, tutto sommato, anche perchè non è certo l’ultimo dei pirla. Vederlo tirare le frecce con un no look degno del miglior Chris Paul da un certo senso di godimento, nei momenti in cui Hulk non distrugge nessun grattacielo. Se poi, a contorno del contorno, ci sono un Fury arrogantissimo, un Loki più che degno nel ruolo del cattivo, e una portaerei volante invisibile (!!!), beh, è difficile chiedere di più.
Filmone, punto e basta.
La sua unica sfiga è che con tutta probabilità non sarà film dell’anno.