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Riflessioni

Ha ragione il Silvio

In Italia c’è un problema serio di informazione.
Purtoppo Berlusconi quando parla di questa cosa lo fa in toni ridicoli e adducendo motivazioni risibili, però leggendo i giornali non gli si può certo dare torto.
Notizia di ieri è l’ormai famoso “bambino inglese con tre genitori“.
Con notizie come questa in circolazione ci si può mai stupire del terrore che la ricerca scientifica causa nel 90% della popolazione che non ha mezzi e possibilità di farsi un’idea corretta in merito?
Vediamo di fare un po’ di chiarezza in ambito.
Per la delusione di molti devo subito chiarire che l’embrione in questione ha, come tutti, solo due genitori. Un papà ed una mamma. La sua fecondazione è avvenuta in vitro sì, ma a scopo di impianto e quindi tra una cellula uovo materna ed uno spematozoo paterno. Nulla di più “normale”, nulla di più di quel che si può fare anche in Italia per avere un figlio. Fino a qui spero che nessuno abbia nulla in contrario quindi, visto che pure la medioevale legge 40 lo consente..
La domanda allora è: da dove arriva il terzo genitore?
Semplice, anzi no, abbastanza complicato, ma proviamo a spiegare.
Più o meno tutti sanno che il patrimonio genetico di un individuo sta nei suoi cormosomi e che questi si ereditano dai genitori.
Molti di coloro che sanno tutto questo sanno anche che i cromosomi in questione stanno nel nucleo delle cellule. La cellula embrionale non fa differenza.
Pochi invece sanno che esistono, fuori dal nucleo cellulare, organelli che si chiamano mitocondri. Questi organelli, fondamentali per il patrimonio energetico della cellula, hanno al loro interno del DNA che nulla ha a che fare con i cromosomi e che serve alla produzione di alcune delle proteine che i mitocondri usano per produrre energia. Mutazioni in questo DNA causano importanti patologie ereditarie.
Quel che si è fatto è stato quindi prelevare il nucleo dalla cellula uovo fecondata, e con lui i cromosomi regalati da papà e mamma, e inserirli in una cellula priva di nucleo, ma con mitocondri dal DNA “sano”.
Questo vuol dire essenzialmente che il bambino che si svilupperà dall’embrione in questione avrà subito una sorta di “trapianto di mitocondri”, come fosse stato trapiantato del cuore, e che se tutto andrà bene, sarà sano.
I suoi genitori saranno sempre e solo due e lui somiglierà loro come tutti i bambini.
Questa tecnica, che comporta grossi rischi nel processo di enucleazione e impianto, potrebbe portare all’eliminazione dalla nascita di alcune gravissime malattie genetiche. Ovviamente molto dev’essere ancora fatto, però è una gran bella notizia.
E allora mi chiedo: perchè cazzo sbatterla sui giornali come fosse l’ultimo best seller di Mary Shelly?
Scienziati pazzi e senza scrupoli che giocano a fare Dio, si legge un po’ da tutte le parti.
Ecco quello che penso.
Se Dio ci si fosse sbattuto una minima a fare sto mondo le malattie mitocondriali non esisterebbero e nessuno sentirebbe l’esigenza di cercarne la cura. Purtoppo però il Santissimo ha deciso di far le cose con pressapochismo e questo non tutti siamo disposti ad accettarlo. Troppe cose già vanno male senza che ci si possa fare nulla, quindi lavorare per far si che un bambino nasca con un’aspettativa di vita oltre i tre mesi non la reputo così una malvagia idea.
La scienza purtoppo ha sempre fatto paura e sempre ne farà.
E’ destino.
Tuttavia non capisco perchè si continua a dar credito ad una masnada di ignoranti che, informati in materia come potrei esserlo io di pesca all’aringa norvegese, si permettono di andare in TV o sui giornali a sparar cazzate.
Questa cosa mi ha messo addosso un po’ di nervosismo.
Forse però il mio nervosismo deriva dal fatto che oggi ho preso una decisione importante.

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Ho realizzato

Ho realizzato di essere uno stupido.
Un illuso.
Uno che non vuole sentire, capire nè credere a realtà che non gli piacciono.
Ho perso la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Forse l’ho buttata via senza accorgermene o forse sono stato io ad essere gettato al vento.
C’è differenza?
Non credo, ma anche qualora ci fosse, io non la vedo.
Non vedo niente.
Sento un gran male però.
Lo sfogo in lacrime che non hanno alcun potere, in imprecazioni vuote e fini a se stesse e in questa patetica pagina on-line.
Conscio dell’inutilità di tutto questo, non ho la forza di oppormi a quanto mi sto facendo.
Rendermi ridicolo agli occhi del prossimo attualmente non è un mio problema.
Il mio problema è che devo smettere di essere innamorato e non ho idea di come si faccia.
C’è chi mi dice di dimenticare.
Io non voglio dimenticare.
Voglio trovare la forza per ricominciare.
Forse dovrei davvero trasformarmi in ciò che non sono mai stato.
Dovrei essere egoista.
Pensare solo a me e a come rialzare la testa.
Autoconvincersi di essere il peggior rimpianto di una persona non aiuta, quando quella persona è il tuo peggior rimpianto.
La porta è stata chiusa, resta da accettare che non si aprirà mai più anche se così non dovesse essere.
E’ finita.
Ora ho realmente realizzato.

Diversivi

In queste ore, in questi giorni, la mia vita è fatta prettamente di diversivi.
Caramelle che tengano lontana la lingua dal dente dolente.
Dopo sole due righe posso già dire che scrivere qui sopra non rientra in questa categoria di cose. Immaginavo sarebbe stato così, ma mi illudevo che aprire una pagina e scrivere di tutto ciò con cui mi sto tenendo occupato sarebbe stata un’altra abile mossa Kansas City.
Purtroppo per me scrivere significa pensare e pensare significa sputare la caramella e riconcentrarsi sul dente ammalato.
Con sadismo, per altro.
Perchè meditandoci ti accorgi che ancora, di quello che è successo, non hai capito un cazzo e, soprattutto, hai effettivamente realizzato ancora meno.
Questo vuol essenzialmente dire che, come già pronosticato, le cose peggioreranno.
E spero peggiorino in fretta, perchè quanto percepisco intorno a me, purtoppo, non è reale.
A quel punto il compito dei diversivi sarà decisamente più arduo.
Intanto sono prigioniero di una razionalità in tilt, che soffoca l’emotività, ma non fornisce nulla se non confuse indicazioni contraddittorie.
Vorrei uscirne, ma non ci riesco.
Purtoppo e per fortuna la mia natura razionale è troppo arcigna per essere soverchiata dall’oggi al domani.
La speranza è che questo blog sappia aiutarmi come ha già fatto in passato.
Per questo e solo per questo, continuo a scrivere.

L’importante è crederci

Una volta suonavo in un gruppo.
Anzi, una volta cantavo in un gruppo, perchè non sono mai stato capace di suonare niente.
Erano i tempi del liceo ed eravamo quattro pirla a cui serviva una scusa (in più) per bere birra e fare casino.
Oltre a me, la band comprendeva Orifizio alla batteria, Peich al basso e Bazzu alla chitarra. A parte quest’ultimo (e non è che sto dicendo Jimmy Hendrix), gli altri due musicanti non avevano mai suonato prima della nostra prima sessione in sala prove.
Era il 1997.
Ricordo che il nostro primo pezzo fu composto nella mia cameretta, con Orifizio che per tenere il tempo si batteva sulle cosce la custodia di un CD.
L’avventura musicale degli H’S’P finì quando si iniziava a suonare in maniera accettabile, dopo aver dovuto ristampare le nostre magliette causa esaurimento copie e aver suonato solo ben due volte dal vivo.
A distanza circa dieci anni però, Uazza ha deciso di sposarsi e di invitarci a suonare al suo matrimonio.
Abbiamo accettato.
Ieri siamo tornati in sala prove (ed è bello ricordare che l’ultima volta ci ero andato in bicicletta, non avendo la patente), ci siamo fatti dare la saletta più piccola e brutta ebbiamo rimesso mano ad un po’ di materiale.
Più che altro, ci siamo divertiti un sacco.
Purtroppo non c’era Orifizio, così ho dovuto cimentarmi con la batteria.
Io non l’avevo mai toccata una batteria, però è da sempre un mio grosso rimpianto quello di non aver mai imparato a suonare.
Dopo ieri sera ho deciso di informarmi nel tentativo di prendere lezioni.
Ieri sera ho infatti realizzato che a 26 anni devo smetterla di reputarmi troppo vecchio per fare queste cose.
Questo però non c’entra con la band, perchè gli H’S’P per la reunion contano molto sulla presenza alle pelli del quarto membro storico.
Senza di lui non può essere la stessa cosa.
In barba al mio senso del pudore, chiudo con un video registrato ieri sera.
E’ una cover dei Ramones, da sempre uno dei nostri cavalli di battaglia.

Sconforto

Pato debutta e segna, gli Undead tornano sui campi di battaglia, manca meno di una settimana alla rivoluzione ed io non posso scrivere più di due righe qui dal laboratorio perchè Infostrada mi ha tagliato telefono e aDSL.
Che palle.
Se solo da me arrivasse Fastweb…

Spero che i detti popolari a volte si sbaglino

Sono stato tre giorni a Napoli.
Ci sono andato per la discussione di dottorato di Elena e con questa scusa ho avuto anche modo di fare il turista.
E’ stata una piacevolissima esperienza.
Per quanto non tutto ciò che si dice sul capoluogo campano sia totalmente campato in aria, devo riconoscere che molte delle mie paure e dei miei pregiudizi si sono rivelati infondati. Mi vergogno ad ammetterlo, ma per la prima volta prima di partire per un viaggio ho fatto un bel censimento delle cose da portare e non portare, decidendo così di lasciare a casa bancomat, carta di credito, patente, codice fiscale, cellulare nuovo, macchina fotografica e lettore mp3.
La paura era ovviamente quella di venire alleggerito dei sopracitati oggetti.
Fortunatamente Napoli non si è rivelata così spaventosa come me la immaginavo ed ha concesso a me, Paola e Veronica di girare per i suoi vicoli come perfetti turisti scattando foto (fortunatamente la Vero la macchina l’ha portata) senza che ci venisse torto un capello.
Anche il rapporto con la popolazione locale è risultato meritevole di lode, non solo per ciò che riguarda i fantastici amici di Elena e la sua premurosissima mamma, ma anche e sopratutto per gli sconosciuti. Gente calda e ospitale, tanto diversa dal popolo del nord da risultare “strana”, ma mai in senso negativo. A tal proposito è scattata un’interessantissima analisi sociale volta a sviscerare le profonde diversità culturali che caratterizzano milanesi e napoletani, dibattito che ha interessato un po’ tutti i presenti alla cena di Venerdì fino all’arrivo delle pizze.
Quando la prima fetta di margherita ha fatto ingresso nella mia bocca è diventato impossibile parlare d’altro.
Come dicevo però, è bene ricordare che non tutto ciò che di Napoli si racconta è frutto di fantasie, razzismo e pregiudizio.
Il traffico è effettivamente quanto di più selvaggio e maleducato possa esistere ed il problema dei rifiuti è drammaticamente reale.
Oltretutto il primo approccio con Napoli da noi avuto è stato con i tassisti, che si sono rifiutati di portarci via dall’aereoporto solo perchè abbiamo fatto presente loro che la cifra richiesta non era esattamente quella che ci era stata preannunciata dalla nostra collega.
Quello è stato un momento piuttosto buffo, visto che abbiamo parlato solo con un tassista ed improvvisamente anche tutti gli altri si sono rivelati ostili ed intenzionati ad abbandonarci lì. Addirittura è arrivato un tizio di corsa mentre provavo a fermarne un altro dopo essermi allontanato di qualche decina di metri. Gridava roba tipo: “Non caricarli!” e una volta sopraggiunto mi ha chiarito che dovevo smetterla di chiedere perchè nessuno ci avrebbe portato.
Diciamo che come primo impatto non era stato proprio positivo.
Ci sarebbe molto altro da dire di questo viaggio, ma non credo sia importante farlo.
Mi preme di più spendere un’ultima riflessione sulle persone che mi hanno accompagnato.
Splendide.
Trovarsi bene con i propri colleghi è un bene enorme in tutti i lavori. Purtoppo nel mio caso il fatto che tutti siano precari rende questa situazione terminale e di conseguenza triste.
Un po’ come quando si pensa all’inevitabile incombenza della morte.
Fortunatamente sono attimi passati i quali si torna a gioire della bellezza del presente.
Si dice “vedi Napoli e poi muori”, io spero solo che il poi duri molto.
E che morte, in tedesco, non si dica Heidelberg.

L’inizio

E’ giunto il momento di scrivere un po’ di impressioni sulla mia nuova vita.
Oggi erano le nove e dieci quando ho rimesso piede a casa fuori dal laboratorio. La giornata è stata massacrante e l’unica cosa che mi importava era arrivare a casa per mettermi a letto. Una volta varcata la soglia però, ecco lì ad attendermi nuove responsabilità e nuove mansioni. Innanzi tutto la cena da preparare, poi l’organizzazione del pranzo del giorno seguente, entrambe con annessi piatti da lavare, ed infine accenni di pulizia dell’angolo cottura che non so ancora come utilizzare senza ridurre una discarica.
Il pensiero di tutto questo è stato come un pugno in faccia.
A quel punto però ho aperto il frigor, ho estratto una delle sei Moretti ivi contenute, l’ho stappata e me la sono bevuta riflettendo su come tutto questo non contasse nulla rispetto al fatto che fossi in casa mia.
Perchè è lì la chiave che fa assumere al tutto una connotazione diversa.
Ora sono le 22.45 e sono seduto in soggiorno a scrivere mentre aspetto che il calorifero aiuti i filetti di nasello a scongelarsi.
Domani pesce e patate al forno.
Cazzo.
Nel fine settimana mi è tornata l’influenza e quello è stato un momento poco felice. Effettivamente, essere soli quando si sta male è una bella rottura di coglioni. Fortunatamente vivere da solo però non vuol dire essere solo sul serio.
Tutto questo e molto altro che pensavo avrei scritto e che invece non credo scriverò serve a dire che sono contento.
Davvero.
Sono stanco, provato, costantemente indaffarato, non molto organizzato e assai dispersivo nell’impiego delle mie energie, però sono soddisfato e spero di riuscire in questa piccola grande impresa che è l’autosostentamento.
Ho infornato il nasello.
Prima di chiudere con un immagine dal mio nuovo mondo, un’ultima riflessione.
Essere senza TV vuol prevalentemente dire non avere più possibilità di vedere il TG. E’ vero che non è facile parlare dei telegiornali come di fonti di informazione, ma la mia pigrizia fa si che senza di questi io risulti totalmente tagliato fuori da ciò che accade in Italia e nel mondo.
Forse anche per questo sto così bene.
Kitchen
* La bistecca di roastbeef del Carrefour ha nettamente dominato questi primi giorni.

Spero di non passare per chi strumentalizza la cosa

Spenderò due parole riguardo quanto accaduto oggi.
Parto da quanto so della vicenda: una decina di tifosi di Lazio e Juve si son presi a sberle fuori da un autogril. A rissa conclusa, mentre entrambe le auto erano intente ad andarsene, un poliziotto ha sparato per intimare l’alt colpendo alla nuca uno ragazzo di ventotto anni. Uccidendolo.
Diversi aspetti di questa faccenda mi hanno dato molto fastidio e cercherò di analizzarli brevemente.
Il primo. Come si fa a dire che un colpo che entra nella nuca di un ragazzo seduto in macchina, altezza più o meno 1,5 m, è stato sparato in aria ed è accidentalmente finito in testa al ragazzo? Io non discuto che il poliziotto non avesse alcuna intenzione di uccidere nessuno. Non conosco l’individuo, ma voglio sperare di avere ragione in merito. Tuttavia credo sia doveroso per le autorità riconoscere che c’è stato un errore. Un errore particolarmente grave visto che è costato la vita ad un ragazzo di 28 anni. Un errore ancora più grave se considerato che, vista la distanza da cui è stato sparato il proiettile e la posizione di chi ha fatto fuoco, quel colpo avrebbe potuto ammazzare chiunque si fosse trovato sulla traiettoria lungo le sei corsie dell’autostrada alle nove di questa mattina.
Solitamente quando cose di questo tipo succedono la mia vena anti-istituzionale viene fuori pesantemente, ma in questo caso cercherò di mantenere bassi i toni.
Statisticamente trovo assai improbabile che tra le forze dell’ordine non ci siano dipendenti capaci di commettere errori. Gli errori si fanno, li facciamo tutti sul lavoro. Il problema è che in certi lavori gli errori costano più che in altri. Io non ho nulla di personale contro l’ufficiale che questa mattina ad Arezzo ha sparato, tuttavia mi sembra corretto che si riconosca il suo errore e che si prendano provvedimenti. Invece l’approccio sistematico è quello garantista, che puntualmente sfocia in giustificazioni ridicole capaci solo di far perdere ulteriormente credibilità a chi le formula.
E questo mi porta alla seconda questione. E’ noto che il tifo organizzato non sia prettamente composto da ammiratori della divisa. Per quanto ritengo che troppo spesso gli ultras vengano demonizzati devo a mia volta riconoscere che la loro condotta è spesso ingiustificabile. Oltretutto non stiamo nemmeno parlando di gruppi predisposti al dialogo e alla comprensione. Allora mi chiedo: che senso ha raccontar loro fregnacce a cui non crederebbe nemmeno un bambino e soprattutto, aspettarsi che se le bevano senza le dovute, per quanto esagerate, rimostranze?
Mesi fa un cretino ha ammazzato un poliziotto a Catania. Campionato fermo per chissà quanto tempo, fiumi di parole contro la figura del tifoso in generale, sproloqui giornalistici atti solo a marciare sopra la questione e via dicendo. Tra tutte queste cose insulse però qualcosa di giusto c’era stato: condanna del cretino e cordoglio per la vittima.
A non troppi mesi da questa questione, dopo che negli stadi hanno iniziato ad attuarsi norme severissime per il controllo della violenza (ed era ora), capita che un poliziotto spari ad un tifoso e che questo muoia. Non è forse legittimo chiedere quantomeno che si manifesti il medesimo cordoglio? Non che fermare le partite sia utile a qualcosa dopo quanto successo, ma perlomeno sarebbe stato un segnale del fatto che la morte violenta di un ragazzo di 28 anni è deprecabile anche se non indossa una divisa.
Evidentemente non è così, non per tutti almeno.
Tutto questo per dire che, per quanto non trovi giusto il modo, l’intento dei tifosi di fermare il calcio oggi gode di tutto il mio appoggio.
Così come trovo sacrosanto che venga chiesta giustizia per questo tragico errore.
A giudicare da quanto sto sentendo da tutti i telegiornali però il discorso sta prendendo una brutta piega.
Alla fine infatti, si parla pur sempre di gente che stava facendo una rissa.

Chiedo scusa in anticipo

La prima maglietta da me prodotta è arrivata.
E’ figa.
Tre delle quattro persone che l’hanno vista me ne hanno chiesta una uguale.
Dovranno pazientare però, perchè alcune cose vanno sistemate e perchè così com’è ce l’avrò solo io.
I miei tre amici non saranno gli unici ad averne una tuttavia, perchè a Gennaio 2009 ne avrò vendute talmente tante da essere ricco.
Molto ricco.
Ho sonno e non ho voglia di andare a letto.
Starò qui a scrivere tutto ciò che mi passa per la testa fino a che riterrò di aver scritto a sufficienza.
Mi piacerebbe che questo post assumesse le forme di un mio eventuale scritto sotto l’effetto di una qualche droga allucinogena.
Acidi, per esempio.
Mi sono sempre chiesto come dev’essere stare sotto l’effetto degli acidi.
Mi sono sempre chiesto un sacco di cose stupide.
Alcuni direbbero che farsi molte domande è sinonimo di intelligenza, tuttavia non riesco ad immaginare una frase in italiano che possa avvalorare questa teoria.
Teorico ed empirico d’altra parte molto di rado portano al medesimo risultato.
Credo questo sia dovuto all’imperfezione insita nella natura umana causa principe dell’imprecisione delle teorie formulate dalla mia specie.
Quest’ultimo concetto nella mia testa si era formulato in maniera molto più chiara rispetto a come ha preso poi forma in questa pagina.
Potrei rileggere e cercare di renderlo comprensibile.
A quel punto dovrei cancellare tutto quello che ho scritto in seguito.
Oppure potrei correggere e lasciare poi il seguito inalterato, creando nel lettore l’amletico dubbio: avrà corretto oppure no?
Dubito un lettore arriverà mai a questo punto del post tuttavia.
I lettori sono spesso pigri.
Io, quando leggo, lo sono.
Così come lo sono quando non leggo.
La conclusione di questa pagina sta per arrivare.
Al momento ne sono abbastanza convinto, ma nulla mi vieta di smentirmi. Capire se sto mentendo per un implausibile lettore giunto a questo punto non credo sarà molto difficile, gli basterà guardare quanto manca alla fine.
Per me è diverso.
Io non so ancora a che punto sarà la fine e questo è abbastanza ironico, visto che io dovrei avere in mente quando concluderò questo sproloquio mentre chi lo sta leggendo non dovrebbe averne alcuna idea. Se tutto questo l’avessi espresso oralmente per il mio interlocutore sarebbe stato molto più difficile regolarsi.
La tradizione orale ha i suoi lati negativi, effettivamente.
A voler essere precisi è proprio il concetto di tradizione ad avere molti punti deboli. Eppure le tradizioni su di me hanno facile presa. L’essere conscio di questo mio limite forse fa di me una persona migliore, tuttavia non esiste un me ignaro con cui confrontarmi e questo limita molto l’attendibilità di quanto ho affermato poc’anzi.
Penso che a questo punto inizi a farsi sentire nel lettore la voglia di darmi un pugno.
Affari suoi.
Non ho certo costretto nessuno.
Questo mi ricorda i tabagisti che chiedono un risarcimento alle multinazionali del tabacco perchè si ammalano a causa del fumo. Le multinazionali del tabacco dovrebbero risarcire tutti coloro che non fumano e si trovano costretti a respirare immondizia, malati e non, ma non vedo perchè dovrebbero fare una cosa del genere nei confronti dei loro clienti.
Beh, ovviamente se si ignora il discorso nicotina e la conseguente generazione dello stato di assuefazione.
Perchè ignorare un punto cruciale della questione? Non mi pare corretto.
Le verità si raccontano tutte intere, altrimenti smettono di essere tali.
Potrei fare esempi per avvalorare questa tesi, ma non ne vedo l’utilità.
Non che il resto di questo mio scritto brilli per utilità (lo so, brutta ripetizione, ma il mio dizionario dei sinonimi [Aldo Gabrielli, Mondadori] alla voce utilità affianca bontà, bene, beneficio, bisogno, interesse, guadagno, efficacia, giovamento, validità e comodità. Nessuno di questi, esattamente come il dizionario stesso, mi pare utilizzabile.), ma questo dipende dal punto di vista con cui si esamina la questione.
A me è servito per sfogarmi un po’.
Il relativismo alla fine governa il mondo, alla facciazza di Ratzinger.
Ok, giustifico il testo, anche se fatico a giustificare me stesso per averlo scritto, e vado a letto.
Cazzofigatetteculo.