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Style

Non si dovrebbe toccare il fondo

Ultimamente sto facendo delle cose.
Viste da fuori sembrano le manovre di un Peter Pan wannabe che pensa di poter restare un ragazzino per sempre, uno di quelli che “l’importante è essere giovani dentro”. Nulla contro le categorie, sia quella di chi si comporta in quel modo, che quella che mi ritiene uno di loro, facessero e pensassero un po’ quello che gli pare.
La realtà dei fatti però è che io sono proprio dalla parte opposta della situazione, ho smesso di sentirmi sufficientemente giovane ben prima di smettere di esserlo e mi son… sentite VAFFANCULO.
Ci manca solo stare qui a dare giustificazioni non necessarie e manco richieste come un complessato qualsiasi.
Stiamo sui fatti.
Ho sempre avuto il desiderio di cimentarmi con le immersioni per due ragioni semplicissime. La prima è che il paesaggio sottomarino è meraviglioso ed affascinante, la seconda è che ho una paura pazzesca delle profondità e del mare aperto. Questa dualità ha fatto sì che prendermi il brevetto PADI Open Water Diver (quello per neofiti/principianti) sia stato per anni tra i desideri senza che abbia mai davvero fatto un passo in là nel tentativo di concretizzarlo.
Ci ha dovuto pensare mia moglie, che a Natale 2019 mi ha regalato l’iscrizione al corso.
Da allora sono successe un certo numero di situazioni che hanno rallentato il processo (non so se ne abbiate sentito parlare), ma alla fine sono riuscito a chiudere il tutto e prendermi questo benedetto brevetto.
A prescindere da quanto e se lo userò in futuro (spero proprio di sì), sono piuttosto felice di avercela fatta ed aver sconfitto una delle mie settemila paure irrazionali.
E basta, non c’è proprio niente altro da dire.

Giugno 1999

La IV liceo unico anno senza insufficienze, i capelli blu elettrico e l’esame di teoria per la patente. La prima volta in vacanza con gli amici.
Sudent’s Village 1999, località Torre dell’Orso, Puglia.
Cento ore di treno, il caldo torrido, un villaggio vacanze di soli studenti, in cinque in un bungalow di 40 m2, tonno&fagioli, il cellulare di Roby “solo per le emergenze”, la macchina foto di Roby “solo per le foto che vale la pena”, le foto a gente che telefona mentre Roby non c’è, la t-shirt degli Amici di Roland, birra Bavaria, Puccio la vespa nella bottiglia, una settimana senza mai vedere il mare, Vaghi, il torneo di pallavolo, turboculo, “Manq andiamo a fare il bagno?” “No raga non mi va”, la vergogna per la cicatrice, una settimana senza togliere la maglietta, Bazzu e Simo che mi buttano in piscina colti dal dubbio non sapessi nuotare.
I wurstel mangiati dalla confezione, le Puma Suede, le magliette a righe, il cesso intasato, le ragazze invitate a cena, il mio primo risotto col pesce, l’addetto allo spurgo che arriva mentre mangiamo, il cappellino arcobaleno, il polacco, le sigarette artigianali spacciate per canne,  la Keglevich alla frutta, la bottiglia che cade dal tavolino, la bottiglia che va in pezzi, io che lecco i cocci, Bazzu che beve dallo straccio per pavimenti usato per pulire, i gavettoni, l’appartamento allagato, i limoni con soggetti discutibili, i due di picche da soggetti discutibili, cocacola&vinaccio, le serate a ballare, la serata in spiaggia, le camice a fiori, la scaletta del DJ sempre uguale, la dance anni ’90, i dieci/quindici minuti di parentesi rock, il pogo, Roby che si spacca un labbro e torna sanguinante, la lattina di estathe premuta sulla ferita per fermare l’emorragia, il medico che “servirebbe dare uno o due punti”, l’informazione secondo cui questa cosa fosse a pagamento, Roby che “A posto così” e si tiene la lattina.
Una settimana, montagne di ricordi, un’unica canzone a riassumerli tutti.

“Alla nostra età” dei Derozer compie vent’anni e Branca Day non è neanche il miglior pezzo del disco.

La situa

Intorno al 20 gennaio ho scritto un pezzo su Dawson’s Creek, il cui pilota compiva vent’anni. Contestualmente, quasi per scherzo e certamente senza prospettive concrete, ho ipotizzato un #DawsonsCreekRewatch, iniziato riguardando qualche episodio e che si è chiuso incredibilmente con la revisione vorace di tutte e sei le stagioni dello show.
Mentre lo facevo ho preso a buttare su twitter le mie impressioni. Ogni tweet iniziava con “La situa” perchè voleva dare il quadro di come fossi messo in quest’impresa, ma soprattutto di quanto mi stesse assorbendo.
Finito il viaggio, mi pare buona cosa raccogliere qui sopra tutto quanto ad imperitura memoria.
E’ stata ovviamente una cosa bellissima.

22 Gennaio
– s1e08, Billy from NY irrompe a Capeside. Episodio clamoroso.
– s1e11 e ho provato a passare alla lingua originale. È come passare alla birra artigianale: gusto, complessità e struttura migliorano un sacco, ma alla fine torno sempre alla moretti.

23 Gennaio
– s1e13, season finale. Una gigantoscopica (e inattesa) rottura di cazzo. Si persevera cmq.

28 Gennaio
– s2e05, sto mollando il ritmo. Il livello di segoni mentali tra Dawson e Joey è intollerabile, ma Pacey e Andy sono cuori enormi.

30 Gennaio
– s2e11. Tutto un po’ troppo diluito, in pieno stile anni ’90. Andy è palesemente l’unico personaggio reale e infatti nella serie passa per pazza.

31 Gennaio
– s2e18, Jack è gay, Andy almost pazza, Dawson noioso come sempre. Il ritmo però in questa seconda parte di stagione è ok e io ho urgenza di un maglione a V con la riga orizzontale.

2 Febbraio
– s2e22 season finale. Torna LA DROGAH e con lei lo strazio, ma nasce il magic trio Jen-Jack-Nonna e Pacey mena il padre. That I would be good in sottofondo. Piango.

5 Febbraio
– s3e01. Non ce l’ho fatta e ho ripreso, vedrò black sails più avanti. E ho fatto dannatamente bene perché LA RAGAZZA DEL TRENO.
– s3e01. Lo so che ho già twittato in merito, ma se non è il più clamoroso inizio stagione di sempre allora non so, vi meritare un posto al sole.

6 Febbraio
– s3e08. Andy in questa stagione è carta vetrata sulla schiena, Jen è improvvisamente bellissima, Dawson ormai appendice inutile allo show e Pacey e Joey iniziano ad essere la coppia più bella della storia della TV.

7 Febbraio
– s3e09. Non avevo mai visto questo episodio e la cosa mi ha sconvolto.

8 Febbraio
– s3e16. United we stand for Principal Green. Che stagione clamorosa.
– s3e17 Pacey bacia Joey E IO ADESSO PIANGO SU QUESTO FRECCIAROSSA PERCHÉ L’AMORE È UNA COSA MERAVIGLIOSA.

9 Febbraio
– s3e22 vorrei avere Dawson a portata, strappargli il cuore e mangiarlo. Per il resto, sta stagione infila una serie di personaggi clamorosi. Hanry su tutti.

10 Febbraio
– s3e23 season finale. Dawson suca.

– s4e01. Joey torna e sono tutti suoi amici, Pacey invece sembra abbia la peste. Dov’é il vostro #MeToo ora?

12 Febbraio
– s4e05 gli showrunner hanno infilato un mazzo di scope in culo a grossomodo tutti i PG e sono tornati alla carica con i predicozzi sulla DROGAH. Spero sia solo un brutto inizio.

13 Febbraio
– s4e07. Andy se ne va e onestamente non ricordavo succedesse così tardi, pensavo sparisse almeno 20 episodi fa. Fino ad ora una stagione pallosissima. In ogni caso, so long Andy McFee.
– s4e11 e la noia di sta stagione non si attenua, but
1) Gretchen miglior personaggio femminile so far
2) l’omosessualità di Jack è trattata con intelligenza (unico tra i temi sensibili)

15 Febbraio
– s4e14. Lo showrunner non può essere lo stesso della stagione precedente. Joey litiga con Pacey perché ha un preservativo nel portafoglio ed è tutto così pesante madonna santa.

17 Febbraio
– s4e16. Pura follia.

19 Febbraio
– s4e20 uno degli episodi migliori di sempre dentro la stagione forse peggiore di sempre. Infatti è sconnesso da ogni punto di vista. Però clamoroso. Promicide titolo incredibile.
– s4e23 season finale che sa tanto di series finale. Emotivamente devastante, porta a casa una stagione sciapa che peró tutti ricordano bellissima proprio per i 4 episodi finali. Bombetta.
– s5e02 Pacey si scopa Cameron prima che finisca a lavorare per House e Dawson fa uno stage per Ronnie Preager. MCU scansati proprio.
– s5e04. Episodio mastodontico.

21 Febbraio
– s5e08 Dawson scopa e la pace nel mondo sembra di colpo possibile.
– s5e10. Bottle episode clamoroso.

22 Febbraio
– s5e14 Jen cita The Last Boyscout. Si vola altissimi.
– s5e15, quello della rapina. Non può essere davvero andato in onda.

25 Febbraio
– s5e19. La stagione Joey centrica sta dando finalmente un senso al personaggio di Dawson, ora accettabile anche nella pesantezza del suo idealismo.
O forse è che ha tagliato i capelli.

26 Febbraio
– s5e22. Ho la prova che la versione Home Video abbia una colonna sonora tutta sbagliata perché Jen non canta gli Who sul divano.
– s5e23 season finale di una stagione ultra sottovalutata. Alla fine DC è come i Ramones. Sempre gli stessi 3 accordi, eppure ci han tirato fuori un numero incalcolabile di capolavori.

27 Febbraio
– s6e01 Dawson e Joey scopano ed è la roba più anti climatica possibile. <3
– s6e02, Dawson e Joey celebrano il loro amore ritrovato nel set apparentemente identico alla loro gioventù, ma in realtà fintissimo e vuoto. Metaforissime.

28 Febbraio
– s6e05 in pratica Boris 10 anni prima.

1 Marzo
– s6e08 il concerto dei No Doubt. Gwen ti amo esattamente come fosse il 1998.
– s6e10. E’ Natale e Audrey entra in casa di Dawson con la macchina. Gli indizi iniziano ad essere troppi per ignorare che dietro a DC ci sia in realtà Shane Black.

6 Marzo
– s6e19. Immagino di aver rallentato un po’ perché non voglio che questa cosa finisca.
– s6e22 Joey Potter and the Capeside redemption. Titolo meraviglioso per uno degli episodi più belli di tutta la serie. Perfetto season finale, ma volendo anche gran finale. Ho già il magone.
– Series finale pt.1. ANOUANOUEI.
– Series finale pt.2. Si piange durissimo in casa Manq.

7 Marzo
– Bonus tweet. È stato un viaggio bellissimo ed intensissimo durato 40 giorni. Mi mancano già tutti, come la prima volta.
SERIE DELLA VITA. ❤


Alla fine ho pensato che un post sul blog non fosse abbastanza per celebrare questa impresa, quindi ho creato questa maglietta ridefinendo il concetto di sfiga AMORE.

Definisci: TRAP

Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri
(Forse era ieri)

Ho beccato sto video su Facebook e all’inizio ho pubblicato il post così, senza scriverci nulla sotto a parte lo stralcio di strofa qui in alto.
Mi sembrava abbastanza self-explanatory, o almeno a me era arrivato con un unico significato di base: una riflessione velatamente critica sul fenomeno TRAP che ci sta investendo ultimamente, analizzata a 360° in termini di suono, contenuti e immaginario correlato.
Grasse risate quindi.
Non sono la persona più adatta per parlare di questa cosa della TRAP, conosco effettivamente solo ciò che mi arriva in faccia mio malgrado, tipo la Dark Polo Gang, e ci sono ampie possibilità perchè non sia proprio la crema del fenomeno. Recentemente ho letto cose a tema che condivido (nel senso che qui c’è il link alla più significativa), ma non ho le basi per farci un discorso mio sopra.

La roba che mi interessa scrivere invece riguarda tutta un’altra lettura, a cui sono arrivato una volta smesso di ridere del video delle focaccine ed aver iniziato a leggere in giro roba che lo riguarda.
La prima nota interessante è che sta cosa sta in cima, o comunque è messa gran bene, nelle classifiche di ascolto di Spotify. Magari sbaglio, ma questo esce un po’ dal mio concetto di “parodia”. Non tanto che sia ascoltata eh, ma proprio che esista su Spotify, che sia stata pensata come canzone e non come un video divertente per pigliare per il culo un fenomeno. Non è una roba tipo Jackal con Depsacito, per dire.
Della DPG si dice spesso sia un fenomeno di quelli nati “per il LOL”, definizione internettiana che accomuna tutte quelle cose fatte un po’ per ridere, ma di cui non è mai dato sapere quanto sia reale la portata goliardica, o in che percentuale sia parte del progetto. Tempo fa si è parlato per giorni dello scontro tra Bello Figo e la Mussolini, investendo il primo di una qualche portata politica ed indicandolo come portatore di un messaggio che poi, boh, guardando Pasta con Tonno io fatico a comprendere. E’ probabile io sia troppo vecchio per queste stronzate (cit.), e certamente il fenomeno non è il primo ad esulare dalla mia comprensione, però nello specifico ho l’impressione si cerchi in tutti i modi di infilare a forza una dignità in qualcosa che non è detto ce l’abbia, o ancor peggio, voglia averla. Per me la DPG sta allo stesso livello semantico.
Se non inciampo nella lettura quindi, i livelli sono questi: esiste la musica, poi esiste la DPG che ha come obbiettivo il riderne (il come non è ora il centro della questione) e poi c’è Mr. Focaccina che immagino voglia ridere di chi ride della musica. Tre livelli.
Però la DPG sta in classifica, anche messa piuttosto bene, quindi di fatto è musica, con un pubblico di ascoltatori e tutto il resto. A questo punto OEL (il tipo che ha fatto il pezzo qui sopra) si porrebbe l’obbiettivo di ridere di questo nuovo trend musicale e quindi i livelli diventano due.
Anche “Le Focaccine dell’esselunga” però sta in classifica e di conseguenza tutto si appiattisce ad un unico livello.
Non si capisce più se ci sia volontà di prendere delle distanze, di dire qualcosa, oppure se sia tutto semplicemente uno stesso calderone, dove il piattume è talmente sconvolgente da necessitare livelli estremi di assurdo per uscire dal mare magnum di prodotti disponibili e farsi in qualche modo notare.
Sono confuso.
Nell’ultimo periodo ho seguito davvero marginalmente la questione Liberato e quella di Cambogia (linko 2 pezzi a caso senza leggerli, giusto per darvi qualche info che non ho voglia di scrivere io), ma il succo è che della musica, a conti fatti, non fotte più nulla a nessuno. E’ un corollario ad operazioni di marketing, studi sociologici, video sul tubo. Non dico sia una novità, con il web negli anni 70 probabilmente in classifica ci sarebbero stati i jingle del carosello, però a me è una cosa che stranisce.
Leggo che non si capisce bene nemmeno se Esselunga sia coinvolta nella cosa. Magari sì, magari no. Forse è saltata sul carro una volta visti i numeri, magari è una pensata dei loro media manager fin dal giorno uno. Difficile non ne sappiano un cazzo.
Il punto è che io dovrei in qualche modo spendere del tempo per togliermi il dubbio e capire se sto ascoltando un tipo che vuol fare musica dicendo delle cose, se è solo uno che percula una moda fastidiosa o se è una cazzo di trovata pubblicitaria.

Boh, magari per voi è una cosa normale, ma a me lascia un po’ perplesso.

Le foto di Diletta Leotta

E quindi c’è stato un leak* delle foto private di Diletta Leotta.
Cosa potrà mai esserci di intelligente da dire su questa cosa? Nulla, però ci sono sicuramente un sacco di cose stupide che si possono dire in merito e quindi utilizzerò questo post per fare un po’ il punto delle peggiori che ho letto e per aggiungerne qualche altra. Prima però un po’ di sana…

Sono una brutta persona vero? Ma su questo torno dopo.
Partiamo dal principio. Pare superfluo sottolinearlo, ma in questa storia Diletta Leotta è una vittima e non ha alcuna colpa. Senza se e senza ma. E’ così. Se pensi che in qualsiasi modo possa essersela andata a cercare, sei probabilmente uno di quelli che blatera di circostanze che possono legittimare uno stupro o di immigrati ospiti a spese nostre in hotel a 5 stelle**. Il web è pieno di siti, vai pure fuori dal mio. Grazie.
Posto tutto questo, ci sono tre livelli di analisi che mi piacerebbe affrontare.
Il primo è la presunta analogia con le vicende drammatiche della ragazza morta suicida pochi giorni fa. Posto siano entrambe vittime, i casi a mio avviso sono molto diversi. Chi ha divulgato il video della ragazza campana voleva farle del male, rovinarle la vita. Le conseguenze di quell’azione erano abbastanza pronosticabili, a parte, voglio sperare, il tragico epilogo: non tanto il diventare virale tra perfetti sconosciuti, ma il non poter più uscire di casa nel proprio paesino. Io dubito fortemente che alla base del leak di ieri ci sia lo stesso tipo di movente e, su due piedi, immagino che anche le ripercussioni delle due violazioni sulle vittime avranno entità molto diverse. Nessuno può negare o sminuire quanto grave possa essere l’impatto di quel che è successo sulla diretta interessata, ma sono abbastanza certo che sulla società circostante la differenza sarà marcata e questo, credo e mi auguro, porterà ad un esito molto diverso per le due vicende. Come dire: la Leotta deve gestire l’umiliazione che prova, ma non dovrà gestire lo sdegno della società. Fa tutta la differenza del mondo.
Torniamo al movente del tipo che ha divulgato le foto. Mi fa comodo partire da lì per dire la mia sul comunicato con cui l’ufficio stampa della giornalista ha commentato la vicenda. Tolta la parte in cui si fa sacrosanto riferimento a casi analoghi dalle conseguenze decisamente più drammatiche, come dicevo sopra, per me in questo comunicato ci sono un grosso sbaglio ed un’occasione sprecata. Lo sbaglio è rifugiarsi dietro al “foto di alcuni anni fa” e agli “evidenti fotomontaggi”, parole che suonano come giustificazioni non necessarie, non richieste e che non fanno altro che innestarsi in quel terribile sottotesto per cui la vittima un po’ è anche colpevole. Posso credere che la Leotta si senta responsabile in questo momento, è una reazione piuttosto standard in chi subisce violenza, ma chi la assiste dovrebbe lavorare in questa direzione molto meglio di come ha in realtà fatto. L’occasione sprecata invece si lega a quel che avrei fatto io (#FrocioColCuloDegliAltri). Il movente più logico per quanto successo è il ricatto: son cose che nello showbiz italiano capitano e quindi io, dovendo pescare a caso da un mazzo di incognite, mi butto su questa. Se ti ricattano per non divulgare tue foto rubate e le foto vanno online, l’unica è dire “Mi hanno ricattata, ma ho risposto che potevano andare affanculo e quindi hanno messo tutto online. Amen. Adesso spero li arrestino.” E’, credo, l’unico modo per dare un messaggio e provare a fermare il meccanismo. Non sentirsi ricattabili per cose di questo tipo sarebbe un bel passo avanti.
L’ultima analisi riguarda la paternale che ha iniziato a sgorgare libera e felice online. Eliminando TUTTI gli uomini che hanno commentato con “Vergognatevi” sulla base del fatto che almeno 2/3 di loro si è vista ovviamente le foto e quindi parla a vanvera (la statistica fa riferimento a dati ISTAT per cui, stando alle dichiarazioni, l’italiano non va a puttane e non tradisce la moglie, ma anzi è pronto a condannare questi gesti), restano comunque troppi messaggi di sdegno rivolti ai guardoni del web (parafrasando).
Io ho visto le foto.
E’ ovvio, di nuovo, che se non esistessero brutte persone come me non esisterebbero questi casi. Probabilmente non esisterebbero nemmeno le foto in questione perchè nessuno vorrebbe vederle. Nel senso, lo spirito che muove me ed il legittimo destinatario di un primo piano delle tette della Leotta è il medesimo, io sono solo imbucato alla festa. Ok, ok, sto barando. Il problema non è che io abbia voglia di vedere le tette della Leotta, ma il fatto che io non sia in diritto di farlo se non su precisa richiesta della stessa (Diletta, se leggi, basta un commento qui sotto nel caso). Verissimo.
Ma sapete cosa? Io non ho neanche un problema etico in merito. Non ho un dilemma morale, non sono divorato dal dubbio se guardare o meno le foto (che ormai mi arrivano sul telefono immediatamente da amici e conoscenti, senza manco dover andare a cercarle in siti pieni di pop-up irritanti). Io le guardo SEMPRE, ogni volta, e se ne uscissero altre guarderei pure quelle. Non dovete spiegarmi perchè sbaglio, capisco bene il punto, ma non riesco razionalmente a sentirmi responsabile di nulla in queste circostanze. La mia morale mi vieta di rubare queste foto personalmente e di pagare chiunque lo faccia alimentando un eventuale mercato criminale. Oltre quello, il mio ruolo nel meccanismo diventa al mio occhio trascurabile e quindi non me ne curo. Come non mi mi toglie il sonno essere un microfattore nella disuguaglianza economica e sociale che c’è nel mondo o nel peggioramento della salute del nostro pianeta: è ovvio che ci siano anche responsabilità mie, ma in che misura?
La mia sensazione in questi casi è che a voler far passare tutti per colpevoli, si finisca col dire che colpevole non è nessuno. Facciamoli, dei distinguo.
Bon, direi che questo è quanto.
Un commento alle foto? A mio avviso, nulla di esaltante. Si vedono delle tette, buttate lì in bella mostra e senza la minima carica erotica. Diciamo che tolta l’euforia della curiosità, che in questi casi pesa il 90% del totale, resta davvero poco di cui parlare. Sul video invece avrei una teoria…

* mentre pensavo al titolo del pezzo mi sono venute in mente tipo cento variazioni sul tema “pussy leaking”, giusto per dire che quando l’argomento è questo mantenere toni alti e dissimulare bassi istinti è dura. Per me, quantomeno.

** oggi sono in pallissima con le gag.

L’hamburger GIUSTO.

Se c’è una cosa a cui mi sono dedicato con perizia in questi giorni negli stati uniti è lo studio dell’hamburger.
Ormai in giro se ne vedono di ogni, anche qui in Italia. Tutti vogliono dire la loro, dal baracchino sotto casa al grande chef, ma è davvero difficile trovare qualcuno che possa proporre un hamburger GIUSTO.
Ora, siccome sono una brava persona e a voi ci tengo, vi scrivo per bene le regole e le caratteristiche necessarie per l’hamburger GIUSTO.

ATTENZIONE: i seguenti non sono consigli né tantomeno suggerimenti, sono diktat.

1) la cosa principale dell’hamburger è la carne. L’hamburger GIUSTO è alto grossomodo 1,5 cm ed è cotto mediamente al sangue (dicasi medium-rare). In un hamburger GIUSTO ci va solo un disco di carne, che deve avere il diametro del panino, non di meno e non di più. La cottura della carne può essere sia alla griglia, che in padella con del condimento. In questo secondo caso, il burro funziona meglio dell’olio. Sale e pepe sono importanti e non vanno dimenticati, ma non serve alcuna altra spezia.

2) Nell’hamburger GIUSTO non ci sono salse. Lo so cosa state pensando, ma è così. Se un hamburger senza salse vi risulta asciutto è perché lo state facendo male.

3) Nell’hamburger GIUSTO ci vanno le verdure. Crude. Una foglia di insalata verde, una fetta di cipolla (meglio se rossa) e una fetta relativamente sottile di pomodoro. Niente cipolle cotte, perchè non è un hot dog, niente peperoni grigliati, niente zucchine, melanzane o sa il cazzo. Gli americani ci mettono anche la fettina di cetriolino sott’aceto e siccome l’hanno inventato loro io sto dalla loro parte. Può non piacere ed effettivamente non è strettamente vincolante alla realizzazione di un hamburger GIUSTO, però sappiate che ci andrebbe. Vi piace il piccante? Prendetevi un tacos, un burrito o qualche cazzo di panino messicano, ma non infilate peperoncini dentro ad un hamburger per carità di Dio.

4) La questione formaggio è spinosa. Sull’hamburger GIUSTO ci va una fetta di formaggio fuso che, se volete un parere, dovrebbe essere cheddar perchè come sapore pare proprio inventato appositamente per quel contesto. C’è chi ci mette l’american cheese, chi le volgarissime sottilette, chi l’emmenthal. Sono tutte varianti ammesse, purchè il formaggio sia ben fuso. Mozzarella? NO. Blue cheese? NO.

5) L’ultima regola riguarda il pane. Deve essere un pane morbido al latte. Con o senza sesamo non fa differenza, ma non deve essere croccante, nè tantomeno abbrustolito. Un criterio per valutare il pane dell’hamburger GIUSTO è: “riuscirei a mangiarlo da solo, senza nient’altro ad accompagnarlo?”. Se la risposta è sì, avete preso il pane sbagliato.

Queste sono le cinque regole fondamentali.
Rispettando questi cinque criteri avrete in mano un hamburger GIUSTO e ve ne accorgerete al primo morso. Se dopo un boccone vi viene un dubbio, una delle cinque regole qui sopra non è stata correttamente rispettata. Semplice e lineare. Per gustare correttamente l’hamburger GIUSTO è necessario tagliarlo a metà, altrimenti si sfalda. Se non si sfalda, qualcosa non funziona e siamo di nuovo al punto in cui avete infranto una delle cinque regole.
“Eh, ma a me piace di più con XXX e senza YYY.”.
Nessun problema. Ci sono intere popolazioni che mettono il ketchup sulla pizza o il grana sugli spaghetti allo scoglio. Nessuno vi vieterà mai di perpetrare lo sbaglio. Ora però sapete dove e come vi state allontanando dalla retta via.
Se questa cosa vi sembra troppo restrittiva e vi sentite particolarmente creativi, vi do comunque la possibilità di personalizzare l’hamburger GIUSTO in due modi, non necessariamente mutualmente esclusivi. Sono entrambe opzioni GIUSTE capaci di dare al prodotto uno spessore tutto nuovo, ma non sono essenziali. Se lo diventano (ovvero se in loro assenza lo stesso hamburger non vi convince) siamo di nuovo al punto in cui avete infranto una delle regole di cui sopra.

APPENDICE 1: Il bacon. Aggiungere il bacon è lecito, ma deve essere bacon, cucinato come si cucina il bacon. Non chiedetemi che differenza ci sia tra il bacon e la pancetta, non ne ho idea, ma sono cose diverse. Una volta certi che sia bacon, tagliatelo non troppo sottile, direi un paio di millimetri di spessore, e rosolatelo fino a che non diventa completamente croccante. Una listarella di bacon che si pieghi non è cotta nel modo giusto. Deve avere la consistenza di un cracker. Il bacon va posizionato sotto l’hamburger, ovviamente, e non tra hamburger e verdure.

APPENDICE 2: L’uovo. L’uovo fritto nell’hamburger è una cosa che al primo impatto può dare da pensare, ma è una strada che una volta imboccata non si abbandona più. Semplicemente il TOP. La cottura dell’uovo però è essenziale: deve avere il tuorlo molle, crudo, che possa colare sul resto degli ingredienti una volta tagliato il panino in due. Tra cuocere troppo il tuorlo e lasciare un po’ di albume crudo propendete sempre per questa seconda ipotesi, è fondamentale. L’uovo, nel contesto del panino, si trova direttamente sopra la carne (e il formaggio, che essendo fuso fa tutt’uno con la carne e non può essere considerato da questa scindibile.). Si chiama uovo fritto perchè va cotto nel pentolino con del condimento, che in generale sarebbe il burro, ma nel caso dell’hamburger è meglio usare l’olio.

Ecco, adesso avete tutti gli elementi che vi servono. Se seguirete queste indicazioni, non ho dubbi che sarete soddisfatti e mi darete ragione. Non vi resta che provare.
Nota: a me l’hamburger col blue cheese piace e, parlando di gusti, io eviterei la fetta di pomodoro. Sono però conscio siano due varianti SBAGLIATE.

A manq piace

A manq piace la figa.
Il titolo voleva essere questo, ma mi sembrava un po’ forte e questo è comunque un blog moderato (come vuole il nuovo governo), quindi ecco il perché del taglio.
“A manq piace la figa” non è però uno statement volto a precisare o a prendere le distanze. Non ha lo scopo con cui lo userebbe Bossi, per dire, ma getta unicamente le basi a quanto segue.
Da quasi due mesi ormai viaggio in metropolitana per due ore al giorno. Nella tratta che va da Gessate a Lodi Tibb mi trovo a contatto con un’ampia gamma di modelli di fanciulla che coprono più o meno tutte le tipologie che siete soliti trovare nei porno (maiali!). Si va dalle teens che scendono in zona licei, alle young che vanno in università, fino alle milfone da combattimento che vanno in ufficio. Un ampio campionario di analisi da cui nasce l’esigenza di scrivere un post.
Già perché, dopo anni di solitarie traversate in macchina, essere inserito in questo contesto mi da l’opportunità di fare uno studio sociologico e di costume a riguardo. In giro ci sono molte più belle ragazze di quel che si pensi. Se la cosa non emerge è perché in molti casi sono totalmente incapaci di vestirsi.
Ecco, sta manfrina per dire che adesso metto giù le cose che vanno e quelle che non vanno della moda donna early 2014.
1) I leggins. Come non partire dai leggins, a conti fatti la migliore invenzione dopo la ruota. Su un campione statistico importante come quello a mia disposizione, questo indumento vince la sua scommessa e supera i dubbi dei detrattori grazie anche ad un comune senso del pudore che ne impedisce l’utilizzo “fuori contesto”. Fortuna che, ad esempio, il jeans a vita bassa non ha mai avuto.
2) Le scarpe. Qui invece la donna non conosce vergogna. Ci sono essenzialmente due tipi di problemi: le scarpe brutte e le scarpe che rendono brutte. Il primo caso è semplice da descrivere, soprattutto di questi tempi. Avete presente tutti quegli stivali bassi con la punta tonda, la fibia e le borchie? Ecco, io vorrei sapere cosa cazzo vi dice il cervello. Oppure le allstar (uoo-u-uo-u-ua) col pelo dentro. E magari, per non farci mancare nulla, altre borchie. Va beh. La seconda categoria invece è piu ampia e concettuale e scatenerà le classiche accuse di sessismo, ma non posso tacere rispetto alle scarpe basse. Di ogni tipo, dalle ballerine (che in un mondo ideale sarebbero illegali), agli stivali senza tacco, corrispettivo della birra senz’alchol. Se siete sotto l’1,75 e vi mettete quelle robe ai piedi l’effetto è subito “bassa e tozza”. È inutile che a pranzo mangiate una carota per “perdere un paio di chili proprio lì”, mettetevi 5 cm di tacco e avrete già risolto il problema. Mica servono I trampoli, perdio, basta qualche centimetro. “Eh ma sono scomoda al lavoro!”. A parte che nel 90% dei casi state poi sedute tutto il giorno, ma il problema è proprio concettuale. Perché non uscite in pantofole allora? No perché l’uomo invece gode a mettere giacca e cravatta da maggio a settembre, con fuori l’asfalto che liquefa. Eddai su. Ultima nota: ai miei tempi le ragazzine mettevano le Buffalo, oggi mettono le Vans. C’è speranza per un domani migliore.
3) Gli occhiali grossi. Oh, non so che dire, a me l’occhiale è sempre piaciuto sulle donne, però un po’ state esagerando. C’è stato un momento preciso, qualche mese fa, in cui l’equilibrio si è spostato da pornosegretarie a Steve Urkel e questo non funziona. Serve moderazione. Però come dicevo, per me l’occhiale è sempre più sì che no e quindi lo promuovo.
4) I pantaloni corti sulla caviglia. Ecco, no. Ma proprio no perché, oltretutto, li abbinate alle scarpe di cui sopra e l’effetto ridicolo è dietro l’angolo.
Quindi questo è quanto, e ve lo dico perché in molti casi è davvero un peccato vedervi conciate in quella maniera. Dovreste puntare di più sul look quotidiano. Siete tutte brave a tirarvi fighe il sabato sera, ma la sfida vera è il martedì mattina. Le belle ragazze della MM2 difficilmente non lo saranno anche il fine settimana. Il contrario invece, lo sappiamo tutti, non è per nulla scontato.
E, soprattutto, piantatela di leggere i fashion-blog, che di solito son scritti da gente che starebbe bene pure vestita di rifiuti umidi. Ascoltate me.

Questo post, tutto sommato inutile, l’ho scritto col telefono per testare il nuovo wordpress.
Nei prossimi giorni cercherò di parlare di qualche disco, ma GTA5 non mi sta lasciando molto tempo libero.

#400tv is a state of mind

I bei tempi in cui questo blog veniva aggiornato di frequente sono finiti, o quantomeno non ci sono attualmente contemporanei. Causa l’impazzare dei social network ed il poco tempo a disposizione ormai qui sopra ci scrivo solo quando c’è qualcosa di veramente GROSSO da dire o raccontare. Ecco, oggi siamo in quelle circostanze lì.
Ieri sera infatti è andata in scena la serata conclusiva della seconda serie della #400tv, quella dedicata al ciclo Nati per Vincere, e per l’occasione il team de “I 400 calci” ha deciso di fare le cose in grande.
Prima di tutto l’evento in questione ha affiancato alla ormai consolidata visione domestica con twittata selvaggia anche la possibilità di trovarsi e vedere il film in compagnia. Le locations sponsorizzate erano due, una a Milano ed una a Roma, e così ho deciso di prendere parte alla “Real Delux Experience” andando ad unirmi al #TemMilano in quel della Santeria. Nota: la Santeria è un localino mica male in zona Milano est che fa un ottimo hamburger con mozzarella di bufala e che, soprattutto, ti omaggia di un piatto di lasagne mentre lo aspetti.
La seconda mossa totale è stata selezionare il più grande capolavoro cinematografico di sempre per la visione collettiva. E non dovrei nemmeno stare a precisare qual è il film di cui si parla (un po’ perchè la locandina qui affianco parla da sola e un po’ perchè non credo possa venirvi in mente altro titolo in seguito alle parole che ho scritto), ma lo faccio solo perchè nell’era Nolan ho imparato che niente deve essere mai lasciato intendere: la pellicola selezionata per la serata finale della #400tv vol.2 è “THE LAST BOYSCOUT”.
Pausa.
Bruce Willis.Tony Scott. Shane Black.
Se cercate on line notizie su questo film potete trovare dei rumors secondo cui Gesù ai tempi decise di ritornare tra noi per prendere parte alla pellicola, ma che poi cambiò idea resosi conto non sarebbe potuta essere in ogni caso migliore di come la conosciamo.
Se cercate on line notizie su questo film sperando di trovare quella che ho scritto qui sopra smettete subito di leggere questo blog, vi prego. O quantomeno non dite a nessuno che lo fate.
Ad ogni modo, tornando a noi, tutto questo insieme di fattori ha reso la serata di ieri una cosa decisamente epica. Più della volta in cui, per vedere lo stesso capolavoro, abbiamo occupato (credo illegalmente, ma non ne ho tutt’oggi la certezza) la sala del cinema di Agrate e ce lo siamo gustati in proiezione privata. Ieri eravamo tantissimi in uno spazio piccolissimo. C’era quella sensazione di umidità e sudore che si riscontra solo in circostanze ad alta carica erotica tipo i video di Britney Spears o la metropolitana in luglio. E poi c’erano le facce. Per me che sono evidentemente anziano (“Ciao, io su twitter sono @tizio92” “92 nel senso che sei del 1992?” “Sì.” “Me lo ripeti?”) le facce hanno ancora una loro certa importanza. Vedere e parlare con le persone nel tentativo, quasi sempre destinato a fallire, di collegarle ai nick con cui di solito chiacchieri on-line è una cosa fighissima. Gente che non avrei mai riconosciuto, gente che immaginavo completamente diversa. Una cosa che mi ha rimandato indietro ai tempi dei forum di GdR. Stesso nerdismo, stesso mix di nick buffi e nick incomprensibili, con l’intersezione dei due insiemi che tende ad infinito.
Tutti belli. Tutti bravi.
E allora la serata funziona a prescindere, anche se dei dieci lettori DVD in sala (credo rubati, non c’è altra spiegazione) non ce ne fosse uno accoppiato ad uno qualsiasi dei venti telecomandi e la visione fosse piombata sul canale audio inglese. Tanto i presenti avrebbero potuto ridoppiarlo interamente lì, sul momento, dalla prima all’ultima scena. Invece s’è preferito commentare, ridere, tifare, applaudire e #berneunpaio che poi, alla fine, credo siano state più di due per grossomodo tutti. Tranne il sottoscritto, che causa arrivo in loco alle 21.00 s’era sparato le sue cartucce ben prima della proiezione.
Chiudo qui, quindi, salutando e ringraziando tutti i presenti per la bella serata in compagnia. Eventuali repliche future non potranno che farmi piacere.
E comunque, #wouldbang Halle Berry.