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Fotografia

The time I was in Mexico and Guatemala

Tre settimane sono sono passate e io sono tornato a casa, ma quello che si è appena chiuso è stato sicuramente uno dei migliori viaggi della mia vita.
Ci sarebbero molti modi per raccontarlo. Uno è mostrare delle foto, ma sono tante e prima che le sistemerò per bene e ne sceglierò un numero ragionevole per il consueto album fotografico passerà un po’ di tempo. Un altro è scrivrere la classica miniguida, ma anche per quello credo ci vorrà un po’ causa piccoli problemi logistici che sto incontrando misurandomi con google maps e la sua scarsa propensione a segnalare le strade guatemalteche. Un altro ancora potrebbe essere mostrare un bel filmino che riassuma i momenti migliori del viaggio, ma anche in questo caso credo servirà ulteriore tempo al sottoscritto per montare insieme i 30 giga di filmati che ha sull’hd (e poi, detto tra noi, essendo la prima volta che mi cimento in riprese di una vacanza, alcuni dei momenti salienti me li sono persi).
Insomma, ci sarebbero un sacco di maniere per poter raccontare questo viaggio come si deve, ma al momento per motivi diversi l’unica che posso permettermi è scriverne. Sono state tre settimane intense, in cui si è girato tantissimo e si è visto ancora di più. Il Messico, terra promessa da tempo immemore per il sottoscritto, è veramente bellissimo in tutti i suoi aspetti, dai paesaggi, alla storia, al mare, alla cucina, alla tequila alla gente locale e via dicendo. Il Guatemala, per quel che ho visto, non è asolutamente da meno. Anzi, meriterebbe sicuramente visite più approfondite. Fino a pochi giorni dal rientro, quando siamo giunti nello Yucatan, le zone attraversate erano quasi del tutto incontaminate, prive di turisti e di relativo caos. Meraviglioso. Chiaramente poi sul mare la situazione è cambiata, ma un po’ di relax ci voleva anche ad essere onesti.
Sicuramente un viaggio che resterà per sempre nel mio cuore.

* Uno dei posti più belli che io abbia mai visto.

Camera Mask


Il primo film realizzato con la fantastica Camera Mask.
E’ ovviamente un film muto, perchè la Camera Mask non ha microfono, ma come prima prova direi che sono soddisfattissimo.
Alla faccia di chi sosteneva fosse una cagata!

La chitarrina

Quella nella foto è la mia nuova chitarra.
Se sarà uno dei miei tanti trip passeggeri ancora non lo so. Le intenzioni sono buone, ma lo sono state altre volte e questo non è garanzia di nulla. Tuttavia voglio crederci. Non saper suonare uno strumento è da sempre uno dei miei rimpianti maggiori, così in questi giorni ho deciso che sarebbe stato da stronzi non provarci nemmeno. Non so dire come mai mi sia mosso proprio ora. Forse è stata l’euforia dell’aver finito la stesura di quella che voglio sperare sarà l’ultima tesi della mia vita, o forse il vedere attorno a me amici che, nelle mie stesse condizioni, hanno deciso di provarci ed iniziare ad imparare.
Forse avevo bisogno di uno stimolo.
Sta di fatto che sta sera sono uscito dal lavoro e sono andato al Music Store di Colonia.
Ho girato per un po’ tra le tantissime chitarre, completamente indeciso non solo su quale acquistare, ma se farlo o meno. Poi ho chiesto aiuto.
Il ragazzo, molto gentile, mi ha indirizzato su una chitarra classica che, a suo dire, per imparare è la meglio cosa. Dal canto mio però, la volevo amplificabile. Non elettrica, perchè non credo ne avrò mai bisogno, ma nemmeno totalmente acustica.
Quella che alla fine mi son portato a casa dovrebbe essere il giusto compromesso. La custodia era omaggio, così come l’accordatore (ausiliario, avendolo la chitarra già incorporato di suo). Ho dovuto solo acquistare i plettri. Ne ho presi tipo cento tutti identici, così, giusto perchè non pensassero che ne capisco qualcosa.
Poi sono arrivato a casa e mi sono sparato le prime cinque lezioni del manuale di chitarra di Massimo Varini. Cinque lezioni non perchè io sia un genio o particolarmente portato all’apprendimento dello strumento, ma perchè nelle prime quattro non c’è molto da imparare. Lui comunque è un idolo.
Nella quinta lezione ho appreso i primi due accordi: Mi minore e La minore. Ok, appreso è un parolone, però diciamo che ho iniziato a far pratica. Ora devo esercitarmi un po’, prima di passare alla lezione successiva. Intanto però, segnalo che sto scrivendo il blog solo usando la mano destra in quanto medio e anulare della sinistra dolgono come poche altre volte.
Sono contento.
Vediamo quanto durerà questa euforia.
Per i bookmakers, la Polly mi da stufo in tre settimane.

A me piace l’estate, sto giro anche di più.

Eccomi qui alla fine del primo giorno di lavoro al rientro dalle vacanze.
Colonia, 10°C, pioggia.
Non ci facciamo mancare un cazzo, noi.
Sarà quindi forse l’atmosfera di questo rientro, sarà stato che quest’anno le vacanze sono state una full immersion nella mia vita e non un modo per evadere dalla stessa, sarà che mi sono divertito non poco, ma sta di fatto che il voto all’estate 2010 non può che essere altissimo. Tre settimane tra viaggi, surf, birra, grigliate, Ibra, fotografia, rapaces, castelli, vino, canard, fantacalcio e mille altre cose che elencare forse neanche serve. Tre settimane che nel loro scorrere parevano volare e che oggi, al rientro, mi son sembrate un’eternità.
Tutto molto bello, davvero, e quindi grazie a tutti coloro che ne hanno preso parte.
Ovviamente l’esperienza dominante è stata il surf.
Fatica a mille, fallimenti incalcolabili, lividi, tutto vero. Ma quando l’onda arriva, ti solleva, ti trascina e per puro caso riesci a prenderla… beh, esperienza totale.
Totale.
Un’altra riga, forse la più significativa, sulla lista delle cose da fare prima dei trent’anni.

Nota: aggiornata la sezione “foto”.

Parigi val bene una messa?

Io e la Polly abbiamo visitato Parigi e la risposta alla domanda è: “Anche no.”.
Cocente delusione.
Sarà che avevo ben altre aspettative, ma l’ho trovata veramente poco affascinante. L’atmosfera “parigina” tanto decantata era impercettibile, pareva di stare in periferia anche quando immersi nel pieno centro. Non saprei descrivere, ma proprio non mi ha preso.
E poi, cazzo, mai avrei pensato che Parigi fosse una città così sporca. Impressionante.
C’è puzza ovunque. Ovunque. Persino l’acqua lascia addosso un odore, dopo la doccia, che tutto è tranne che piacevole.
Vogliamo parlare dei prezzi di Parigi? O della simpatia degli abitanti della città?
Insomma, bella è bella, ma lungi dall’essere il posto idilliaco che credevo.
Per una volta aver fatto le immancabili orrende foto non mi dispiace. Rendono l’idea.
Chiudo con un l’antica usanza del pagellone, giusto per gradire.

Voto 10: alla cenetta che ci siamo fatti io e Paola in un ristorantino scovato dalla Frommer’s in una microviuzza dei quartieri latini. Unica salassata parigina che è valsa ogni euro speso. Chic.
Voto 9: alla vista che si può apprezzare dalla sommità della Tour Eiffel al tramonto. Ammaliante.
Voto 8: ai quartieri latini, unico posto di Parigi realmente caldo e accogliente, in cui ci si sente in una città e non in un museo a cielo aperto. Vivi.
Voto 7: alla soupe a l’oignon gratinèe. Spettacolo quando cucinata bene, buona quando cucinata male. Ovviamente le possibilità di beccare la prima e non la seconda rasentano lo zero, ma anche in questo caso la Frommer’s ha aiutato. Succulenta.
Voto 6: alla chiesa Sacre Coeur di Montmartre perchè è bella. Peccato sia gestita da rotti in culo che provano a venderti anche l’aria. Com’era la storia dei mercanti nel tempio? Blasfema.
Voto 5: alla Sainte-Chapelle. Ovviamente, dopo due ore di coda per la perquisa, c’è il cartello “attenzione restauro”. Così entri e metà la vedi disegnata sulle impalcature. L’altra metà, già restaurata, ti fa capire che anche al massimo dello splendore non è che sia sto spettacolo. Superflua.
Voto 4: al museo Louvre. Ho sempre sentito dire: “Ti serve almeno una giornata per visitarlo”. Io ci ho messo due ore dando spazio anche alla temutissima (ma amatissima dalla Polly) pittura fiamminga. L’unica cosa per cui la gente ci entra, ovvero la Gioconda, te la fanno vedere da cento metri (e non è che si parli di Guernica) e coperta da un vetro che altera i colori in maniera raccapricciante. Sopravvalutatissimo.
Voto 3: a Paul il bulangiere. L’unica baguette possa di Parigi la vendono lì. Imbarazzante.
Voto 2: alla metropolitana di Parigi. Figo eh, avere la metropolitana più antica d’Europa. Però magari farla funzionare lo sarebbe di più. Obsoleta.
Voto 1: all’odore di Parigi. Nauseabondo.
Voto 0: alla reggia di Versailles, al suo giardino, a chi l’ha costruita e a tutti i dittatori della storia che non hanno sfruttato l’occasione di abbatterla. Una merda.

Nota: aggiornata la sezione “foto”.

In Bruges

Quello appena trascorso è stato un fantastico week-end.
Ci si è divertiti.
La compagnia si è dimostrata eccellente (grazie ragazzi per la visita, davvero), la convivenza più che mai democratica, le trappiste al solito imbevibili ed il waterzooi una prelibatezza come ce ne sono poche.
Riso tanto, camminato di più e dormito poco.
Bello, bello, bello.
E poi Bruges è un posto che va visto, soprattutto dopo essersi gustati il film “In Bruges”.
Bellissima città, veramente mozzafiato, ma effettivamente due settimane lì potrebbero rivelarsi molto vicine al mio concetto di inferno.
Ho scattato qualche foto in questi tre giorni, ad essere sincero più di qualcuna, tuttavia come troppo spesso accade non sono soddisfatto del risultato. Per fortuna c’erano con me altri tre baldi fotografi che non si faranno pregare per inviarmi le loro opere e rimediare alla mia incompetenza.
Sono cotto, vado a letto.
Avrei voluto scrivere di più della gita, ma non riesco proprio.
Aggiungo solo che le praline di cioccolato belga che ho acquistato sono un portento.

Nota: aggiornata la sezione “foto”.

Quasi a casa

In attesa di partire e rientrare a casa ho deciso di fare veglia.
Il perchè è semplice: preferirei crollare in aereo e far così volare le troppe ore di volo che mi separano da Brugherio.
Non sapendo bene come impegnare il tempo, ma essendo sicuramente deciso a sfruttare fino all’ultimo ciò che questa notte in albergo ha da offrire, mi sono dedicato a questo blog su tre diversi fronti.
Il primo è facilmente visibile a tutti: ho creato l’album di foto di questo viaggio.
Una volta tanto sono soddisfatto delle foto che ho scattato.
Probabilemente questa sarà invece la volta in cui non piaceranno a nessuno.
Il risultato dei miei sforzi comunque è visibile nel menu qui accanto, come al solito.
Il secondo ambito su cui ho lavorato dovrebbe essere visibile soprattutto ai più attenti.
E’ da poco uscito il nuovo Internet Explorer 8.0 ed il suo avvento ha creato non pochi disastri al mio template.
La cosa buffa è che se utilizzato in modalità “normale” creava alcuni problemi, se invece impostato su “compatibilità con i browser precedenti”, ne creava di diversi che, ovviamente, i “browser precedenti” nemmeno si sognavano.
Dopo questa serata di lavoro spero di aver risolto i problemi della modalità “normale” e di conseguenza il mio blog diventa ufficilamente progettato per IE 8.0. Chi non ce l’ha potrebbe incorrere in piccoli difetti di visualizzazione che ignoro, poichè non ho più modo di controllare. Chi usa Firefox questi problemi li ha sempre avuti e non credo che per loro le cose siano ne migliorate, nè peggiorate.
La terza opera è quella che mi ha occupato più tempo e che, però, al momento non è visibile a nessuno.
Sto continuando la creazione di una nuova sezione del sito che spero possa essere non solo piacevole per chi decida di visitarla, ma a suo modo anche utile.
Ok, direi che per questo aggiornamento dall’Habana Libre Hotel di Miami Beach è tutto.
Appena tornato a casa scriverò qualcosa del viaggio e dell’intervista che i My Own Private Alaska mi hanno gentilmente concesso, intervista che dovrebbe uscire quanto prima su Groovebox.it.
Due ore e trenta al check out.
Quasi quasi due mele le peso comunque.

Nota: aggiornata la sezione “foto”

Addio al celibato vol.1

Eccomi di rientro dal primo addio al celibato effettuato dalla mia compagnia.
Il futuro sposo è Robi, detto Scipp.
La location è Monaco di Baviera. Ancora.
Il gruppo era composto da me, Robi, Simo, Peich, Bazzu, Uazza, Aui anche detto “Wiener Schnitzel“, Missa anche detto “pene di Sauropoden” e Dani.
E’ stata una due giorni piuttosto intensa, di cui porto ancora i segni in questo Lunedì mattina di solitaria in laboratorio (la Vero è alle cellule, la Polly alle urne, il capo credo in volo). Mi piacerebbe mettere la testa sul bancone e dormire, ma non posso farlo. Però posso prendermi qualche minuto per scrivere un breve resoconto del week-end monegasco.
Innanzi tutto spero che Robi si sia divertito.
Io credo di sì.
Peccato che non abbia mai voluto approfittare dell’offerta “indicane una e noi te la portiamo, consenziente o no”. Io, al posto suo, in alcuni casi avrei indicato.
Per il resto il viaggetto è stato il classico tour a Monaco, con giro forsennato delle birrerie a partire dalle 10.00 del primo giorno, nessun tipo di visita della città (che alla mia settima volta in loco persiste ad essermi semi sconosciuta), pernottamento alla “Penzion Beck mit Kolazione”, visita dello stadio con annessa foto e goliardia in strada utilizzando le varie statue a disposizione: il cavallo detto “caua”, la signorina da palpeggiare e l’om ca l’và a pè.
Aver scelto l’aereo alla fine si è rivelata una mossa assai saggia. Non tanto all’andata, che essendo stata fissata per le 6.55 ha previsto comunque una nottata in bianco ed una certa stanchezza in loco, ma per il ritorno che alleviato del problema della guida ha concesso al gruppo di uscire dall’ultima birreria alle 19.00 per imbarcarsi alle 21.00 sul volo di rientro.
Unica nota negativa della due giorni è stata la scelta poco elegante, poco simpatica, ma forse lungimirante dei camerieri dell’HB che, poco prima del mezzogiorno di Sabato, ci hanno gentilmente detto: “No more beer for you.”
O forse: “No more fucking beer for you, drunk italian motherfuckers!”.
Non ricordo bene com’è andata la cosa.
Ricordo però che alle 12.30 eravamo a bere all’Augustiner con buona pace dei sopracitati camerieri.
Insomma, risate e divertimento come non se ne facevano da un po’, visto che ormai muoversi per un viaggio tutti in compagnia è diventato molto complicato se non impossibile.
Ovviamente una cosa del genere può essere fatta solo con mete esterne al territorio nazionale o comunque caratterizzate da una lingua diversa dall’italiano, se non si vuole incappare in problemi penali.
Chiudo con l’immagine più significativa della trasferta.

* Dani @ Augustiner, ore 14.00. Risparmio la foto di Dani @ Cesso della Pensione delle ore 15.00 per non sconvolgere gli stomaci deboli.

A Milano la musica è morta

Ieri sera sono stato a sentire i Funeral for a Friend al Rolling Stone di Milano.
Essendo Venerdì sera, alle 23.00 doveva iniziare la serata.
Per questo il concerto è stato tranciato alle 22.30 spaccate.
Niente bis.
Neanche un’ora di musica.
Nove pezzi.
Diciotto euri.
Innumerevoli madonne.
Oltretutto con il biglietto del concerto non è nemmeno permesso restare nel locale per la serata seguente.
Ci hanno cacciati.
Ok, sarebbe stata serata gay/lesbo e me ne sarei andato comunque, ma non è lì il punto.
E’ ora di finirla di organizzare i concerti a Milano o in posti che devono tenere il volume basso o in posti dove si deve forzatamente smontare entro le 22.30.
E’ uno schifo.
Vabbè, parliamo di musica. Il concerto è stato aperto da una band di Roma che faceva electro/rock modaiolo. Ragazzini, il bassista era pure simpatico, però se devi chiudere alle 22.30 mi chiedo che cazzo di senso abbia mettere addirittura due gruppi spalla di cui, non me ne vogliano, non frega un cazzo a nessuno.
Io sono sempre stato assolutamente favorevole al dare spazio alle band emergenti, anche quando non incontrano il mio gusto. Uno se le ascolta volentieri e magari scopre qualcosa di nuovo e piacevole, ma questo non deve togliere spazio alla band per cui, in parole schiette, ho speso i soldi.
Dopo di loro è stato il turno dei Cancer Bats, band su cui riponevo molte aspettative perchè pur non avendoli mai sentiti sono uno dei nomi che girà di più al momento.
Sono i re dei tamarri.
Suonano un heavy metal molto vecchio stile e sono senza dubbio divertenti. In un locale dove non ci saranno state più di cento persone, hanno suonato come fossero davanti al pubblico delle grandi occasioni e di questo va dato loro merito.
Alla fine è il turno dei FFAF.
Io li vidi esattamente un anno fa, in tour per presentare l’allora appena uscito “Tales don’t tell themselves”, e fecero secondo me un gran bel concerto.
A dodici mesi di distanza mi hanno lasciato con non pochi dubbi.
E’ infatti appena uscito un nuovo disco, da me mai sentito, che credo abbia l’unico pregio di avere in copertina ua tamarrissima doppia elica di DNA.
Due dischi in quindici mesi sono troppi per una band che non fa dell’innovazione iil suo cavallo di battaglia.
Per prima cosa li ho trovati brutti.
In secondo luogo il nuovo bassista non mi ha per nulla convinto.
Infine i suoni facevano discretamente cagare.
A loro merito va detto però che hanno provato a fare un bel concerto nonostante la penuria di pubblico, cosa che apprezzo, ma che non basta a risollevare la serata.
In sostanza, se non avessi visto i Jimmy Eat World a Febbraio, questa settimana avrebbe condensato al suo interno il concerto più brutto e quello più bello dell’anno.
Chiudo annunciando la pubblicazione di alcune foto della mia gita a Londra.
Di solito sono abbastanza deluso del mio operato di fotografo, ma in questo caso devo dire che alcune mi piacciono assai.

Nota: aggiornata la sezione “foto”

One more time with feeling

Sono tornato.
In realtà sono atterrato a Malpensa ieri, ma visto che è solo da domani che riprenderò a lavorare fisso ad oggi il mio giorno di rientro dalle ferie.
L’idea è scrivere un post sul mio viaggio ai Caraibi, ma parto già con l’anticipare che non sarà per nulla facile da stendere, visto che si è trattato del viaggio più bello della mia vita.
Non c’è gara.
Credo di poter affermare di aver visto ogni sfaccettatura di Cuba, ogni suo risvolto, e di averli apprezzati appieno tutti, nessuno escluso.
Ho fatto anche diverse foto di cui sono molto molto deluso, anche se Bazzu su di loro ha espresso parere positivo. Mi piacerebbe sapere perchè gli piacciano visto che io le trovo bruttine, ma confido che presto mi dia le motivazioni del suo pensiero.
Intanto butto on-line il link alla pagina, giusto per completezza e per avere eventualmente ulteriori pareri.
Partirei volentieri con la narrazione della vacanza, ma posso garantire che l’opera è quantomai difficile. Troppo materiale cui attingere, troppi aneddoti, troppi ricordi.
Ci provo.
La vacanza è cominciata a la Habana. 36 ore di immersione nel clima torrido e umido di cuba, nello smog delle macchine anni ’60 e nelle usanze della popolazione del luogo. Posto semplicemente surreale, personaggi anche più incredibili. Si sta in giro, in cinque, tra i cartelloni della propaganda Castrista e i locali Jazz accompagnati da una buona Bucanero (birra e sponsor della vacanza, il cui spot potrete trovare qui) e da qualche simpatico personaggio. Qui facciamo la conoscenza di Roberto e della sua fidanzata, che ci offrono dei sigari, ci portano in un locale a vedere le prove dello spettacolo serale di salsa, si bevono con noi il mojito più caro dell’isola (addirittura 5 CUC aka 3,5 Euri) e cercano in tutti i modi di piazzarci dei Montecristo n°4 alla metà del prezzo cui si comprerebbero nei negozi: 140 CUC per 50 sigari venduti generlamente a 107 CUC ogni 25.
E’ il primo giorno.
E allora di CUC gliene dai 110 per 25 sigari, dicendo che 50 non ti servono e stando a guardare mentre il tipo fa grottescamente finta di sbagliare a contare i soldi per estorcerti altri 10 CUC. A quel punto esci da casa sua convinto di aver preso una solita sonora inculata, ma in realtà hai semplicemente pagato dei sigari il loro prezzo di mercato, permettendo di campare a della gente che altrimenti, se li avessi acquistati in negozio, non avrebbe visto una lira.
Poi ci si sposta a Viñales e li facciamo conoscenza con il mago.
Scrivere tutto riguardo al mago è impossibile.
Il mago è il mago.
E’ quello di cui non sapevamo il nome e che però teneva le nostre chiavi di casa, quello che ci ha portato a mangiare in casa di sua zia dicendo che era un ristorante esclusivo, quello che ci ha fatto da cicerone per una giornata senza volere un solo CUC, quello che ci ha fatto assaggiare la canna da zucchero, quello che ha provato a farci le gomme senza riuscirci, quello che ci ha affittato una finca in mezzo al nulla e gestita dalle tarantole, quello che alle 4 di notte ci ha portato da un suo amico gommista in mezzo alla giungla e che ci ha bucato una gomma per poi ripararcela per portare a casa 10 CUC, quello che per paura di passare dei guai alla fine non ha voluto i 70 CUC dell’affitto della sopracitata finca, quello che ci ha messo 3 giorni a fare il viaggio che noi abbiamo fatto in 4 ore.
Come detto, il mago è il mago e non c’è altro da aggiungere.
E poi c’è stata Maria la Gorda con la sua spiaggia deserta, il suo mare da pelle d’oca, i suoi coralli, i suoi pesci, gli squaletti visti e fortunatamente non riconosciuti al primo sguardo, l’ennesima gomma bucata in mezzo al niente, il viaggio di Peich e Ori sul carro per raggiungere il primo gommista a 16 Km, l’uragano sopportato in mezzo ad una strada con la macchina sul crick e noi sotto l’acqua, l’intero paese (10 persone vecchi e bambini compresi) a tentare di aiutarci in tutti i modi, il testimone di geova che prova a convertirmi sotto l’acqua con una gomma tagliata e l’altra dispersa chissà dove insieme a due dei miei compagni di viaggio, ma soprattutto il tormentone della vacanza: “Ponchada?” “Sì” “E il repureto?” “Ponchado!” “Ohhhhhhhhh!”.
L’avevo detto, troppa roba per essere raccontata.
E rimarrebbero ancora Varadero e il suo all inclusive per ricchi sudamericani, un posto in cui l’occidentale medio ha schifo anche solo a scendere dalla macchina; Cayo S. Maria con il suo all inclusive per signori, in cui ho passato tre giorni indescrivibili (letteralmente, visti i vuoti di memoria causati dalla smodata assunzione di alchool); Trinidad e la sua Salsa in piazza; Cinfuegos e la sua cena problematica; l’Origgi che fraternizza con gli indigeni e canta ad un bambino cubano-napoletano una versione quantomai strana della vecchia fattoria in cui gli animali sono quasi tutti crostacei a parte il leone; la baia dei porci, l’hotel Moka ed il suo rebus (4,4).
Ripensandoci sto ancora male.
Viaggio esagerato.
Tutto ben oltre le più rosee aspettative.
Mi spiace se rileggendo questo post non sarà possibile cogliere il senso o lo svolgimento reale dei fatti, sono disponibile a dare spiegazioni di persona a chiunque le necessiti.
Mi prendo anche una riga o due per ringraziare il Bell’uomo, che andando al concerto dei Bad Religion aveva saputo darmi un gran consiglio.
Uno di quelli che sono molto contento di aver ascoltato.
Alla lettera.
Ora si riprende a lavorare.
Domani mattina ore 9.30 rientrerò in laboratorio conscio di doverci stare per tutto Agosto.
La cosa però non mi tange granchè perchè l’estate non è finita.
L’estate è appena iniziata, anche se ho già esaurito le ferie.
Il grido al momento è uno solo: TOGA!

Nota: aggiornata la sezione “foto”