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Giappone – Agosto 2023

Quest’anno io sarei voluto andare in Perù, solo che quando ho iniziato ad informarmi per mettere insieme l’itinerario è successa una mezza rivoluzione. Così abbiamo dovuto cercare alternative, che però avevano tutte un qualche problema o inconveniente di fondo che ci portava ad escluderle. Fino a che, ad un certo punto, la Polly mi dice: “Oh, ma il Giappone?”.
E così siamo andati in Giappone.

Potrebbe sembrare strano, ma quello di quest’anno è stato senza ombra di dubbio il viaggio più estremo organizzato da quando ci muoviamo in quattro e sicuramente uno dei più impegnativi della mia vita in generale. Lo è stato per una lunga serie di variabili avverse di cui eravamo consapevoli, ma che se non abbiamo direttamente sottostimato, abbiamo erroneamente valutato singolarmente e non nella loro sommatoria. Tante piccole fonti di disagio/stress che prese una alla volta abbiamo considerato gestibili, ma che tutte insieme hanno ci hanno messo alla prova più di quanto avremmo ipotizzato.
Quindi è stato un viaggio brutto? No, per niente. Il Giappone è meraviglioso (Okinawa esclusa, ma su quello torniamo dopo) e noi ce lo siamo ampiamente goduto, ma qui l’obbiettivo è mettere giù una mini guida e quindi tocca fare anche un po’ di autocritica, per rendere queste righe utili, magari, a qualcun altro.
La nostra idea per questo tour è stata fare una sorta di inter-rail zaino in spalla, sfruttando un abbonamento ai treni molto conveniente, il Japan Rail (JR) Pass,  che il Giappone offre ai turisti e che permette di muoversi attraverso tutto il Paese con una cifra piuttosto conveniente. Il servizio è eccellente per copertura del territorio e qualità del trasporto e può essere acquistato con diversi intervalli di validità. Noi abbiamo optato per la versione da 14 giorni, che al tempo costava circa 250 euro per gli adulti. Un itinerario come quello disegnato da noi probabilmente si potrebbe fare anche con un JR Pass da soli 7 giorni di validità, che costa circa 100 euro in meno. Questo perchè molte delle metropolitane di Tokyo non rientrano nell’abbonamento ed utilizzare solo quelle incluse spesso non è conveniente in termini di tempo, quindi a conti fatti probabilmente nei giorni iniziali in cui si sta a Tokyo se ne può tranquillamente fare a meno. I mezzi in Giappone sono gratuiti per i bambini sotto i 6 anni, mentre costano la metà fino ai 12 anni; quindi noi avremmo potuto acquistare il JR Pass “ridotto” per Giorgio e far viaggiare Olivia gratuitamente. Così facendo però, lei non avrebbe avuto diritto al posto assegnato e avrebbe potuto dover viaggiare in braccio a uno dei due genitori. Uso il condizionale perchè l’utilizzo del JR Pass consente di prenotare posti a sedere, ma anche di accedere agli stessi treni senza prenotazione, essendoci sempre carrozze destinate ai non prenotati in cui chi prima arriva occupa il posto. Con soli 3 JR Pass quindi avremmo dovuto scegliere se prenotare gli spostamenti per avere garanzia di trovare posto in treno, ma dovendo tenere Olivia sulle ginocchia per tutto il tempo, oppure andare alla spera in dio nelle carrozze non prenotabili, rischiando però di non trovare posto e dover aspettare i treni successivi. Rischio che, in un periodo di grande affluenza come quello estivo, è tutt’altro che remoto. Per noi quindi i 150 euro di un JR Pass ridotto in più sono stati un investimento sensato, che rifaremmo. Consiglierei anche di fare, come noi, le prenotazioni di tutti i treni principali del tour il primo giorno disponibile, proprio perchè trovare posto sulle tratte più gettonate e negli orari più richiesti può essere complesso, anche con diversi giorni di anticipo.
Per l’utilizzo dei mezzi urbani non inclusi nel JR Pass, è molto comodo farsi una tessera ricaricabile pre-pagata (IC Card). La più conosciuta è la PASMO, ma ha un costo di quasi 10 euro a fondo perduto (1.500 yen), mentre noi abbiamo fatto la SUICA, che è totalmente gratuita. Sono tessere personali, quindi ne abbiamo dovute fare 3, ma possono essere utilizzate per pagare in moltissimi esercizi e anche in aeroporto, senza correre il rischio di perdere un’eventuale parte di ricarica inutilizzata. Per tutti i mezzi urbani utilizzati a Tokyo, Kyoto e Okinawa non è stato necessario andare oltre i 4.000 yen a persona (25 euro).
Viaggiare coi mezzi in Giappone è un’esperienza meravigliosa, funziona tutto talmente bene che è di una semplicità estrema anche orientarsi tra gli ideogrammi e le stazioni gigantesche. Anche solo Google Maps indica con precisione sia i binari dei treni da prendere che le fermate in tempo reale mentre si viaggia in autobus, rendendo davvero semplicissimo ogni spostamento. Eppure se dovessi indicare il primo fattore di stress di questo viaggio è stato proprio l’essere vincolati ai mezzi. Abituati a muoverci con l’auto, in viaggio, senza orari e senza tempi morti, anche un sistema super organizzato e funzionante come quello dei trasporti pubblici giapponesi comporta un incremento esponenziale delle tempistiche dedicate agli spostamenti. Per quanto vicino, l’albergo non sarà mai in stazione e la stazione non sarà mai esattamente dove vuoi andare tu, così come per quanto gli orari siano precisi, ci sarà sempre del tempo da aspettare. Questo elemento, seppur banale, noi lo abbiamo ampiamente sottostimato ed è senza dubbio stata la principale causa di affaticamento mentale e fisico, per noi e per i bambini. A titolo personale poi, devo dire che guidare nei posti che visito mi rende l’esperienza molto più immersiva, perchè dal finestrino di un treno non riesco ad apprezzare i paesaggi nello stesso modo e quel tipo di godimento mi è mancato quest’anno, ma oggettivamente il Giappone non è posto da fly&drive e farselo in treno rimane, per me, comunque l’opzione migliore. 
L’altro elemento da considerare molto attentamente è il fattore climatico. Ad Agosto, in Giappone, fa un caldo umido terribile. Questo lo sapevamo, ce lo avevano detto praticamente tutti. Io ho sempre risposto “Ho fatto la Giordania in Agosto, non sarà peggio”, ma in effetti è peggio, è più il clima che avevo trovato in Florida. Il punto però non è tanto quando si è in giro a visitare le città, i templi o i parchi, dove il caldo si sopporta tranquillamente. Il punto è quel caldo associato alle criticità degli spostamenti coi mezzi, due variabili che se singolarmente sono assolutamente gestibili, in combo diventano molto più impattanti. Altra cosa che sapevamo è che Agosto, da quelle parti, è periodo di tifoni. Tifoni che molto raramente impattano la parte “continentale” del Giappone e che tendono ad incasinare soprattutto le isole meridionali della prefettura di Okinawa (ci torno dopo. Giuro.). Il tifone Lan, invece, ha deciso di attraversare il Paese in pieno, abbattendosi sulle regioni di Osaka, Kyoto e Kobe e, di fatto, paralizzando tutto. Noi non eravamo nelle aree colpite dal tifone quando è passato, fortunatamente, ma nel suo ultimo giorno era tutto talmente in tilt da bloccarci su un treno per 7 ore, fermi, trasformando uno spostamento di 4 ore in uno spostamento di 12. Nulla di grave, anche perchè la magia di quel posto è che dal giorno seguente tutto funzionava di nuovo come se non fosse accaduto niente, però andando ad Agosto va messo in conto che una cosa del genere può capitare e che, di nuovo, se ci si muove in treno non c’è possibilità di fare nulla se non aspettare che il treno riparta. Quindi quando Marco Togni dice: “Vi auguro di beccare un tifone perchè dura un giorno e poi vi lascia delle giornate spettacolari” secondo me c’è ampio margine per mandarlo a cagare. 
Ultimo elemento da valutare bene è la questione aereo. La crisi russa ha portato ad un aumento anche molto significativo della durata dei voli per il Giappone e, conseguentemente, dei costi. La tratta di rientro Tokyo-Francoforte è stata di 13.5 ore, il singolo volo più lungo che io abbia mai fatto. Posto che il biglietto costa tantissimo in ogni caso, scegliete una compagnia con cui vi siete trovati bene o che sapete essere, di norma, valida. Noi abbiamo volato con Lufthansa che, negli anni, non mi ha mai offerto un servizio decente sulle lunghe tratte e che, anche questa volta, si è confermata tremenda. Probabilmente con Turkish avremmo volato meglio e ci avremmo messo pure qualcosa meno, al netto dei tempi di scalo.
Due elementi che invece temevamo, ma che si sono rivelati per nulla problematici sono il fuso orario e il cibo. 
Il fuso ci agitava più che altro per i bambini, perchè per loro sarebbe stata la prima esperienza col cambio di orario e perchè il nostro itinerario serrato non ci dava effettivamente margine di farglielo assorbire con calma (Giorgio aveva in realtà già sperimentato il jet lag negli States, ma aveva 15 mesi e a quell’età il ciclo sonno/veglia non risente praticamente per nulla dei cambi di orario). Partendo la sera però, abbiamo potuto dormire tutta la tratta intercontinentale atterrando al mattino praticamente già in linea con l’orario giapponese e quindi senza quasi avvertire il cambio.
Anche per la questione alimentare il dubbio era solo ed esclusivamente relativo ai nostri figli, ma devo dire che si sono entrambi adattati alla grande. Abbiamo fatto grandi scorpacciate di ramen, udon e soba che ci hanno permesso di assumere la nostra preziosa dose di carboidrati giornaliera (Olly soffre di acetone) e l’abbiamo integrata con tantissimo sushi (Giorgio ci è impazzito) e il famigerato tonkatsu, ovvero la cotoletta giapponese. Cosa importantissima da sottolineare: il cibo in Giappone può costare molto poco. Oltre alle tantissime bancarelle che offrono street food di ogni genere e tipo, mi sento di segnalare:
1) Ichiran: catena di ramen delizioso e molto caratteristico nel concept dei ristoranti. Costo per una porzione sotto i 1.000 yen (circa 5 euro) con acqua inclusa.
2) Sushiro: catena di sushi in cui i piattini con le singole porzioni girano sui nastri trasportatori. Ottima qualità e varietà. Qui spendevamo in 4 intorno agli 8000 yen (circa 50 euro) mangiando parecchio.
3) 7-Eleven: il più noto tra i combini giapponesi offre una serie ampissima di snack dolci e salati, tra cui tantissimi onigiri, ciascuno sotto i 300 yen (neanche 2 euro).
Certo, volendo andare a sedersi in veri ristoranti i prezzi possono salire tantissimo, ma noi non l’abbiamo mai fatto. Ci siamo invece concessi della carne, di tanto in tanto, soprattutto il manzo Hida quando siamo stati nella regione in cui è prodotto. Il prezzo dei piatti in quel caso ovviamente sale, ma resta comunque accessibile, decisamente più basso di quello a cui il wagyu viene venduto in Italia (diciamo dai 3K ai 5K yen, tra i 20 e i 30 euro).
Ultima nota, prima di passare a raccontare il tour che abbiamo fatto, riguarda le sistemazioni. In Giappone è molto improbabile trovare stanze quadruple negli alberghi, ma è possibile prenotare delle doppie, con o senza letto aggiunto a seconda della struttura, se si viaggia con bambini dell’età dei nostri (8 e 5). Questo significa risparmiare parecchio sulle sistemazioni, come ovvio, ma implica anche dover dormire in due in letti a una piazza e mezza. Farlo tutte le notti per due settimane potrebbe risultare impegnativo. Noi lo abbiamo fatto ed è andata tutto sommato bene, ma non posso negare che avrei potuto riposare meglio in queste due settimane.

Dopo questa infinita lista di premesse, passiamo al racconto del nostro itinerario. Un enorme aiuto nello sviluppare il viaggio ce l’ha dato Adelmo di HTS Viaggi, con cui avevamo preso contatto quando stavamo valutando il Perù. All’inizio gli avevamo chiesto solamente aiuto per l’acquisto dei biglietti aerei, perchè il costo superava il massimale delle nostre carte di credito, ma poi abbiamo sfruttato i suoi preziosi consigli anche per aggiustare l’itinerario, selezionare le strutture in cui dormire e acquistare i JR Pass, il fondamentale pocket wifi e l’esperienza della cerimonia del the della Polly. Adelmo è stato un consulente SUPER e penso proprio che torneremo a contattarlo per altri viaggi in futuro, qualora optassimo per destinazioni difficili da gestire in autonomia.
Il nostro itinerario è iniziato con Tokyo, dove siamo rimasti 4 notti.
Tokyo è una città incredibile, che probabilmente balza in testa alla classifica delle mie città preferite. Suggestiva, assurda e coloratissima, vive di quartieri meravigliosi e contrasti assurdi tra storia, modernità e cultura nipponica. Pur essendo una megalopoli, mi ha colpito tantissimo per l’assenza di traffico, che non mi sarei aspettato, oltre che per la pulizia estrema. Probabilmente aiuta avere una rete di trasporti pubblici così capillare ed efficiente, ma è davvero un unicum tra le grandi città in cui sono stato. Noi abbiamo alloggiato al Comfort Hotel Tokyo Higashi-Kanda che aveva il vantaggio di essere a circa 800m sia dalla fermata di Kanda che da quella di Akihabara, entrambe su linee coperte dal JR Pass. Consci che esplorare Tokyo in 3 o 4 giorni fosse impossibile, abbiamo disegnato tre itinerari selezionando le cose che ci interessavano maggiormente. Il primo giorno, di assestamento, abbiamo visitato il tempio Senso-Ji e l’area della Tokyo Skytree. Il secondo giorno lo abbiamo dedicato alle aree di Shibuya e Shinjuku, con visita al parco Yoyogi, al santuario Meiji e spingendoci fino a Golden Gai per poi rientrare in albergo e visitare la zona della Stazione di Tokyo in serata. Il terzo giorno siamo partiti attraversando Ginza fino al mercato del pesce Tsukiji, per poi visitare Ueno e chiudere in serata alla statua del Gundam di Odaiba, da cui abbiamo ammirato lo skyline della città illuminata. Tre giorni belli pieni, in cui abbiamo camminato tantissimo, ma che ci hanno permesso di utilizzare l’ultimo giorno per una gita fuori porta che liberasse un po’ i bambini dal contesto cittadino. In questo senso avevamo due opzioni in faretra: la prima era la visita alla Pagoda Chureito, nota per la spettacolare vista che offre sul monte Fuji, mentre la seconda era un trekking sul monte Takao. Trovandoci nel pieno del passaggio del tifone Lan andare alla pagoda è diventato impossibile causa treni bloccati (oltre che probabilmente inutile causa zero visibilità), così abbiamo selezionato il trekking. Salire al monte Takao ci è piaciuto tanto. Il sentiero si snoda attraverso templi e santuari, immerso nel verde, e lungo il tragitto si può visitare una piccola riserva in cui vivono delle scimmie molto carine che hanno fatto impazzire i bimbi. Sono poco meno di 600m di dislivello, la camminata è facile, ma lo strappo è tutto nel primo tratto in cui non c’è nulla da vedere e che può essere evitato prendendo la teleferica (circa 3 euro a persona per gli adulti). Noi ce lo siamo fatti a piedi su suggerimento di Marco Togni (sempre lui oh), ma al ritorno siamo scesi con i mezzi.
Lasciata Tokyo, ci siamo trasferiti a Takayama per una tappa che ci è stata suggerita da Adelmo e che stra-consigliamo a chiunque volesse andare in Giappone. Se non c’è un tifone a bloccarvi su un treno per 7 ore (in galleria!!!), la tratta da Tokyo dura circa 4 ore e permette, con una sola notte, di godere della cittadina e di tutto ciò che ha da offrire. Nello specifico: tanta atmosfera, il fenomenale manzo Hida e una serie di produttori di sake che saranno felici di farvi degustare i loro prodotti. Devo dirlo, di Takayama ci siamo proprio innamorati, anche grazie all’hotel in cui abbiamo soggiornato. L’hotel Wood infatti non solo è uno stupendo albergo collocato a ridosso del centro storico della cittadina, ma offre ai propri ospiti sia l’utilizzo della spa (onsen) che degustazioni di sake prodotti nell’area, tutto gratuitamente. Purtroppo, essendo arrivati in serata invece che per pranzo, non abbiamo potuto usufruire di tutti i servizi, ma il giorno seguente ci siamo fermati di più per poter visitare almeno la cittadina ed è stata una delle nostre tappe preferite di tutto il viaggio.

Da Takayama siamo poi scesi a Kyoto, dove abbiamo soggiornato 4 notti. 
Il rapporto che c’è tra Tokyo e Kyoto è un po’ quello che c’è tra Milano e Roma. Kyoto offre molto di più dal punto di vista culturale, ma è anche un po’ più caotica e meno servita dai mezzi, anche se resta comunque comoda da visitare. Anche qui abbiamo usato tre dei giorni a disposizione per visitare la città e i suoi luoghi più rilevanti, tutti strepitosi ad eccezione forse della foresta di bambù, che ci ha abbastanza deluso. Il Kiyomizu-dera è meraviglioso, come meravigliosi sono il tempio d’oro Kinkaku-ji e il santuario Fushimi Inari-Taisha ed è bellissimo passeggiare attraverso il quartiere di Gion e il mercato coperto Nishiki. A Kyoto la Polly ha fatto l’esperienza della cerimonia del the, in cui ha potuto indossare il kimono tradizionale ed immergersi nella cultura giapponese. Lo ha fatto solo lei perchè non ritenevamo fosse il caso di farla con i bambini, che così piccoli avrebbero difficilmente apprezzato una cerimonia rituale e ne avrebbero probabilmente rovinato l’atmosfera anche per gli altri partecipanti. La Polly però ne è stata entusiasta. Anche nel caso di Kyoto uno dei giorni lo abbiamo dedicato ad una gita, andando a visitare Nara, l’antica capitale ora nota per i suoi templi, i giardini e l’enorme colonia di cervi che la abita. Andare a Nara è un must, soprattutto con dei bambini, ed un altra delle tappe che abbiamo preferito di tutto il tour.
Ripartiti da Kyoto, abbiamo fatto visita all’isola di Itsukushima, nota per il suo torii immerso nelle acque del mare. Sull’isola, la cittadina di Miyajima è molto carina e suggestiva e permette di soggiornare in tipiche locande tradizionali (ryokan). Quello in cui siamo stati noi ci ha dato la possibilità anche di fare una cena tradizionale, in cui abbiamo assaggiato uno dei sushi più estremi mai mangiati. Esperienza non facile per il palato, ma che secondo me va fatta almeno una volta. A me è piaciuto molto.
Ripartiti da Miyajima, ci siamo fermati una giornata a Hiroshima prima di trasferirci per la notte ad Osaka. Quello che racconta una visita ad Hiroshima è difficile da spiegare. Le emozioni sono quelle che si possono provare visitando altri luoghi tragici della storia, come i campi di concentramento nazisti, ma trovandocisi è immediatamente chiaro quanto meno siamo stati esposti al racconto dell’atrocità nucleare rispetto, appunto, alla shoah. Visitare il memoriale di Hiroshima è un’esperienza toccante, che è stato complesso trasferire ai bambini. Ancora troppo piccoli per capire, ma sufficientemente grandi per percepire il nostro stato d’animo.
Osaka ci è servita solo come pernotto prima del volo interno per Okinawa, di cui adesso vado finalmente a parlarvi.

Okinawa è la mia sconfitta personale.
Io non ho mai avuto passione per la cultura Giapponese nè particolare attrattiva verso il Paese del Sol levante, ma quando la Polly mi ha proposto questa meta ho accettato all’unica condizione di poter inserire Okinawa nell’itinerario. Avevo un po’ il mito per l’arcipelago, forgiato da Karate Kid e Kill Bill, ma mi interessava anche valutare le differenze culturali di quell’area del Giappone rispetto al resto. Non ero disposto a rinunciare a questa cosa, anche una volta appreso che il periodo estivo è caratterizzato da frequenti tifoni che colpiscono in prevalenza proprio le isole della prefettura. Così ho pensato ad un compromesso, che potesse salvare capra e cavoli e che, invece, è stato un totale autogol.
Il mio piano iniziale infatti prevedeva una delle isole più piccole, per la precisione Zamami, che però è raggiungibile solo via mare dall’isola principale. Il ragionamento quindi è stato: se dovesse arrivare un tifone, i trasporti via mare sono sicuramente quelli più impattati e rischiremmo di rimanere bloccati più a lungo, quindi alloggiare su Zamami potrebbe essere troppo rischioso. E’ però possibile visitare Zamami in giornata con un traghetto che impiega un’ora partendo da Naha, sull’isola in cui c’è l’aeroporto. Così ho deciso di prenotare i pernottamenti lì, con l’idea di recarmi a Zamami meteo solo permettendo. Non avevo però considerato una serie piuttosto ampia di dettagli. Il primo è che i traghetti Naha-Zamami sono ultra richiesti e vanno prenotati con mesi di anticipo, cosa che ci ha reso impossibile utilizzarli. Il secondo è che in questo periodo è complicatissimo trovare posto anche nelle escursioni private offerte dai provider di snorkeling e diving, una cosa che non mi era mai successa in nessun posto prima. Il terzo, più grave di tutti, è l’isola principale di Okinawa, che io sapevo meno bella delle altre, ma che credevo comunque dignitosa (un po’ come Honolulu per le Hawaii, volendo dare un riferimento) in realtà è orrenda e non ha davvero niente da offrire.
Quando si gira può succedere di vedere posti che non piacciono, fa parte della scoperta e del viaggio, ma questa è la prima volta in cui ho preso appositamente un volo interno per qualcosa di completamente inutile, con l’aggravante di non essere neanche stato mal consigliato da altri. Solo per l’essermi incaponito e non aver voluto rinunciare ad un’idea.
Aver aggiunto Okinawa all’itinerario probabilmente ha impattato per almeno un migliaio di euro, forse due se non venendoci avessimo accorciato il tour rientrando prima invece di sostituirla con altre tappe, quindi mi pare ovvio non sia qualcosa che consiglio di fare. Unica consolazione è che rientrare con la certezza di aver sbagliato è comunque meglio, per uno come me, del tenersi il dubbio dell’aver rinunciato a qualcosa che ero convinto valesse la pena. Però ecco, non è una consolazione.

Questo è quanto, credo davvero di aver scritto tutto quello che c’era da dire. Il voto finale per questo viaggio è una media ponderata tra il tour nella parte diciamo “continentale” del Giappone, che merita senza dubbio il massimo dei voti, e la sua conclusione.
Il Giappone è un posto molto bello, che mi ha conquistato nonostante non ne avessi il mito e che consiglierei a tutti, ma per visitarlo ho dovuto affrontare un viaggio che si è rivelato più duro e complesso delle aspettative.


Team:
La Polly, Manq, Olly e Giò
Durata: 15 giorni
Km percorsi: 1.500 indicativamente, tratta aerea esclusa.
Mezzo di locomozione: Treno
Spesa: 3.200 euro circa a persona
Sponsor*: Yuzu & Lemon Soda (by 7-Eleven)

VALUTAZIONE:
4-stelle

*Con Sponsor si intende il o i prodotti che si sono distinti per presenza costante durante il viaggio. Nessuno mi ha mai dato un euro per viaggiare, mai.