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Luglio 2023

Occupy Extended Play

Tra le cose per cui internet e i social si sono fatti volere bene nella mia vita è l’avermi fatto conoscere alcune belle persone. Una di queste è Felson, blogger musicale di lungo corso che da qualche tempo ha deciso di fondare una webzine chiamata Extended Play. L’obbiettivo della rivista è parlare di musica in maniera approfondita, prendendosi i propri tempi e cercando di dare al lettore materiale in controtendenza rispetto a tanti dei media attuali, soprattutto online.
Cito dal loro disclaimer:

Extended Play è una webzine indipendente nata nel 2021. Raccontiamo la musica da una prospettiva diversa, senza banner pubblicitari, clickbait e sensazionalismi.
EP è rivolta ai curiosi, a chi ha voglia di approfondire, a chi sa che per comprendere un tema non ci si può fermare al titolo, agli ascoltatori appassionati.
EP non è rivolta a chi chiude la pagina se l’articolo è lungo, ai professionisti delle polemiche prive di argomentazioni, a chi pensa che la musica sia solo un sottofondo o un passatempo.

La domanda, spontanea, sarebbe: “Ok, ma te cosa c’entri con un progetto del genere?”
Niente, lo so.
Felson però in un paio di occasioni mi ha chiesto se avessi voglia di mandar loro qualcosa di mio e così, qualche settimana fa, ho pensato che potesse essere un’idea scrivere qualche riga sulla fine che ha fatto l’emo post MTV.
Ho proposto il tema e mi hanno detto di provarci, quindi ci ho provato.

Mi era già capitato in passato di mandare cose scritte da me a siti/pagine altrui, ma si trattava sempre di persone a cui inviavo il materiale in prima stesura e che lo utilizzavano o così com’era, oppure modificandolo loro stessi. Precisiamo: nulla di male con un processo del genere, anzi, però questo giro è stato diverso.
Questa volta ho avuto modo di confrontarmi con un vero e proprio “editore”, che mi ha dato input costanti per rendere il testo più fruibile o scorrevole, così come spunti per approfondire le parti del discorso che risultavano meno accessibili da fuori.
Per me, che il più delle volte butto fuori i post senza nemmeno rileggere, è stata un’esperienza formativa molto interessante, che rifarei volentieri qualora ce ne fosse l’occasione. Perchè è bello avere un posto come questo, dove scrivere quello che mi pare senza porsi troppo il problema di come venga recepito da fuori (salvo poi restarci male quelle tre o quattro volte in cui mi sono preso il tempo per provare a mettere giù approfondimenti veri senza ricevere mezzo riscontro), ma è anche bello trovare qualcuno che ti aiuta a rendere una tua cosa “migliore possibile”.
E niente, qui sotto metto il riferimento al post per chi volesse leggerlo, anche se l’ho ormai spammato ovunque e questo blog è l’antitesi della visibilità, ma il punto centrale di questo post è annotare l’esperienza.


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I Soprano nel 2023

Avere un blog da quasi vent’anni ti dà uno storico abbastanza rilevante da non allarmarti eccessivamente per i periodi in cui non hai niente che valga la pena scrivere. Prima però stavo provando ad argomentare un concetto abbastanza semplice su twitter X (Elon Musk sei un clown) e mi sono presto reso conto che avrebbe necessitato due, tre o magari più tweet, così ho avuto questa illuminazione: “Ehi, ma un posto per elaborare un concetto oltre i 280 caratteri io ce l’ho!”.
Elaboriamo, quindi.

Ho iniziato a guardare I Soprano, la serie HBO uscita a cavallo del nuovo millennio e che un po’ ovunque è considerata uno dei punti più alti raggiunti dalla serialità in TV. Ci avevo già provato un paio di volte in passato, sempre abbondantemente dopo la sua conclusione, ma non ero mai andato oltre il primo episodio. La spiegazione che mi sono dato, prima di riprovarci per la terza volta, è che in quelle circostanze avessi anche molte altre serie a contendersi il mio tempo, cose che stavo già seguendo con una certa “fame” e che finivano sempre più in alto tra le priorità, così da non permettermi di prendere il ritmo con un prodotto nuovo che, come spesso accade, necessita di tempo per ingranare.
Oggi la situazione è diversa perchè non sto più guardando serie TV. Ogni tanto approccio qualcosa di nuovo, mi capita anche di trovare cose interessanti, ma nulla che mi appassioni o che richieda un certo investimento di tempo. Di conseguenza, ho pensato fosse il momento perfetto per riprovare ad approcciare questo cult dedicandogli il tempo che merita, ma cercando di non finire nelle fauci del binge watching, divorando i primi 10 episodi in pochi giorni per poi avere tutto a nausea e mollare di nuovo.
Ho cominciato ad inizio giugno e sono in pratica alla fine della seconda stagione.
Pur essendo evidentemente un prodotto di vent’anni fa, con tutti i limiti del caso, è impossibile non notarne le qualità e, soprattutto, la rilevanza per quanto è arrivato dopo, quindi questa volta credo di riuscire a portare a termine il recupero.

Quello su cui volevo ragionare peró prende solo spunto da I Soprano.
Essendo un prodotto uscito ben prima del processo di sensibilizzazione ed inclusività che ha investito l’industria culturale americana, ne I Soprano si trovano tonnellate di elementi semplicemente improponibili per uno show odierno. E’ tutto, evidentemente, not politically correct (per usare una terminologia che odio, ma trasversale), solo che non è fatto con lo scopo di esserlo. So che sembra banale, ma non lo è per niente. Oggi la scelta di essere o meno aderenti ad una certa linea editoriale di inclusività e correttezza è presa su base commerciale e di ritorno economico (99.3% dei casi) oppure su base politico/ideologica (0.3%). In entrambe le direzioni.
Ne I Soprano la scelta, invece, è unicamente narrativa.
Rappresentare un certo tipo di spaccato sociale madido di razzismo, sessismo e omofobia è impossibile senza mostrare razzismo, sessismo e omofobia, che vengono peró utilizzati solo come elementi atti a conferire veridicità e autenticità alla storia e ai protagonisti. Non c’è nessuna implicazione morale dietro alla rappresentazione, nessun messaggio scritto a pennarello rosso per lo spettatore.
Era un modo migliore di fare televisione? Forse. Il punto è che fermarsi al “bei tempi in cui c’era libertà di espressione, ora non si può più dire nulla” è un modo molto pigro e, secondo me, superficiale di leggere la situazione.
Perché l’altro lato della medaglia è che guardare i Soprano oggi ti butta in faccia un sacco di materiale che, proprio perché stride con i canoni attuali, balza all’occhio, mentre prima sarebbe risultato indifferente. E non certo perché sia cambiata la mia posizione in relazione a certi argomenti. Ovviamente la cosa non mi indigna, né mi porta a pensare che la serie non vada guardata, però mi fa riflettere sul fatto che evidentemente i nuovi registri per l’intrattenimento abbiano portato ad un risultato, perché la sensibilità è cambiata e me ne sono facilmente reso conto anche io, che comunque non sono mai stato refrattario a certe battaglie.
Da un lato quindi mi mancano prodotti che non debbano a tutti i costi raccontare una realtà forzatamente inclusiva, anche quando non se ne sente la necessità narrativa e, anzi, spesso finiscono per essere fin troppo “puliti” per risultare verosimili. Dall’altro però ho avuto modo di realizzare come questa deriva abbia effettivamente portato a più sensibilità ed è certamente una cosa buona.

Quindi?
Boh, non so neanche io cosa pensare. La mia speranza è che la sensibilità, una volta creata, metta radici e non necessiti più di dover essere alimentata forzatamente. Che si possa tornare a raccontare la società nei sui pregi e nei suoi difetti, senza la pretesa di dover insegnare qualcosa a chi guarda o, peggio, con la paura del cattivo esempio. Perché alla fine è un po’ quello: se pensiamo la TV o il Cinema abbiano il dovere di essere inclusivi e polite per dare il buon esempio, non stiamo forse dando ragione a chi negli anni ha cercato di non farceli guardare per paura che ce ne dessero uno sbagliato?
È un dibattito molto più sfaccettato di quanto siamo quotidianamente portati a pensare, credo, e molto meno polarizzante di quanto non lo siano Pio&Amedeo o Biancaneve senza i nani.


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