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Papà Manq

#表意文字

Siamo stati in Giappone due settimane con i bambini.
E’ stato un viaggio molto bello e molto impegnativo, tra tifoni e allarmi anti-missile alle 4 del mattino, probabilmente il più estremo mai fatto con i figli.
Abbiamo vissuto una cultura diversissima dalla nostra, nel bene e nel male, tornando certamente arricchiti da un’esperienza molto difficile da ripetere altrove e con ancora negli occhi lo splendore dei templi e l’atmosfera mistica che li avvolge.
Come sempre ho pensato di raccontare nel dettaglio quello che abbiamo fatto, quest’anno inserendo un bel po’ di informazioni relative anche alle difficoltà affrontate, così da essere utile a chi magari volesse fare la stessa cosa e si fidasse un po’ troppo delle indicazioni di Marco Togni. Trovate il report qui.
L’hashtag di quest’anno, che dà il titolo al post, è ideogrammi scritto in ideogrammi. O almeno così garantisce google translate.


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#IceAndFire

Le vacanze di quest’anno le abbiamo fatte in Islanda, tornando alla vacanza on the road dopo tre anni pieni. E’ un viaggio meraviglioso, che ti mette a contatto con panorami senza senso. Guidando lungo queste strade interminabili e semi deserte si passa dalle Hawaii alla Scozia, con la suggestione dei grandi spazi US, ma ancora più ruvidi ed incontaminati.
Probabilmente il posto più spettacolare, paesaggisticamente parlando, che mi sia capitato di visitare.
Come sempre ho scritto due righe sul mio viaggio, che magari a qualcuno interessano o possono servire come info per organizzare qualcosa di simile e DIY.
Vi lascio qui una delle foto che ho fatto, che tanto le mie foto al massimo sono un disincentivo.

Salta al prossimo post, che non ne vale la pena

Non l’ho mai presa secca in casa da solo.
A vent’anni bevevo merda in giro con gli amici, quando la prendevo era perché qualcosa sballava l’equazione che avevo messo a punto introducendo variabili che non ero in grado di gestire real time. È il problema di tutti i giovani che la prendono, serve a fare esperienza.
Dai trenta* prenderla è diventata una sorta di gag, qualcosa che in un modo o nell’altro ti aspetti prima di uscire di casa. Non arrivo a dire “L’obbiettivo della serata”, ma di certo non siamo piú dalle parti dell’incidente di percorso. È un po’ come Joseph “Joe” Hallenbeck vede l’adulterio, di massima. Non esiste una versione colposa.
A quaranta pensi di averle viste tutte e invece ti ritrovi quasi per caso a fare mente locale e provare un’esperienza nuova: prenderla secca a casa, mentre con la mano destra lavori a delle slide che dovrai comunque rivedere domani e con la sinistra ti versi un whiskey giusto per mandare giù l’ennesima giornata complicata.
Ok, siamo d’accordo sul fatto che se l’avessi davvero presa secca non sarei qui a scrivere sul blog, ma cercate di vedere il mio bluff: prenderla secca oggi per me è più che altro bere più di quanto il contesto giustifichi, che poi di massima è quel che fanno le persone che hanno un problema con il bere. Credo.
Bersi una bottiglia di vino durante una cena da diverse portate con altre persone che hanno tutte bevuto la loro bottiglia di vino, per me, è safe. Bersi una birretta dissetante tornato a casa dal lavoro nel caldo di Luglio, anche. Bersi una bottiglia di vino per togliersi la sete prima di cena credo si possa definire “problematico”.
Io tendo a non bere fuori dagli “eventi”.
In casa mia apriamo bottiglie di vino solo se c’è gente o se nel fine settimana cuciniamo qualcosa che meriti di essere valorizzato, per dire. Sia io che mia moglie abbiamo un background da residenti in Germania, quindi se c’è birra in frigo tendiamo a berla: il nostro consumo a pasto va per il litro totale, 3 bottiglie da 33cl in due**, e non è ovviamente la routine (marzo 2020 a parte), in circostanze normali direi che si parla di un paio di volte a settimana.
Non è prenderla, spero siate d’accordo.
Ogni tanto poi nel post cena mi verso un superalcolico: whiskey o rhum. Un cocktail quando fa caldo e punto a dissetarmi. Una bottiglia buona di quella roba di norma mi dura un paio di anni e il grosso se lo tirano comunque le merde dei miei amici*** quando vengono a cena.
Il punto di sta premessa infinita quindi non è vendere un Manq clean and sober, ma dare un contesto definito dei miei standard e da lì spiegare perché questa sera sia successa una roba strana.
Vuoi l’essere grossomodo malato da inizio anno, vuoi il fatto che io e mia moglie si viva sull’orlo di una crisi di nervi, oppure vuoi per via dei sensi di colpa verso figli che si trovano di botto in un ambiente molto meno sereno di quello a cui li avevamo abituati (con conseguente cambiamento nel loro carattere), oggi sono finito a tirarmi tre whiskey chiacchierando con mia moglie****. O meglio, sfogandomi con lei come le persone equilibrate e intelligenti fanno con un analista.
Forse quello che stiamo vivendo è l’ultimo quadro del survival game che la nostra vita familiare è diventata da Wuhan in poi. Ci speriamo molto, ma più che altro credo ci sarebbe oltremodo complicato gestire nuovi livelli che al momento non ci aspettiamo esistano.
L’ho presa secca anche per quello, forse, oggi.
Per paura dell’ignoto.
Data astrale 15/2/22: l’ho presa secca a casa e spero davvero non ci sia ragione perché succeda di nuovo in futuro.


*cifra completamente random che vuole rappresentare la maturità consapevole

**se c’è una cosa, una singola cosa del mio rapporto matrimoniale che mi mette voglia di urlare è quando chiedo a Paola: “Ti va una birra?” e lei mi risponde: “Metà.”. Ci impazzisco.

***non giudicateli male, io faccio uguale a casa loro.

****quello che è stata capace di gestire mia moglie in questo inizio di 2022 tra lavoro, figli e gestione della casa/famiglia mentre non potevo darle una mano è inspiegabile. Non mi stupisce ne sia in grado, come sempre mi stupisce piuttosto la fortuna che ho nell’averla nella mia vita.

Sono stato alle Maldive

Questo post non lo volevo neanche scrivere, ma poi mi è arrivato questo messaggio e come fai a dire di no ai tuoi fan?

Quindi eccoci: sono stato alle Maldive, è stato bellissimo ed è costato tantissimo. Questa, grossomodo, è la versione corta. Poi c’è la versione lunga, che è il classico report/guida che scrivo sempre quando faccio un viaggio e che si può leggere qui
Per il resto tutto bene, da quando sono rientrato dormo come un bambino 10 ore a notte senza più sudori freddi e tachicardie legate a tamponi, quarantene e cazzi vari e questo si aggiunge al relax fisico regalatomi da una settimana su un’isola incontaminata dispersa in mezzo all’oceano indiano.
Null’altro da aggiungere, allego diapositiva.

Cronaca di un calvario (annunciato)

Giovedì 18/11, ore 9:52
Arriva notifica Whatsapp.
“Ciao, volevo segnalarti che oggi sono risultat* positiv* al covid.”
La prima reazione è controllata. Faccio presente la cosa in ufficio, mentre mi vesto e mi appresto a rientrare a casa per isolarmi.
Chiamo il medico, specifico che il mio ultimo contatto è stato Domenica. Sono vaccinato, quindi la procedura è isolarmi per sette giorni dal contatto e poi procedere con un tampone, in assenza di sintomi. Ok.
La seconda reazione è una canzone di Alanis Morrisette: giusto ieri ho prenotato la mia terza dose di vaccino. Sarebbe effettivamente molto ironico ammalarsi proprio ora, dopo averlo schivato per 20 mesi.
La terza reazione è più tendente all’isterico ed arriva quando realizzo che in diciassette giorni dovrei partire per un viaggio che rimandiamo da due anni e che adesso sembra finalmente possibile grazie ai corridoi COVID-free. Ho appena preso coscienza del fatto che potremmo non essere per niente COVID-free.

Giovedì 18/11, ore 10:20 circa
Dopo aver chiamato il medico realizzo che Olly è a casa dall’asilo perchè questa notte ha avuto forte mal di orecchio, dovuto al catarro. Ha anche un po’ di tosse, adesso che ci penso. In questo momento è dai nonni, quindi li chiamo e spiego loro di mettersi la mascherina. Poi chiamo Paola, che a sua volta chiama la pediatra.
Olly deve andare subito al drive-through dell’Ospedale San Raffaele a fare un tampone molecolare.
Allerto di nuovo il mio medico, le disposizioni non cambiano anche se adesso mi sembra di avere tutti i sintomi del mondo. Provo la febbre: 35.7°C.
Olivia rientra a casa post tampone con un pacco di wafer, perchè è stata bravissima.
Si aspetta l’esito.

Giovedì 18/11, ore 20:30
Ho il tavolinetto da giardino in camera, ci sto mangiando il risotto isolato dal resto della famiglia. Mentre mangio faccio compulsivamente ctrl+f5 sulla pagina dei referti del San Raffaele per vedere l’esito del tampone di Olivia, che continua a non arrivare.
Quel che arriva invece è un’altra notifica whatsapp, dalla terza persona coinvolta nel contatto positivo di Domenica. “Per scrupolo ho fatto il tampone ed è negativo”.
E’ ovviamente un dato insignificante, ma è interessante valutare come lo si può elaborare. Conosco persone che lo prenderebbero come un segnale incoraggiante, di speranza. Io riesco solo a pensare che la sfiga abbia preso la mira invece di sparare nel mucchio.
Ctrl+f5.
Ancora niente.

Giovedì 18/11, ore 21:53
Olivia è negativa.
Nulla da aggiungere dal fronte. La stanza è chiusa e così resterà fino a domenica mattina, quando il tampone toccherà al sottoscritto.
Continuo a pensare che quello dello scorso weekend è stato il primo vero rischio che mi sono preso in venti mesi di pandemia, se si può definire rischio fare un viaggio in auto di due ore con due persone comunque vaccinate. 

Venerdì 19/11, ore 20:36
Di nuovo al tavolino, sempre solo. Sto mangiando gli spaghetti allo scoglio che abbiamo preso da asporto e ci sto bevendo dietro mezza bottiglia di Sauvignon. Il cibo me lo lascia Olivia davanti alla porta.
Oggi ho lavorato e ho ascoltato il disco nuovo di Marra un numero insensato di volte. Adesso lo rimetto su, che tanto non ho un cazzo da fare.

Domenica 21/11, ore 9:48
Ho appena fatto il tampone.
Sono nel parcheggio dell’ospedale di Vizzolo Predabissi, un luogo di cui non avrei mai avuto conoscenza senza questa pandemia. Intorno a me è nebbia, fittissima.
Sarebbe anche una metafora bellissima, se in questo momento fossi nello spirito di poter apprezzare le cose belle.

Domenica 21/11, ore 21:02
Ancora niente esito.
Oggi ho impegnato il tempo in vario modo cercando di non pensarci, ma nelle ultime due ore sta diventando semi-impossibile.
Avrei voluto aprire wordpress prima, per scrivere questo update, ma mi dicevo: “Aspetta, metti direttamente quello con l’esito.”.
Arrivasse.

Lunedì 22/11, ore 10:30
Mentre refresho come un forsennato la pagina del fascicolo sanitario di Regione Lombardia, il telefono vibra.
“Certificazione verde Covid-19 di GI*M disponibile.” scrive il Ministero della Salute.
Esultanze e caroselli.


Ho scritto questo post in presa diretta, da Giovedì ad oggi. Non so come continuerà questa storia.
Dopodomani, Mercoledì 24/11, a questo punto potrò fare la mia bella terza dose di vaccino, come da programma. Una pera di antigeni, ma spero più che altro di tranquillità. Perchè lo so che questo post potrebbe prendere i toni di una puntata di “Anche i ricchi piangono” visto che l’ansia che mi sta opprimendo è legata ad una cazzo di vacanza che ho scelto io di fare, in un momento non proprio ideale, però se tutti avessimo sempre la forza di mettere i propri problemi in prospettiva saremmo molto più forti e sereni di quanto effettivamente siamo.
Si può pensare quel che si vuole di uno che si fa venire gli attacchi di panico per aver prenotato un viaggio, ma questo purtroppo non cancellerà quegli attacchi di panico.
Due settimane all’ipotetica partenza.
A viverla così, sembreranno infinite.

Due bei dischi (ma ne parlo in fondo, prima ci sono un po’ di pare)

Ho riguardato le foto di mio figlio.
Non una roba minuziosa, mi sono sfogliato il profilo instagram andando a ripescare tutte le foto dal primo compleanno al sesto, tre giorni fa. A me sembra sempre uguale e invece è diventato grande. Ok, forse grande no, ma insomma adesso è un ometto e se guardo i bambini della sua età che magari non vedo da un po’ per via di, va beh lo sapete, ecco mi sembrano tutti molto più grandi di lui.
Sono già uno di quei padri lì, mannaggia i preti.
Qualche settimana fa chiacchieravo con Paola del fatto che tra poco anche Olly sarà una donnina e che mi mancherà non avere più un piccolo da accudire in quel modo lì. Mi ha guardato come fossi un alieno: “Io un’altra gravidanza non la reggo Giuse, scordatelo”. Ho risposto: “No ma che cazzo dici? Piuttosto me lo taglio.”
Ed è vero eh, un terzo figlio sarebbe un bel casino sotto ogni punto di vista e non per modo di dire. Toccherebbe cambiare tutto, in primis casa. No way.
Il punto è che però credo di aver capito il meccanismo perverso dei gattari, quelli che ogni tot si tirano in casa un nuovo piccolo micio. A oltranza, per evitare che si crei quel vuoto che forse un po’ spaventa anche me.
Il punto è rimanere razionali.
Il punto più grande è che ho troppo tempo per pensare e, nel mio caso, è una fottuta tragedia, come credo sia chiaro a chiunque abbia letto uno di questi miei post notturni.
Ho bisogno di tornare ad impegnare il cervello per programmare cose a caso: viaggi, concerti, uscite. La qualunque. Ridatemi delle prospettive da disilludere o da rimpiazzare con altre ancora meno concrete.
Va beh, sto deragliando. Giuro che non volevo andare a parare sulla solita lagna, anche se a dirla tutta ho aperto il blog senza una minima idea di cosa avrei scritto.
Oggi ho ascoltato due dischi nuovi, nel senso di mai sentiti prima. Non vorrei dire una cazzata, ma in questo 2021 non credo sia capitato più di un altro paio di volte. Forse tre, ad andar bene.
Il secondo dei due dischi è uscito 15 anni fa, ma ci sono arrivato oggi per caso grazie a un gruppo di vecchi nostalgici su FB a cui mi sono iscritto. Il tipo che l’ha postato ha fatto un commento che mi ha acceso curiosità e così abbiamo iniziato a parlarne. Sono emerse due cose abbastanza assurde:
1) Il tipo è amico di due mie cugine, così a caso.
2) Non avevo mai ascoltato i Crime in Stereo perché per una vita li ho confusi coi Death By Stereo.
Ad ogni modo The Troubled Stateside è un disco loro ed è figo un bel po’. Sarebbe fuori tempo massimo se questa roba non fosse morta dieci anni fa buoni, oggi risulta quasi fresco per chi non se lo fosse mai sentito prima.
Il primo dei due dischi che ho sentito oggi invece è il nuovo di Margherita Vicario, che poi è pure questo nuovo per modo di dire visto che per metà buona raggruppa singoli già usciti e a cui ero già rimasto sotto in presa diretta.
Anche qui, per simmetria, segnalo due cose:
1) se c’è un momento buono per uscire con un album di pezzi “vecchi” è un contesto storico come quello che stiamo vivendo, in cui lo scorrere del tempo di fatto non esiste e ieri è il 2019.
2) tra i pezzi nuovi c’è questa DNA che, voglio dire, mi pare meritevole.

Questo post direi che lo posso pure chiudere così, anche se devo pensare ad un titolo e non ho davvero idea di cosa possa usare per riassumere questa pagina.
Avendolo tu già letto ad inizio post il problema è evidentemente solo mio.
Come gli altri di cui sopra, del resto.
Forse dovrei fare un disclaimer, ‘sto giro.

Di Whatsapp, Facebook, annunci pubblicitari e altre ovvietà

Se c’è una roba a cui sono radicalmente contrario sono le armi giocattolo.
Non starò qui a tirare pipponi sul perchè, non credo sia difficile da intuire anche per chi non la pensa come me, prendiamolo come punto di partenza per un discorso diverso.
In casa mia armi giocattolo non ne entrano, i bambini non ne hanno mai chieste, non è qualcosa di cui si parla o che può capitare di cercare su Google o Amazon perchè, ovviamente, non regaliamo neanche agli altri cose a cui siamo contrari.
Durante le feste, in una delle chat Whatsapp che condivido con amici, uno di loro ha girato la foto in cui imbraccia una sorta di mega cannonazzo regalato al figlio.
Qualcuno gli ha risposto pensando fosse una pistola ad acqua, lui ha precisato che no, era una pistola e basta.
Io non sono intervenuto, perchè l’argomento come detto non mi interessa. Non ho commentato, non ho scritto nulla in merito e dopo qualche messaggio si è passati a parlare d’altro, come normale.
Da allora, su Facebook, sono tempestato da annunci come questo:

La prima volta mi è balzato all’occhio proprio perchè qualcosa di davvero molto lontano da me e così ho iniziato a farci caso. Da allora me lo ritrovo ormai in Facebook su base quotidiana e credo sia lo stesso cannone della foto, o comunque una roba molto simile.
Allora mi è sorta una domanda: è una coincidenza che Facebook abbia iniziato a promuovere a me quel tipo di prodotto, una roba che non trovo neanche tra i consigli sul mio profilo Amazon, proprio dopo quella discussione avuta su Whatsapp?
E’ una roba un pochino paranoica, cospirazionista, così ho pensato che probabilmente ci fosse una spiegazione dietro un po’ più semplice e ho chiesto a twitter.

Qui tocca fare un piccolo inciso.
Il 90% delle risposte che mi sono arrivate era una rielaborazione del concetto: “beh ma ovvio zio”. Siccome chi mi risponde è gente che mi segue da un po’, l’essere trattato come un coglione probabilmente dice più di me di quanto dica di chi mi ha risposto, oltretutto visto che hanno risposto in diversi.

La prima ondata di interazioni arrivatami sottolineava che Whatsapp e Facebook fossero parte dello stesso gruppo/azienda. Questa cosa (che incredibilmente sapevo anche io che vivo a Gessate) per alcuni è sufficiente a giustificare che una conversazione privata tra amici venga letta da un algoritmo, profilata ed utilizzata per scopi commerciali e di marketing.
Una parte del mio lavoro è legata all’utilizzo di dati utente e quindi ho dovuto  (e devo tutt’ora) occuparmi di GDPR. In azienda abbiamo un consulente, ovviamente, perchè non ho le competenze per capire le cose da me, ma mi rifaccio a quello che mi è stato spiegato e se c’è una cosa chiara è che i DATI PERSONALI non possono essere utilizzati o condivisi* senza richiesta di consenso, che deve essere chiaro, esplicito e preciso (tipo una richiesta specifica per ogni utilizzo). Non mi interessa entrare in quel dettaglio, il dubbio però è che il contenuto delle conversazioni non è quello che io associo al concetto di “dati personali”. I dati sono quelli anagrafici, di posizione, eventuali foto profilo ecc…, ma quello che scrivo nelle mie conversazioni private deve essere e restare privato.
O almeno credo.
Chiarito il fatto che non sia formalmente sufficiente che due aziende appartengano allo stesso gruppo perchè si scambino i miei dati come pare a loro, sono iniziate ad arrivare le mie risposte preferite:
“Sarà probabilmente scritto nella policy che nessuno legge”.
Oh, è vero, sono il primo a non averla letta eh.
Però se faccio una domanda a cui non è evidentemente obbligatorio rispondere, o hai letto la policy e mi dici “E’ scritto lì” e allora stai fornendo elementi utili alla discussione, oppure CHE CAZZO SERVE?
Posso ipotizzare da me che ci sia scritto nella policy che lo fanno, se lo fanno.
Lì ho un filo sbroccato.

In ogni caso, anche solo per rispondere stizzito a chi mi scriveva sta cosa (vi amo tutti, non abbiatene a male <3) sono andato a leggermela io quella cazzo di policy e recita quanto segue:

Quindi NO, se Whatsapp e Facebook scansionano le mie discussioni private per profilarmi a livello commerciale, lo stanno facendo senza dirlo apertamente.

Ma lo stanno davvero facendo?
Probabilmente no. E’ vero che la potenza di questi colossi è tale da poter piegare spesso le regole (o ignorarle proprio), ma è anche vero che su questo tema specifico probabilmente avrebbero più da perdere che da guadagnare facendo una cosa così apertamente contraria alle normative. Inoltre credo che ci siano persone ben più sgamate di me (eufemismo), in ambito informatico oltretutto, che uno “scandalo” di questo tipo probabilmente l’avrebbero già portato a galla, magari facendoci sopra dei bei soldi.
Mentre sbroccavo su questo post e rispondevo su twitter come fossi su un forum nel 2003, fortunatamente qualcuno ha capito cosa andassi cercando e mi ha fornito una spiegazione plausibile, che per la legge tanto cara ad Occam probabilmente è anche quella più vicina alla verità:

Bingo!
Il mio profilo utente, quello sì cannibalizzato apertamente da qualsiasi azienda per i peggio scopi commerciali, probabilmente clusterizza (sì, lo so, ma avete capito) con altri in cui quel tipo di ricerca è comune. Aggiungiamoci il fatto che, appunto, fossimo sotto Natale e quindi che moltissimi padri della mia età cercassero quel tipo di regalo su Amazon ed ecco spiegata la “coincidenza” anche da un punto di vista di timing.
Il motivo per cui Amazon non mi mostra quei suggerimenti quando sto sul loro sito è probabilmente dovuto al fatto che loro hanno dati molto più centrati da usare e possono essere più vicini alle mie reali esigenze. As simple as that.
Certo, la prova provata che sia così non ce l’ho, ma mi sembra una spiegazione migliore di quella che vede multinazionali giganti agire contro la legge, impunite.
Ad essere onesto, in questo momento sono più colpito da quante persone invece diano per scontato di essere al centro di quel tipo di trattamento e lo ritengano addirittura scontato.
A cominciare da me eh, prima di fermarmi a pensare e chiedere aiuto a chi ne sa di più.

*Nota: ero convinto, quello sì, che Facebook e Whatsapp potessero condividere tra loro dati personali senza violare GDPR. E’ anche scritto nella loro policy, se ho letto bene, ma in realtà non è del tutto vero. Quest’altra info utile arriva invece da Ale-Bu e Felson. Thx!

Il 2019 di Manq

Fine anno, classico momento per tirare due somme. Oltretutto a questo giro finisce anche un decennio, quindi le somme da tirare sono anche più di due.
Dal 2010 ad oggi di cose, a voler guardare bene, ne ho combinate. Sono rientrato in Italia, ho preso un dottorato di ricerca, mi sono sposato, mi son trovato un lavoro a tempo indeterminato che tutto sommato mi piace, ho comprato casa, ho perso quasi quindici chili e ho messo al mondo due figli meravigliosi (ok, questo potrei non averlo fatto fisicamente io, ma ci siamo capiti). Un decennio decisamente positivo, nulla da dire. Un decennio in cui sono stato prevalentemente bene.
Eppure questo 2019 è stato l’anno in cui mi sono imbruttito.
Me ne rendo conto.
La spiegazione che mi sono dato è che… aspetta. Quel che segue è probabilmente un post di quelli che scrivevo nel decennio precedente, pieni di autoanalisi da quattro soldi e presa male gratis, quindi evitatelo. Davvero. Non è scritto per te.
La spiegazione, dicevo, che mi sono dato è che i due figli stupendi di cui sopra assorbano grandissima parte della mia pazienza. Il poco che rimane lo investo nel tentativo di non uccidere nessuno al lavoro e nei compromessi necessari alla vita di coppia. La cosa bella è che ho una moglie fantastica che 1) non usufruisce che di una porzione infinitesima della mia pazienza e 2) capisce quando non ne ho più e mi vuole bene anche se ogni tanto sbrocco.
Tutto ciò che sta fuori da questi tre ambiti, purtroppo, si becca un Manq a tolleranza zero e non è una bella cosa. Non lo è per chi mi sta intorno, ma non lo è nemmeno per me che di stare in mezzo alle persone inizio ad avere sempre meno voglia. Anche perchè vivo un quotidiano in cui tutte le interazioni si sono esasperate, estremizzate, e in ogni situazione c’è sempre qualcuno pronto a dirti quanto sei un coglione o ad insegnarti come si sta al mondo. 
Una volta abbozzavo. Serenamente. Magari mi spingevo nella discussione (senza il magari, son pur sempre quello che adora le discussioni), ma capivo piuttosto bene quando fermarmi e quando smussare. E lo facevo, di nuovo, serenamente. Oggi no.
Oggi mi trovo spessissimo a pensare “Ma perchè cazzo dovrei desistere dal mandare ‘sto tizio affanculo?” e l’unica risposta che ne esce è “per educazione” oppure, peggio, “per non incrinare il rapporto”. E sarò certamente io in un momento davvero passivo aggressivo della mia vita, ma ho l’impressione che a parti inverse nessuno si sia mai fatto questi scrupoli con me, quindi la vivo un po’ come essere in credito di 38 anni di diplomazia che nessuno sembra intenzionato a darmi indietro.
In più, come dicevo all’inizio, questo decennio è stato quello dei trent’anni che non è probabilmente il più divertente della vita, ma penso sia quello della realizzazione personale. Per me lo è stato.
E’ difficile guardare ai prossimi dieci anni con lo stesso senso di sfida o con la stessa fame di risultati. Anzi, è ovvio che prima o poi la vita inizi a chiedere conto anche delle rotture di coglioni che ci sono per tutti e che io, unicamente per fortuna, fino ad oggi sono riuscito a schivare. 
L’ho detto, mi sto imbruttendo.

Quest’anno ho ascoltato un po’ di dischi, qualcuno anche molto bello.
Li ho riassunti in una playlist di 12 canzoni, scegliendo per ogni mese quella più rappresentativa della fissa che avevo in quel momento.
Non è malissimo, la metto qui sotto.
Buon anno.

#VacanzeAlFresco

In passato mi è capitato di fantasticare all’idea di poter fare il “travel blogger” di mestiere. Fare del viaggiare il proprio lavoro, girare il mondo a spese di altri. Mi sembrava davvero uno di quei sogni che si fanno ogni tanto, tipo quelli in cui si pianifica come spendere vincite milionarie ottenute tramite lotterie a cui neanche si gioca.
Ultimamente ho cambiato idea.
Credo che fare il viaggiatore professionista finirebbe con l’uccidere la mia passione, soffocandola di doveri che limitazioni che sono comuni a tutti i lavori. Seguo un paio di travel blogger sui social e li vedo sempre entusiasti, impegnati in 15 viaggi all’anno tutti magnifici e incredibili. Non ho il dubbio siano sinceri, o meglio non mi interessa stare a sindacare sul fatto che lo siano, è più un vedersi in quella situazione e pensare che, al posto loro, probabilmente inizierei ad odiare quella vita. Qualcuno penserà sia un discorso di volpe ed uva, ma in realtà è che probabilmente quello che sognavo era che qualcuno mi pagasse le vacanze, non di viaggiare per lavoro.
La mia passione per i viaggi non è limitata al momento in cui sono in viaggio. A me piace proprio tutta la parte in cui valuto le mete, approfondisco, studio, mi confronto, pianifico itinerari e, solo alla fine, parto. E mi piace sia il frutto di un lavoro, sì, ma che nessuno mi chiede di fare. Mi piace poter decidere se e quando viaggiare, come farlo e dove andare. Sotto sotto credo mi piaccia anche non avere tutte le mete sempre a disposizione, dovermi fare i conti dei viaggi che posso e non posso fare ed eventualmente pensare ai “sacrifici” da mettere in atto per arrivare a mete che, senza qualche “rinuncia”, sulla carta sarebbero fuori portata. Non credo di dover spiegare il perchè delle virgolette.
Mesi fa stavo meditando di aprire un account Instagram dove mettere le foto migliori dei posti in cui sono stato, corredate da didascalie ricche di consigli, #hashtag e link in bio. Poi ho pensato che anche no. L’uso che ho sempre fatto di instagram è “immortalare ricordi di vita”, un po’ come ho sempre usato il blog più che altro per un bisogno personale. Mi fa piacere se a qualcuno interessa, ma vivo bene anche se così non è.
Alla fine quindi è bello viaggiare per vocazione. Fare delle tue passioni il tuo lavoro per me è un buon modo per ucciderle, quelle passioni. L’obbiettivo dovrebbe essere trovarsi un lavoro che ti permetta di avere delle passioni che esulano dallo stesso.

Va beh, dopo ‘sta pippa inutile andiamo al succo del discorso. Quest’anno in vacanza Manq e famiglia sono andati otto giorni in Giordania ed è stato davvero molto bello, al netto di esserci per la prima volta confrontati con una cultura non solo molto distante dalla nostra, ma anche non esattamente propensa a non far pesare questa distanza. 
Come tutti gli anni ho messo insieme una paginetta coi dettagli del viaggio e qualche dritta per chi fosse interessato. Questa è una delle poche cose che faccio espressamente per il prossimo e la faccio con piacere perchè mi capita che amici e conoscenti mi chiedano indicazioni su come muoversi, specie da quando lo faccio coi figli. Se posso essere utile, perchè no? Io pagine come quelle che scrivo ne leggo tantissime mentre pianifico i miei viaggi, quindi è un po’ come contribuire ad un servizio che uso. A corredo ovviamente non può mancare la solita gallery di foto brutte.
Ora è tempo di pensare alla prossima meta.

#AiBimbiServeIodio

Anche quest’anno le vacanze sono finite e anche quest’anno sono state l’occasione per fare un bel viaggio insieme alla famiglia.
Come nel 2016, un viaggio grosso, impegnativo, ma soprattutto psicologico: per me era importante certificare che l’arrivo di Olivia non ci avrebbe fermati e che, con tutte le limitazioni e le accortezze del caso, dal 12 dicembre scorso viaggiare sarebbe stato ancora possibile. Nell’organizzarlo, ora posso dirlo, ho avuto paura di aver fatto il passo più lungo della gamba e per quanto attento e preciso sia stato in tutta la gestione organizzativa, ci sono arrivato con un livello di ansia impareggiabile. Ancora adesso non me la sento di dire che è andato tutto benissimo troppo ad alta voce, eppure è stato così.
Ci siamo divertiti un sacco, tutti e quattro, ed è un ricordo che mi rimarrà per tutta la vita. Il nostro primo viaggio in quattro.
“I bimbi però non ricorderanno nulla, è un peccato.”
Me l’hanno detto in tantissimi. E’ vero. Per me però la cosa è andare in posti in cui loro possano stare bene e divertirsi, vivere bene il momento. Spero che la vita dia a loro le possibilità che sto avendo io, quindi se vorranno torneranno in posti che hanno visto con noi in modo più consapevole, da adulti. Io devo costruire le mie memorie, non le loro, pur avendo sempre presente al cento per cento che loro ci sono e che hanno esigenze diverse dalle mie. Poi magari viaggiare non sarà una loro passione, non è affatto detto che lo sia perchè viaggiare piace a tutti solo quando se ne parla a cena tra amici (l’ho spiegato qui). Della loro vita decideranno loro. Io intanto mi vivo la mia, che ora li vede certamente al centro, ma che pur sempre mia rimane.
Come di consueto ho raccolto i dettagli dell’esperienza in una guida, ma sto giro sono stato credo ancora più dettagliato e meticoloso del solito. Mi son preso gli appunti mentre ero lì, per dire. Ho pensato infatti che tutto lo sbattimento che mi sono fatto in fase organizzativa potesse tornare utile a qualche altra persona. 
Poi oh, magari qualcuno decide che ho un futuro come travel bloggher. Sai mai. Dubito però, perchè ancora una volta le foto che ho fatto non rendono sufficiente giustizia al posto. Sto giro almeno ho evitato di stare in ballo con la mia macchina fotografica ingombrante e complicata, male per male ho preferito scattare con il cellulare. Ho portato giusto la GoPro per le situazioni umide. Scattare con la mia GoPro (una vecchissima Hero3) è un po’ tornare ai tempi della pellicola perchè non ha il display, quindi fotografi alla cieca e speri ne esca qualcosa di decente, conscio del fatto che lo scoprirai comunque troppo tardi. E’ a suo modo un’esperienza anche quella.

L’hashtag di queste vacanze è #AiBimbiServeIodio, con le maiuscole ad inizio parola in modo che fosse leggibile per tutti. Credevo. Invece per molti ai miei figli servirebbe l’odio e forse, dopo aver dovuto spiegare cento volte questa cosa, inizio a pensare che gli serva sul serio.