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Marzo 2022

Lo spaghetto alle cozze GIUSTO

Per quanto mi secchi dare ragione a chi me lo faceva notare, questa deriva di chiamare gli spaghetti al singolare nel nome dei piatti è abbastanza rappresentativa di tutto ciò che io per primo trovo sbagliato nella ristorazione attuale. Lo ammetto. Potrei dire che c’è differenza tra chi prova a dare al proprio menù una posa gourmet al fine di rincarare tutto del 30% e chi ci scrive al massimo il titolo di un articolo su un blog irrilevante, ma sarebbe una scusa. Il fatto è solo che ormai “lo spaghetto” è entrato nel mio slang e tocca venirci a patti. Anyway.
Come spesso accade quando questo blog attraversa un momento di stanca e non ho molto di cui mi vada di scrivere, finisco per tornarci all’unico scopo di regalare al mondo una ricetta GIUSTA e oggi non fa eccezione, quindi mettetevi comodi e preparatevi a conoscere l’unica via verso lo spaghetto con le cozze.
Ora, se la prima reazione che vi viene a leggere il piatto è: “Non sarebbe meglio farlo con le vongole?” siete messi peggio di quanto mi aspettassi e quindi mi tocca partire da

LE BASI:
Le cozze sono più buone delle vongole e costano meno. Non c’è proprio gara.
Adesso che siete sul pezzo, direi che possiamo partire con la ricetta che è davvero di un semplice che levati.

INGREDIENTI:
– Cozze
– Spaghetti o eventualmente linguine
– Due spicchi d’aglio
– Olio EVO
– Vino bianco (opzionale, poi spiego)
– Pepe nero macinato fresco
– Scorza di un limone grattuggiata

Non c’è scritto prezzemolo, ma soprattutto non c’è scritto peperoncino. 
Il motivo? Non stiamo facendo uno spaghetto con le vongole.

PROCEDIMENTO:
Una volta che si conoscono alcuni principi inderogabili, preparare una buona pasta con le cozze è davvero facile, veloce e regala una soddisfazione assurda. Vi invito a provare e poi farmi sapere.
Per prima cosa mettete l’acqua a bollire per la pasta, salata.
In una pentola bassa mettete a soffriggere abbondante olio con i due spicchi d’aglio. Io l’aglio lo taglio a metà per il lungo ed estraggo l’anima, che è quella specie di tronchetto interno che viene via da solo facendo leva con la punta del coltello. Lo faccio perchè mi dicono questo renda l’aglio più digeribile, ma tanto mia moglie non me lo fa mangiare uguale quindi a me cambia poco. Volete usare l’aglio in camicia (aka con la buccia) e poi toglierlo in cottura? Boh, non sono qui a giudicare nessuno, ma non ho grande opinione di voi.
Quando l’aglio inizia a prendere colore, buttate le cozze e mettete un coperchio, tenendo la fiamma bella viva.
Lo so, c’è un elefante nella stanza: come pulisci le cozze? 
Non ne ho idea. O meglio, so come andrebbe fatto, ma è uno sbattimento infinito che mi priva della gioia di poter cucinare una pasta buona in pochissimo tempo. E’ un po’ come vedere quelli che si mettono con il termometro a fare la fondutina di pecorino per fare la cacio e pepe, o che fanno lo zabaione di uovo pastorizzato per la carbonara: non discuto il metodo e neanche il risultato, ma per me è una roba completamente senza senso. Nerdismo della peggior specie.
Io quindi le cozze le prendo pulite e sotto vuoto al banco del pesce fresco. Vanno consumate subito, ma hanno il vantaggio di essere pronte a finire in padella, necessitano solo un piccolo check per verificare l’effettiva rimozione della barbetta da ogni bivalvia.
Altra questione importante: quanto le devo cuocere?
Qui la situazione è più delicata perchè qualsiasi ricetta o corso vi insegna che la chiave del successo, quando si cucinano i molluschi, è non stracuocerli. Spesso però l’adattamento casalingo di questo metodo porta noi spadellatori amatoriali a trovarci con l’ansia di toglierle dal fuoco prima possibile, che si traduce nel trovarsi poi metà buona dei gusci ancora chiusi. Secondo me è una pirlata. Se devo rischiare tra buttare 1/3 del pesce o servirlo oltre cottura per me non c’è neanche da pensarci, soprattutto perchè le cozze tendono meno a diventare dure e gommose rispetto ad altri molluschi. L’ideale quindi è usare un coperchio trasparente e monitorare costantemente lo stato di cottura/apertura delle cozze.
Quando sono aperte, è il momento di sfumare con il vino bianco.
ATTENZIONE.
Qui è dove secondo me si gioca la partita.
Il vino bianco usato per sfumare, di solito, è un vinaccio. Di conseguenza l’unico apporto che conferisce al piatto è acidità. Non fraintendetemi, la componente acida è necessaria in questo piatto, ma non deve per forza di cose arrivare dal vino. Se quindi siete soliti sfumare con il tavernello nel cartone (come faccio io 9/10), evitate questo passaggio. Se invece avete la possibilità di sfumare con un buon vino bianco, profondo e aromatico, che possa portare complessità di gusto al vostro sugo, allora usatelo. Io ho provato a sfumare con un buon bianco e la differenza si sente. Tanto. Però sono anche tra quelli che preferisce bersi il vino, piuttosto che metterlo nella pasta, quindi capisco chi non voglia sprecare un bicchiere di qualità. Davvero, I feel you, my alcoholic friend. Solo, in quel caso, suggerisco di non sfumare proprio. Fidatevi.
Ora possiamo spegnere le cozze, che dovrebbero essere in una brodaglia molto lenta (aka liquida), e buttare la pasta nell’acqua che bolle nella seconda pentola. Ci siamo detti che stiamo facendo uno spaghetto, ma può andare anche una linguina. Pasta lunga secca non all’uovo, abbastanza sottile. Niente capelli d’angelo, bucatini o tagliatelle perchè porcaccio il clero vi vengo a prendere a casa.
Il trick adesso è portare la pasta a metà cottura (aka leggere il numero scritto sulla confezione e puntare un timer con la metà di quei minuti), mentre sgusciamo una ad una tutte le nostre cozze, rituffando il mollusco nella brodaglia che c’è in padella e buttando i gusci, che nessuno vuole nel piatto. Mai. Never.
Quando è trascorso il tempo necessario a metà cottura, riaccendete la brodaglia delle cozze e buttateci la pasta mezza cruda dentro. Questo servirà a due scopi:
1) Restringere il brodetto delle cozze presentando alla fine una pasta “asciutta” e non brodosa.
2) Finire la cottura della pasta, che avrà ancora amido da regalare e che quindi addenserà di suo quello stesso brodetto, rendendolo più cremoso. 
Si potrebbe mettere la pasta nel brodetto delle cozze da cruda e fare tutto in un’unica padella? Sì, ma io ho standardizzato questo metodo che mi permette di accorciare i tempi e non stracuocere davvero le cozze oltre ogni logica. L’ho replicata diverse volte e non ho mai avuto bisogno di aggiungere acqua di cottura nella fase finale, il brodetto è di massima l’esatta quantità di liquido che mi serve a chiudere la cottura senza che asciughi troppo o resti troppo liquida. Io faccio così, ma non voglio tarparvi le ali, insomma.
Ora che il piatto è essenzialmente pronto va aggiustato con gli ultimi due ingredienti: pepe nero e scorza di limone.
Il pepe nero serve a rendere questa pasta vicina al piatto principe che ha la cozza come protagonista, ovvero l’impepata. Ce ne dovete mettere tanto e, quando vi sembra di aver esagerato, grattarne ancora. Discorso diverso per la scorza di limone, che deve essere presente e decisa, ma non deve sovrastare. Soprattutto, deve tenere conto del fatto che abbiate o meno sfumato con il vino. Se lo avete fatto, ce ne vorrà meno e avrà più lo scopo di profumare che non di conferire acidità, se invece non avete sfumato avrà questa duplice mansione. Assaggiate, per dio, e le quantità le capirete da soli.

Fine, nulla di più semplice.
Provatela e ditemi se non prende a calci in culo quell’aglio, olio e peperoncino mascherata che è la vostra fottuta pasta alle vongole.