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Giugno 2021

Una donna promettente

Quasi una settimana fa sono tornato al cinema dopo il lunghissimo stop imposto dalla pandemia e l’ho fatto per andare a vedere Promising Young Woman, vincitore dell’oscar per la miglior sceneggiatura nonchè primo film di Emerald Fennell.
Mi è piaciuto molto ed è circa una settimana che cerco di trovare il tempo per buttare giù un paio di righe in merito, proprio perchè credo ne valga la pena. Nel farlo potrei usare degli spoiler, ma cercherò di segnalarli tramite la gigantesca scritta SPOILER.
Prima di leggere io fossi in voi me lo guarderei, in ogni caso.
Ora metto qui il trailer e poi via alle riflessioni.

Questo film secondo me ha tre punti di forza.
Il primo è ovviamente la scrittura, ma non tanto per la storia che il film racconta, quanto per la prospettiva da cui ce la mostra. C’è un evidente dissonanza infatti tra il vivere le vicende con gli occhi della protagonista e la loro rappresentazione con taglio tremendamente “maschilista”. E’ complesso da spiegare quindi mi aiuto con qualche SPOILER. La storia racconta di una ragazza, Cassie, che ha perso un’amica a causa di un trauma che non ha mai superato, ovvero l’aver subito un episodio di violenza durante una festa. L’equivalente di quello per cui è indagato il figlio di Grillo, per intenderci. Una vicenda che non solo ha spezzato la vita della sua amica, ma che ha anche sconvolto la sua, portandola a mollare una promettente carriera in medicina. Di contro, i colpevoli non hanno avuto alcuna ripercussione e sono andati avanti per la loro strada. I maschi, ovviamente, ma anche le donne che hanno finto di non vedere, piegandosi a quella situazione (non fatemi scrivere ancelle del patriarcato, ma quello è). A Cassie tutto questo non va giù e così decide di vendicarsi nei confronti dei responsabili, ma anche di combattere in prima linea la cultura degli abusi sulle donne.
Perchè dico che tutto viene presentato con taglio maschilista? Perchè il film è costruito con il linguaggio del thriller per tutto il tempo e anche se quasi subito scopriamo che la vendetta di Cassie, per quanto efficace, non sia nulla di criminale o illecito, il tono è sempre quello che nei film normali si usa per descrivere le gesta degli psicopatici. Tu sai che Cassie non è una pazza maniaca, ma ad ogni successiva svolta pensi possa fare qualcosa di pazzo/violento/truce perchè il film ti porta a pensarlo. Perchè una donna che si ribella è una pazza.
Lo so, scriverlo è come spiegare una barzelletta, però l’effetto cinematografico di questa scelta di scrittura ha un impatto pazzesco. Soprattutto, altro GRANDE SPOILER, nel finale, dove la musica e il montaggio sono quelli tipici di un happy ending e a te sembra una vittoria il fatto che una tizia sia stata ammazzata male per provare qualcosa che già avrebbero dovuto sapere tutti.

Il secondo punto di forza del film è la protagonista, personaggio solidissimo e veramente ben caratterizzato, interpretato in maniera superlativa da Carey Mulligan. Tempo fa avevo visto un pezzo di stand up di Daniele Fabbri (qui il link, ma avviso che contiene una bestemmia) che punta proprio sul fatto che le donne non dovrebbero avere paura degli uomini. E’ un pensiero che ho sempre condiviso. Non perchè gli uomini non siano pericolosi, ma perchè ritenevo la narrazione del pericolo che una donna corre nell’uscire di casa sovradimensionata rispetto al pericolo reale. Discorso spinoso che non ha senso dibattere qui, ma in generale quello su cui il personaggio di Cassie mi ha fatto pensare è che la donna forte, che non ha paura degli uomini e che anzi tiene testa ai loro abusi, probabilmente 9 volte su 10 si risparmia grandi spaventi e trasforma potenziali molestie in umiliazioni del proprio carnefice wannabe, ma in quel caso su 10 in cui di fronte si trova un uomo davvero pericoloso, purtroppo, si espone a cose che altrimenti avrebbe evitato. E’ un discorso orribile da fare, razionalmente, ma di cui è impossibile negare l’attendibilità. Un discorso che questo film ti butta in faccia senza pietà. Cassie è disposta a correre quel rischio per provare una tesi, ma posto sia una decisione che in un mondo giusto nessuna donna dovrebbe prendere, quante donne sono consapevoli di essere costrette a doverla affrontare su base quotidiana? Cassie non è solo un modello, Cassie è anche la fotografia di quello che implica essere un modello, nel bene e nel male, senza filtri.

Il terzo punto di forza del film è la confezione. Ho adorato la regia, la fotografia, le musiche e tutto quello che riguarda la messa in scena di questa storia. E’ un gioiellino che non ti distrae mai dal contenuto, ma che sa prendersi i suoi spazi quando la storia respira e puoi fermarti a prestare attenzione. Per me davvero un bellissimo film, audiovisivamente parlando, da cui cito su tutte la scena dell’arrivo al cottage di Cassie versione infermiera stripper, sulle note di una versione pazzesca e dissonante di Toxic che è trasposizione perfetta in musica di tutto quello che questo film vuole essere.

Ed ora, dopo i tre punti di forza, chiudo con l’unico difetto che ho trovato al film, che è la rappresentazione degli uomini. Tutti i personaggi maschili del film sono negativi e ci sta, è proprio parte centrale del discorso scardinare il #NotAllMen autoassolutorio quindi capisco il tiro, ma da uomo secondo me si è calcata troppo la mano ottenendo forse l’effetto opposto, ovvero il rischio che lo spettatore maschio non ci si identifichi e sia facilitato a derubricare la rappresentazione a “va beh, quelli sono stronzi, mentre io no.”, che è proprio la base su cui si costruisce quel tipo di risposta. Se vuoi mostrare che tutti gli uomini sono co-responsabili e farli sentire tali mentre li prendi a sberle col tuo film, devi secondo me essere meno tranchant nella rappresentazione così da accendere qualche lampadina in più nella testa di chi guarda. Parere ovviamente personale.

Il punto cruciale però resta questo: Promising young woman è davvero un bel film e dovreste guardarlo tutti.

PS: c’è stata tantissimo dibattito attorno al doppiaggio italiano per Laverne Cox, ma a costo di sembrare Capitan Ovvio, vederla sullo schermo doppiata da una voce femminile fa tutta la differenza del mondo ed è un altra bella sveglia sul tema, più forte di mille articoli di giornale.

Essere giovani fa schifo se sei giovane. E manco per forza.

Su Netflix c’è questa serie che si chiama Summertime. Racconta l’estate di un gruppo di adolescenti in riviera tra storyline senza la minima credibilità, una recitazione per lunghi tratti raccapricciante e una colonna sonora da volersi strappare le orecchie.
Il pezzo che segue sono io che vi spiego perché dopo aver contato i minuti che mi separavano dall’uscita della seconda stagione ed essermela sparata nell’arco di due sere, ora darei probabilmente tutto il catalogo di qualsiasi servizio di streaming in cambio di altri episodi.
O meglio, non so se riesco a spiegarlo, diciamo che provo a capirlo io per primo, perché ero convinto fosse una questione di vojeurismo nostalgico, ma credo di aver realizzato che non sia così banale.
Il dubbio mi è esploso in testa durante l’episodio tre di questa seconda stagione, sul finale, quando passano le immagini di una festa farcita di persone prese malissimo con in sottofondo un pezzo di Ariete che dice così:

Essere giovani fa schifo
e non poter decidere fa tanto male
Essere giovani non fa per me,
non fa per me.

“E qui l’anziano invidioso si incazza” starete pensando, ma vi sbagliate.
Io non è che fatichi a empatizzare adesso che ho quarant’anni, il mio problema è a monte perché quando avevo grossomodo quell’età lí il mio mantra era in ogni caso proprio all’opposto. Sta roba non mi avrebbe rappresentato nemmeno a vent’anni. Volendo usare una canzone per spiegarlo, sarebbe questa e direi che la differenza è evidente.

I’m gonna stay eighteen forever
so we can stay like this forever
and we’ll never miss a party
‘cause we keep them going constantly

È quindi assodato che una roba del genere non possa davvero farmi scattare la molla del ricordo dei bei tempi andati perché quella è una rappresentazione della gioventù che non mi appartiene. Un po’ come con Dawson’s Creek: serie della vita se ne dovessi scegliere una, ma pur sempre una rappresentazione dell’adolescenza ai limiti del fantasy (ne ho scritto qui ed è un pezzo ampiamente meglio di questo, come anche giusto che sia.). 
Se non è la nostalgia, allora cosa?
Io credo che a fregarmi siano le rappresentazioni che trovo genuine dell’amicizia. Quando mi ci imbatto, finisco sotto ad un treno senza possibilità di tiro salvezza. A quel punto posso bermi qualsiasi prodotto, a prescindere da quanti e quali difetti possa avere, senza battere ciglio. E non perché non li veda, ma proprio perché tutto finisce in secondo piano.
E infatti Summertime.

Ribadiamolo: è una serie ingiustificabile sotto parecchi punti di vista, a partire proprio da quello meramente estetico e non starò qui ad indorare la pillola. Però se ci finite dentro alcune cose apprezzabili non potete non vederle.
All’inizio dicevo che la colonna sonora è raccapricciante e lo confermo: mentre iniziavo a buttare giù il pezzo ho provato a mettermela in cuffia e non ho retto tre pezzi. È roba inascoltabile fuori contesto, ma nella serie ci sta da Dio perché è perfettamente centrata sui protagonisti. E poi in uno dei primi episodi c’è questa scena pazzesca che usa Vattene Amore di Minghi&Mietta per trasferire allo spettatore il dolore crescente e insopportabile di Sofia che da sola vale la visione dell’opera intera.
La scena, ma anche Sofia.
Un’altra roba che ti capita quando invecchi è che ad una certa guardi i teen drama e non hai più quella voglia matta di scoparti le protagoniste perché le vedi effettivamente troppo giovani. È una cosa che anni fa pensavo a me non sarebbe mai successa. La mia tesi era semplice: non ho mai avuto il mito della donna più grande e se a vent’anni mi piacevano le ventenni e a trenta pure, non vedevo motivo per cui i miei gusti potessero cambiare. Ovviamente non ne faccio questione anagrafica, ma estetica. Probabilmente potrei trovare attraente una diciottenne agghindata per dimostrare dieci anni in più senza manco intuire il problema, ma quando la ragazza in questione appare come un’adolescente, a prescindere dall’età e da quanto possa essere figa, il mio cervello attuale va in blocco.
Non mi sono rincoglionito, però, quindi che Sofia sia di una bellezza abbacinante mi è ancora assolutamente chiaro. La cosa ridicola se mai è che essendo la protagonista lesbica di una serie scritta con il primo obbiettivo di non far incazzare nessuno, per evitare di alimentare lo stereotipo patriarcale delle lesbiche da porno sarà condannata ad incontrare solo lesbiche bruttine fino alla fine dei suoi giorni, in un paesino romagnolo dove letteralmente chiunque altro sta tra il bello e il bellissimo.
Va beh.
Della musica ho parlato, di Sofia pure, c’è altro?
Qualche punto sparso in chiusura dai, che sta diventando un polpettone infinito questo post.
– Vorrei vedere l’attore che fa Edo fuori da Summertime perché se non ha davvero dei disturbi cognitivi e comunicativi merita un cazzo di Emmy.
– Vorrei avere le palle di chi presenta con faccia seria ad un produttore uno script in cui dei diciottenni vagano per l’Europa senza problemi, prendendo voli per vedersi un’ora o mollando la famiglia per andare ad Amburgo/Milano/Barcellona a fare sa il cazzo cosa. Poi figli di proletari eh, manco la scusante di essere ricchi di famiglia.
– Vorrei sapere perchè nel 2021 la figura adulta positiva in un teen drama debba essere il quarantenne con la sindrome di Peter Pan. Io capisco che il modello della studentessa che si laurea in giurisprudenza a 21 anni sia tossico, ma spero bene sia chiaro per tutti che anche il concetto di “fai quel che ami e sbattitene del futuro” abbia fatto danni a sufficienza.
– Vorrei chiedere se c’è un limite all’utilizzo di Wait di M83 nelle OST e quante serie fa è stato oltrepassato. Per carità, pezzo meraviglioso, ma anche basta.

Anche basta.