Da quanto a Gaza è iniziata la rappresaglia (poi diventata genocidio) ad opera dell’esercito israeliano io qui sopra ne ho parlato una volta sola.
Ero convinto non ci fosse molto altro da dire, da parte mia.
Oggi però sento il bisogno di tornare in argomento, anche sull’onda dei recenti fatti che coinvolgono la Global Sumud Flotilla e la mobilitazione nazionale di supporto al popolo palestinese. Quel che mi sento di dire è che, mai come in questo caso, ho la percezione di essere completamente impotente. Quello che sta accadendo mi sembra ineluttabile, non vedo alcuno spiraglio perché la situazione cambi. Non ci sono se e ma dietro cui nascondersi, attenuanti che possano lasciar spazio all’illusione di essere in una sfortunata contingenza che può essere cambiata, parte di uno scenario che può essere sovvertito. Fortunatamente non ho mai avuto a che fare con l’elaborazione di un lutto, ma ho letto le fasi che la caratterizzano: shock, negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione e speranza.
Ecco, io credo di essere nella quinta fase.
Intorno a me vedo tante persone schierarsi, prendere posizioni nette e partecipare ad azioni dimostrative. È una cosa che capisco e stimo, sono completamente dalla loro parte, ma dentro di me ho la convinzione stiano facendo il mio stesso percorso e siano rimasti alla terza fase.
Sento parlare di resistenza. Quando c’è stata la resistenza, cent’anni fa, c’era sicuramente la volontà di rovesciare un sistema schifoso, assassino e abominevole, ma c’era soprattutto una parte avversa a cui unirsi. C’erano i nazisti e gli alleati. Lo scenario, quando si parla di Gaza, è diverso.
Non c’è nessuno, oggi, dall’altra parte.
Io penso il peggio possibile del governo Meloni e di questa maggioranza, così come sono convinto da tempo che all’opposizione ci siano persone inadeguate, che non riescono a combinare nulla neanche in relazione ad aspetti sociali su cui sarebbe piuttosto semplice trovare il favore della maggioranza degli italiani (ne dico una facile: la sanità).
Tuttavia.
Immaginiamo che scendano in piazza 50 milioni di italiani e rovescino questo Governo per instaurarne uno che abbia l’unico scopo di schierarsi col popolo palestinese. Che si fa? Usciamo dalla Nato? Dall’Europa? Mandiamo l’esercito a Gaza?
Io sono un ignorante totale in termini di geopolitica e macroeconomia, ma mi pare evidente che quello che speriamo di ottenere non possa succedere. L’Europa non esiste e non esisterá mai, la reazione che abbiamo trovato al collasso che sta vivendo la società occidentale in questa fase (terminale, imho) dell’ultracapitalismo è stata un trasversale rigurgito nazionalista che non fa nulla per arginare i danni di un mercato globale e sregolato (anzi), ma ci toglie qualsiasi possibile peso politico. Quindi?
Certo, potremmo cominciare con l’essere meno conniventi.
Mica poco, intendiamoci, sarebbe già un grande passo. Smettere di vendere le armi? Applicare delle sanzioni? Sarebbe importante.
Chi può scegliere di fare un passo in questa direzione? L’Italia (o altri stati) da sola? Non credo. L’Unione Europea se si mettessero tutti d’accordo? Forse, ma se fosse davvero la spallata finale che farebbe crollare il sistema “occidente”, siamo sicuri che la classe dirigente, a prescindere dal posizionamento ideologico, voglia darla?
Siamo sicuri che, se si sfaldasse l’impero statunitense, il nostro futuro sarebbe migliore?
E non lo dico per fare una relazione costo:beneficio che porti all’idea di legittimare il proverbiale “mors tua, vita mea”, mi fa vomitare il solo pensiero. Lo dico come unica spiegazione razionale che posso darmi al fatto che, ancora oggi, si stia ballando intorno al SE sia il caso di fare qualcosa per fermare un massacro costante di innocenti che va avanti dall’8 ottobre 2023.
Sono questi i ragionamenti che sto provando a fare, questi i dubbi che mi porto dietro. Con questa testa, se scioperassi domani e scendessi in piazza, lo farei unicamente per me stesso, per provare a sentirmi meno impotente. Senza crederci davvero, purtroppo.
Mi si può rispondere che ci sono situazioni in cui è comunque importante tirare una riga e definire chi sta da una parte e chi sta dall’altra. È vero. Non sono per niente sicuro che la mia posizione sia giusta, non mi aspetto possa essere condivisibile e non sono certamente qui a pontificare.
Sono pieno di dubbi, ma più che altro sono a corto di speranze. Capisco possa suonare come una scusa, dal canto mio posso solo dire che starei gran meglio se lo fosse.
Fine.
Ah no, un’ultima cosa. Prima dicevo che penso il peggio possibile dell’attuale governo ed è vero. Perché se anche percepisco l’assenza di un reale potere decisionale, non posso tollerare l’atteggiamento con cui, quotidianamente, rivendicano l’orgoglio di essere dalla parte sbagliata di un crimine di portata storica.
Anche solo per quello, mi fanno schifo.
Ed è da lì che si arriva al titolo del post. Molti stanno dicendo che dovremo ricordarci di tutto questo quando andremo a votare. Sono d’accordo.
Dopo aver visto quello che stiamo vedendo, per me andare a votare ha perso completamente di senso.
Sarà un casino spiegarlo ai miei figli, in futuro.
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