Da Wikipedia: “In Italia, qualunque trattamento sanitario, medico o infermieristico, necessita del preventivo consenso del paziente; è quindi il suo consenso informato che costituisce il fondamento della liceità dell’attività sanitaria, in assenza del quale l’attività stessa costituisce reato. Il fine della richiesta del consenso informato è dunque quello di promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle decisioni mediche.
Il malato può decidere se vuole essere curato per una malattia e ha il diritto/dovere di conoscere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute, chiedendo al medico ciò che non è chiaro; inoltre deve avere la possibilità di scegliere, in modo informato, se sottoporsi a una determinata terapia o esame diagnostico. In qualsiasi caso il consenso informativo va allegato (pinzato) alla fattura per legge.”
Diversi comitati etici, in italia, non vogliono che nel consenso informato su trattamenti in fase sperimentale compaia la dicitura cancro o tumore. Molto meglio neoplasia.
Premessa d’obbligo: da giorni sento parlare di questa iniziativa senza essermene mai curato fino ad oggi, quando la vicenda è diventata di mio interesse per una serie di ragioni che esulano da cosa sia Macao. Ad ogni modo, riassumendo, quanto accaduto è che un gruppo di persone ha occupato un grattacielo sfitto nei pressi della stazione Centrale di Milano allo scopo di creare un “centro per le Arti di Milano”. L’iniziativa (leggo da varie fonti internet, resto apertissimo a smentite o correzioni) ha il duplice scopo di dare alla città uno spazio culturale sicuramente necessario e utile e di sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina e non solo verso una categoria di addetti ai lavori le cui condizioni contrattuali sono spesso indecorose.
Questa mattina, se non erro circa dieci giorni dopo l’occupazione, le forze dell’ordine hanno sgomberato l’edificio. Immediatamente, sui vari social network e su qualche organo di stampa, s’è aperto un mondo di botta e risposta, di riflessioni e, chiaramente, di insulti intorno alla vicenda Macao.
La mia analisi vuole partire da un twitt dei 99 Posse che recita: “Chi sgombera un posto occupato è un fascista. Pisapia giù le mani da #macao”. A me, nel 2012, star qui a discutere di fascismo vs. occupazione fa abbastanza tristezza. Per quanto il movente dell’iniziativa Macao sia condivisibile (e per il sottoscritto, da quando ne è a conoscenza, lo è parecchio) il metodo con cui lo si voleva portare in essere è sbagliato. Occupare per il sottoscritto è un’azione violenta e illecita che non trova mai giustificazione, nemmeno con tutte le grosse attenuanti del caso. La scarsa adesione alla realtà di chi grida al fascismo e accusa il sindaco di Milano oltretutto è disarmante. Lo stabile occupato non è del comune, è della famiglia Ligresti. Fatta richiesta di sgombero al comune e alle forze dell’ordine non resta che prendere atto e agire per far rispettare la legge. Il punto infatti è che occupare i beni immobili altrui è illegale, quindi facendolo si fa un danno alla causa. Oltretutto si accusa Pisapia di “risposta ottusa” quando, stando sempre a quanto leggo, il sindaco si dice disposto ad incontrare i ragazzi di Macao e discutere coi suoi assessori di una possibile risoluzione del problema. Ora, secondo me è dovere di un sindaco porsi in questi termini di fronte ad una evidente necessità dei cittadini, ma non so quanti altri sindaci sentirebero questo dovere in seguito ad un’azione fatta nel pieno diritto e nella tutela della legge.
Personalmente trovo molto meno corretto e giusto l’appoggio che Boeri e la giunta di Milano hanno dato, a parole, all’iniziativa nei giorni precedenti lo sgombero. Avvallare un’iniziativa autogestita che occupa spazi non suoi senza il diritto di poterlo fare è sinonimo di non curanza verso un problema. E’ dire ai cittadini di arrangiarsi. E’ creare ancora più confusione sui piani leciti e illeciti di una battaglia sociale. E’, anche e soprattutto, un tentativo di ottenere il massimo risultato senza sporcarsi le mani. Questo non va bene ed è di questo che si dovrebbe parlare. Verificata l’esigenza di Milano e dei suoi abitanti nell’avere spazi da dedicare alla cultura tu, comune, devi impegnarti per farli saltare fuori. E’ lì che la lotta si deve combattere, spaccando il cazzo in comune, facendosi sentire e portandoli a mantenere gli impegni presi. Altrimenti la società civile muore e si passa alla legge del più forte che, manco a dirlo, contro i Ligresti di turno ci vedrebbe sconfitti comunque.
Lo so, il mio sembra il classico discorsetto di chi se ne sta sicuro dietro la tastiera, ma nel mio piccolo ho provato a relazionarmi con un comune per ottenere spazi e organizzare manifestazioni culturali che vanno al di fuori dell’interesse dei più. Cazzate eh, piccole cose, ma ottenute con grande sforzo e grande lavoro di dialogo, mediazione, interazione e via dicendo. Tutta roba molto più complessa dello sfondare la porta di un edificio abbandonato.
Poi oh, l’Italia è anche questo. Venti persone sgomberate da un edificio e ventimila che protestano su twitter.
Ieri sera sono andato a vedere i Derozer al Nautilus di Cardano al Campo.
Lo stesso posto dove, qualche mese fa, sono andato a vedere gli Shandon. Suonavano con altri due gruppi. Il primo l’ho rimosso, il secondo erano i Gerson, band di cui sento parlare da anni e che inspiegabilmente non mi era mai capitato di beccare live. Inspiegabilmente non tanto perchè siano una band imperdibile, quanto perchè mi pare siano in giro da un po’ e per i posti che frequento non averli mai incrociati è strano. Al banchetto regalavano un CD raccolta di pezzi tra 2002 e 2007. L’ho preso e prima o poi magari lo ascolto anche, ma non mi spingerei oltre. Di loro comunque ricorderò la cassa drittissima in tutti i pezzi, una cosa alienante.
Ad ogni modo, questo post vuole parlare dei Derozer e quel che c’è stato intorno conta pochino. Ah no, ecco, un’ultima nota a margine la voglio scrivere. Prima del concerto il DJ del Nautilus ha passato un miniset pop-punk composto da pezzi abbastanza vari, anche recenti e senza mettere gli Offspring. Visti i commenti della scorsa volta, mi sembra giusto sottolineare questa positiva variazione sul tema. Detto questo, parliamo dei Derozer.
I Derozer sono la miglior band punk-rock italiana di sempre e per sempre, nei secoli dei secoli. Non ho ben chiaro da quanto fossero fermi, non ricordo l’ultima volta che li ho visti suonare. Forse era ad un Indipendent Day a Bologna o forse in un posto sotto un cavalcavia della Milano-Torino. Sicuramente tanti anni fa. Beh, li ho trovati in formissima. Han fatto un set tirato, con tantissimi pezzi, suonato con una carica disumana e a dei volumi smodati. Smodati. Ho cantato e gridato per tutta la sera e ci son stati momenti dove ero a tanto così dal correre sotto il palco. Dito alzato sempre, pelle d’oca spesso. E l’accoppiata “Vento” + “Lungo la strada” è stato un momento sublime. Come sempre Sebi compostissimo e Mendez geniale, con le sue gag sugli astemi, le pastiglie, il fumo e tutte quelle cose che dice da dieci anni a tutte le date. Facendo ridere sempre, ovviamente.
Concerto bellissimo, che spero di replicare a breve e che allevia un po’ il fastidio dell’essere rimasto fuori a Seregno un mese fa. Venerdì sera c’era la festa del Bloom di Mezzago e sarei potuto andare anche lì. Era gratis e suonavano mille gruppi di cui forse due li avrei visti volentieri. Ci sarà sicuramente stata una montagna di gente e avranno suonato la metà dei pezzi. Insomma, meglio così.
Chiudo con una nota sulla foto che ho messo qui sopra. Kekko, quello di questo blog e non di quest’altro, ha dato vita ad una nuova iniziativa che si chiama Pressappoco e consiste nell’andare ai concerti e scattare un’unica foto, bene o male che venga. Già che c’ero, col mio cellulare NON smartphone ho fatto lo scatto qui sopra e gliel’ho mandato. Robi col suo telefono ha fatto addirittura il video di “Murruroa”, ma avendolo girato di fianco a me, sarà una sorta di karaoke version. Coming soon on youtube.
Venerdì sera sono andato, finalmente, a vedere The Avengers.
Io non sono un fan dei fumetti Marvel, non ne ho mai letti in realtà, e non sono tantomeno fan dei film che fino ad ora hanno tratto dai vari albi di supereroi. Per contestualizzare: al cinema credo di aver visto solo il Batman con Denny De Vito che fa Penguin e quello con Shwarzy che fa Mr. Freeze (sempre che non si tratti dello stesso film). In home video ho ampliato la mia cultura guardando i primi tre X-men, il primo Spiderman, l’Hulk con Edward Norton e i due Batman di Nolan. Ah, al cinema ho visto pure Watchmen, bellissimo, ma credo non sia una roba del tutto inerente.
Questo il mio background.
Riguardo The Avengers però ho sentito parlare tantissimo e solitamente sono tipo da non restare indifferente ai casi cinematografici di massa. Di conseguenza ho deciso di andare a vedere questo film ignorando bellamente chi fossero Iron Man, Capitan America, Thor, Occhio di Falco (SPOILER: non è Marotta) e la Vedova Nera.
Onestamente ero convinto di sapere solo chi fosse Hulk, perchè con mia nonna da piccolo guardavo un telefilm (ai tempi non si chiamavano serie tv) che ce l’aveva come protagonista. E’ tuttavia evidente che mi sbagliassi, perchè chi è Hulk io l’ho scoperto solo Venerdì.
Ora, viste le premesse e sommate alla mia totale ignoranza tecnica in ambito cinematografico, sono forse la persona meno adatta a scrivere di questo film. Se volete leggere qualcosa di fatto sicuramente meglio potete rivolgervi o a Junkiepop o a i 400 Calci, che è gente preparata.
Io però dico la mia da spettatore che si reca al cinema per vedere un film con i botti e le esplosioni e tonnellate di effettoni speciali e si ritrova di fronte a The Avengers. Il risultato è bocca spalancata, risate, applausi e tantissimo gasamento.
The Avengers infatti è, essenzialmente, un film con gli schiaffi. Tanti. Tantissimi. Tutti si menano con tutti in qualsiasi scena e contesto. Buoni con buoni, cattivi con cattivi, buoni con cattivi. La sequenza finale è un’insieme di pizze gigantesco ambientato in piena Manhattan, già candidata all’oscar come “Miglior attirce non protagonista” nel ruolo della demolita. Si sfonda tutto, senza ritegno e senza troppe remore, con Hulk ancora una volta padrone delle scene e nume tutelare delle mani in faccia. Che ok finchè si è tra simili, ma quando le appone ad una sorta di mega bacherozzo alieno grosso dieci volte lui sono applausi a scena aperta. E ancora non s’è visto tutto, a quel punto lì.
Quindi ok, Hulk capo supremo e dominatore della scena, ma il supporting cast non fa certo schifo. Iron man riesce ad interpretare agevolmente in un unica prova il 98% dei ruoli presenti in Independence Day. Buca solo Liv Tyler, ma per ovvi motivi di appeal sessuale (e solo da un punto di vista maschile, credo). Simpa, tarro e con il cazzo durissimo è quello che tutti pensano essere il protagonista fino a quando arriva Hulk a spiegare come stanno le cose sul serio. Perchè, forse non l’ho ancora detto, ma ad un certo punto dal nulla arriva Hulk. In moto. Secondo me c’è un buco gigantesco nel plot a quel punto del film, ma mentre scorrono quei dieci secondi in cui ti chiedi se davvero il buco c’è e di conseguenza come ci sia finito lì, lui è già verde e sta prendendo a sonori schiaffoni alieni colossali. E allora il dubbio ti passa e te ne fotti ampiamente. Almeno, io ho fatto così.
Dicevamo degli altri comprimari. Capitan America è sicuramente il più sfigato. Dotato dell’elasticità mentale di un talebano e provvisto di solida e massiccia scopa in culo, ad un certo punto fa quasi tenerezza col suo vestitino vintage e i suoi principi morali di sto cazzo. A fine film la Polly mi ha detto che era il suo personaggio preferito. La polly, per metà film, ha dormito (seriously). Ho detto tutto.
Quarto della lista è Thor, il semidio. Un pagliaccio che fa bella figura solo perchè di istinto lo si paragona a Capitan America, nei confronti del quale ha chiaramente una marcia in più. Hulk e Iron man però giocano un altro sport e questo deve saperlo anche lui. Certo che se, in un gruppo di sei, il semidio passa in secondo piano, non è che ti vien tanto da riconoscergli una bella figura, nel film. Ok, sali sul Chrysler building e attizzi fulmini a destra e a manca, ma quello verde sta già parcheggiando le cinque dita sui musi alieni da un po’ e dei fulmini nessuno in sala si cura più. Anzi, si ride quando Hulk trova due o tre secondi di pausa nella sua opera di devastazione per umiliarti.
Si chiude con i due sfigatz del gruppo, quelli che non hanno neanche il film introduttivo allegato. Una è Vedova Nera, aka Scarlett Johansson, per cui un qualsiasi film introduttivo non porno non avrebbe aggiunto niente alla questione. Ogni volta che la si vede in scena vien solo da pensarla intenta in qualche pratica zozzissima ed è bello che sia così. Non ho neanche capito bene perchè portarla in mezzo al macello, ma credo che sotto sotto tutti volessero semplicemente provarci. Bizzarramente però lei pare avere una simpatia di riguardo nei confronti di Occhio di Falco. Per evitare che a fine film la gente neanche si ricordasse di avercelo visto, gli sceneggiatori si inventano lo stratagemma di farlo giocare coi cattivi per un po’, dove fa anche la figura del crasto. Buon trucco, tutto sommato, anche perchè non è certo l’ultimo dei pirla. Vederlo tirare le frecce con un no look degno del miglior Chris Paul da un certo senso di godimento, nei momenti in cui Hulk non distrugge nessun grattacielo. Se poi, a contorno del contorno, ci sono un Fury arrogantissimo, un Loki più che degno nel ruolo del cattivo, e una portaerei volante invisibile (!!!), beh, è difficile chiedere di più.
Filmone, punto e basta.
La sua unica sfiga è che con tutta probabilità non sarà film dell’anno.
Il mio pronostico sugli incombenti play-off NBA.
Fatto da tifoso, di pancia, con aspettative e speranze che esulano dalla competenza tecnica. Anche perchè di competenza non ne ho.
Il primo round inizia domani e di certo occhi puntati sulla sfida NY-MIA.
Non è che io parli spessissimo di calcio, qui sopra.
Quando succede è, solitamente, perchè la mia squadra vince qualcosa. Sono milanista e in tutti questi anni da bloggher qualche post a celebrare trofei vinti sul campo m’è anche capitato di scriverlo. Quello che ho fatto raramente, per non dire mai, è stato fermarmi a parlare di calcio giocato in caso di sconfitte o comunque di momenti non brillanti della squadra.
Che poi è la cosa che mi sto accingendo a fare in questo momento.
Ieri, con tutta probabilità, s’è perso lo scudetto. Il suicidio è stato portato a termine nel peggiore dei modi: in casa e contro un’accoppiata non proprio inaffondabile composta da Fiorentina prima e Bologna poi. La ragione della sconfitta però è che, per la prima volta in direi sei anni, il nostro campionato è riuscito a proporre una seconda candidata al titolo oltre l’undici partente coi favori del pronostico. Questo non vuol dire che negli anni scorsi chi ha vinto ha vinto facile, ma semplicemente che perdere il campionato era oggettivamente molto complicato. Quest’anno non è stato così. La Juve non si è trovata quasi per caso sul finale di stagione a potersi giocare il tricolore, ma è stata lì dall’inizio, con merito, giocando per ampi tratti molto meglio degli altri. Bravi loro quindi. Niente episodi, niente arbitri. Ti giochi lo scudetto in casa col Bologna e alla mezz’ora perdi uno a zero. La tua avversaria, stesse condizioni, dopo 8 minuti ha rifilato due sberle alla Roma. That’s it.
Siccome in Italia siamo tutti allenatori, io qui adesso metto giù le mie idee sulla stagione fallimentare del Milan. Qui a sinistra c’è una foto. Nella foto è ritratto un attaccante decisivo mentre segna un gol decisivo e ci fa vincere la coppa dei campioni. La foto è piccola, forse non si vede, ma non si tratta di Ibra.
Lo so che dire che Ibra è il problema di questo Milan fa storcere il naso a molti e, in effetti, detta così non ha molto senso come frase. Se hai lottato fino alla fine infatti è soprattutto grazie ai gol di Ibra, rigori a parte, quindi il problema non dovrebbe stare lì. Ed invece, secondo me, il problema è tutto lì. I motivi:
1- Ibra vincola tremendamente il gioco. Con Ibra si gioca in una maniera sola e spesso, quando lui viene a mancare, non si sa più creare nulla. L’anno scorso s’è vinto lo scudetto, ma se si va a riprendere la stagione si vede come la crisi milan sia stata nelle partite in cui Ibra non c’era, partite in cui non si faceva più gol. Anche quest’anno, l’abisso che separa i gol segnati dallo svedese rispetto a quelli del resto della squadra è indice di una Ibra-dipendenza che non può far bene ad una squadra che vuole vincere. Mi si potrebbe obbiettare che il problema è dovuto ai restanti dieci giocatori, non all’altezza di Ibra. Non è così, secondo me. L’organico del Milan senza Zlatan non è più scarso di quello della Juve, sia tecnicamente che agonisticamente. Con Ibrahimovic la squadra è incatenata ad un’unica soluzione e questo non può mai essere un bene. 2- Ibra è uno scassa cazzo. Deve giocare sempre e tutta la gara. Anche in partite come quella di ieri dove definirlo indisponente è poco o in partite dove sai dall’inizio non farà nulla di utile. Poi è vero che ieri se lo togli magari perdi invece che pareggiare, ma questo è uno strascico del punto 1.
3- Analizzandolo come giocatore è sovraumano, ma è come LeBron James: isolamenti, isolamenti e ancora isolamenti. Fisico illegale e tecnica sopraffina. Può segnare da ovunque. Può passarla a chiunque con assist straordinari. Di contro, non creerà mai un gioco offensivo degno di questo nome. Ed infatti, in sistemi di gioco ben strutturati, non si inserisce (vedi Barcellona).
4- Da tifoso, non hai mai l’impressione si stia impegnando. Gioca e si atteggia, sempre, con sufficienza. La palla è lunga o corta di mezzo metro? Non ci va. E si incazza. Caracolla per il campo fino a che non gli dai la palla tra i piedi e allora o fa la giocata da applausi, o la perde in malo modo provando tacchi, sponde o dribling che si trattasse di un ragazzino sconosciuto lo inchioderebbero alla panchina e non lo farebbero alzare mai più.
5- Nelle partite importanti, quando conta davvero, sparisce. Si nasconde. E non ti farà mai vincere un cazzo fuori da competizioni in cui da solo può stendere il 70% delle squadre avversarie.
Per tutti questi motivi Ibra secondo me è più un male che un bene, per la mia squadra, quindi dovessi risolvere il problema Milan partirei da lì. Non che tutto il resto non conti eh. Il Milan non ha giocatori di livello in molti ruoli chiave, è stato falcidiato da infortunii per tutta la stagione ed ha visto una gestione non proprio felice di alcune situazioni di mercato che avrebbero potuto portare molti punti e qualche prospettiva in più (vedi caso Pato).
In sintesi lo scudetto lo vince una squadra sola quindi il dramma non è aver perso. Io però vorrei vedere una squadra che torni a giocare a pallone e non a quello sport chiamato “dalla a Zlatan”, anche se magari porto a casa qualche scudetto in meno.
Che poi, sta storia che Ibra vince gli scudetti da solo, io andrei a raccontarla a Conte.
Non fosse che lo odio.
E’ morto un ragazzo di 25 anni.
E’ morto di sport, una cosa che ultimamente accade troppo spesso.
Probabilmente adesso è presto per riflettere sul perchè cose così continuano a verificarsi, ma purtroppo la storia ci insegna che lo spazio per le riflessioni è solo a caldo. Se si lascia alla gente il tempo di metabolizzare, la si lascia dimenticare. Si da modo di distrarsi, di non pensarci, e il problema sparisce.
Almeno fino alla prossima volta.
E’ normale, fisiologico. Pensare alla morte fa male sempre, specie se poi si tratta di ragazzi.
Quindi a mio avviso bisogna stringere i pugni e parlare di questa cosa anche adesso che fa male. Fermarsi, se davvero serve, per riflettere e cercare di capire il perchè. La fatalità lasciamola agli eventi rari.
Qui si parla di numeri spaventosi, di casistiche drammatiche.
Una spiegazione logica, scientifica, è per forza di cose lì fuori da qualche parte e va tirata fuori.
Per farlo però non serve parlare di Morosini.
Non serve parlare della sua vita, dei suoi problemi, scavando fino a trovare il dettaglio che renda il tutto ancora più drammatico. E poi ancora, ancora, senza fine.
Anzi.
Mi fa schifo, profondamente, la corsa al dramma di cui siamo spettatori.
Non voglio i video del malore. Non voglio la diretta del tracollo. Non voglio lo scoop sui soccorsi nè il ricordo in diretta di chi gli ha voluto bene.
Disprezzo profondamente chi genera tutto questo desiderio di portarti dentro il dolore, tanto quanto chi ci si lascia portare.
Tanto rumore e non sappiamo nemmeno concedere il rispetto a chi è crollato, venticinquenne, su un campo di pallone.
Subito a filmare, a fotografare, a rincorrere la possibilità di dare al lettore un’immagine ancor più vicina del fatto.
Come se limitarsi a scrivere che è morto un ragazzo mentre giocava a calcio non fosse abbastanza a sconvolgere chiunque.
Questo non è giornalismo.
E’ merda.
Merda prodotta da gente schifosa, viscida, che ho il sospetto goda nel poter dire: “siamo meglio degli altri perchè noi abbiamo la foto del momento in cui gli si ferma il cuore”.
“Abbiamo vinto, noi abbiamo il video del decesso.”
Non posso credere che a nessuno di questi sciacalli schifosi venga in mente come ci si può sentire ad essere davvero tra quelli che da una tragedia così vengono colpiti in prima persona.
Fermiamo il campionato, che riprenderà tra sette giorni nelle stesse condizioni e con le stesse possibilità che qualcuno non finisca la partita, in nome di un rispetto e di un cordoglio che però non riesce a fermare lo spettacolo becero della caccia allo scoop macabro.
Etica, servirebbe solo etica.
E la capacità una volta per tutte di prendere uno per uno questi scribacchini dei miei coglioni e mandarli per bene affanculo.
Pubblicando poi foto e video in diretta della loro pubblica umiliazione.
Qui ultimamente si fa un gran parlare di twitter come nuovo strumento di vita on line. Io l’account ce l’ho da un bel po’ (non abbastanza da arrivare prima di Zdeněk Haták, ma da ben prima che ne parlasse La Repubblica, per intenderci), causa la mia abitudine a registrarmi a qualunque tipo di social senta nominare salvo poi dimenticarmene per anni. Eppure non l’ho mai utilizzato perchè mi sembrava una roba piuttosto inutile. Le cose son cambiate recentemente, forse da cinque o sei mesi, quando mi sono finalmente reso conto che se usato in maniera intelligente può essere un veicolo fantastico di informazione e, con le dovute virgolette, di politica orizzontale. Viva twitter, quindi, ma non è di questo che volevo parlare.
Volevo invece dire che, grazie all’uccellino blu, oggi sono venuto a conoscenza di una discussione agguerritissima tra Damian Abraham, il cantante barbuto e di sana e robusta costituzione dei Fucked Up, e la fanbase di Katy Perry. La diatriba, se vogliamo così definirla, riguarda l’ultimo video della cantante, “Part of me”, che metto per benino qui sotto nel post così A) fornisco tutti i presupposti necessari per seguire la discussione e B) tiro un po’ di visite.
La questione verte sull’opportunità o meno di prestarsi, da parte di Katy Perry, ad un maxi marchettone in favore del corpo dei Marines. Perchè il succo del video, che ho visto solo una volta e senza audio, è: “La mia vita sentimentale è una merda? Bene, io divento una soldatessa e sfogo tutto il mio rancore.” Uno spot all’arruolarsi che, l’avessero fatto direttamente i Marines, non sarebbe mai stato così efficace. Bene, la questione viene sintetizzata dal buon Damian in questa maniera:
Ecco, forse non passerà alla storia come esempio di diplomazia, ma se ne accorge da solo e rettifica:
Meglio così? Mica troppo, ma il punto non sta lì. Mi sembra invece che la questione sia, nel suo essere mal posta, sicuramente interessante. A me Katy Perry piace, mi fa anche simpatia, ma non posso condividere il messaggio del video nè lo scopo per cui è stato ideato. Vero che millemila prodotti, tra videogame, film, etc. sono spesso oltre il confine dello spot alla vita militare e considerando a chi sono rivolti, a pensarci la cosa disgusta non poco, ma effettivamente è opera talmente diffusa che rifletterci sopra non capita spesso. Grazie dello spunto.
La cosa tragica però, son stati i milioni di commenti e risposte da parte della fanbase della cantante. Roba così:
Del tipo, chissenefrega del concetto, tu non puoi criticare perchè sei meno famoso. Nello specifico, tu non puoi dire nulla contro Katy perchè non conti un cazzo. Signori e signori, la regina delle argomentazioni idiote.
Non mi sono informato più di tanto su eventuali risposte della cantante in prima persona, magari la questione ha preso poi risvolti diversi con (ipotizzo) la stessa Perry che spiega la sua estraneità ad intenti pro arruolamento, oppure con un flame violento tra i due. Non mi interessa, onestamente.
Il punto è che finchè la gran parte dei ragazzini reagisce ad un commento come quello di Damian con questo tipo di argomentazioni, diventa davvero legittimo pensare che video ed operazioni simili a “Part of me” possano influenzare le scelte dei giovani e portarli a scelte di vita radicali.
In estrema sintesi: la risposta dei fan, secondo me, prova la tesi del cantante.
Così è deciso, l’udienza è tolta.
Non ho idea del perchè questo mio blog usi i cookies, ma li usa quindi vedi tu come muoverti.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.