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Köln

Parliamo di Charlie Kirk

Oggi è l’11 settembre 2025 e grossomodo tutti sanno chi è Charlie Kirk.
Il 9 settembre 2025 molti di quelli che lo stanno martirizzando non avevano letteralmente idea di chi fosse, ma di questa cosa non ha molto senso parlare. Non è il primo morto strumentalizzato e non sarà l’ultimo.
Per chi, non so bene come, ancora ignorasse chi sia stato Charlie Kirk faccio un recap veloce: un tizio che si è costruito una fama sui social spingendo l’ultraconservatorismo americano (una roba che in confronto la chiesa cattolica è un raduno di hippie) e che ieri è stato ammazzato male durante un comizio.
Io sapevo bene chi fosse anche prima venisse suo malgrado alla ribalta per i fatti di cronaca odierni.
C’è stato un periodo, non molto lontano in verità, in cui sono entrato nel circolo vizioso dei suoi contenuti online, ne ho consumati a decine. Ero in una situazione che potrei descrivere come il mix tra l’innata curiosità morbosa verso tutto ciò che mi è incompressibile e mio nonno che urlava alla televisione quando vedeva Berlusconi.
Forse è necessario che vi spieghi come erano strutturati i suoi contenuti. In pratica il tipo prendeva un tema sensibile, lo affrontava con una posizione ultra radicale difficile da digerire anche per quella che comunemente definiremmo “destra” e fingeva di volerlo dibattere montando le sue argomentazioni in antitesi a quelle di poveri ragazzi e ragazze che, ingenui  e spinti dalla necessità di contrastare un’ideologia così del cazzo, si prestavano inconsciamente al gioco senza avere una anche minima capacità argomentativa. Il risultato era lui che, per usare un termine caro all’internet e tra i primi tre che citerei come indicatore del nostro declino culturale, BLASTAVA dei poveracci.
Ecco, io so benissimo che tra tutti quelli che, apertamente e pubblicamente, decidevano di dibattere con lui, la maggior parte era gente capace di tenergli testa. Voglio dire, le argomentazioni di Kirk erano così assurde che non sarebbe stato complicato controbattere. Lui sceglieva appositamente di montare nei video quei pochi che non riuscivano in questa operazione e finivano “sconfitti” sul piano del dibattito, in modo da costruirsi l’aura di sommo oratore (lo sapete che gli americani considerano il dibattere una competizione, sì?).
Sto divagando, il punto è che io, pur conscio del meccanismo alla base del suo “lavoro”, ero diventato assiduo consumatore dei suoi video e li guardavo solo per lamentarmi. “Ma cazzo, ma rispondigli XYZ dai. E’ ovvio. Digli XYZ e lo metti all’angolo. Argomenta. CAZZO SMONTALO. COME FAI AD ESSERE COSI’ IDIOTA DA NON RIUSCIRE A RIBATTEREEEE…”. Ecco, questa era diventata una sorta di mia routine. Cercavo i suoi video per vedere quali argomentazioni assurde riuscisse a formulare, mi immedesimavo nella controparte trovando sempre la chiave per far cadere il suo castello di carte e mi incazzavo con quei poveracci che venivano mostrati in difficoltà nel farlo. Preciso ulteriormente: non è che io trovassi sempre il suo punto debole perchè sono un genio, è proprio che il suo livello era indecorosamente basso.
Insomma, io sono uno che si è guardato molti dei suoi video e oggi, quando ho saputo che gli avevano sparato, un po’ ci sono rimasto di merda.
Ecco, questo vuole essere l’argomento della mia riflessione.
Da questa mattina ho letto una montagna di post, pensierini, commenti, etc. espressi da gente che conosco e in certi casi stimo, che tenevano a ribadire come non ci fosse troppo da dispiacersi. E ora proverò a dibattere queste argomentazioni.
La prima la riporto testualmente: Insomma, leggendo in giro mi sembra di capire che oggi è la Giornata Internazionale del “Charlie Kirk era un pezzo di merda, ma”.
Come a dire che troppe persone, sbagliando, stessero dicendo che per quanto fosse uno stronzo forse sparargli non era la cosa da fare. Io sono tra quelli fermamente convinti fosse uno stronzo e tra quelli fermamente convinti non fosse il caso di sparargli. Sicuramente è una questione di bolle, ognuno pesa le opinioni che vede intorno a sè sulla base delle persone che ha, in quell’intorno, quindi magari per chi lo ha scritto quella posizione (la mia) è risultata largamente condivisa. Nella mia, di bolla, non è così. Da quel che vedo io, chi ne sta parlando, ne sta parlando come di uno che se l’è cercata e io con il tema del cercarsela ho un rapporto conflittuale. Non voglio entrarci adesso, ma per me non può e non deve essere un’attenuante. Mai.
Mi piace tifare per un mondo in cui non si spara agli stronzi, as simple as that. Sono troppo naive? Sono uno di quelli che vive nel mondo di Lelly Kelly e che crede nel “marketplace of ideas” (sto linkando un pezzo di stand up meraviglioso che, di fatto, sfotte me.)? Possibile.
Il che ci porta alla seconda argomentazione che ho letto: male male sparare al tipo, ma se da domani questi avvelenatori di pozzi pezzi di merda avranno un briciolo in più di paura nel fare quel che fanno, forse è bene sia così.
Non lo è (imho). Intendiamoci, capisco BENISSIMO da dove viene quel tipo di reazione e sarei falso se non dicessi di averla provata anche io, di aver pensato anche io di esserne convinto, sul principio. Però no. La paura come deterrente non funziona mai.
MAI.
M-A-I.
La paura spinge le persone a nascondere la polvere sotto il tappeto, a celare quel che causa ritorsioni a prescindere dall’idea che hanno di quella cosa. “Non lo faccio perchè non si fa” non funziona neanche coi bambini. L’educazione è la chiave con cui si combattono certi atteggiamenti tossici, tra cui il pensare di poter e dover dire tutto ciò che si vuole. L’educazione crea le basi per razionalizzare quel che si vuole dire, farsi delle domande, ragionare sul concetto di rispetto e mettersi dei limiti. Da soli. La paura non porta a nulla di tutto questo. La paura ottiene magari un risultato migliore, sul principio, ma non otterrà mai persone che si limitano per scelta propria, sarà sempre e solo un’imposizione. E quando quell’imposizione cade, si torna al punto di partenza.
Porto due esempi, che mi hanno illuminato quando vivevo a Colonia. In Germania c’erano due limiti: no fuochi d’artificio tranne capodanno, no espressioni di fiero nazionalismo tranne durante i mondiali.
In 2 anni e mezzo mai visto succedere nulla di strano tranne:
– A capodanno, dove la città diventava Baghdad e la gente puntava le finestre coi bengala uso ridere.
– Durante i mondiali, dove tutti avevano la bandiera tedesca alla finestra, sugli specchietti e sul cofano dell’auto, addosso. Molti le facevano anche il saluto (giuro).
Lì ho maturato l’idea che un popolo che si comporta bene perchè deve, non perchè vuole, non è un orizzonte a cui tendere. Per quanto in quel posto ti possa sembrare che le cose funzionino, non è il posto in cui vorresti vivere. Parlo per esperienza personale.
Quindi, per chiudere questo paragrafo, anche se la paura generata da questo evento di cronaca, come dal gesto di Luigi Mangione, può portare anche a cose buone (semicit.), resta un metodo del cazzo che per me dovrebbe sparire ieri, a prescindere da chi lo usa.
Il che ci porta al terzo ed ultimo aspetto della vicenda, l’unico che fa un po’ sorridere.
A meno di 24 ore dall’omicidio il governo USA ha materiale video sul killer e ha già trovato prove sull’arma e sui bossoli che riconducono evidentemente ed innegabilmente al fatto che chi ha sparato fosse un estremista di sinistra (leggi: antifa, pro transgender, etc.). Lasciamo un attimo da parte il fatto che ancora non sanno chi ha sparato a Kennedy, che sembra di fare ironia, il mio punto è diverso.
Io non ho alcun problema a credere che chi l’ha fatto sia uno che condivide la mia stessa opinione su Kirk. Questa autoconvinzione che i matti/spostati/ritardati/terroristi/violenti/estremisti siano sempre gli altri è idiota. Non saprei come altro definirla. Partendo dal fatto che nel mondo ci siano N persone problematiche che possono decidere di sparare ad un altro essere umano sulla base del credo politico, pensare che nessuna di queste sia dal nostro lato dell’ideologia è come credere che la terra sia piatta. Negli stati uniti hanno la cultura del risolvere i problemi sparando, non è una cosa correlata all’essere repubblicani o democratici, è un livello sopra, più trasversale. E’ perfettamente plausibile che chi ha sparato a Kirk, come chi ha sparato a Trump, sia un estremista di sinistra con evidenti limiti cognitivi. Se usi l’attentato per costruire una retorica volta a screditare quella parte politica fai schifo, ma devo darti il beneficio del dubbio. Se immediatamente dopo un evento del genere te ne esci dicendo di avere le prove che chi ha commesso il fatto è sicuramente uno di quella parte politica che tanto tieni a contrastare, allora spingi anche uno come me, che lo riteneva plausibile dal principio, a pensare tu stia mentendo e che chi ha tirato il grilletto non sia per niente chi mi dici che sia. Da lì, il complottismo. Su questo, però, probabilmente sbaglio io.
Cmq il mio punto, non si fosse capito, è che dovremmo smetterla di ammazzarci tra noi.
Quale che sia la ragione, quali che siano le colpe (oggettive o soggettive) di chi si prende il proiettile. Citando un film: I just wanna say I think killin’ is wrong, no matter who does it, whether it’s me or y’all or your government.


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Pubblicazione #6

Durante gli ultimi mesi a Colonia, dopo la discussione del dottorato, ho lavorato ad un nuovo topic come post-doc.
Quando a fine 2011 ho lasciato il lab per rientrare in Italia il progetto era ben avviato, con anche dati robusti, ma ancora acerbo. In questi anni il gruppo ha portato avanti il lavoro e con un po’ di fatica, un po’ di aiuto esterno e tanta pazienza, qualche giorno fa lo ha finalmente pubblicato su Plos Genetics. Bravi.
Con ogni probabilità questa sarà la mia ultima pubblicazione scientifica e la cosa mette addosso un po’ di malinconia. La mia non è stata una carriera da premio Nobel, ma in otto anni ho cavato fuori sei paper di cui due primi nomi ed un ultimo nome. Ho pubblicato grossomodo tutti i progetti a cui ho lavorato, ad eccezione dell’ultimissimo di cui avevo comunque messo giù un abbozzo di articolo che una volta cambiato lavoro nessuno (me compreso) ha più avuto tempo e voglia di completare come si dovrebbe ed inviare in peer review.
Fare ricerca non è un lavoro che si può fare per tutta la vita. Non per un discorso di soldi o stabilità, che comunque pesa, ma perchè per farla ad un certo livello (e parlo del mio, che è certamente più che dignitoso, ma non è l’eccellenza) serve una dedizione fuori dal comune. Ora mi capita di girare per i laboratori. Vedo gente che lavora bene e gente che la prende come una vacanza, gente che ci mette il cuore e gente che tira a sera. La mia esperienza non è quindi certamente estendibile alla totalità del campione. Se lo chiedete a me, non credo ad uno solo di quelli che dipinge il laboratorio come una miniera in cui si lavora praticamente gratis tutti i giorni fino a tardi week-end inclusi, ma percepisco un discreto prurito alle mani quando sento dire che in laboratorio “non si fa un cazzo”. Per otto anni ho dedicato a questa cosa tutto l’impegno di cui ero capace, senza eccessive rinunce, motivato unicamente dalla soddisfazione che si prova quando la comunità riconosce quanto hai prodotto e lo consegna ai posteri sotto forma di articolo. Forse i presupposti su cui si fondano i miei lavori verranno completamente stravolti o addirittura smentiti in un futuro più o meno prossimo, o forse saranno alla base di scoperte maestose. Comunque la si guardi posso dire di aver contribuito al progresso e alla conoscenza scientifica. Sia anche in minima, infinitesima parte, è molto più di quanto la maggior parte delle persone potrà mai dire di aver fatto.
E di questo sono incondizionatamente fiero.

Alcune delle immagini che ho prodotto per questo paper sono davvero belle, checcazzo.

Non proprio sul pezzo – vs.ROME

Sicuramente la mia età dell’oro come recensore di dischi l’ho vissuta nei due anni in Germania.
Non perchè abbia scritto chissachè o su chissà quali riviste, ma perchè dopo aver recensito il disco dei Far e intervistato Jonah Matranga ho allacciato un buon rapporto con la Arctic Rodeo. La cosa ha avuto come principale risvolto il fatto che mi spedissero tutti i dischi in uscita. Senza che io li chiedessi e, anzi, nonostante avessi detto loro che molti di questi non li avrei mai recensiti (tendo ad essere onesto e sincero, io.).
Ad ogni modo, dei tantissimi dischi che mi hanno spedito molti sono imbarazzanti, alcuni sono semplicemente lontani dai miei ascolti abituali e qualcuno è degno di nota. In questi giorni, sfruttando il tragitto in macchina che mi sparo per andare al lavoro ogni mattina, sto riprendendo in mano quelli che mi erano sembrati meglio e mi sono reso conto che tra questi c’è anche un disco che vale davvero.
Il gruppo si chiama vs.ROME, ed è composto da cinque ragazzi di Dusseldorf che cantano (e suonano) in inglese. Il CD è intitolato “The end is important in all things” e questo basta e avanza per capire di che genere di suono stiamo parlando. Purtroppo documentandomi per scrivere questo post ho scoperto che la band ha già smesso di vivere a causa di “mancanza di tempo” (riporto spiega ufficiale), ma il disco esiste ancora e sarebbe buona cosa per molti dargli un ascolto.
A corollario del pezzo avrei voluto mettere la traccia numero 6, “It’s home where I am not”, ma in rete si recupera poca roba e quella non è tra il materiale disponibile. Posto quindi “All ending”, che ad onor del vero sarebbe comunque stata la mia seconda scelta.

Non proprio roba nuova, ma suonata con cognizione, passione e una certa qual freschezza. Poi oh, si son sciolti immediatamente e la cosa in ambito emocore da un sacco di valore aggiunto.
Questo è quanto. Per una volta volevo provare l’ebrezza di segnalare ai lettori che non ho un gruppo che non gli piacerebbe. Lo fanno tutti i blog che seguo e io, come la musica che ascolto, tendo ad essere derivativo.
Il titolo del post potrebbe dare l’idea di una sorta di rubrica e magari così sarà. Alla fine la musica che scopro con lustri di ritardo è il 96% di quella che ascolto, quindi di spunti per nuove puntate non dovrebbero mancarne.

Due o tre robe da dire

In aereo, rientrando dal week-end a Colonia, ho pensato che potesse essere il caso di aggiornare il blog.
Avere un blog oggi è cosa complicata, specie se si tratta di un blog come il mio: specchio della mia vita e cassa di risonanza per le mie riflessioni. Le nuove abitudini e la pigrizia infatti spingono perchè io la smetta di scrivere lunghe pagine qui sopra in virtù di lapidari e brevissimi status di Facebook o ancor più trendy Tweets.
E’ così che va il mondo ed è così che credo, prima o poi il mio blog morirà.
Ma non oggi.
Oggi aggiorno, dopo quasi due settimane, dando spazio ad un po’ di pensieri sparsi inerenti a fatti sparsi accaduti in ordine sparso negli ultimi tempi.
– L’FBI ha deciso di chiudere Megaupload e Megavideo. Ora, che quei due siti fossero utilizzati anche in modo illegale è credo incontestabile. Ci sono però un sacco di cose legali che la gente può usare per infrangere la legge senza che l’FBI si metta in mezzo. Tipo: non credo l’FBI chiuda General Motors perchè una parte delle persone che usa le automobili infrange i limiti di velocità. Insomma, mi pare un po’ l’abbiano fatta fuori dalla tazza. Sicuramente chi l’ha presa male son stati quelli dell’Anonimous Group che in prima istanza hanno hackerato qua e la siti di enti governativi statunitensi e di importanti colossi del music and video business e oggi hanno deciso di mettere online, anche simpaticamente (cit.), l’intero catalogo Sony Music. Io, volendo rimanere estraneo a queste lotte, mi limito a chiedermi se non sia forse il caso di rivedere la politica alla base della questione invece di continuare con guerre e rappresaglie che non porteranno mai a nulla. Perchè che di analoghi a Megaupload e Megavideo ce ne sono a bizzeffe non credo sia un segreto.
– Sicuramente l’argomento del momento è il dramma della Costa Concordia. Ora, non volendo entrare nel dettaglio della questione, mi limito a provare una certa pena per la questione Schettino, non tanto per l’uomo che stando a quanto si legge pare abbia sicuramente delle responsabilità, ma per la classica reazione italiana del “tutti fenomeni” per cui anche chi in vita sua non è mai riuscito a tenere a galla un materassino si permette di andarsene in giro a dire come un capitano si dovrebbe comportare e cosa avrebbe dovuto fare nella fattispecie. Io ho sentito la telefonata con la capitaneria di porto e ho visto un po’ di articoli qua e la. Che Schettino probabilmente non fosse il più integerrimo tra gli uomini di mare è una sensazione che difficilmente troverà smentite, tuttavia son sempre dell’idea che il capro espiatorio sia un male colossale perchè riduce problemi seri (la politica delle compagnie di crocere, per esempio, o i rischi di questo tipo di situazioni) alla macchietta di un disgraziato. In sintesi: che ci sia interesse a far finire il tutto in “Schettino era un coglione” mi pare ovvio. Io però verificherei se la cosa è vera e se, anche fosse, sia quella l’unica causa alla base del disastro.
– Venerdì è morta Sarah Burke dopo un brutto incidente mentre si allenava. Io lo capisco che non è Simoncelli e che non è certo il caso di fare a gara di popolarità tra giovanissimi ragazzi morti mentre inseguivano il loro sogno di sportivi, però ecco, due righe sui quotidiani nazionali potevano pure scriverle (Gazzetta esclusa, che ne ha parlato). Ad ogni modo, dispiace tanto.
– Ho visto i primi due episodi di Alcatraz, nuova serie TV in cui c’è lo zampino di JJ Abrams e della Bad Robot. Nonostante le premesse, pare per nulla male. E’ in sostanza identica a Fringe, solo senza le minchiate scientifiche da quattro soldi. Penso seguirò con attenzione. E’ anche iniziata la quinta serie di Californication, ma dopo due episodi non s’è vista nemmeno una tetta e questo non è un buon segno.
– Chiudendo col botto, è di questa sera la release del nuovo disco dei Fine before you came. Si intitola “Ormai” e io non l’ho ancora sentito, ma in battuta penso sia buona cosa per voi scaricarlo (qui) e ascoltarlo.

My German years

Data astrale 22-12-2011.
Dopo ventitrè mesi, Manq lascia le terre teutoniche per il rientro in patria a tempo indeterminato. Sono stati due anni lunghi, per certi versi, ma sono comunque trascorsi in un lampo.
Non sempre è stato facile vivere qui, non sempre è stato bello relazionarsi con la gente del posto, ma spesso lo è stato e questo alla fine, un po’ di malinconia addosso me la mette. La scelta di rientrare non è mai stata in discussione e non c’è dispiacere alcuno nell’essere riusciti a metterla in atto, però come ogni volta che qualcosa di importante finisce, resta quel sapore salato di ricordi, momenti belli e brutti, atmosfere, persone, vita.
Martedì ho messo in ordine tutte le mie cose in laboratorio, classificando scrupolosamente sei anni di protocolli, risultati, reagenti, foto, video. Alla fine ero commosso. Ci sta.
Da Gennaio si ricomincia da capo: casa nuova, lavoro nuovo e vita nuova. Già perchè è ovvio che nulla sarà esattamente com’era prima che partissi. Due anni son passati per tutti, quindi bisognerà riabtuarsi alla proprie abitudini, rientrare nella routine abbandonata, risalire su un treno da cui son sceso per un po’, ma che ha ancora a bordo tutti i miei bagagli.
Bon, finiamola qui con sto post pretenzioso e malinconico.
Chiudo con una piccola raccolta di immagini, istantanee di quello che più o meno per me son stati questi due anni.
2010-2011: My Germa years.
Cius!

Ecco come ci vedono all’estero. Davvero.

Si fa un gran parlare di come all’estero la gente veda l’Italia. Ci sono le prime pagine dei quotidiani, le rivelazioni di Wikileaks, ma è tutta roba “astratta”, distante, politica. Per avere una reale idea di quel che pensano all’estero del nostro paese non c’è altro modo che andare all’estero ed ascoltare cosa la gente dice.
Sta sera sono andato ad una festa ed ho avuto due esempi in merito.
Il primo è abbastanza folkloristico: due ragazzi, ignari della presenza di italiani in sala, chiacchieravano del carnevale. Uno di loro avrebbe fatto Berlusconi, l’altro la troia. Risate generali. Nulla di eclatante.
Il secondo invece mi ha decisamente colpito e, non lo nego, amareggiato.

Tim, canadese: “Ho visto le foto di Ruby. Posso capire Berlusconi, non dimostra certo 17 anni.”
Manq: “Il punto infatti secondo me non è quello, ma che il Presidente del Consiglio si faccia estorcere denaro da ragazze in cambio di silenzio sulla sua condotta morale.”
Tim: “Questo infatti mi è sembrato strano. Pensavo l’avrebbe fatta semplicemente ammazzare.

Ecco come ci vedono.

Asleep (Bravo thè, povero me)

Io, il thè di quelli di Bravo Pizza, devo imparare a rifiutarlo.
Son simpatici eh, e me lo offrono sempre volentieri mentre aspetto la mia pizza mozzarella-champignon. Però quando lo bevo va a finire che fatico a dormire.
No, malelingue dei miei stivali, il problema è il thè, non la pizza.
Io non bevo più nemmeno il caffè alla mattina, sono in deprivazione totale da caffeina da un paio di mesi. E’ chiaro che poi un thè alle otto della sera mi faccia l’effetto di una Redbull.
Il thè è pieno di caffeina, quello turco non fa eccezione. Anzi, secondo me lo addizionano.
No, malelingue ignoranti, si chiama caffeina anche quella del thè, theina credo sia un vocabolo commerciale usato per vendere il thè infrè. Che poi è ridicolo a pensarci. E’ come se chiamassimo l’emoglobina delle mucche muccoglobina. O l’insulina dei cani cansulina.
Era tantissimo tempo che non usavo il blog come paliativo all’insonnia.
Sono a letto, la Polly dorme qui affianco, ed io scrivo utilizzando come supporto al pc l’utilissimo vassoietto porta colazione che mi hanno regalato per natale.
Uno sbadiglio, faccio progressi.
Da poco è rientrato il mio vicino di casa. Non so che faccia abbia, ma rientra tutte le notti puntuale intorno alla una. Chissà che lavoro fa. Sarà un uomo? Una donna? Il mio vicino di casa è un serial killer (cit)? Non che mi interessi, però alla una non è che capiti poi molto qui e io di qualcosa devo pur scrivere.
Era veramente tanto tempo che non scrivevo un post di questo tipo.
L’ho già detto vero che è un anno che mi son trasferito in Germania? Ecco, però ancora fatico ad abituarmici.
Non ce n’è, son troppo tedeschi. Intendiamoci, è per questo che qui le cose vanno così bene, perchè la popolazione non è senziente. Fanno quello che gli si dice di fare, quando gli si dice di farlo e come gli si dice di farlo. Se manca una delle tre indicazioni sono persi e, nel dubbio, si bloccano. Nel piccolo è chiaramente assurdo e irritante, ma su scala nazionale questo modello funziona. Con le generazioni poi, credo che la frustrazione sia andata via via scemando ed ora sono persino contenti di essere automi.
Altro mondo.
Sta di fatto che sono qui da un anno e non so ancora quando tornerò indietro. Quest’anno, quasi certamente, ma non ho idea del quando. Il mio capo vorrebbe tenermi qui ancora a lungo e la cosa mi fa piacere, indubbiamente, ma la decisione di rientrare è irrevocabile.
Italiano mammone che non sono altro.
Gli occhi bruciano. Sono stanco come poche volte. Eppure il cervello si rifiuta di riposare.
Situazione fastidiosa.
Quasi quasi pianto qui la scrittura e provo a chiudere gli occhi. Magari mi sento un po’ di musica, che concilia.
Devo dormire, cazzo.
Ho scritto il titolo del post.
Chemmerda…

Se ci sei, batti un colpo.

Non avevo riflettuto sul fatto che stare lontani da casa e lasciare per [troppi] giorni il post precedente come ultimo segnale di se stessi potesse dare spazio a domande di molte persone.
Non mi hanno arrestato, deportato ne messo in uno di quei posti che da queste parti furono tremendamente in voga anni fa.
Sto bene.
Se non sto più scrivendo è essenzialmente perchè lavoro tanto. Troppo. La dimostrazione è che oggi, primo giorno di pseudo relax da tempo immemore, sto aggiornando questa pagina.
Non avendo tuttavia troppi minuti a disposizione, sarò breve e mi limeterò ad uno di quegli elenchi che tanto non piacciono all’internauta medio.
– La trasmissione di Saviano e Fazio a me personalmente piace. La trovo originale, ben pensata, utile, culturalmente valida, ma non per questo inaccessibile. Ha i suoi momenti buoni e quelli meno buoni, può apparire retorica, ma è bello veder parlare in televisione di certi temi senza che lo facciano le bestie che comunemente si spacciano per nostri rappresentanti.
– Dopo due mesi e finita la speranza di riceverlo, il pacco contenente gli ultimi CD che ho comprato è finalmente giunto a destinazione. Chicche a piovere su cui non mi dilungherò, ma una roba la voglio scrivere. Una [seconda] band al mondo che nel CD d’esordio si concede il lusso di piazzare un capolavoro come questo non esiste.
– NBA2K11 è una figata stellare.
L’elenco finisce qui, perchè adesso accendo la play.