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Novembre 2007

Google Hit List [Novembre 2007]

Piatti da lavare o meno, nulla può ancora trattenermi dall’annunciare le googolate più assurde del mese che sta volgendo al termine.
Per prima cosa voglio annunciare un record: 7 pagine di chiavi di ricerca sono un’assoluta novità per questo sito e la cosa va in qualche modo celebrata.
Fatto.
Non rientrano in classifica, ma vanno citate tutte le ricerche inerenti l’arredamento e la gestione di una casa. Tra tutte premio “distanza minima bidet water” che credo sia la più rappresentativa. Non mancano anche le classiche ricerche riguardo il sesso orale che se solitamente lascio cadere senza cenni è solo perchè mai prima d’oggi qualcuno era finito su manq.it cercando “come fare i pompini”.
Direi che con le citazioni fuori concorso ho terminato e quindi spazio alla classifica, anche e soprattutto perchè mentre scrivevo tutto questo i piatti non hanno deciso di auto lavarsi.

1 – ragazzo emo
2 – fotomodelli
3 – gay brugherio
4 – come vivere in montagna allo stato primitivo
5 – lista delle cose da fare
6 – ho la febbre
7 – soffrire in silenzio english
8 – tostapane skull
9 – e chi visse sperando
10 – dormire a bocca aperta

Fake metal

Ok, è da Domenica che non do notizie di me e questo non è bello.
Però è anche vero che è da Domenica che vivo da solo e questa è la principale motivazione per il mio assenteismo.
Troppa roba da fare e troppo poco tempo, come al solito nella mia vita, e questo non può non avere ripercussione sulla mia attività di blogger.
Sta sera però, nonostante il sonno devastante, ho deciso di farmi forza e buttare giù qualche frase. All’inizio volevo scrivere qualcosa riguardo il mio nuovo lifestyle, tuttavia la mia condizione è stata testata ancora troppo poco perchè possa sbilanciarmi in un giudizio.
Certo che se fossi stato ancora dai miei l’essere uscito per la prima sera in questa settimana non avrebbe compromesso l’avere un pranzo domani a mezzogiorno, tuttavia trattasi di mere questioni organizzative che troppo poco pesano sulla valutazione della singletudine.
Volendo però scrivere qualcosa in questo post torno sulla mia serata in società.
Sono andato al Rainbow a sentire Atreyu e Still Remains.
Una bella serata fake metal insomma.
I secondi non li avevo mai nè visti nè sentiti e mi hanno fatto una bella impressione. Roba che difficilmente ascolterei su disco, che però dal vivo ha reso parecchio. Trattasi di tamarri, nè più nè meno, che però hanno dimostrato di saper tenere palco e pubblico in modo più che decoroso.
Poi a me i tamarri piacciono sempre.
Insomma, decisamente pollice alto.
Per gli Atreyu la definizione di tamarri è invece riduttiva.
Preparazione del palco e check che nemmeno i Metallica (per citare un gruppo che non ho mai visto live, ma che è noto essere abbastanza cagacazzo), scenografia raccapricciante e tempistiche iperdilatate sono troppo da sopportare per un gruppo che ha all’attivo quattro dischi di cui almeno tre identici tra loro.
Questo mi ha indisposto non poco.
Il set però è stato abbastanza divertente, per quanto conoscessi credo 4 soli pezzi di tutta la scaletta e persino questi siano stati suonati in maniera irriconoscibile. Il check faraonico non ha aiutato molto i suoni e questo, col senno del Poi, lo rende ancor più irritante. Il gruppo però intrattiene bene la folla, forse per via del fatto che tre dei cinque siano di una bruttezza leggendaria o forse per il fatto che tre dei cinque siano degli zarri da autoscontro durante la festa del paese.
Più probabilmente perchè il cantante possiede un oggetto magico arcano noto come “la canotta della virilità” che quando indossata rende il proprietario un figo d’altri tempi, ma una volta tolta lo trasforma nel peggiore dei ricchioni. C’è da dire che con il fisico sfoderato dal frontman e vista l’esigenza di mostrare i moltissimi tatuaggi, è comprensibile che questa sia durata indosso giusto due o tre pezzi.
In sostanza la serata è stata divertente seppur non abbia certo visto suonare gruppi le cui performance resteranno scolpite nella memoria. La Bri mi ha pure fatto una foto insieme al migliore degli atreyu, il bassista, che ha regalato veramente un gran live. Avrei voluto postarla, ma ho sonno e non ho voglia/tempo di ritoccarla per cancellare la mia faccia.
In quella foto oltretutto indosso la maglietta della futura ricchezza ed i tempi non sono ancora maturi perchè io la mostri.
Ora vado a nanna.

Flashback

Si parla sempre più spesso di dare più soldi alla ricerca e alle Università italiane.
In linea di principio credo nessuno possa avere da ridire su un proposito del genere.
Ebbene io voglio proprio spendere due parole in merito visto che oggi, tutti insieme, mi sono tornati alla mente i molti motivi che mi hanno portato ad odiare il sistema Universitario del nostro Paese.
Oggi si è tenuta la prova orale del mio concorso di dottorato.
Non mi vengono altre parole per definire lo spettacolo cui ho assistito se non “pagliacciata”. Non ho voglia di addentrarmi nei particolari perchè è un pomeriggio che li racconto e ne sono decisamente nauseato, tuttavia un piccolo aneddoto voglio riportarlo.
Dopo aver spiegato all’inizio del mio discorso la funzione della proteina su cui verteva il progetto da me proposto allo scritto (perchè la domanda della prova orale era “raccontare quanto esposto nella prova scritta”), tre dei quattro commissari hanno pensato bene di richiedermelo, in diversi momenti del colloquio. Il terzo ad essere onesti non l’ha nemmeno chiesto a me, ma si è girato verso un suo collega e ha chiesto: “Ma sta proteina che proteina è?”.
Ora, tralasciando che l’unica mansione del professore in quel momento era stare ad ascoltarmi e che sarebbe stato apprezzabile l’avesse svolta, ma mi chiedo: se proprio non hai prestato la minima attenzione al mio discorso e alla fine ti sorge una domanda, non ti sembra almeno il caso di farla direttamente a me e non al tuo collega seduto affianco?
Avrei voluto alzarmi ed andarmene in quel momento.
Sto mentendo.
Avrei voluto alzarmi, mandarli affanculo e andarmene.
Ora io non so se verrò ammesso oppure no. I posti sono quindici e noi eravamo diciassette, potrebbe pure capitare di essere preso.
Oltretutto non ho certo velleità di accaparrarmi un posto con borsa, quindi pure quindicesimo andrebbe bene.
Che secca è il modo in cui sono stato trattato.
Non ho mai pensato che le graduatorie dei dottorati venissero stilate in base alla prova d’ammissione, tuttavia credo che ci sia modo e modo anche per falsare un concorso.
Analizzando il concorso di dottorato tipo, ci sono tre posizionamenti possibili:
1- progetto con borsa “chiuso”
2- progetto con borsa “aperto”
3- posto senza borsa
Nel primo caso un professore mette a disposizione dell’Università dei suoi fondi personali per pagare un ragazzo per tre anni affinchè svolga quel determinato progetto. In questo caso trovo l’attuazione di un concorso quantomeno ridicola. Mi pare sacrosanto che un professore “assuma” a lavorare per lui chi meglio ritiene, dovendolo pagare coi suoi soldi. Lo Stato però impone un concorso anche per queste posizioni e di conseguenza questi concorsi vengono falsati perchè alla fine vinca il prescelto dal professore. Ridicolo, ma accettabile.
Nel secondo caso lo Stato da dei soldi all’Università per costituire delle borse di studio che andranno a pagare i vincitori per i tre anni in cui questi ultimi lavoreranno presso l’Università. In questo caso il meccanismo del concorso è legittimo perchè i più meritevoli dovrebbero poter ambire a quei soldi e quindi essere pagati dallo Stato per continuare a svolgere l’attività di ricerca senza gravare sulle casse dell’Università o sui fondi dei vari professori. Ciò che accade però è che questi soldi fanno gola a tutti i docenti, poichè consentono di avere manodopera “gratuita”, e quindi ogni anno queste borse vengono fatte ruotare tra tutti gli ordinari. In sostanza se un concorso ha quattro borse “aperte” ci sono quattro professori che ne usufruiranno. Questo fa si che questo tipo di posizione alla fine non sia più molto diversa dalla precedente, poichè ogni professore farà in modo di far avere la sua borsa al proprio candidato, che non necessariamente sarà poi il più meritevole in fase di concorso. Risultato: anche in questo caso si da un’aggiustatina alle graduatorie e tutto si sistema.
Questo lo trovo già meno corretto, perchè la borsa statale dovrebbe essere un’opportunità per un giovane ricercatore di continuare il suo sogno professionale, non per un professore di piazzare i suoi figliocci.
Che però le cose nel bel Paese vadano in questo modo non è certo una sorpresa per nessuno e quindi passiamo oltre.
Il caso della posizione 3 è quello che fa più sorridere.
Chi “vince” un dottorato senza borsa in sostanza vince l’opportunità di lavorare tre anni gratis. Gratis. Le borse sopra citate sono di 10.561,54 euro LORDI annui e si potrebbe pensare che anche vincendola uno lavori pressapoco aggratisse. Tuttavia assicurandosi un posto in quest’ultima categoria ci si accaparra l’opportunità di lavorare in un laboratorio di ricerca privi di qualsiasi stipendio. Zero. Nemmeno i ticket restaurant per la piada di mezzogiorno o il rimborso delle spese di trasporto. Un cazzo.
La necessità di un rigido concorso per attribuire un posto di cotanto lusso è ovvia.
Per evitare di campare di sogni e speranze un dottorando senza borsa deve quindi girare per i laboratori e chiedere se qualche anima pia è disposta a dargli uno stipendio per i tre anni necessari a conseguire l’agoniato titolo.
Più spesso però questi posti se li giocano coloro i quali già lavorano per un capo laboratorio (NON necessariamente professore) che li paga indipendentemente dal dottorato. Io sono una di queste persone. Quelli come me hanno spesso un contratto o una borsa di studio fornita dal loro capo e cercano di far fruttare gli anni che comunque spenderebbero nel fare ricerca, ricavandoci un ulteriore attestato.
Che io entri o meno in graduatoria, il mio futuro lavoro sarà lo stesso, così come il posto dove lo porterò a termine.
La domanda ora è: che interesse ha l’Università a negarmi la possibilità di un posto senza borsa?
La risposta è: nessuno.
Se facessi il dottorato all’Università non costerei un euro. Non ci sono professori da pagare per i corsi perchè non ci sono corsi. Ad essere onesti ce n’è uno di inglese, ma si terrebbe comunque per gli ammessi con borsa e qindi che lo frequenti anche io a loro non cambierebbe nulla. Non ci sono nemmeno costi di reagenti/strumentario perchè lavorerei fuori dall’Univerità e pagherebbe anche quelli il mio capo. Ad essere onesti anzi, io sarei una fonte di guadagno perchè a differenza dei vincitori delle borse, sarei tenuto a versare 885 euro all’anno per l’iscrizione. Negandomi un posto senza borsa l’Università sputa su 2700 euro scarsi che io sarei disposto a regalare in cambio unicamente di un attestato che riconosca un lavoro triennale che svolgerò indipendentemente dal rientrare o meno in graduatoria.
Più soldi alla ricerca nelle Università? Cazzo, ma se non li vuole da chi glieli regala perchè deve chiederli a terzi?
A questo punto una considerazione è d’obbligo: devo essere proprio un coglione a farmi il sangue marcio per un concorso in cui se vinco va a finire che prendo una mensilità in meno per tre anni.
Probabile.
Resta che coglioni come me meriterebbero almeno un briciolo di rispetto.

Manq, per te l’avventura DIMET…

…continua!
Prova scritta dell’esame di dottorato passata.
Giovedì sarà il momento dell’orale, il momento in cui tutto può essere riscritto da raccomandazioni e spintarelle del caso.
L’altro giorno, dopo lo scritto, parlando con il mio capo c’è stato un simpatico siparietto.
Capo: “Ma qualcuno in commissione sa che lavori qui da me?”
Manq: “Io non ho detto niente.”
Capo: “Beh, da curriculum dovrebbe vedersi.”
Manq: “In effetti sul curriculum è scritto.”
Capo: “Speriamo che vedendo questa cosa non ti gambizzino.”
Manq: “…”
Personalmente non faccio una malattia dell’entrare o meno in dottorato, mi piacerebbe ottenere il più possibile a livello di riconoscimenti dal lavoro che sto facendo, ma non è certo quella la molla che mi spinge a proseguire.
Insomma, vediamo un po’ cosa ne esce.
Ora, mentre l’idraulico si appresta a finire i lavori della mia casa, io mi appresto a partire per Bologna.
Stasera suonano gli Used e io non ho intenzione di perdermeli.
Questo si traduce come al solito in 400 chilometri di pura solitudine, immerso nei miei pensieri e imbottito di caffè come nemmeno un pocket cofee.
Se suonano Tragic Poetry piango.
Non credo ci sia pericolo.
Come sempre quando mi appresto ad una trasferta di questo tipo ho necessità di selezionare con cura la musica che mi accompagnerà.
Questo mi porta a poter riflettere sulla mia scaletta per il cofanetto. Faccio subito una precisazione: per me gli anni novanta sono andati dal maggio 1996 al maggio 2001 e sono stati anni ignoranti.
In rigoroso ordine di ascolto.

01 – The Offspring – Genocide
02 – Nofx – Release the hostage
03 – Derozer – No Surf!
04 – Millencolin – Lozin’ must
05 – Persiana Jones – Cosa pensi
06 – GAMBEdiBURRO – La ragazza che io amo
07 – The Ataris – I won’t spend another night alone
08 – No Use For a Name – Not your savior
09 – Blink 182 – Josie
10 – Strung Out – Gear Box
11 – Propagandhi – Middle finger response
12 – Fenix TX – All my fault
13 – Lagwagon – Alien 8
14 – Diesel Boy – Titty Twister
15 – Useless ID – Out of tune
16 – Murder, We Wrote – Look inside my heart

Rileggendola ho un solo aggettivo: settoriale.
Grazie ad Ale e Federico per aver partecipato.
Attendo The O, perennemente in ritardo, e Manowar, impegnato a far nascere il primogenito.
Ah, l’altra volta l’ho dimenticato, ma inserirei anche Fili tra gli autori del cofanetto.
Spero si produca in una bella lista.

Spero di non passare per chi strumentalizza la cosa

Spenderò due parole riguardo quanto accaduto oggi.
Parto da quanto so della vicenda: una decina di tifosi di Lazio e Juve si son presi a sberle fuori da un autogril. A rissa conclusa, mentre entrambe le auto erano intente ad andarsene, un poliziotto ha sparato per intimare l’alt colpendo alla nuca uno ragazzo di ventotto anni. Uccidendolo.
Diversi aspetti di questa faccenda mi hanno dato molto fastidio e cercherò di analizzarli brevemente.
Il primo. Come si fa a dire che un colpo che entra nella nuca di un ragazzo seduto in macchina, altezza più o meno 1,5 m, è stato sparato in aria ed è accidentalmente finito in testa al ragazzo? Io non discuto che il poliziotto non avesse alcuna intenzione di uccidere nessuno. Non conosco l’individuo, ma voglio sperare di avere ragione in merito. Tuttavia credo sia doveroso per le autorità riconoscere che c’è stato un errore. Un errore particolarmente grave visto che è costato la vita ad un ragazzo di 28 anni. Un errore ancora più grave se considerato che, vista la distanza da cui è stato sparato il proiettile e la posizione di chi ha fatto fuoco, quel colpo avrebbe potuto ammazzare chiunque si fosse trovato sulla traiettoria lungo le sei corsie dell’autostrada alle nove di questa mattina.
Solitamente quando cose di questo tipo succedono la mia vena anti-istituzionale viene fuori pesantemente, ma in questo caso cercherò di mantenere bassi i toni.
Statisticamente trovo assai improbabile che tra le forze dell’ordine non ci siano dipendenti capaci di commettere errori. Gli errori si fanno, li facciamo tutti sul lavoro. Il problema è che in certi lavori gli errori costano più che in altri. Io non ho nulla di personale contro l’ufficiale che questa mattina ad Arezzo ha sparato, tuttavia mi sembra corretto che si riconosca il suo errore e che si prendano provvedimenti. Invece l’approccio sistematico è quello garantista, che puntualmente sfocia in giustificazioni ridicole capaci solo di far perdere ulteriormente credibilità a chi le formula.
E questo mi porta alla seconda questione. E’ noto che il tifo organizzato non sia prettamente composto da ammiratori della divisa. Per quanto ritengo che troppo spesso gli ultras vengano demonizzati devo a mia volta riconoscere che la loro condotta è spesso ingiustificabile. Oltretutto non stiamo nemmeno parlando di gruppi predisposti al dialogo e alla comprensione. Allora mi chiedo: che senso ha raccontar loro fregnacce a cui non crederebbe nemmeno un bambino e soprattutto, aspettarsi che se le bevano senza le dovute, per quanto esagerate, rimostranze?
Mesi fa un cretino ha ammazzato un poliziotto a Catania. Campionato fermo per chissà quanto tempo, fiumi di parole contro la figura del tifoso in generale, sproloqui giornalistici atti solo a marciare sopra la questione e via dicendo. Tra tutte queste cose insulse però qualcosa di giusto c’era stato: condanna del cretino e cordoglio per la vittima.
A non troppi mesi da questa questione, dopo che negli stadi hanno iniziato ad attuarsi norme severissime per il controllo della violenza (ed era ora), capita che un poliziotto spari ad un tifoso e che questo muoia. Non è forse legittimo chiedere quantomeno che si manifesti il medesimo cordoglio? Non che fermare le partite sia utile a qualcosa dopo quanto successo, ma perlomeno sarebbe stato un segnale del fatto che la morte violenta di un ragazzo di 28 anni è deprecabile anche se non indossa una divisa.
Evidentemente non è così, non per tutti almeno.
Tutto questo per dire che, per quanto non trovi giusto il modo, l’intento dei tifosi di fermare il calcio oggi gode di tutto il mio appoggio.
Così come trovo sacrosanto che venga chiesta giustizia per questo tragico errore.
A giudicare da quanto sto sentendo da tutti i telegiornali però il discorso sta prendendo una brutta piega.
Alla fine infatti, si parla pur sempre di gente che stava facendo una rissa.

Il cofanetto

Oggi Dietnam ha scritto un post geniale. Da una quindicina di giorni io sto lavorando alla stessa cosa sotto forma di una delle mie classiche “compilation”. Purtoppo non sto riuscendo a sfornare un prodotto che sia esattamente come l’ho in mente.
Il post del canadese però mi ha anche fatto pensare a come sarebbe bello chiedere a qualche personalità significativa di fare altrettanto.
Ne potrebbe uscire una sorta di cofanetto modello mediashopping.
Vabbè, buttiamola lì e vediamo cosa ne esce.
La richiesta è semplice: una quindicina di pezzi (più o meno, diciamo tra i dieci e i quindici) che raccontino gli anni novanta per come li si è vissuti. Possibilmente dando ad ogni gruppo/artista un unico spazio nella lista, così da aumentare la varietà.
Lascerò la mia tracklist per la fine.
Le persone che più mi incuriosisce coinvolgere in tutto questo sono quattro: Ale-Bu, Federico A.S., Manowar e The O.
Non è una cosa che costi particolare fatica e secondo me può essere divertente.
Credo che le cinque compilation potrebbero dare origine ad un cofanetto molto eterogeneo.
Ovviamente chiunque altro voglia cimentarsi nella cosa non verrà escluso, ma la mia curiosità è per le selezioni dei nominati.
Bene, vediamo se riesco a ricavarne qualcosa.
Chiudo con una notizia autocelebrativa: mi sono arrivati cucina e letto.
La mia cucina è bellissima.
E’ gialla.

Chiedo scusa in anticipo

La prima maglietta da me prodotta è arrivata.
E’ figa.
Tre delle quattro persone che l’hanno vista me ne hanno chiesta una uguale.
Dovranno pazientare però, perchè alcune cose vanno sistemate e perchè così com’è ce l’avrò solo io.
I miei tre amici non saranno gli unici ad averne una tuttavia, perchè a Gennaio 2009 ne avrò vendute talmente tante da essere ricco.
Molto ricco.
Ho sonno e non ho voglia di andare a letto.
Starò qui a scrivere tutto ciò che mi passa per la testa fino a che riterrò di aver scritto a sufficienza.
Mi piacerebbe che questo post assumesse le forme di un mio eventuale scritto sotto l’effetto di una qualche droga allucinogena.
Acidi, per esempio.
Mi sono sempre chiesto come dev’essere stare sotto l’effetto degli acidi.
Mi sono sempre chiesto un sacco di cose stupide.
Alcuni direbbero che farsi molte domande è sinonimo di intelligenza, tuttavia non riesco ad immaginare una frase in italiano che possa avvalorare questa teoria.
Teorico ed empirico d’altra parte molto di rado portano al medesimo risultato.
Credo questo sia dovuto all’imperfezione insita nella natura umana causa principe dell’imprecisione delle teorie formulate dalla mia specie.
Quest’ultimo concetto nella mia testa si era formulato in maniera molto più chiara rispetto a come ha preso poi forma in questa pagina.
Potrei rileggere e cercare di renderlo comprensibile.
A quel punto dovrei cancellare tutto quello che ho scritto in seguito.
Oppure potrei correggere e lasciare poi il seguito inalterato, creando nel lettore l’amletico dubbio: avrà corretto oppure no?
Dubito un lettore arriverà mai a questo punto del post tuttavia.
I lettori sono spesso pigri.
Io, quando leggo, lo sono.
Così come lo sono quando non leggo.
La conclusione di questa pagina sta per arrivare.
Al momento ne sono abbastanza convinto, ma nulla mi vieta di smentirmi. Capire se sto mentendo per un implausibile lettore giunto a questo punto non credo sarà molto difficile, gli basterà guardare quanto manca alla fine.
Per me è diverso.
Io non so ancora a che punto sarà la fine e questo è abbastanza ironico, visto che io dovrei avere in mente quando concluderò questo sproloquio mentre chi lo sta leggendo non dovrebbe averne alcuna idea. Se tutto questo l’avessi espresso oralmente per il mio interlocutore sarebbe stato molto più difficile regolarsi.
La tradizione orale ha i suoi lati negativi, effettivamente.
A voler essere precisi è proprio il concetto di tradizione ad avere molti punti deboli. Eppure le tradizioni su di me hanno facile presa. L’essere conscio di questo mio limite forse fa di me una persona migliore, tuttavia non esiste un me ignaro con cui confrontarmi e questo limita molto l’attendibilità di quanto ho affermato poc’anzi.
Penso che a questo punto inizi a farsi sentire nel lettore la voglia di darmi un pugno.
Affari suoi.
Non ho certo costretto nessuno.
Questo mi ricorda i tabagisti che chiedono un risarcimento alle multinazionali del tabacco perchè si ammalano a causa del fumo. Le multinazionali del tabacco dovrebbero risarcire tutti coloro che non fumano e si trovano costretti a respirare immondizia, malati e non, ma non vedo perchè dovrebbero fare una cosa del genere nei confronti dei loro clienti.
Beh, ovviamente se si ignora il discorso nicotina e la conseguente generazione dello stato di assuefazione.
Perchè ignorare un punto cruciale della questione? Non mi pare corretto.
Le verità si raccontano tutte intere, altrimenti smettono di essere tali.
Potrei fare esempi per avvalorare questa tesi, ma non ne vedo l’utilità.
Non che il resto di questo mio scritto brilli per utilità (lo so, brutta ripetizione, ma il mio dizionario dei sinonimi [Aldo Gabrielli, Mondadori] alla voce utilità affianca bontà, bene, beneficio, bisogno, interesse, guadagno, efficacia, giovamento, validità e comodità. Nessuno di questi, esattamente come il dizionario stesso, mi pare utilizzabile.), ma questo dipende dal punto di vista con cui si esamina la questione.
A me è servito per sfogarmi un po’.
Il relativismo alla fine governa il mondo, alla facciazza di Ratzinger.
Ok, giustifico il testo, anche se fatico a giustificare me stesso per averlo scritto, e vado a letto.
Cazzofigatetteculo.

Yippie ka yee motherfucker!

Vorrei scrivere qualcosa sugli Europe Music Awards.
Me li sono guardati dalla Bri e non posso che alzare le corna a Snoop Dog e ai Foo Fighters per la conduzione. Ottima. Ho scoperto che il gruppo che ha chiuso lo show sono i Bedwetters e che sono bielorussi. A me sono parsi la brutta copia di Enter Shikari, tuttavia la provenienza da una terra non certo nota per esportare musica un po’ li scagiona.
Spenderei ancora qualche riga per parlare dell’evento musicale di MTV, ma ieri ho preso un impegno ed intendo mantenerlo: parlare di “Die Hard – Vivere o Morire”.
Non sono bravo a commentare i film senza rivelare particolari indi da qui in avanti potrebbero esserci cosiddetti “spoilers”.
Non è un mio problema, io il film l’ho già visto.
E mi è piaciuto.
Devo subito ammettere che difficilmente avrei potuto trovare insoddisfacente un nuovo capitolo della vita di John McLain, sono un suo fan di lunghissima data e per questo assolutamente incapace di oggettività in merito. Se provo ad essere imparziale però mi viene da dire che era da tempo che in sala non si trovava un classico action movie americano come quelli dei bei tempi e che il nuovo Die Hard ha colmato appeno questa lacuna. La trama è la classica della serie: una banda iperorganizzata di pseudoterroristi combina un gran caos al fine di rubare dei soldi e John si ritrova per caso a dover rompere loro le uova nel paniere, riuscendoci. Sparatorie, inseguimenti, scazzottate e ancora sparatorie il tutto esasperato come deve essere in un film d’azione che possa definirsi tale. A dare quel qualcosa in più poi c’è il personaggio di Bruce Willis, da sempre caratterizzato, più che dai muscoli, dalla sferzante ironia. In quest’ultimo episodio John vede accentuata questa sua vena, quasi a fare un passo verso un altro mitico personaggio, il detective Joe Hallenbeck, che alla fine de “L’ultimo Boyscout” spiegava come “Non puoi semplicemente stendere qualcuno con un cazzotto in faccia, devi prima dire una battuta.”. Tirando due conclusioni, direi che aspettavo questo film almeno da dieci anni e che non mi ha per nulla deluso. Nemmeno quando John a bordo di un tir ha la meglio su un F35 che gli spara contro dei missili o quando con una macchina abbatte un elicottero o ancora quando si spara per ammazzare il cattivo alle sue spalle.
John McLain può tutto.
Mi sono gasato come un ragazzino.
Ora spero di procurarmi in fretta tutti e quattro i capitoli per organizzare una succulenta visione in sequenza nella mia nuova casa, se mai verrà pronta.
Maratona Die Hard.
Cazzo, sì.
Per concludere non posso esimermi dal classico discorso che si fa ogni qual volta si vede un film del genere e quindi butto lì la mia idea: secondo me, a Rambo, John McLain lo spezza.