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In spite of fucking mosquito bites

Ieri sera al Magnolia mi sono visto il concerto dei Me first and the Gimme Gimmes.
E’ stato totale.
Cinque musicisti impegnati in diverse ed affermate band che possono permettersi di fare tour europei con un gruppo creato unicamente per cazzeggiare non si vedono tutti i giorni ed il loro live trasuda proprio questa atmosfera. L’unico obbiettivo è divertirsi tutti insieme, pubblico compreso, sulle note di canzoni arciconosciute, rispolverate e agghindate in chiave punk-rock. Nessuna pretesa insomma, se non quella di passare una bella serata.
Arrivato in loco però questa aspettativa ha ricevuto un duro colpo quando abbiamo scoperto dell’improvvisa defezione di Fat Mike, costretto a casa pare da un malore della madre. Non nego che quell’uomo sul palco sa sempre regalare momenti di show esagerati, anche quando fatica a stare in piedi, e quindi sapere della sua assenza ha fatto vacillare non poco la nostra euforia. Il suo posto però è stato preso per l’occasione da Eric Melvin che si è poi rivelato eroe della serata, soprattutto per aver imparato in due ore tutti i pezzi in scaletta.
Ma partiamo a raccontare dall’inizio.
Non proprio dall’inizio però, perchè di spalla ai Me First suonavano i PAY e i TAT e di loro non ho certo voglia di parlare.
Parlerò delle presenze in loco invece. In quel del Magnolia infatti c’erano un bel po di volti conosciuti. Il mio gruppo di partenza comprendeva Aledoni, Steps, Robi Burro e la Meggie, ma sul posto ho incontrato anche Marco, Carlo, la Simo e la Rò, personaggio quest’ultima che non vedevo da almeno quattro annetti.
Bello.
Saltando di palo in frasca però, riprendo a raccontare l’aspetto centrale del concerto. Reduci dall’uscita del nuovo disco “Love Their Country” (NdM: titolo pazzesco), i cinque si presentano sul palco in camiciona a scacchi, cappello texano, bandana e stella da sceriffo.
E’ subito show.
Spike, non si sa bene per quale motivo, parla italiano piuttosto bene ed entra gridando: “Siete pronti a sentire un po’ di musica originale?”.
Risate a profusione.
A quel punto cerca di tradurre “We play only covers” e ne esce un “Facciamo solo coperti” che mi da il colpo di grazia. Da li in poi le gag si sprecano per tutta la durata del concerto. “This one is a cover” Joey Cape lo dice prima di ogni singolo pezzo, esattamente come prima di ogni pezzo Melvin non omette di gridare “Ehi, I’m a Gimme!!!” con il sorriso di un bambino idiota. Spike intanto insiste con l’italiano, uscendosene con frasi deliranti tipo: “Ho ucciso mio padre, magiato suo carne e sto tremando di gioia” oppure “Panone di merda, tutti dobbiamo mangiare un pezzo” o ancora “Joey è nano di merda, ma molto talento”. In tutto questo i cinque suonano un bel po’ di pezzi e li suonano veramente bene. Jake, mio Gimme preferito nonchè chitarra solista dei Foo Fighters, è artefice di una performance maiuscola, ma anche Joey Cape si prende qualche momento per mostrare che se vuole la chitarra la suona gran bene.
L’apice della serata è forse Stairway to Heaven, introdotta dallo stesso Joey Cape come “the worst song ever written” ed il cui titolo è stato tradotto da Spike in “Merda fino agli occhi”. Durante l’intro il delirio si impossessa dei Gimme: nessuno sta capendo cosa succede, ognuno suona per i fatti suoi e tutti ridono sguaiatamente, voce compresa. Ne esce una roba indecente a cui pone fine Dave dando l’attacco per la parte tirata del pezzo e riportando ordine nella truppa.
Insomma, ci sarebbero milioni di siparietti da raccontare, ma so bene che scriverli e rileggerli non sarà mai come averli visti.
Però è mezz’ora che me la ghigno nel tentativo di ricordarli tutti e quindi chissenefrega.
Hanno chiuso il concerto, prima dei bis, con “End of the Road” e lì sono decisamente imapazzito.
Solo due pezzi ci sono stati concessi al rientro sul palco e a chi richiedeva “O Sole Mio” Spike risponde: “Melvin non ha praticato, scusa.”.
“Thank you for coming out tonight and thank you for bringing mosquitos” è il saluto finale che i cinque ci riservano.
Soddisfatti e con grandi sorrisi stampati in faccia non ci resta che tornare alla macchina.
Prima di andare però faccio un salto al banchetto del merchandise: ora anche io ho la stella da sceriffo dei Me first and the Gimme Gimmes!

2 commenti su “In spite of fucking mosquito bites”

  1. bel report. e, come abbiamo già avuto modo di constatare, gran concerto.
    ho finalmente capito perchè io chiamavo il tuo gimme preferito chris e da più parti lo vedevo nominare jake. il cowboy è munito di pseudonimo.

    Chris Shiflett

    beata sia la wiki.

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