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Novembre 2014

La generazione che ha perso. Noi.

E’ un po’ di tempo che mi gira in testa un concetto, ma come sempre accade quando mi trovavo a pensarci non ero mai nelle condizioni di scriverci sopra. Non lo sono manco ora, in realtà, ma ad un certo punto uno deve darsi delle imposizioni. Oltre ad alzarsi dal letto la mattina, intendo. Fatto sta che l’altro giorno mentre navigavo sul sito della Gazzetta ho visto un articolo a tema Maradona che stoccaccia una tipa. Il pezzo titolava: “Riecco la mano de Dios”. Ho fatto anche uno screenshot perchè certe cose vanno documentate come si deve.
In battuta ho pensato: “ma guarda te che brutta fine che ha fatto la Gazzetta dello Sport”, quasi subito però è riemerso in me il tarlo di quel concetto che continuava a girarmi in testa e così mi ci sono fermato sopra. Il problema, purtroppo, non è la Gazzetta dello Sport.
Il problema è che la mia generazione è, sostanzialmente, la prova empirica della natura fallimentare della specie umana.
Ok, c’è un salto tra le due affermazioni, lo capisco pure io che scrivo, quindi adesso mi spiego meglio. Beh, diciamo che ci provo.
Partiamo da una premessa: io la storia l’ho studiata a scuola, durante il liceo, periodo in cui non è che lo studio fosse proprio la priorità. Però pensando alle varie epoche dell’uomo non mi viene in mente un altro momento in cui l’umanità si sia trovata per le mani un mezzo così potente, rivoluzionario ed egualitario come internet. Ecco, vogliamo analizzare l’uso che se ne è fatto? Per carità, molte cose buone sono venute fuori dalla rete, ma se tu che leggi in primis pensi alla musica gratis, al porno gratis o ai social network, allora capisci (?) che il problema è grave. La realtà è che internet è stato relegato al concetto di svago e se questa non è una sconfitta clamorosa allora non so davvero come altro definirla.
Dieci anni fa pensavo a quanto fosse bello un mondo in cui le notizie fruissero libere ed orizzontali. Internet destinato a diventare lo strumento principe per l’informazione e la divulgazione. Oggi la gran parte dei contenuti che si trovano in internet sono fake. Siamo al punto in cui è divertente inventarsi notizie e metterle online per vedere chi ci casca. Interi siti dedicati a questa cosa. A diluire i contenuti utili in un mare di merda siamo stati noi, la mia generazione. Gente che nella vita non caga un’opinione manco sotto tortura e d’improvviso si ritrova a dire la propria su tutto da dietro una tastiera. Pure in merito ad argomenti che non conosce o che magari neanche gli interessano. Io potrei essere uno di questi, ben inteso. L’importante in ogni caso e’ scriverlo prima degli altri. Anche l’informazione canonica è stata ingurgitata da questo meccanismo perverso di diretta estrema, per cui le notizie vanno date in tempo reale, in modo da poter essere commentate in tempo reale. Senza possibilità di analisi. Un contenuto online da due ore è vecchio, serve continuo ricambio. Notizie sempre meno rilevanti, non approfondite e spesso anche non verificate riempiono le pagine dei giornali online e la rete di materiale inutile. Non saprei come altro definirlo. Intrnet sarebbe potuto essere la nuova informazione ed invece la nuova informazione è diventata internet, nella sua peggiore accezione. Si è parlato per anni del diritto di satira senza rendersi conto che la satira era l’unica cosa che ci stava rimanendo e che, a lungo andare, ha finito per sostituire l’informazione. E’così che abbiamo ammazzato lo strumento.
Non è una cospirazione, non è un’astuta manovra dei poteri forti, è proprio che abbiamo fallito la più grande e probabilmente irripetibile occasione della storia. E siamo stati noi. Non le generazioni passate di cui diciamo sempre “cazzo vuoi che ne capiscano?” e nemmeno quelle future che ai nostri occhi non sanno combinare un cazzo. Noi. Abbiamo perso ed è il caso di riconoscerlo. Un arco evolutivo costruito sul vorrei, ma non posso che, sul più bello, si è trasformato in un potrei, ma non ne sono capace.
Chi è causa del suo male, pianga se stesso.

Interstellar, la versione lunga.

La versione corta è che Interstellar è una merda.
La versione lunga prova ad argomentare la versione corta e lo fa con qualche SPOILER che se non avete ancora visto il film forse vorreste evitarvi. Che poi, siamo onesti, è stato pompato come il film dell’anno ed è fuori da dieci giorni, quindi l’avete già visto tutti. Nel dubbio, prima di infilare uno SPOILER scriverò SPOILER.
Io sono andato in sala questa sera, dopo aver provato a lungo a procurarmi dei posti decenti per la versione 70mm in proiezione all’Arcadia di Melzo. Il motivo è presto detto: Nolan è un regista che mi piace e quindi volevo vedere il suo ultimo film nelle condizioni migliori. Ho fallito, ovviamente, ma sono comunque riuscito ad andare a vederlo in 4K, compromesso più che accettabile.
Ok, adesso parliamo del film, iniziando dalle cose buone. Interstellar è un film di tre ore che passa senza problemi. Non annoia mai, non ci si ritrova mai a pensare a quanto possa mancare ed è bilanciato benissimo dal punto di vista del ritmo, della costruzione della tensione e della proporzione tra tutti i suoi “capitoli”. La seconda cosa buona del film è la prestazione di Matthew McConaughey, che è veramente una bomba di attore capace di un’altra interpretazione sontuosa nel suo essere perfetta e mai sopra le righe. Il film si presterebbe agli eccessi, ma lui lo porta a casa senza strafare. Bravo bravo. La terza cosa buona viene fuori quando il film si sofferma a riflettere sulle implicazioni che una missione come quella affrontata dai protagonisti possa avere per chi decide di intraprenderla. In questo Nolan è molto bravo e riesce a trasmettere il punto già nella prima parte della pellicola, esplicitando poi il tutto con una sotto-trama ed un personaggio (quello di Matt Damon) che a mio avviso sono la cosa migliore di tutte le tre ore.
Ecco, con le cose buone ho finito.
La prima tra le magagne è che Interstellar è un film spocchioso. Ma parecchio spocchioso, diciamo che ha la spocchia di “2001: Odissea nello Spazio”. Un po’ ovunque ho letto accostamenti tra i due film ed è a mio avviso insindacabile che lo stesso Nolan abbia guardato molto al film di Kubrick. A me 2001 fa cagare. Facile quindi pensare che anche questo Interstellar non mi sia piaciuto per gli stessi motivi, invece no. Interstellar non è noioso, 2001 sì (mortalmente). In più Nolan ha il vizio degli spiegoni, mentre Kubrick non ci ha manco provato di striscio ad esplicitare i concetti. Insomma, sono due film molto molto diversi, ma la volontà di essere opere grandiose è la stessa in entrambi. Un grosso problema deriva proprio dall’assunto di partenza: se ti prefiggi di fare un film “maestoso”, un capolavoro del genere, ti servono alcune cose. Se si parla di fantascienza, la prima, secondo me, è l’impatto visivo. Interstellar non è un film di impatto. Non ha manco un decimo della potenza visiva di Gravity e questo è un grosso problema. La seconda necessità è una trama solida. Non è fondamentale, ma aiuta molto. Tenendo in piedi il parallelismo, Gravity ha un plot scritto da un bambino di terza elementare, ma sta in piedi. In più, mentre lo vedi al cinema, hai la bocca così spalancata che ti si chiudono le coronarie, non arriva sangue al cervello e non ti accorgi della sua banalità. Qui il plot non è che sia banale, è proprio privo del minimo senso. Io non sono uno di quelli che la mena con la plausibilità scientifica (fotte sega), ma se mi tieni tre ore a parlare di spazio-tempo, relatività, buchi neri, gravità e te ne esci che “la quinta dimensione è l’amore” costruendo metà film sul concetto, beh, vaffanculo.
Vogliamo parlare del “colpo di scena”? Ce ne sono due, essenzialmente, ma il più importante, quello su cui tutto si fonda, lo si intuisce al minuto 10 e lo si da per assodato al minuto 60. Quando, al minuto 140, il tutto si esplicita on screen tu ne sei talmente già conscio e consapevole che guardi e ti chiedi come cazzo faccia Matthew McConaughey a non averlo ancora capito. Sei lì che lo vedi armeggiare e ti domandi come mai quello che per tre quarti di film ti hanno presentato come un tipo molto più smart della media non stia capendo un cazzo di quello che gli succede attorno. Quindi già siamo di fronte ad uno dei peggiori “Shyamalan twist” ever, ma è pure messo in scena male.
Per finire, ci sono le scene che, davvero, mentre le guardi gridi MACCOSA (cit.) talmente forte che quasi non ci credi. Scelte insensate, frasi insensate, comportamenti insensati che culminano [SPOILER] nel protagonista che invia a sua figlia l’equazione per la comprensione dell’universo in codice morse. Una cosa del genere mi prende e mi sbatte fuori dal film qualunque cosa stia succedendo, se poi fino a lì non è che fossi convintissimo, il tutto crolla nella mestizia.
Quindi ecco, per me Interstellar è il peggiore tra i film di Nolan che ho visto. Peggio pure del terzo Batman, se devo dire la mia.
Cosa più rivoluzionaria di Interstellar: il nero non è il primo che muore.
Domanda aperta più importante a fine visione: perchè, per tutta la prima parte, il buon Mathew ha la pelle gialla? Io pensavo che a metà film morisse di epatite.

Sputare nel piatto in cui si è mangiato, dicesi:

Ci sono quelle cose che una volta ti piacevano e adesso invece no. Magari ne parli e fingi ti piacciano ancora, oppure che non ti siano mai piaciute, però quando ci pensi e non hai nessuno a cui mentire finisci spesso col dire che la ragione sta nell’essere diventato adulto. Vien buona per tutto, effettivamente, come spiegazione, ma che sia anche vera non è così automatico.

Facciamo un esempio. Giorni fa è uscito il disco nuovo dei Lagwagon. Agevolo una diapositiva.

Per il processo di cui sopra, io adesso sentirei di dover precisare che riprendere in mano il blog per scrivere dei Lagwagon, sia una roba di cui vergognarsi.  E lo sarebbe eh, ma il post tratterà solo marginalmente di quello, promesso. Ad ogni modo sto disco io l’ho sentito e mi ha fatto abbastanza cagare. Me lo aspettavo. La domanda però è: è davvero perchè sono ormai troppo vecchio per certe stronzate (cit.)?

No.

Ho delle prove a supporto di questa tesi.

La prima riguarda ancora i Lagwagon. Ok, potrei aver mentito quando dicevo che il post si sarebbe occupato solo marginalmente di loro. Nell’estate 2013 mi ero ripreso in mano più o meno tutti i loro dischi, diciamo quelli che secondo me avevano un senso quando sono usciti: Hoss, Feelings, Double e il loro Live in a Dive (ci metterei anche Blaze perché a me piace, ma è uscito fuori tempo massimo per essere tra quelli insindacabili). A parte il primo, gli altri sono proprio dischi brutti. Dentro ci sono ancora i pezzi fighi che ricordavo, ma diluiti in un mare di merda. Parlando di lavori che a volte non arrivano ai 30′, il problema è notevole.

Questa non è una prova, si potrebbe obbiettare. Alla fine anche questo cambio di opinione potrebbe essere legato all’anagrafe e io potrei non avere più l’età per apprezzare l’HC melodico in generale, pure se fatto bene.

No. Di nuovo.

Uno dei dischi che ho ascoltato di più in questo 2014 privo o quasi di uscite interessanti è un disco del 2006 che mi ha girato su facebook un ragazzo che conosco. Ed è un disco HC melodico. Slide!

Un gran bel disco,  aggiungo. Ci sono le melodie, i suoni giusti, la ritmica giusta ed un uso delle chitarre che in dischi del genere si trova raramente. Da qualche mese ascolto a ripetizione un disco che alla mia età e con i miei gusti attuali non avrei mai pensato di poter anche solo digerire. Fact.

La conclusione.

Con il tempo non cambiano i gusti.  Si ampliano, magari, ma non si stravolgono. Quello che cambia è la propensione a venire a compromessi. I Lagwagon sono quella ragazza che ricordi carina dai tempi del liceo e che rivista oggi su Facebook ti sembra un cesso. Se ci pensi bene e sei disposto ad ammetterlo, con tutta probabilità era un cesso anche quindici anni fa. Il tempo ed il distacco hanno distorto la realtà portandoti a ricordarla diversa da ciò che è. Migliore. I Lagwagon hanno fatto un disco dei Lagwagon ed è brutto e trascurabile per moltissimi motivi, ma tutti derivanti dal fatto che siano i Lagwagon e non dal nostro essere nel 2014.

Poi chiaro, chi invecchia male c’è. Non si discute.

Quando ieri ho aperto l’editor del blog per scrivere, avevo intenzione di parlare dei tizi che hanno messo su una start-up per produrre latte usando i lieviti invece delle mucche (qui la pagina web). Ci avrei scritto sopra un bel pistolotto (tutto sommato producendo un post che a differenza di questo avrebbe anche avuto una sua utilità), ma alla fine l’unica cosa che ha senso dire è OGM 1 – Teste di cazzo 0.