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Politica

La mia ricetta per risollevare l’Italia.

In questi giorni un po’ tutti si stanno prendendo la briga di dire cosa secondo loro andrebbe fatto per risollevare il paese in un momento come questo. Viene da sè infatti che, salvo chi ancora non vuol propiro utilizzare un minimo di raziocinio, tutti possono facilmente comprendere che non sarà festeggiando il 25 Aprile il 23 che si potranno risollevare i conti.
Bene, in questo marasma generale ritengo di poter benissimo dire la mia anche io, formulando una proposta semiseria su quale potrebbe essere il mio programma se volessi, domani, presentarmi come alternativa alla gestione politica del paese.
Dico semiseria perchè per gran parte delle questioni non sono preparato a sufficienza per poter trovare rimedi reali da solo, quindi accennerò solo le linee di principio sulle quali proverei a costruire un progetto. Per le analisi dettagliate dei singoli ambiti necessito infatti di un team di persone preparate e degne di fiducia con cui poter sviluppare i concetti.
Partiamo quindi con l’enunciare il mio programma.
Innanzi tutto io presenterei una candidatura ad orologeria. Il primo punto del mio programma sarebbe infatti restare in carica unicamente per un tempo limitato, necessario per dare al paese le basi legislative su cui ripartire. Ipotiziamo un anno. Questo punto verrebbe attuato firmando una lettera post-datata di dimissioni. Alla compilazione delle liste elettorali del partito, ogni iscritto firmerà la sopracitata lettera, impegnandosi a lasciare il suo posto nei termini stabiliti.
Questo primo punto avrebbe essenzialmente due risvolti: il primo sarebbe la necessità di lavorare bene e sodo per riuscire ad attuare il programma di governo in un tempo limitato. Il secondo che, sia che ce la si faccia sia che si fallisca, l’Italia non dovrebbe preoccuparsi di noi per più di quel preciso e limitato periodo di tempo. Alla peggio quindi, il paese resterà fermo per 12 mesi. Calcolando che è fermo dagli anni novanta è un rischio che potremmo anche permetterci.
Il secondo punto del programma, diretta conseguenza del primo, è che ogni iscritto alle liste firmerà il consenso al pagamento di una penale salata qualora non presenzi con costanza all’attività di governo. Il che significa calcolare il numero esatto di ferie annuali che ha un qualisasi lavoratore dipendente e concedersi quelle e quelle soltanto. Per riformare un paese serve tempo, la burocrazia è lenta già di suo e quindi bisogna lavorare duro e con impegno. Pare assurdo doverlo mettere per iscritto, ma vista la situazione meglio non dare nulla per scontanto.
Questi primi due punti dovrebbero già di per loro portare alla partecipazione di gente motivata e che non miri ad una poltrona, ma davvero a fare il bene del Paese.
A questo punto spiego anche un paio di criteri con i quali verrebbe effettuata la selezione degli iscritti alle liste. Saranno ben accette candidature di persone tra i 25 e i 45 anni, laureate e disposte a prendersi un anno di aspettativa per poter fare politica al 100% senza distrazioni. Calcolando la quantità di precari qualificati che ci sono in Italia non credo sarà difficile trovare gente in gamba che rispetti questi requisiti. Sia l’età che il titolo di studio saranno altamente vincolanti. Inoltre, non si accetteranno candidature di persone laureate in scienze politiche o discipline non strettamente utili a comprendere i problemi del paese e tentare di risolverli. Definiamola una lista di “tecnici”, intendendo come tali persone che come unica qualifica non abbiano quella di saper andare a Porta a Porta o Ballarò ad imbonire gli Italiani.
Formata la squadra, resterebbe unicamente da gestire la questione del programma vero e proprio, ovvero di quali riforme occuparci.
L’unico programma del mio governo sarà riformare la politica, ovvero legiferare in modo che dopo di noi la classe dirigente sia selezionata in base alla competenza, restituendo il paese agli elettori per una nuova tornata elettorale che possa far ripartire la nazione con alla guida gente capace e motivata.
Quindi, in soldoni, si tratterebbe di:
– Riformare la legge elettorale. Sono convinto che chi prende più voti debba poter governare in santa pace per una legislatura e avere il tempo di fare o non fare quanto progettato. Senza scuse, senza alibi. Di conseguenza mi pare giusto che chi ottiene maggioranza relativa abbia il 55% dei seggi (esattamente come credo sia ora). Non si può certo aspettare che per governare un paese il 55% dei diritti al voto esprima la stessa preferenza. Tuttavia introdurrei: limite di 60 anni per l’eleggibilità, laurea come requisito indispensabile, limite massimo inderogabile di due legislature, eleggibilità in base ai voti raccolti e non alle graduatorie di partito e impossibilità a presentarsi per cariche diverse, in liste diverse o eventualmente anche a nuove elezioni senza aver prima dato le dimissioni dalla posizione politica attualmente ricoperta. Spiego meglio: sei deputato e vuoi presentarti alle europee? Prima ti dimetti. Sei sindaco e vuoi presentarti alla camera? Prima ti dimetti. Sei il presidente del consiglio? Non puoi essere capolista alle regionali se prima non ti dimetti. Mi pare chiaro.
Inoltre, l’elettore sarà tenuto (pena l’invalidamento della scheda) ad esprimere una preferenza non solo per il partito, ma anche per un candidato. Votare è una cosa seria e va fatto seriamente. L’idea è impedire che persone occupino cariche pubbliche senza il consenso popolare, così da responsabilizzarne le azioni. Chiamerei l’insieme di queste riforme “anti-Scilipoti”.
– Ridurre i costi della politica per davvero. Stipendi dei politici proporzionali al PIL pro capite, riduzione drastica non solo del numero dei politici, ma dei benefit agli stessi, comprese pensioni e rimborsi vari. Trasformerei il lavoro del politico in un lavoro ben pagato (perchè trovo giusto lo sia, trattandosi di posti di responsabilità), ma non più sinonimo di privilegi. Una volta ho sentito Zaia in televisione dire che i politici vanno pagati perchè “si deve avere un guadagno nel fare politica, altrimenti uno resterebbe a fare l’imprenditore”. Ecco, per me chi ragiona così è bene faccia altro. Lasciamo la politica a chi ce l’ha a cuore, perchè di gente così ce n’è tanta e di tutti i colori e le ideologie.
Il problema dell’Italia adesso non è la crisi, non sono i bilanci, non è il lavoro nè la sanità nè l’istruzione.
Il problema è una classe politica che di queste cose non è capace di occuparsi e, soprattutto, che se ne frega del fatto di non saperlo fare forte del suo essere intoccabile.
Di conseguenza quindi, è su quest’ultima che bisogna agire.

Wanna Marchi

Girando qua e la per la rete mi sono imbattuto in un post su Bioetica che rimandava a sua volta ad un altro paio di post apparsi su Blog(0).
In tutte queste pagine si parla di omeopatia, dell’assenza in questa pratica di qualsivoglia fondamento scientifico e del fatto che una multinazionale francese abbia deciso di querelare, o meglio intimidire, un povero blogger reo solamente di aver ribadito ancora una volta questo concetto.
Tempo fa io e la Polly avevamo combattuto una battaglia simile scrivendo una lettera ad Ok Salute in cui chiedevamo cortesemente di smetterla di dare spazio ad articoli sull’omeopatia in cui si lasciava intendere come questa potesse davvero essere considerata come alternativa alla farmacologia classica.
La rivista ci aveva risposto, dicendo che in realtà avevano anche pubblicato articoli che chiarivano il fondamento non scientifico della disciplina omeopatica. Noi quegli articoli non li abbiamo mai trovati, ma almeno la risposta era stata garbata.
Il punto della questione è che chi fa un mestiere come il mio o anche solo ha delle basi di medicina, farmacologia o scienza in generale, non può tollerare un certo tipo di disinformazione, perchè si gioca con la salute della gente.
Partendo dal presupposto secondo cui ognuno è libero di curare il proprio corpo come meglio crede, io non sono contrario al poter trovare in commercio prodotti omeopatici, così come non sono contrario ai viaggi a Lurdes o a Medjugorje. Ognuno è libero di credere quello che vuole e comportarsi di conseguenza.
A darmi fastidio sono le operazioni di marketing che sfruttano l’ignoranza per generare profitti.
Chiariamo quindi la questione anche su queste pagine, nella speranza di poter essere utili a qualcuno. Cercherò di semplificare, sperando di non commettere imprecisioni.
I rimedi omeopatici si basano sul concetto di diluizione. La teoria alla base sostiene che diluendo un principio attivo in maniera estrema non si vada ad inficianre l’effetto curativo, ma anzi, lo si possa addirittura accentuare. Tradotto significa prendere un farmaco e diluirlo all’ennesima potenza (si parla se non erro di centinaia di diluizioni centesimali consecutive) fino ad ottenere, tenetevi forte, acqua. Esemplifico: avete mal di testa? Sciogliete una bustina di nimesulide nella vostra piscina comunale e poi bevete un bicchiere dell’acqua in essa contenuta.
Basterebbe solo utilizzare un minimo di razionalità per comprendere come il meccanismo scricchioli, ma non è così che la farmacologia smentisce le pratiche omeopatiche.
La base su cui la farmacologia si fonda è il controllo in cieco che paragona un farmaco ad una sostanza inerte chiamata placebo.
La regola aurea, in soldoni, è questa: se la sostanza in esame cura più persone del placebo è possibile definirla come farmaco. Altrimenti no. Nel caso dei rimedi omeopatici questa differenza non c’è.
Questo significa che nessuna persona curata con il rimedio omeopatico (o col placebo) guarisce dalla malattia? Assolutamente no. In molti casi si raggiunge comunque la guarigione anche senza essere stati adeguatamente trattati con farmaci. Se si assume un farmaco però le possibilità di guarire crescono.
Esemplifico ancora. Prendiamo trenta malati di influenza. Ne trattiamo dieci con un anti influenzale, dieci con un rimedio omeopatico e dieci con acqua. Alla fine del trattamento, 7 delle persone trattate col farmaco saranno guarite, mentre solo tre delle persone trattate con l’acqua o con il prodotto omeopatico raggiungeranno lo stesso risultato. Ovviamente la questione è numericamente e teoricamente più complessa di così, ma spero l’esempio aiuti a capire.
La cosa sbagliata dell’omeopatia (e di altre pratiche che non menzionerò di nuovo per non far arrabbiare troppe persone con lo stesso post) sta nel fatto che questo principio non viene spiegato.
Per questo motivo, credo e spero, in Italia è addirittura illegale pubblicizzare prodotti omeopatici.
Ok, spero di aver spiegato la faccenda in maniera chiara, precisa ed esaustiva.
Mi prendo le ultime righe essenzialmente per precisare due cose:
1- I rimedi naturali NON sono da considerare omeopatici e non deve essere fatta confusione in merito. Esemplifico: bere una camomilla per calmarsi non è un rimedio omeopatico. La camomilla contiene un principio attivo che, a certe concentrazioni, è scientificamente provato dare l’effetto desiderato. Quindi il concetto è se assumere tot mg di principio attivo sotto forma di bevanda dal sapore piacevole, o in pastiglia. La concentrazione di principio attivo però NON CAMBIA. Differente sarebbe dirvi di mettere una bustina di camomilla nella piscina di cui sopra, berne un bicchiere e dichiararne gli stessi effetti curativi.
2- Io e questo blog supportiamo non solo la causa dell’informazione onesta e completa sui rimedi omeopatici, ma soprattutto i privati cittadini che solo per averne parlato in maniera critica, ma con cognizione di causa, vengono attaccati ed intimoriti da aziende multinazionali.
Il manganello, brandito da avvocati in giacca e cravatta, non è meno pericoloso.

Il post demagogico-populista

A quanto pare, finanziariamente, in giro c’è un gran casino.
La crisi.
Sta cosa della crisi è il fenomeno mediatico più longevo che io ricordi. Ha seppellito guerre, tsunami, terremoti e pandemie varie. Resta sempre lì, in prima pagina, alternando giorni in cui tutti dicono che non c’è o che è finita a giorni in cui dicono che siamo tutti spacciati.
Io, in economia, sono ignorante come una capra. Davvero, non ci capisco nulla. Però mi pare di non essere il solo a vivere la cosa con forse eccessivo distacco.
Insomma, mi pare ci sia un baratro tra il paese reale che vive, produce e consuma, rispetto agli indici di borsa con i loro più e meno.
Non lo so. Sarà che l’altra sera ho visto “Capitalism: a love story” di Michale Moore. Che poi lo so anche io che quel film va preso con le pinze, che racconta una verità e non LA verità e via dicendo, ma mi resta fortissima la percezione di presa in giro costante cui tutti i giorni mi sento sottoposto.
Tipo oggi, Tremonti che si presenta ai giornalisti e dichiara che il metodo migliore per uscire dalla merda è, in sostanza, esasperare i principi che nella merda ci hanno buttato. Mercato ancora più libero, mercato del lavoro ancora più flessibile, tasse sproporzionate alle entrate (che in italia diventano addirittura opzionali per chi supera un certo reddito) e via dicendo. Sarà veramente che non capisco un tubo, però mi pare la tattica di chi usa tequila come anti-sbornia.
Ad ogni modo la situazione che mi dicono essere crollata in questi giorni a me non pareva rosea nemmeno prima. Ricordo addirittura che quando questa storia della crisi è incominciata la gente mi diceva: “Cazzo, non è possibile, non assume più nessuno. Solo contratti a termine, neanche fossimo utensili.” e io, scienziato wannabe, pensavo: “Scusate, ma che cazzo è cambiato? Benvenuti nel mio mondo.”.
Poi però cos’era cambiato l’ho capito guardando in giro e vedendo quante aziende, piccole e grandi, hanno iniziato a marciarci sopra a questa situazione generando un rinculo decisamente più dannoso del colpo che l’ha causato. Di punto in bianco la gente si è sentita in diritto di non pagare i fornitori dicendo che: “Ehhh, c’è la crisi”, oppure di lasciare a casa metà dei dipendenti in cassa integrazione per far fare gli straordinari all’altra metà (che tanto di avere ancora uno stipendio dovevano essere solo che grati). Il capolavoro vero lo facevano quelle aziende che riuscivano a non pagare le tasse, non pagare i fornitori e far pagare allo Stato una parte degli stipendi senza avere il benchè minimo passivo, se non sulle proiezioni di bilancio. Che tradotto vuol dire, faccio il cazzo che mi pare perchè avevo previsto di chiudere a +11% ed invece probabilmente chiuderò a +5%. Sarà la mia ignoranza nel campo, ma a me pare comunque un guadagno chiudere a +5% e se io fossi nella posizione di decidere non lascerei che dipendenti venissero lasciati a casa solo per poter incrementare l’attivo ai livelli delle aspettative.
Mi piacerebbe davvero qualcuno mi spiegasse A) cosa sta succedendo e B) se davvero non c’è modo di evitare che chi ha causato il casino lo incrementi ulteriormente.
Ad ogni modo tutto questo fa da sfondo al mio tentativo di trovare un lavoro. Forse avrei potuto scegliere un momento migliore, o forse no visto che come accennavo per me la situazione è sempre stata una merda. E mi fermo qui, perchè se penso a cosa deve fare uno per ottenere anche solo uno di quegli schifidi contratti, beh, mi viene il voltastomaco. Prima ti pagavano per lavorare. Poi si è passati a farti lavorare gratis. Poi c’è chi ha iniziato a chiederti di pagare per lavorare (viva i master e gli stage a pagamento.). Ora pare che si debba addirittura pagare solo per poter sostenere un colloquio. Lo dico adesso, se dovessi finire sui quotidiani per aver massacrato di pugni in faccia un ventenne laureato in, chessò, filosofia/sociologia/cazzivari che seduto di fronte a me forte della sua laurea triennale pretende con supponenza (perchè son supponenti sti pezzi di merda) di poter valutare le mie capacità nello svolgere il mio lavoro, beh, gradirei mi venissero perlomeno concesse delle attenuanti.
Su tutte l’esasperazione.
Chi non si esaspera invece pare essere la gente che, proprio per via del fatto che questa crisi è immensa sui giornali, ma ancora (sottolineo ANCORA) quasi impalpabile per gran parte della popolazione, se ne resta tranquilla in casa.
Magari smadonna quando legge il menù del risotrante del Senato ed i relativi prezzi, quando si parla di casta e di costi indecorosi della politica, ma ancora non ha la convinzione necessaria a raccogliere i tasselli del proprio parquet o i bulloni della propria cassetta del bricolage e partire per Roma all’idea di lanciarli uno ad uno in faccia alla feccia che esce dal parlamento.
Che poi io spero che quel momento non arrivi mai, perchè inutile girarci intorno: la mia vita è meglio adesso che in un ipotetico scenario da guerra civile o rivoluzione armata che dir si voglia. Però ecco, sarà che l’odio ormai è viscerale, ma un po’ della mia serentià la sacrificherei per vedere i forconi alla gola di un ministro dell’economia che spara le dichiarazioni di oggi.
“Si formula anche l’ipotesi di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Anche questo non è detto debba essere oggetto dell’attività di Governo.”
Sono loro, i dipendenti pubblici di cui si parla?

La figura della donna

Oggi leggendo la Repubblica mi sono imbattuto nella notizia riguardante l’ennesimo manifesto “colorito” del negozio Giallo Oro di Bari. Il manifesto è quello riportato qui a lato e la notizia in questione è linkata al manifesto. Questa questione offre talmente tanti spunti di riflessione che credo farò fatica a sviscerare tutto, ma voglio provarci perchè c’è tutto un movimento di pensiero che al sottoscritto ha ampiamente rotto il cazzo.
Andiamo tuttavia con ordine.
Il manifesto in questione è stato rimosso perchè ritenuto oltraggioso, teniamoci forte, per la figura della donna.
Che il manifesto sia di suo insensato se si pensa strettamente al messaggio pubblicitario di un negozio che compra e vende oro non ci vuole certo una laurea per comprenderlo. L’unico risultato che può ottenere è strappare un sorriso a qualcuno, ma nessuno credo possa capire o anche solo intuire guardando il manifesto per strada, cosa stia reclamizzando. Intimo? Creme Solari? Centri di bellezza? Boh, a me un negozio di compravendita d’oro è l’ultima opzione che verrebbe in mente.
E allora mi chiedo: perchè mai un negozietto di Bari dovrebbe spendere una fortuna per ingaggiare una nota modella (su cui tornerò in seguito) e piazzarla su un cartellone che alla fine non pubblicizza la sua attività?
Semplice: perchè l’italia è piena di idioti che vedono una cosa del genere e iniziano a berciare di femminismo, di donna-oggetto, di se non ora quando (sempre, CRISTODDIO, sempre! Non ora. Fine inciso.) e il manifesto finisce sulla home page di Repubblica. Calma però, non è che ci finisce questa storia sulla home di Repubblica, ci finisce proprio il manifesto. Dico io, se devi proprio sfasciare i coglioni con menate senza senso (poi torno anche sul perchè sta storia non ha senso, altrimenti perdo il filo) limitati a raccontare i fatti. Citi lo slogan e descrivi il cartellone. Cazzo, saprebbe farlo un bambino delle elementari. E invece no. Tirare click a quanto pare non fa schifo nemmeno ai paladini delle donne e, di conseguenza, ecco il cartellone in bella mostra. Dite che sono maligno? Può essere, ma intanto andando al link dell’altro caso di pubblicità ritenuta offensiva effettuata dallo stesso negozio, in cui si tirava in ballo niente meno che dell’ex Papa, la foto del cartellone non c’è.
Ad ogni modo è chiaro che il negozietto di Bari ha capito come farsi pubblicità sul serio e in tutta la nazione e io non credo abbiano fatto nulla di male. E ora spiego il perchè di questa mia affermazione e anche il perchè ritengo questa storia senza senso. L’analisi del cartellone è semplice: c’è una bella ragazza con una frase magari di cattivo gusto o semplicemente più esplicita del lasciato intendere di centomila altri spot che finiscono su cartelloni, tv e giornali. Se ci si riflette, il messaggio che si vuole demonizzare è la possibilità che un uomo, guardando quella ragazza, provi del desiderio sessuale. Pare non sia lecito pensare a dove si vorrebbe metterlo ad una così. Cazzo, ma stiamo scherzando? Sta a vedere che adesso sono machista, maschilista o irrispettoso nei confronti della donna se provo del desiderio sessuale nei suoi confronti. Ma stiamo dando i numeri? Quel pensiero può colpirmi mentre guardo quel cartellone così come mentre guardo i cartelloni di Yamamay o le ragazze al mare. Non è che se c’è scritto sul cartellone ci penso, mentre se ci fosse stato scritto: “compro oro” avrei meditato sulla palma che fa da sfondo. Insomma, la frase di per se non può essere causa dello scandalo.
Allora forse lo è l’immagine. E qui c’è veramente tanto da dire. Avete rotto il cazzo con sto perbenismo da domenica mattina. La pubblicità deve attirare l’attenzione. Una bella donna, come un bell’uomo, attira l’attenzione e la gente la guarda. Punto. Non c’è morale o etica, trattasi di natura. E non mi si dica che è una questione italiana o femminile, perchè il pacco di Beckam ce lo siamo sorbiti per anni senza dire un cazzo. E nessuno pensa che Beckam stia mercificando il suo essere uomo. O meglio, nessuno pensa che faccia male a farlo o faccia torto a qualcuno. Certo, su quel cartellone non c’è scritto “E tu a uno così cosa gli faresti?”, però non sono così idiota da bermi la balla secondo cui il problema stia nell’esplicitare. Queste sono battaglie vuote e isteriche di chi non sa più per cosa cazzo valga la pena lottare veramente. Sveglia. Lo scandalo non è che le belle facciano pubblicità, porcamerda, ma che facciano carriera grazie alla bellezza in ambiti dove la bellezza non dovrebbe contare. Quello è il problema e per quello bisogna combattere, ma smettiamola di rompere i coglioni a pubblicità, riviste e televisioni perchè ci si rende ridicoli e, di conseguenza, si lede all’importanza delle cause vere. Il probelma della TV non è qualche ragazzina che mostra il culo ammiccante, il problema è che intorno a quella ragazzina non c’è nulla. Non ci sono più contenuti. Non si può pensare di negare che la bellezza apra delle porte, bisogna puntare sull’educare a non volersi limitare a quelle poche opzioni e provar a puntare anche, soprattutto su altro per raggiungere i propri obbiettivi. E’ per quello che tutte le ragazzine vogliono diventare veline, perchè manca l’educazione. Perchè una volta non tutte volevano diventare Heter Parisi, o le ballerine del varietà, eppure per i tempi la figura era la stessa. Non è che le scegliessero cesse all’epoca. Una volta però le mamme e i papà dicevano alle bambine e ai bambini di andare a scuola e fare l’università, così avrebbero fatto una bella vita lavorando e vivendo di quello che realmente loro piaceva. Oggi mandare i figli all’università è se non inutile quasi controproducente, perchè li si ritrova a trent’anni senza un lavoro e con le aziende che, se devono proprio assumere, assumono gente di venti “da plasmare”. E allora c’è poco da lamentarsi se una ragazzina di quindici anni magari vede il fratello di venticinque che dopo anni di 30 e lode lavora da schiavo al McDonald e decide di puntare sulle tette. La colpa non è di Striscia la Notizia, ma di uno Stato che non da alternative. Perchè la bella e scema che nella vita non può puntare ad altro che non ad apparire su un cartellone del genere ci sarà sempre. L’obbiettivo è evitare che ci finiscano (se non per scelta loro) le belle, ma con potenzialità per fare altro.
In Italia le donne hanno vita difficile in molti ambienti lavorativi e, ultimamente, la cosa si sta aggravando con esempi al limite del nauseabondo. Bisogna focalizzare l’attenzione su quello e smetterla di rompere la minchia con la questione dell’immagine della donna, perchè tra le due cose c’è la stessa relazione che intercorre tra i giovani killer e la musica metal (ovvero nessuna, preciso perchè chissà mai che Alberoni stia leggendo).
Altrimenti ci si rende ridicoli e si perde di credibilità, rovinando anche il lavoro di chi per le reali necessità delle donne (e dei gay e di chiunque altro) combatte sul serio e in modo sensato.
Che poi dai, sta vicenda è veramente ai limiti del paradossale. La Carfagna definisce il cartellone “Volgare”. Questa frase, di per se, già sembra una battuta di satira. La protagonista dello spot incriminato, tale Barbara Montereale, pare sia una di quelle del giro ciuccia-premier. Ora, davvero vogliamo associare ad una così l’immagine della donna? Io direi di no, quindi al più con quello spot ha offeso la sua, di immagine.
E chissenefrega, aggiungerei.

EDIT: ho scritto a Gilioli e a Repubblica per avere un parere in merito. Vediamo se e cosa dicono.

Questo blog non è morto

Però anche sto giro non riesco a scrivere un post.
Volevo parlare della situazione Moratti/Pisapia, ma non c’è nulla da dire oltre a quanto faccia schifo quanto sta accadendo e a quanto faccia schifo un Paese in cui la sfida per un comune diventi una lotta senza esclusione di colpi per stabilire a quanti ancora vada a genio Berlusconi.
E la cosa drammatica è che Berlusconi, perchè di lui si parla, potrebbe vincere, scavando ulteriormente il fondo di quello che all’inizio era un barile ed ora è un pozzo apparentemente senza fondo. Spostando ancora un po’ più in la il limite per la decenza, la soglia di quanto sia consentito pur di vincere.
In tutta onestà, credo ce la farà. Non ho più fiducia nel mio Paese.
Però per una volta sarebbe bello se non succedesse. Se il peggio, per una volta, non arrivasse.
Non per la Moratti, nè per Pisapia, nè per Berlusconi, nè per Milano, di tutto questo mi interessa relativamente. Ad essere importante sarebbe la risposta della gente, il segnale che si è passata la soglia e che lo schifo, oltre a fare schifo, non paga. E perde.
Sarebbe bello creare un precedente positivo, per una cazzo di volta.

La festa per un omicidio è una cosa che non riesco a digerire.

Mi son preso del tempo per scrivere qualcosa in merito all’assassinio di Osama Bin Laden.
Mi è servito del tempo perchè per una volta non volevo scrivere di getto, ma riflettendo su cosa, davvero, della questione mi abbia colpito. Ed il risultato è che tutto ciò che mi resta e mi resterà per sempre di tutto questo è che ancora una volta la razza umana ha saputo dimostrare il motivo per cui le cose vadano spesso così male.
Siamo e saremo sempre animali.
Finchè ci saranno feste in piazza per l’uccisione di una persona, per quanto colpevole dei peggiori delitti, il futuro non potrà mai apparire roseo. Dall’occidente democratico, da coloro che con la loro politica decidono le sorti dell’intero pianeta è lecito aspettarsi di più, di meglio, rispetto alla danza della vittoria sul cadavere del nemico.
Quando cose come questa accadono tendo davvero a sentirmi fuori posto nella nostra società.
E la pianto qui, perchè il tutto mi mette una tristezza immensa anche senza voler pensare che ci sia una possibilità tutt’altro che remota che molto di tutto questo sia stato inculcato nella testa della gente a forza.
Senza quindi voler pensare ad un funerale in mare, ad un popolo che ha imparato ad odiare chi gli hanno detto di odiare, a situazioni tutt’altro che chiare che hanno scatenato guerre e morti per motivi che posso solo immaginare.

Autocandidatura

Il discorso che Berlusconi oggi ha tenuto a Lampedusa mi ha spinto a riflettere.
Quelle che seguono sono alcune delle cose che ho visto e vissuto da cittadino italiano negli ultimi anni:
– Ho visto un Presidente del Consiglio diventare motivo di vergogna per la popolazione del mio Paese. Soprattutto all’estero.
– Ho visto divorziati e puttanieri in piazza per negare diritti a chi non è abbastanza ipocrita da nascondersi dietro la maschera della “famiglia cattolica”.
– Ho visto “la sinistra” chiedere ai lavoratori della FIAT di acconsentire a farsi sfruttare.
– Ho visto “mani pulite” e ho rivisto molti di coloro che ne presero parte tornare in parlamento come nulla fosse.
– Ho visto Follini, la Binetti e Rutelli nel centrosinistra.
– Ho visto Mastella.
– Ho visto la compravendita di voti e favori in Parlamento. Impuntita e, peggio, ostentata.
– Ho visto la scuola pubblica, patrimonio di cui l’Italia avrebbe dovuto vantarsi, sventrata in vece di sporchi interessi politici.
– Ho visto il Papa in Parlamento.
– Ho visto Scilipoti.
– Ho visto la casta generare ad uno ad uno i propri privilegi arrivando a sbatterli in faccia al cittadino senza alcun pudore.
– Ho visto la politica usare le forze dell’ordine contro i cittadini. Dormienti.
– Ho visto il mio Paese parte in causa in diverse guerre, nonostante la costituzione voglia un’Italia che “ripudia la guerra”.
– Ho visto le leggi ad personam.
– Ho visto puttane e servi fare carriera mentre il governo distruggeva il futuro dei giovani meritevoli al grido, beffardo, di “meritocrazia”.
– Ho visto la legge elettorale “porcata” e gli scempi che ha permesso.
– Ho visto i sindacati aiutare i potenti ad affossare i lavoratori, facendo credere di volerli tutelare.
– Ho visto Gasparri spacciarsi per l’autore di una legge.
– Ho visto gente ridere di disgrazie immani solo perchè queste avrebbero portato loro altri soldi.
– Ho visto la cultura relegata ad un rincaro sulla benzina.
– Ho visto Fede, Minzolini, Bruno Vespa, Liguori, Rossella, Ferrara e tanti altri in onda tutti i sacrosanti giorni a lamentarsi dell’egemonia comunista nell’informazione.
– Ho visto ore di dibattiti e tribune politiche in cui veniva detto tutto ed il contrario di tutto senza che nessuno fermasse la caciara e dicesse qual’era la realtà dei fatti.
– Ho visto il giornalismo morire sotto i colpi di interviste concordate, monologhi sermone e salotti televisivi vuoti di concetti.
– Ho visto un partito nato al grido di Roma Ladrona infiltrare figli, nipoti ed amici in qualunque posizione Roma potesse dar loro uno stipendio sontuoso.
– Ho visto politici rivalutare Mussolini. O peggio, sdoganarne l’apprezzamento.
– Ho visto lo Stato messo in mano ad affaristi senza scrupoli che hanno barattato l’occupazione, il futuro del paese, per i loro interessi.
Ho visto tutto questo e molto, molto altro.
E non ho fatto un cazzo.
Il nobel per la pace quindi, senza falsa modestia, lo merito io, come lo meritano tutti quelli che come me dopo anni, decenni di merda ingoiata a forza non hanno ancora optato per ricorrere alla violenza e risolvere una volta per tutte questa triste e drammatica situazione italiana.