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Viaggi

Summer trip

So di aver passato la maggior parte dell’ultimo periodo a lagnarmi o vantarmi del mio Agosto brugherese.
So di conseguenza quanta incoerenza ci sia nel titolare questo post “Summer Trip” e, soprattutto, nel raccontarci il mio fine settimana in terra di Toscana.
Conscio di tutto questo posso semplicemente dire chissenefrega e iniziare con la narrazione.
Venerdì mattina all’alba, la Bri ed io abbiamo levato le tende con l’intenzione di farci un sano e breve tour enogastronomico.
La destinazione ufficiale era il Castello di Gargonza, dove avremmo pernottato l’unica notte passata fuori città, mentre quelle ufficiose erano Pienza e Montalcino.
L’idea era di dare sfogo alle nostre indoli golose (avrà poi il plurale la parola indole? Mi sa di no…) ingerendo quanto più pecorino, brunello e chinina possibili e magari riuscendo a dare sfogo alla voglia maledetta che mi assillava da quasi una settimana: fegato.
Il viaggio di andata è stato piuttosto dilettevole.
In sottofondo si alternavano i cd delle due playlist* stilate da me e Bri durante il tragitto e la strada scorreva abbastanza agevole in compagnia di un amico olandese al volante di una Porche GT2, che ho seguito da Milano Sud a Bologna Borgo Panigale.
Il tizio, che da buono straniero osservava tutti i limiti dando solo a sprazzi dimostrazioni di forza, si è rivelato molto cordiale e dopo quasi duecento chilometri passati a seguirlo come fossi la sua ombra, mi ha anche salutato mentre percorreva la rampa di uscita dall’autostrada.
Ho ricambiato il saluto.
E’ stato un bel momento.
Siamo arrivati a Pienza poco dopo le dieci della mattina.
Prima di darmi alle gioie del palato però era necessario che testassi il nuovo treno di Bridgestone Potenza montate sulla Yaris il giorno precedente.
Dopo quarantaduemila chilometri era effettivamente il caso di cambiare gomme.
Tra colli e vigneti il collaudo delle nuove coperture ha dato gli esiti sperati.
Una volta parcheggiata la macchina è iniziato il minitour per le vie del paesino che devo ammettere essere molto bello.
La peculiarità del luogo tuttavia resta il pecorino e le piccole botteghe locali che ne permettono l’assaggio libero sono tutte invitanti.
La nostra scelta è ricaduta sull’Azienda Agricola Zazzeri che con due fette di formaggio, una di salame e un bicchiere di buon rosso si è aggiudicata le nostre simpatie.
Questo sottintende che in quella piccola bottega io e la Bri abbiamo acquistato nell’ordine mezza forma di pecorino dolce, mezza forma di pecorino stagionato ed una finocchiona.
Appagati dalla prima tappa siamo ripartiti alla volta di Montalcino.
L’obbiettivo per la seconda sosta era, nemmeno a dirlo, il pranzo con al tavolo una bottiglia del famigerato Brunello.
Al modico costo di venti euro ci siamo così accaparrati una mezza bottiglia di Col D’Orcia per accompagnare i pinci al ragù di carne e funghi di Ambra ed il mio cinghiale con polenta.
A chiudere sono poi arrivati cantucci con moscato e grappa di Brunello Riserva.
Immensa.
Anche in questo caso ripartire senza i dovuti souvenir non sembrava elegante e quindi abbiamo deciso di fare nostre un paio di bottiglie di Brunello di Montalcino ed una mini bottiglia di distillato annesso.
Per le quattro di Venerdì pomeriggio le chiavi della Camera Superiore numero 19 della dimora storica di Castel Gargonza erano nelle nostre mani e noi stazionavamo felici ed infreddoliti ai bordi della sua gelida piscina.
Il pisolino era, a questo punto, un obbligo a cui non abbiamo sentito di sottrarci prima di una doccia ristoratrice ed un aperitivo al bar dell’albergo.
Ora il programma prevedeva la cena.
La Bri, navigando in internet, aveva scovato una piccola trattoria chiamata “La Locanda del Templare”.
Si può rinunciare a un locale con un nome del genere?
No.
Abbiamo prenotato.
La chicca del posto era che con un’aggiunta di un paio d’euro era possibile abbinare al piatto scelto un bicchiere di vino indicato senza dover trovare una bottiglia che andasse bene con tutto.
L’adesione all’iniziativa è stata totale.
Io ho preso delle tagliatelle di farina di castagne con funghi porcini accompagnate da un bianco fermo e molto fruttato e, goduria massima, fegatini con patate arrosto accompagnati da un buon rosso.
Ambra invece come primo ha optato per delle tagliatelle al ragù di cinghiale servite con un rosso di media gradazione, seguite da una tagliata di carne chinina a dir poco sublime, accompagnata da un rosso molto più strutturato.
A chiudere, per entrambi, dessert della casa e moscato.
Durante la cena abbiamo fatto la conoscenza di tal Lorenzo Villa, torinese D.O.C. che a cinquant’anni ha deciso di mollare il lavoro per trasferirsi a fare il viticoltore.
Una persona realmente splendida che, dopo averci offerto praticamente una bottiglia di grappa al tavolo, ci ha raccontato di quando allenava alla Berloni Torino, di quando per scherzo in un’amichevole allenò Dawkins e di quando, sempre per scherzo in una partitella contro ragazzini di un college americano in tour in Italia, si era trovato a marcare un giovanissimo Michael Jordan.
Tra cibo, bevande e compagnia la serata non sarebbe potuta essere migliore.
Almeno fino a che ci è stato presentato il conto.
Non perché questo fosse particolarmente salato, tutt’altro, quanto perché in quel momento il mio bancomat (sì, c’è scritto mio perché è quello del mio conto, su cui ci sono i miei soldi. Non è quello della mamma, per intenderci) ha deciso di smettere di funzionare.
In quel preciso istante, i due giorni da Re che ci siamo regalati hanno rischiato seriamente di trasformarsi in qualche mese da carcerato.
Fortunatamente la Bri aveva in tasca poco più del necessario a saldare il conto al ristorante.
Ora il problema restava solamente pagare albergo, casello ed eventuale benzina con i sedici euro che ci restavano in tasca.
Fortunatamente dopo vari tentativi sono riuscito, circa alla una di notte, a far sputare ad un bancomat qualche euro.
Questa mattina, una volta effettuato il check-out, disponevamo per il rientro della spropositata cifra di 52 euro e di un serbatoio pieno solo per metà.
La colazione faraonica fatta in albergo ed una guida paranoica che ha tenuto il motore inchiodato ai 3800 giri per quattrocento chilometri, con conseguente velocità di crociera di centoventi chilometri orari, ci hanno permesso di rientrare con ancora dieci euro in tasca e senza necessità di pranzare.
Sarebbero potuti essere anche trenta, se la non Bri mi avesse persuaso del fatto che la riserva non sarebbe bastata da Piacenza a casa.
Vista la precisione chirurgica con cui avevo guidato fino a quel momento, io avrei creduto all’impresa, ma probabilmente avrei solo costretto il team a restare a piedi sulla est.
Così è finita la mia breve, ma fantastica vacanza.
Domani invece a finire sarà il mio soggiorno nell’appartamentino e con lui, la mia estate.
Di quel che è stato questo periodo di indipendenza però è bene che ne parli in un’altra occasione.
Pur non potendo connettermi per pubblicare immediatamente quanto ho prodotto e valutarne la lunghezza, vedere che si tratta di due pagine di word mi è sufficiente a capire che è il caso che mi fermi qui.
Sono le 22.09 ed io sono a letto.
Per scrivere ho utilizzato il mio portatile, unico oggetto tecnologicamente avanzato di cui ho disposto in questo mese.
Affianco a me, la Bri sta dormendo già da parecchio tempo.
Non posso staccare però senza citare la chiamata che ho ricevuto poco fa dai quattro d’oltre oceano.Inutile spiegare quanto l’abbia gradita.

Ecco le playlist a confronto (Manq vs. Bri):
1- Darkest Hour – Undoing Ruin vs. Poison the Well – You Come Before You
2- Brand New – Your Favorite Weapon vs. Mineral – The Power of Failing
3- The Bled – Found in the Flood vs. The Used – The Used
4- Bloodhound Gang – Hafty Fine vs. Taking Back Sunday – Tell All Your Friend
5- Taking Back Sunday – Where you Want to Be vs. Fightstar – Grand Unification
6- Senses Fail – Let it Enfold You vs. Brand New – Deja Entendu
7- Angels & Airwaves – We don’t need to Wishper vs. Atreyu – The Curse
8- Grade – Under the Radar vs. Mae – The Everglow

The fairy tale of London

Eccomi qui.
Decisamente riposato e mediamente soddisfatto dalla prestazione degli Azzurri sono pronto a raccontare il tour che mi ha portato oltre manica nei giorni scorsi.
Inizierò parlando proprio della metropoli di per se stessa. Credo che sia la città più bella che io abbia mai visto. La cosa che mi ha più colpito è stata la grandissima varietà di paesaggi differenti che racchiude al suo interno. Parchi, palazzi ultramoderni, monumenti, zone caotiche, zone tranquille, quartieri di lusso ed enormi mercatini il tutto mischiato assieme senza lasciare in chi guarda la sensazione di disagio che differenze così grandi mal accostate saprebbero suscitare.
Sconvolgente.
Muovendosi in metropolitana poi, il tutto acquisisce ancora più valore perché ogni volta che si riemerge dal sottosuolo in un diverso quartiere si ha l’impressione di aver cambiato non solo città, ma forse persino paese e cultura. Soprattutto Domenica, passando da Camden Town a Soho e poi a Notthing Hill, a Temple e, per finire, al cuore della City, siamo stati sbalzati ripetutamente attraverso paesaggi che da noi potremmo trovare solo viaggiando con un ipotetico treno che in pochi minuti ci porti a Napoli, Firenze, Roma e Milano. Non credo che avrei potuto immaginare quello che realmente è Londra se qualcuno me l’avesse descritta in questo modo prima che ci andassi di persona, ma è assolutamente difficile rendere l’idea di quello che questa città offre a chi la visita. Devo ammettere, tra l’altro, che avere affianco una persona che mastica di Architettura mi ha aiutato moltissimo a cogliere il fascino anche di cose che magari, non lo so con certezza perché non mi ci sono mai trovato a cospetto, avrei difficilmente apprezzato. Un esempio è costituito dagli edifici ipermoderni come il Loyd’s, di cui mi sono letteralmente innamorato. Oltretutto, pur essendo la città in se ed i suoi abitanti di una sporcizia inenarrabile, tutti i monumenti e gli edifici sono al massimo del loro splendore, senza nulla che possa deturparne l’aspetto. Prima di partire mi immaginavo di trovare tutta un’altra città e forse anche per questo l’ho apprezzata così tanto.
Ha saputo stupirmi.
Ora è il momento di parlare dei Londinesi. Anche loro da un certo punto di vista hanno saputo stupirmi. Mai vista così tanta disponibilità verso i turisti. Chiunque ci capitasse attorno era pronto ad aiutarci anche senza che noi chiedessimo nulla. Sabato pomeriggio, ad esempio, stavamo consultando la cartina fuori da un Casinò per decidere dove andare e la ragazza alla reception è uscita apposta per chiedere se avessimo bisogno di aiuto. Stessa cosa per un addetto dell’underground che ci ha spiegato passo passo come fare i biglietti all’automatico per risparmiarci la coda allo sportello. Chissà perché me li immaginavo molto più chiusi verso gli stranieri. Altra cosa che mi ha impressionato moltissimo è la multirazzialità (vocabolo che credo di essermi testé inventato). Lo spettro di etnie perfettamente amalgamate che ho visto in questi due giorni non l’avevo mai visto da nessun altra parte. Per quel poco che ho potuto constatare, chi predica l’incompatibilità tra culture diverse dovrebbe farsi un viaggetto nella capitale del Regno Unito prima di sostenere nuovamente questa tesi. La cosa che invece non mi ha per nulla stupito è quanto questa gente senta il calcio ed i fiumi di birra che lo accompagnano. Sabato alle 15:00 l’Inghilterra ha battuto il Paraguay (e non ho detto l’Olanda del calcio totale o l’Argentina di Maradona) uno a zero, grazie ad un’autorete.
La sera alle 22:00 c’erano ancora in giro ragazzi e ragazze totalmente ubriachi, mezzi nudi, vestiti solo di patriottiche bandiere ed intenti a fare caroselli come neanche avessero vinto sei a zero la finale.
Fantastici.
Non che io trascuri il fattore calcio. Domenica c’è stata la rituale visita allo stadio che non manco di fare in nessuna delle città che visito. Tra i molteplici che si possono trovare a Londra ho scelto lo Stanford Bridge, per ovvi motivi nostalgici. Con un certo disagio sono entrato anche nello store ufficiale per vedere se fosse già reperibile la nuova maglia numero 7. Non c’era.
Meglio.
Altra cosa che non posso astenermi dal descrivere è il lato economico del viaggio. Che la “sterla” fosse moneta infame lo si sapeva dal principio e lo si era detto in tempi non sospetti. Ero tuttavia riuscito a non cadere nel suo diabolico tranello per quasi tutto Sabato, concedendomi unicamente acquisti che mi sarebbero stati rimborsati dai miei come la borsa porta pranzo di Harrods che mia madre voleva per atteggiarsi in ufficio o il nuovo paio di All Star che avrei comunque dovuto acquistare al rientro, viste le condizioni in cui versavano le precedenti.
Tutto procedeva bene fino appunto a Sabato sera, quando ho messo piede nel Virgin Megastore di Piccadilly Circus.
Lì si è consumato un dramma.
Quel posto vende tutti i CD dei miei sogni, anche quelli introvabili, quelli che non sono nemmeno riuscito ad ordinare via internet, persino quelli che nemmeno Uncle Bazzu a Los Angeles (e non ho detto Quartoggiaro) è riuscito a trovarmi.
Tutti.
Nel giro di pochi minuti, in preda agli spasmi e ad uno stato eccitatorio fuori dal comune, avevo per le mani una quantità di dischi tale da dover ipotecare la casa che non ho per poterli pagare. Riacquistata coscienza di me sono riuscito a limitare i danni comprando solo, si fa per dire, tre dischi: “Under the Radar” dei Grade, “The Everglow” dei MAE e la limited edition di “Tell All Your Friends” dei Taking Back Sunday che presenta al suo interno, oltre al disco, un DVD con video, interviste ed altre cose inutili da cui io però sono fisicamente dipendente. Il dramma in tutto questo non è stata nemmeno la spesa folle in se, ma l’essere uscito di lì col chiodo fisso di tutti i CD che avevo dovuto rimettere sugli scaffali e che forse non sarei mai più riuscito a trovare altrove.
Anche in un viaggio perfetto tuttavia, ci sono degli inconvenienti. In questo caso l’unico che sia degno di nota è il non aver visto nessuno dei due luoghi descritti nel “Codice Da Vinci”: Temple Church domenica era chiusa (?), mentre per l’abbazia di Westminster le 10 sterline richieste all’ingresso apparivano eccessive.
Bene, questo è quanto.
Probabilmente, a pensarci meglio, mi verrebbero in mente milioni di altre cose da dire riguardo al mio week-end, tuttavia credo che sia giusto chiudere qui, almeno per il momento.
Come credo sia intuibile, non aver praticamente dormito per due giorni interi e aver camminato tanto da avere dolori sparsi in tutto il corpo ancora oggi, non mi è pesato per nulla.

Foto del giorno n°2 – Il nostro arrivo a Buckingham Palace
Fuckingham Palace
*Manq: “Guarda te sti cani inglesi che pagliacciata stanno mettendo su davanti a Fuckingham Palace…”
Bri: “Amo, questo lo capiscono.”

Heaven is a place on Earth

Londra è semplicemente fantastica.
Non servirebbero altre parole.
Io ho però molta voglia di raccontare questo bellissimo week end e quindi userò molte altre righe di questo blog che tuttavia saranno unicamente in grado di rendere ridondante il concetto espresso qui sopra.
Annoterò tutto.
Domani.
Ora ho bisogno di riposare, sono letteralmente a pezzi.

Foto del giorno n°1 – Hyde Park
Bri
* nel raccontare questi bellissimi due giorni, non avrei potuto scegliere un punto di partenza diverso.

Tre e mezzo all’alba

L’esame di NMR è andato bene.
Questo vuol dire che, se tutto va come previsto, nella mia vita non avrò mai più a che fare con spettri di protoni o altri nuclei, spettri bidimensionali Cosy ed Hetcor, effetto N.O.E. e costanti di accoppiamento che siano geminali, vicinali o a lungo raggio.
Non è una cosa da poco.
Anche in questa circostanza non è mancata tuttavia la goliardia che permea questi miei ultimi periodi da studente. Arrivato in sede d’esame infatti la professoressa ha iniziato a sostenere che io abbia saltato i laboratori durante il corso e che questo sarebbe stato un problema.
Con la calma che mi contraddistingue ultimamente ho chiesto cosa avrei dovuto fare e, arrivandomi risposte molto vaghe, ho manifestato come a mio avviso la mia laurea non dovesse dipendere dal loro stramaledetto laboratorio.
La docente era inaspettatamente della mia stessa idea. Si preoccupava solo di doverla fare in barba alla collega il cui modulo devo ancora sostenere. Alla fine abbiamo chiuso con un patteggiamento che prevedesse due punti meno al voto per questo esame e l’autorizzazione di fare palesemente finta di nulla con l’altra professoressa, sperando nella svista. Essendo che, sottratti i due punti, il mio voto era 28 ho pensato di sottoscrivere l’accordo.
Una piccola dose di fiducia mi ci voleva proprio in questo periodo.
Per festeggiare io e la Bri abbiamo deciso di regalarci il week-end insieme che ci promettiamo da una vita. La meta scelta è Londra.
Facendo due rapidi calcoli sul sito di Ryanair abbiamo trovato un offerta da 154.14 euro in due tasse incluse, che ci consentirebbe di partire Sabato 10 Giugno e atterrare a Stansted per le 7.45 facendo ritorno in quel di Orio al Serio il Lunedì mattina seguente per le 9.30.
Giusto in tempo per andare in laboratorio.
Onesto.
Ora mi sto informando da vari conoscenti per localizzare un buon giaciglio per la prima sera, possibilmente con colazione inclusa e senza spendere un patrimonio. Speriamo di trovare qualcosa che faccia al caso nostro.
La stanchezza e lo stress accumulati iniziano a farsi sentire.
Andrò a sdraiarmi un po’.

“So this is the New Year…

… and i don’t feel any different.”
Così recita la canzone dei Death Cab for Cutie che apre “Transatlanticism” e così voglio aprire il primo post del nuovo anno solare. Finita la vacanza dovuta ai festeggiamenti per il nuovo anno eccomi di nuovo qui a scrivere su questo diario virtuale. Innanzi tutto, non so come mai, l’ho ritrovato con un template diverso dal mio, ma credo che sia stato un problemino dovuto al cambio di anno e conseguente riarrangiamento dell’archivio. Analizzando questa cosa mi sono reso conto che l’attuale grafica è oggettivamente fatta male ed appare presentabile solo ed esclusivamente a 1280×1024 e a schermo intero. Le cose cambieranno presto, spero, poichè mi secca che chi viene a leggere quanto scrivo debba vedere questo schifo.
Tornando alla mia vacanza, che finirà domani mattina alle 9.00 col mio ingresso in laboratorio, devo dire essere stata piacevole. Non che si sia fatto nulla di particolare, ma è stato rilassante e rilassarmi era l’unica cosa di cui avevo bisogno quindi pollice alto per questi quattro giorni a base di playstation, scopone, briscola chiamata e tanto riposo.
Come fatto per quest’estate, pubblicherò qualche foto qui sopra durante i prossimi giorni.
Bene, la stanchezza preme ed il tempo di andare a dormire è giunto, quindi meglio chiudere qui e tornare a fischiettare “The New Year” visto che di differenze al momento ce ne sono veramente poche e quelle che si prospettano, non sono certo positive.

Foto n°1 – Il Gruppo
La cumpa di S. Piero
* In senso orario a partire dalla Bri (maglioncino bordò): Ambra, Odri, Dani, Peich, Orifizio, Aui, Simo, la Vera, la Ersaz e l’Ali (maglione rosso).

Kilt

L’unico aspetto delle mie vacanze rimasto in sospeso senza che ne raccontassi gli effettivi risvolti è quello riguardante il kilt “selfmade” e l’abbigliamento scozzese.
Ebbene tutto è andato come previsto.
Il gonnellino folkloristico è stato indossato per l’intera permanenza sul suolo scozzese, senza alcuna interruzione di sorta, suscitando anche fervida stima nella gran parte degli autoctoni. In loco abbiamo scoperto che i colori del nostro Tartan sono quelli di un gruppo militare antico, i Black Watchers, sentinelle che monitoravano gli spostamenti degli eserciti nemici dalle mura dei fortini e dei castelli.
Devo ammettere che la gonna, come indumento, è realmente molto comodo. Anche portata senza mutande, come è stato rigorosamente fatto durante l’escursione sulle highlands, non è per nulla di impaccio e permette di fare persino lunghe camminate.
Visto sui soggetti in questione può far ridere, ma in realtà il kilt e tutto l’abito di rappresentanza scozzese sono di una bellezza e di un eleganza riscontrabili in pochi altri capi d’abbigliamento.

Foto del giorno N°8 – Highlanders
Libertà!
* a 60 ° F, sulle Highlands, solo alcuni uomini possono permettersi di stare a torso nudo e senza mutande sotto il loro kilt: gli immortali e i pirla…

L’insostenibile leggerezza di un boeing

La mia prima esperienza con gli aerei merita di essere raccontata, poichè, come tutte le prime volte in generale, è stata un assurdo. L’idea di stare in una trappola da cui è impossibile fuggire, sospeso a 10k metri dal suolo, totalmente impotente, è stata un tarlo terribile nel mio cervello per le ore precedenti a tutti e quattro i voli effettuati. Forse è solo la mia arroganza, o magari è tutto dovuto al fatto che io nutro fiducia pari a zero nell’operato del prossimo, tuttavia ho scoperto quanto sia odioso non essere artefici del proprio destino. Non so nemmeno bene come spiegarlo, ma stare in un posto in cui non si ha la minima possibilità di perpetrare l’autoconservazione è angosciante come poche altre cose. Pensandoci, in quante altre situazioni si è totalmente impotenti in caso di imprevisti che minino la sicurezza di noi stessi? Non me ne viene in mente nessun’altra. Questa è stata la mia paranoia principale. Una volta a bordo però, la situazione è diversa. Lo spettacolo che si vive vale in toto il prezzo del biglietto, basta unicamente non focalizzarsi sull’idea di essere in un aereo. Non è semplice, ma se la vista lo consente, si viene rapiti a tal punto da ciò che si vede che allontanare i pensieri poco stimolanti non è poi così complesso. Anche le sensazioni dovute all’incremento o alla diminuizione della forza di gravità sul mio corpo mi sono piaciute un sacco. L’ultimo dei quattro voli l’ho passato interamente incollato al mio oblò/finestrino come fossi un bambino su una giostra. A pensarci bene Povia ha ragione: è bello stupirsi delle cose come fanno i bambini. Io però, a differenza sua, riesco ancora a farlo e quindi mi reputo fortunato. Chiudendo l’iniciso, scrivere cose intelligenti non lo autorizza certo a metterle in musica in maniera pessima.
Tirando le conclusioni del discorso, viaggiare in aereo è bello se si ha la forza, la sfrontataggine e l’incoscienza di farlo. Certo che se sceso dal velivolo il primo pensiero è quello che ho avuto io, ovvero: “E’ andata, sono vivo!”, evidentemente quelle tre caratteristiche non sono poi così presenti.

Foto del giorno N°5 – L’insostenibile leggerezza di un Boeing
Posto finestrino
* da ovunque lo si guardi, il cielo è sempre bello.

Le mie vacanze

Finalmente fresco, pulito e riposato, mi appresto a scrivere un po’ di righe sulla mia vacanza, attendendo con gioia le 12.30, ora in cui Bri passerà a prendermi per portarmi non so dove.
Ho fatto veramente un bel viaggio, uno di quelli che si ricordano per tutta la vita. Scozia ed Irlanda sono due paesi molto diversi, ad accomunarli ci sono solo il clima ipervariabile e la cucina nefanda, ma sono indubbiamente due lati negativi per entrambi. I due paesaggi non sono assolutamente confondibili nè paragonabili, ognuno presenta caratteristiche proprie che lo rendono spaventosamente affascinante. La Scozia è semplicemente commuovente. Nuvole bassissime, spesso grigie e incombenti, lasciano nel cielo finestre di un azzurro che pare irreale, il tutto a suggellare scorci di natura incontaminata ricchi di storia. Aprendo gli occhi all’improvviso pare di essere tornati indietro nel tempo, catapultati in un era lontana ed irreale. Mentre la fantasia galoppa creando immagini surreali nella mia mente, di fronte al mio sguardo restano quelle montagne coperte di nubi e dalla malinconia palpabile. Senza dubbio quanto di più emozionante io abbia visto nella mia vita. Non pensavo fosse vero potersi commuovere di fronte alla bellezza di un paesaggio, ma giuro che se non ho pianto è solo pura casualità. Credo di essere mentalmente regredito ai miei dieci anni immerso in quei paesaggi e quelle rovine di roccaforti, castelli e cattedrali.
Stupendo.
In Irlanda invece è tutto molto meno cupo. La mia visita a quel paese non è stata approfondita quanto quella alla Scozia, per diversi motivi tra cui il clima e la stanchezza accumulata spiccano per merito, tuttavia da quello che ho visto l’ho trovato un posto irrealmente pacifico, dove l’unica cosa da fare è soffermarsi in silenzio, guardare il panorama e restarsene un po’ soli con i propri pensieri. Spicca in quest’ottica la vista sbalorditiva che mi hanno offerto le scogliere di Moher, capaci di farmi rendere conto di quanta bellezza sconfinata ci sia in giro e di come questa sia sproporzionata rispetto a noi piccoli uomini. Per un credente non credo ci possa essere dimostrazione più esaltante della potenza di Dio. Per me che non lo sono resta comunque lo stupore reverenziale di fronte ad una cosa che l’uomo non riuscirebbe a ricreare nemmeno ci lavorasse da qui all’infinito. E non credo affatto che questo sia un male, tutt’altro.

Foto del giorno N°2 – L’Equipaggio dell’Enterprise
La truppa al completo
* Grazie a tutti (nell’ordine da sinistra a destra: Capitan Peich, Fà, la Eli, *io*, Missa, Bazzu e Simo) per le belle vacanze trascorse. You guys rule!

A casa

Eccomi rientrato dalle ferie. Il viaggio è stato uno dei più belli della mia vita perchè il posto visitato è sbalorditivo da ogni punto di vista. Per questo motivo ho deciso che per trenta giorni a partire da oggi, 25 agosto, posterò una foto quotidiana ritraente parte delle mie ferie. Avrei mille cose da raccontare, ma adesso sono stanco. Notte.

Foto del giorno N°1 – L’infinita bellezza di ciò che è triste
Highlands
* Ecco la scozia di cui mi sono innamorato: paesaggi che trasudano malinconia…

E’ ora

Si parte.
Destinazione: Regno Unito.
Tutto è al suo posto, la casa è in ordine e Norge, il mio zaino, è pieno e operativo.
Resta solo da vedere se avrò il coraggio di salire sull’aereo.
Buone Vacanze.