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Viaggi

The fairy tale of London

Eccomi qui.
Decisamente riposato e mediamente soddisfatto dalla prestazione degli Azzurri sono pronto a raccontare il tour che mi ha portato oltre manica nei giorni scorsi.
Inizierò parlando proprio della metropoli di per se stessa. Credo che sia la città più bella che io abbia mai visto. La cosa che mi ha più colpito è stata la grandissima varietà di paesaggi differenti che racchiude al suo interno. Parchi, palazzi ultramoderni, monumenti, zone caotiche, zone tranquille, quartieri di lusso ed enormi mercatini il tutto mischiato assieme senza lasciare in chi guarda la sensazione di disagio che differenze così grandi mal accostate saprebbero suscitare.
Sconvolgente.
Muovendosi in metropolitana poi, il tutto acquisisce ancora più valore perché ogni volta che si riemerge dal sottosuolo in un diverso quartiere si ha l’impressione di aver cambiato non solo città, ma forse persino paese e cultura. Soprattutto Domenica, passando da Camden Town a Soho e poi a Notthing Hill, a Temple e, per finire, al cuore della City, siamo stati sbalzati ripetutamente attraverso paesaggi che da noi potremmo trovare solo viaggiando con un ipotetico treno che in pochi minuti ci porti a Napoli, Firenze, Roma e Milano. Non credo che avrei potuto immaginare quello che realmente è Londra se qualcuno me l’avesse descritta in questo modo prima che ci andassi di persona, ma è assolutamente difficile rendere l’idea di quello che questa città offre a chi la visita. Devo ammettere, tra l’altro, che avere affianco una persona che mastica di Architettura mi ha aiutato moltissimo a cogliere il fascino anche di cose che magari, non lo so con certezza perché non mi ci sono mai trovato a cospetto, avrei difficilmente apprezzato. Un esempio è costituito dagli edifici ipermoderni come il Loyd’s, di cui mi sono letteralmente innamorato. Oltretutto, pur essendo la città in se ed i suoi abitanti di una sporcizia inenarrabile, tutti i monumenti e gli edifici sono al massimo del loro splendore, senza nulla che possa deturparne l’aspetto. Prima di partire mi immaginavo di trovare tutta un’altra città e forse anche per questo l’ho apprezzata così tanto.
Ha saputo stupirmi.
Ora è il momento di parlare dei Londinesi. Anche loro da un certo punto di vista hanno saputo stupirmi. Mai vista così tanta disponibilità verso i turisti. Chiunque ci capitasse attorno era pronto ad aiutarci anche senza che noi chiedessimo nulla. Sabato pomeriggio, ad esempio, stavamo consultando la cartina fuori da un Casinò per decidere dove andare e la ragazza alla reception è uscita apposta per chiedere se avessimo bisogno di aiuto. Stessa cosa per un addetto dell’underground che ci ha spiegato passo passo come fare i biglietti all’automatico per risparmiarci la coda allo sportello. Chissà perché me li immaginavo molto più chiusi verso gli stranieri. Altra cosa che mi ha impressionato moltissimo è la multirazzialità (vocabolo che credo di essermi testé inventato). Lo spettro di etnie perfettamente amalgamate che ho visto in questi due giorni non l’avevo mai visto da nessun altra parte. Per quel poco che ho potuto constatare, chi predica l’incompatibilità tra culture diverse dovrebbe farsi un viaggetto nella capitale del Regno Unito prima di sostenere nuovamente questa tesi. La cosa che invece non mi ha per nulla stupito è quanto questa gente senta il calcio ed i fiumi di birra che lo accompagnano. Sabato alle 15:00 l’Inghilterra ha battuto il Paraguay (e non ho detto l’Olanda del calcio totale o l’Argentina di Maradona) uno a zero, grazie ad un’autorete.
La sera alle 22:00 c’erano ancora in giro ragazzi e ragazze totalmente ubriachi, mezzi nudi, vestiti solo di patriottiche bandiere ed intenti a fare caroselli come neanche avessero vinto sei a zero la finale.
Fantastici.
Non che io trascuri il fattore calcio. Domenica c’è stata la rituale visita allo stadio che non manco di fare in nessuna delle città che visito. Tra i molteplici che si possono trovare a Londra ho scelto lo Stanford Bridge, per ovvi motivi nostalgici. Con un certo disagio sono entrato anche nello store ufficiale per vedere se fosse già reperibile la nuova maglia numero 7. Non c’era.
Meglio.
Altra cosa che non posso astenermi dal descrivere è il lato economico del viaggio. Che la “sterla” fosse moneta infame lo si sapeva dal principio e lo si era detto in tempi non sospetti. Ero tuttavia riuscito a non cadere nel suo diabolico tranello per quasi tutto Sabato, concedendomi unicamente acquisti che mi sarebbero stati rimborsati dai miei come la borsa porta pranzo di Harrods che mia madre voleva per atteggiarsi in ufficio o il nuovo paio di All Star che avrei comunque dovuto acquistare al rientro, viste le condizioni in cui versavano le precedenti.
Tutto procedeva bene fino appunto a Sabato sera, quando ho messo piede nel Virgin Megastore di Piccadilly Circus.
Lì si è consumato un dramma.
Quel posto vende tutti i CD dei miei sogni, anche quelli introvabili, quelli che non sono nemmeno riuscito ad ordinare via internet, persino quelli che nemmeno Uncle Bazzu a Los Angeles (e non ho detto Quartoggiaro) è riuscito a trovarmi.
Tutti.
Nel giro di pochi minuti, in preda agli spasmi e ad uno stato eccitatorio fuori dal comune, avevo per le mani una quantità di dischi tale da dover ipotecare la casa che non ho per poterli pagare. Riacquistata coscienza di me sono riuscito a limitare i danni comprando solo, si fa per dire, tre dischi: “Under the Radar” dei Grade, “The Everglow” dei MAE e la limited edition di “Tell All Your Friends” dei Taking Back Sunday che presenta al suo interno, oltre al disco, un DVD con video, interviste ed altre cose inutili da cui io però sono fisicamente dipendente. Il dramma in tutto questo non è stata nemmeno la spesa folle in se, ma l’essere uscito di lì col chiodo fisso di tutti i CD che avevo dovuto rimettere sugli scaffali e che forse non sarei mai più riuscito a trovare altrove.
Anche in un viaggio perfetto tuttavia, ci sono degli inconvenienti. In questo caso l’unico che sia degno di nota è il non aver visto nessuno dei due luoghi descritti nel “Codice Da Vinci”: Temple Church domenica era chiusa (?), mentre per l’abbazia di Westminster le 10 sterline richieste all’ingresso apparivano eccessive.
Bene, questo è quanto.
Probabilmente, a pensarci meglio, mi verrebbero in mente milioni di altre cose da dire riguardo al mio week-end, tuttavia credo che sia giusto chiudere qui, almeno per il momento.
Come credo sia intuibile, non aver praticamente dormito per due giorni interi e aver camminato tanto da avere dolori sparsi in tutto il corpo ancora oggi, non mi è pesato per nulla.

Foto del giorno n°2 – Il nostro arrivo a Buckingham Palace
Fuckingham Palace
*Manq: “Guarda te sti cani inglesi che pagliacciata stanno mettendo su davanti a Fuckingham Palace…”
Bri: “Amo, questo lo capiscono.”

Heaven is a place on Earth

Londra è semplicemente fantastica.
Non servirebbero altre parole.
Io ho però molta voglia di raccontare questo bellissimo week end e quindi userò molte altre righe di questo blog che tuttavia saranno unicamente in grado di rendere ridondante il concetto espresso qui sopra.
Annoterò tutto.
Domani.
Ora ho bisogno di riposare, sono letteralmente a pezzi.

Foto del giorno n°1 – Hyde Park
Bri
* nel raccontare questi bellissimi due giorni, non avrei potuto scegliere un punto di partenza diverso.

Tre e mezzo all’alba

L’esame di NMR è andato bene.
Questo vuol dire che, se tutto va come previsto, nella mia vita non avrò mai più a che fare con spettri di protoni o altri nuclei, spettri bidimensionali Cosy ed Hetcor, effetto N.O.E. e costanti di accoppiamento che siano geminali, vicinali o a lungo raggio.
Non è una cosa da poco.
Anche in questa circostanza non è mancata tuttavia la goliardia che permea questi miei ultimi periodi da studente. Arrivato in sede d’esame infatti la professoressa ha iniziato a sostenere che io abbia saltato i laboratori durante il corso e che questo sarebbe stato un problema.
Con la calma che mi contraddistingue ultimamente ho chiesto cosa avrei dovuto fare e, arrivandomi risposte molto vaghe, ho manifestato come a mio avviso la mia laurea non dovesse dipendere dal loro stramaledetto laboratorio.
La docente era inaspettatamente della mia stessa idea. Si preoccupava solo di doverla fare in barba alla collega il cui modulo devo ancora sostenere. Alla fine abbiamo chiuso con un patteggiamento che prevedesse due punti meno al voto per questo esame e l’autorizzazione di fare palesemente finta di nulla con l’altra professoressa, sperando nella svista. Essendo che, sottratti i due punti, il mio voto era 28 ho pensato di sottoscrivere l’accordo.
Una piccola dose di fiducia mi ci voleva proprio in questo periodo.
Per festeggiare io e la Bri abbiamo deciso di regalarci il week-end insieme che ci promettiamo da una vita. La meta scelta è Londra.
Facendo due rapidi calcoli sul sito di Ryanair abbiamo trovato un offerta da 154.14 euro in due tasse incluse, che ci consentirebbe di partire Sabato 10 Giugno e atterrare a Stansted per le 7.45 facendo ritorno in quel di Orio al Serio il Lunedì mattina seguente per le 9.30.
Giusto in tempo per andare in laboratorio.
Onesto.
Ora mi sto informando da vari conoscenti per localizzare un buon giaciglio per la prima sera, possibilmente con colazione inclusa e senza spendere un patrimonio. Speriamo di trovare qualcosa che faccia al caso nostro.
La stanchezza e lo stress accumulati iniziano a farsi sentire.
Andrò a sdraiarmi un po’.

“So this is the New Year…

… and i don’t feel any different.”
Così recita la canzone dei Death Cab for Cutie che apre “Transatlanticism” e così voglio aprire il primo post del nuovo anno solare. Finita la vacanza dovuta ai festeggiamenti per il nuovo anno eccomi di nuovo qui a scrivere su questo diario virtuale. Innanzi tutto, non so come mai, l’ho ritrovato con un template diverso dal mio, ma credo che sia stato un problemino dovuto al cambio di anno e conseguente riarrangiamento dell’archivio. Analizzando questa cosa mi sono reso conto che l’attuale grafica è oggettivamente fatta male ed appare presentabile solo ed esclusivamente a 1280×1024 e a schermo intero. Le cose cambieranno presto, spero, poichè mi secca che chi viene a leggere quanto scrivo debba vedere questo schifo.
Tornando alla mia vacanza, che finirà domani mattina alle 9.00 col mio ingresso in laboratorio, devo dire essere stata piacevole. Non che si sia fatto nulla di particolare, ma è stato rilassante e rilassarmi era l’unica cosa di cui avevo bisogno quindi pollice alto per questi quattro giorni a base di playstation, scopone, briscola chiamata e tanto riposo.
Come fatto per quest’estate, pubblicherò qualche foto qui sopra durante i prossimi giorni.
Bene, la stanchezza preme ed il tempo di andare a dormire è giunto, quindi meglio chiudere qui e tornare a fischiettare “The New Year” visto che di differenze al momento ce ne sono veramente poche e quelle che si prospettano, non sono certo positive.

Foto n°1 – Il Gruppo
La cumpa di S. Piero
* In senso orario a partire dalla Bri (maglioncino bordò): Ambra, Odri, Dani, Peich, Orifizio, Aui, Simo, la Vera, la Ersaz e l’Ali (maglione rosso).

Kilt

L’unico aspetto delle mie vacanze rimasto in sospeso senza che ne raccontassi gli effettivi risvolti è quello riguardante il kilt “selfmade” e l’abbigliamento scozzese.
Ebbene tutto è andato come previsto.
Il gonnellino folkloristico è stato indossato per l’intera permanenza sul suolo scozzese, senza alcuna interruzione di sorta, suscitando anche fervida stima nella gran parte degli autoctoni. In loco abbiamo scoperto che i colori del nostro Tartan sono quelli di un gruppo militare antico, i Black Watchers, sentinelle che monitoravano gli spostamenti degli eserciti nemici dalle mura dei fortini e dei castelli.
Devo ammettere che la gonna, come indumento, è realmente molto comodo. Anche portata senza mutande, come è stato rigorosamente fatto durante l’escursione sulle highlands, non è per nulla di impaccio e permette di fare persino lunghe camminate.
Visto sui soggetti in questione può far ridere, ma in realtà il kilt e tutto l’abito di rappresentanza scozzese sono di una bellezza e di un eleganza riscontrabili in pochi altri capi d’abbigliamento.

Foto del giorno N°8 – Highlanders
Libertà!
* a 60 ° F, sulle Highlands, solo alcuni uomini possono permettersi di stare a torso nudo e senza mutande sotto il loro kilt: gli immortali e i pirla…

L’insostenibile leggerezza di un boeing

La mia prima esperienza con gli aerei merita di essere raccontata, poichè, come tutte le prime volte in generale, è stata un assurdo. L’idea di stare in una trappola da cui è impossibile fuggire, sospeso a 10k metri dal suolo, totalmente impotente, è stata un tarlo terribile nel mio cervello per le ore precedenti a tutti e quattro i voli effettuati. Forse è solo la mia arroganza, o magari è tutto dovuto al fatto che io nutro fiducia pari a zero nell’operato del prossimo, tuttavia ho scoperto quanto sia odioso non essere artefici del proprio destino. Non so nemmeno bene come spiegarlo, ma stare in un posto in cui non si ha la minima possibilità di perpetrare l’autoconservazione è angosciante come poche altre cose. Pensandoci, in quante altre situazioni si è totalmente impotenti in caso di imprevisti che minino la sicurezza di noi stessi? Non me ne viene in mente nessun’altra. Questa è stata la mia paranoia principale. Una volta a bordo però, la situazione è diversa. Lo spettacolo che si vive vale in toto il prezzo del biglietto, basta unicamente non focalizzarsi sull’idea di essere in un aereo. Non è semplice, ma se la vista lo consente, si viene rapiti a tal punto da ciò che si vede che allontanare i pensieri poco stimolanti non è poi così complesso. Anche le sensazioni dovute all’incremento o alla diminuizione della forza di gravità sul mio corpo mi sono piaciute un sacco. L’ultimo dei quattro voli l’ho passato interamente incollato al mio oblò/finestrino come fossi un bambino su una giostra. A pensarci bene Povia ha ragione: è bello stupirsi delle cose come fanno i bambini. Io però, a differenza sua, riesco ancora a farlo e quindi mi reputo fortunato. Chiudendo l’iniciso, scrivere cose intelligenti non lo autorizza certo a metterle in musica in maniera pessima.
Tirando le conclusioni del discorso, viaggiare in aereo è bello se si ha la forza, la sfrontataggine e l’incoscienza di farlo. Certo che se sceso dal velivolo il primo pensiero è quello che ho avuto io, ovvero: “E’ andata, sono vivo!”, evidentemente quelle tre caratteristiche non sono poi così presenti.

Foto del giorno N°5 – L’insostenibile leggerezza di un Boeing
Posto finestrino
* da ovunque lo si guardi, il cielo è sempre bello.

Le mie vacanze

Finalmente fresco, pulito e riposato, mi appresto a scrivere un po’ di righe sulla mia vacanza, attendendo con gioia le 12.30, ora in cui Bri passerà a prendermi per portarmi non so dove.
Ho fatto veramente un bel viaggio, uno di quelli che si ricordano per tutta la vita. Scozia ed Irlanda sono due paesi molto diversi, ad accomunarli ci sono solo il clima ipervariabile e la cucina nefanda, ma sono indubbiamente due lati negativi per entrambi. I due paesaggi non sono assolutamente confondibili nè paragonabili, ognuno presenta caratteristiche proprie che lo rendono spaventosamente affascinante. La Scozia è semplicemente commuovente. Nuvole bassissime, spesso grigie e incombenti, lasciano nel cielo finestre di un azzurro che pare irreale, il tutto a suggellare scorci di natura incontaminata ricchi di storia. Aprendo gli occhi all’improvviso pare di essere tornati indietro nel tempo, catapultati in un era lontana ed irreale. Mentre la fantasia galoppa creando immagini surreali nella mia mente, di fronte al mio sguardo restano quelle montagne coperte di nubi e dalla malinconia palpabile. Senza dubbio quanto di più emozionante io abbia visto nella mia vita. Non pensavo fosse vero potersi commuovere di fronte alla bellezza di un paesaggio, ma giuro che se non ho pianto è solo pura casualità. Credo di essere mentalmente regredito ai miei dieci anni immerso in quei paesaggi e quelle rovine di roccaforti, castelli e cattedrali.
Stupendo.
In Irlanda invece è tutto molto meno cupo. La mia visita a quel paese non è stata approfondita quanto quella alla Scozia, per diversi motivi tra cui il clima e la stanchezza accumulata spiccano per merito, tuttavia da quello che ho visto l’ho trovato un posto irrealmente pacifico, dove l’unica cosa da fare è soffermarsi in silenzio, guardare il panorama e restarsene un po’ soli con i propri pensieri. Spicca in quest’ottica la vista sbalorditiva che mi hanno offerto le scogliere di Moher, capaci di farmi rendere conto di quanta bellezza sconfinata ci sia in giro e di come questa sia sproporzionata rispetto a noi piccoli uomini. Per un credente non credo ci possa essere dimostrazione più esaltante della potenza di Dio. Per me che non lo sono resta comunque lo stupore reverenziale di fronte ad una cosa che l’uomo non riuscirebbe a ricreare nemmeno ci lavorasse da qui all’infinito. E non credo affatto che questo sia un male, tutt’altro.

Foto del giorno N°2 – L’Equipaggio dell’Enterprise
La truppa al completo
* Grazie a tutti (nell’ordine da sinistra a destra: Capitan Peich, Fà, la Eli, *io*, Missa, Bazzu e Simo) per le belle vacanze trascorse. You guys rule!

A casa

Eccomi rientrato dalle ferie. Il viaggio è stato uno dei più belli della mia vita perchè il posto visitato è sbalorditivo da ogni punto di vista. Per questo motivo ho deciso che per trenta giorni a partire da oggi, 25 agosto, posterò una foto quotidiana ritraente parte delle mie ferie. Avrei mille cose da raccontare, ma adesso sono stanco. Notte.

Foto del giorno N°1 – L’infinita bellezza di ciò che è triste
Highlands
* Ecco la scozia di cui mi sono innamorato: paesaggi che trasudano malinconia…

E’ ora

Si parte.
Destinazione: Regno Unito.
Tutto è al suo posto, la casa è in ordine e Norge, il mio zaino, è pieno e operativo.
Resta solo da vedere se avrò il coraggio di salire sull’aereo.
Buone Vacanze.

Preparativi

Mancano pochi giorni alla partenza per le vacanze ed i preparativi sono nel pieno del loro fermento. Ad oggi manca nell’ordine: qualcuno che ci porti all’aereoporto di Orio, un itinerario preciso del giro turistico che si voglia intraprendere in Scozia, un’idea anche solamente vaga di quanto le macchine ci verranno a costare e di come fare a raggiungere il posto dove ce le noleggeranno, la certezza che la nostra patente sia riconosciuta dall’Enterprise e quindi atta al “renting” delle autovetture ed un accordo anche sommario tra le sette parti in causa su priorità di visita e stile di vita da tenere oltre manica. Nella speranza che queste piccole lacune possano venir colmate mi sono adoprato per risolvere i miei problemi di style durante il soggiorno sulle Highlands. Il kilt è ormai pronto, necessita unicamente dei due bottoni che me lo terranno in vita. E’ bello, molto bello e approfitto per ringraziare del lavoro svolto la Kla e la nonna di Simo. Può essere vestito in due modalità principali: alto in vita o altissimo. Io credo che propenderò per la prima, anche se la seconda che ne porta l’orlo superiore fin sopra l’ombelico ne esprime la vestibilità migliore. Devo ancora fare qualche prova con l’abbigliamento superiore prima di ufficializzare la scelta, quindi vedremo. Intanto ho imbracciato anche io ago e filo e poc’anzi ho finito di rivestire del medesimo tartan del Kilt, la prima spallina del mio Eastpack. Il lavoro, pur essendo stato svolto da me non è male e mi ha reso piuttosto soddisfatto. Domani lavorerò sulla seconda così che il mio zaino diventi perfettamente abbinato al gonnellino intriso di folklore. Vorrei mettere una foto dell’operato su queste pagine prima di partire, ma non so se sia meglio attendere e sceglierne una da quelle che farò in loco. Nulla esclude che io opti per entrambe le soluzioni. Oltre ai problemi di look, sto riarredando con calma il mio lettore Mp3 in modo da renderlo perfettamente funzionale alla vacanza. Dalle stime fatte credo non avrò problemi ad ultimare il lavoro entro breve, ma nulla vieta che io venga in possesso di qualche altro CD meritevole prima di martedì e che quindi ci debba rimettere mano.
Ora vado a leggere un po’ di “Niente di vero tranne gli occhi”, seconda fatica del Faletti scrittore. Rispetto a “Io Uccido” lo stile di scrittura mi pare molto migliorato e questo me lo sta facendo apprezzare nonostante lo scorrere un po’ più lento degli avvenimenti narrati. Vedremo. C’è da dire che a differenza del libro d’esordio in questo non si percepisce ancora chi possa essere l’assassino, anche dopo le prime 200 pagine. Io nutro un sospetto nei confronti del Sindaco di New York, ma credo sia più corretto definirla antipatia che reale sospetto. Spero di finire la lettura prima della partenza poichè in vacanza vorrei dedicarmi a qualcosa di Ken Follet, di cui tutti non fanno che tessermi le lodi.
Intanto, da qualche parte della spagna in una qualche spiaggia per surfisti, Ambra si sta godendo mare, tavole e tutto ciò per cui io impazzisco mentre io sono qui in guerriglia con le stramaledette zanzare.
Vorrei essere con lei.
Credo tuttavia lo vorrei anche se qui non ci fossero le zanzare e lei non fosse immersa in un ambiente che ai miei occhi potrebbe ricordare l’immaginario paradisiaco.