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Videogames

100% Niko Belic

Dopo due mesi e mezzo di gioco intenso, questa sera ho finito GTA 4.
Per finito non intendo solo la conclusione della trama principale, ma il completamento di tutte le parti del gioco.
La caratteristica di questo titolo infatti, come dei suoi predecessori, è quello di unire ad una trama piuttosto lunga ed articolata, un sacco di altre sottoquest che allungano di tantissimo la longevità del videogame.
Personalmente preferisco sempre completare tutto il “contorno” prima di ultimare le missioni finali della storia principale, così da completare simultaneamente la trama ed il gioco.
Amo questa serie e ho amato questo capitolo come i suoi predecessori, anche se all’inizio ritenevo che rispetto al precedente capitolo si fossero fatti alcuni passi indietro.
Non si possono comprare edifici, non si può modificare il proprio aspetto fisico se non per una “ristretta” gamma di abbigliamenti e non si possono avviare attività che con l’andare del gioco portino a degli introiti.
Questo per citare alcune delle cose che avevo particolarmente apprezzato del precedente “San Andreas”.
Le novità introdotte che ho amato di più invece sono state il cellulare con la gestione delle amicizie e delle love stories, la rete internet interna al mondo di Liberty City, la possibilità di scegliere se uccidere o meno alcuni dei personaggi ed il doppio finale.
Oltretutto alcune delle possibilità che c’erano in passato e che sono state tolte non mi piacevano granchè, quindi ho apprezzato non dover più compiere consegne per le pizzerie, soccorrere i malati ed estinguere gli incendi.
GTA 4 in sostanza si sviluppa come una nuovo gioco, rispetto ai capitoli PS2, e lascia ampio spazio alle novità, poichè ho l’impressione che con questo titolo non siano state sfruttate appieno le potenzialità della nuova console e del supporto blueray.
Vedremo cosa riserveranno i prossimi titoli della saga.
Una menzione particolare, per chiudere, voglio darla alla storia del gioco (che da qui in avanti potrei anche spoilerare) che mi è piaciuta veramente tanto.
Appassionante, mai troppo scontata e coinvolgente perchè sempre coerente con il profilo del personaggio protagonista.
Per me che nasco come giocatore di ruolo questo è un aspetto molto importante.
Proprio in base a quello che secondo me era il personaggio, ho preso tutte le “decisioni” interne al gioco cercando di essere sempre coerente con quel che secondo me è il vero carattere di Niko Belic.
Per questo alla fine non ho risparmiato la vita a Darko Brevic, sfogando su di lui il rancore che il protagonista si portava dietro dall’inizio del gioco e per lo stesso motivo al bivio finale ho scelto di rinunciare ai soldi pur di vendicarmi di quella merda di Dimitri Rascalov.
Peccato che questa scelta abbia portato alla morte di Kate.
L’altro finale l’ho comunque giocato, ma non l’ho apprezzato perchè lo ritenevo incoerente.
Forse non mi è piaciuto anche perchè in questo secondo caso a morire è Roman, il cugino di Niko, un personaggio che ho amato fin dal principio.
Ora che il gioco è completo, non mi resta che decidere se approcciarlo in modalità multiplayer, oppure riporlo sullo scaffale.
Vedremo.
Intanto da domani credo si tornerà sui campi di PES a provare di diventare un mito.
Certo, a meno che decida di regalarmi l’altro gioco che mi incuriosisce da che ho questa console: “Assassin Creed”.

Precisazione

Ho da poco finito il primo “Max Payne” e sento di dover fare una piccola precisazione.
Il film è una merda.
Il gioco invece è splendido come lo ricordavo.
Ora giocherò il secondo.

Dicembre

Come è facile intuire, non ho più molto tempo per scrivere.
Dicembre è iniziato ormai da diversi giorni e l’ultima mia notizia rimane la google list di Novembre.
Non ci siamo.
Ho così deciso di prendermi qualche minuto per scrivere il blog questa sera in cui non intendo metter piede fuori di casa, dedicando a me stesso diverse ore di meritato riposo.
Sarà un post multitematico, perchè non ho un particolare argomento da trattare e al contemo ho diverse cose di cui vorrei scrivere.
Andrò in rigoroso e confuso ordine sparso.
Per prima cosa non posso non dedicare qualche riga al mio aver finalmente finito i nove libri fino ad ora pubblicati da R.R. Martin in italiano per quel che riguarda “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”. Questo vuol dire aver terminato il “salvagente” dei libri ancora da leggere.
Spiego meglio il concetto.
Quando nel Febbraio 2007 decisi di iniziare a leggere l’opera, sapevo benissimo quanto mr. George fosse lento nel dare alla luce i propri scritti. Per questo la decisione fu quella di non leggere tutti e nove i capitoli in un colpo solo, ma di affrontare la saga con calma, in modo da non trovarmi a dover attendere il nuovo capitolo in uscita con il sangue agli occhi.
Ci ho provato, ma ho fallito.
La verità è che questi libri sono, purtoppo e per fortuna, una droga da cui è impossibile staccarsi troppo a lungo.
Ora non mi resta che attendere che Martin si degni a buttar fuori “A Dance with Dragons”, libro che a quanto disse lui sarebbe dovuto uscire nel 2005.
Ho finito l’ultimo libro da meno di una settimana, e già non ne posso più di aspettare.
Cambio discorso va, che se no inizio a parlare della trama e non amo rovinare le sorprese ad ignari possibili lettori.
Mercoledì sono stato al cinema a vedere “Max Payne”.
Il film non è fatto molto bene e la cosa mi ha stupito, essendo il videogame dalla trama più cinematografica che abbia mai avuto modo di giocare. La storia è confusa, il film è lento e per 4/5 della pellicola il buon Max non spara a nessuno. Trattandosi della trasposizione di un videogioco in cui, al primo livello, si stermina l’intera popolazione tossicodipendente di NY c’è per forza di cose qualcosa che non torna. Di positivo però questo film alcune cose le ha. In primis vengono riproposti, per quanto male o eccessivamente in breve, un bel po’ delle ambientazioni del videogioco e soprattutto la sua atmosfera noir. Oltre a questo è da sottolineare come nel film Max Payne, quando è ferito, cammini esattamente come il personaggio del videogame quando si trovava a corto di energia. Voto dieci, infine, alla scena del tipo sul ponte sospeso all’interno del Ragnarock: identica al gioco. Tutto questo per dire essenzialmente una cosa: del film potevo fare a meno, ma il videogame adesso me lo rigioco tutto dal principio.
Mulo permettendo a partire proprio da questa sera.
Al momento ho il terribile dubbio di aver dimenticato parte delle cose che volevo scrivere.
Pazienza.
Intanto il Natale incombe e quest’anno, dopo anni, ho tutta l’intenzione di godermelo al meglio.
Ho sempre amato il Natale.
Anche per questo ho deciso di “prendere in prestito” una vecchia idea di Max e rendere più natalizia la grafica del mio blog compatibilmente con la penuria di tempo e voglia necessari a fare una cosa carina.
Il risultato è qui in alto.
Spero di scrivere qualche altro post prima del consueto maxiriepilogo di fine anno, ma non garantisco nulla.
A Natale entreranno in casa mia Leo Messi e soci, quindi di tempo a disposizione non ne avrò più.
Per nulla.

Cult

Ogni generazione ha i suoi cult.
La mia ne ha molti, più o meno rappresentativi della mia persona.
Uno di questi, forse il meno generazionale, ma sicuramente quello che maggiormente delinea il mio indice di deviazione, è Dawson’s Creek.
Fin dalla prima volta che iniziarono a farlo su Italia 1, ricordo che era il Mercoledì in prima serata, ne ho seguito per filo e per segno tutte le vicende restandone affascinato.
Non so se fossero più i dialoghi filosofico/demenziali, le storie fantaromantiche o i personaggi stereotipati, sta di fatto che questa serie mi ha preso come mai nessuna del suo genere (neanche la storica Beverly Hills 90210).
Ora che lo stanno riproponendo dalla prima puntata, ho deciso di registrarmi tutti gli episodi.

Joy: “Non possiamo più dormire insieme Dawson.”
Dawson: “Perchè?”
Joy: “Perchè siamo cresciuti. Io ho il seno e tu i genitali!”
Dawson: “Io li ho sempre avuti i genitali!”
Joy: “Sì, ma non così grossi!”
Dawson: “… e tu come lo sai?”
Joy: “Mani lunghe. Lascia perdere Dawson, buonanotte.”

A proposito di cult. Ormai sto diventando dipendente da un giochino on-line chiamato OGame in cui ci si occupa di gestire un impero galattico in guerra. Non è nulla di che, ma è peggio di una droga.