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Burzum

Non so bene perchè, ma ad una certa Burzum è diventato un fenomeno pop, credo in maniera piuttosto analoga a quanto è successo al logo dei Black Flag, anche se nel caso di Burzum non mi risultano ruoli attivi da parte di Fergie.
Burzum, che di nome fa Varg Vikernes, è stato uno dei musicisti cardine del movimento black metal scandinavo, oltre ad uno con come minimo qualche problema di testa e di sicuro qualche problema con la giustizia. Non mi ha mai interessato più di tanto approfondire il personaggio, la sua storia, e tracciare limiti più definiti tra le cose che ha fatto, quelle che si dice abbia fatto e quelle che lui sostiene di aver fatto. Potrebbero tranquillamente essere tre insiemi privi di intersezioni, per quanto ne so. In fin dei conti parliamo di uno che fa musica che ho speso larga parte della mia vita a disprezzare ed osteggiare.
Perchè ne parlo, allora?
Facile, perchè oggi il tizio se n’è uscito con questo tweet:

In pratica Burzum se ne sta a fare quello che immagino faccia di solito, ovvero dissertare di supremazia, elitarismo e cultura della razza, solo che si trova al cospetto di tanti, a suo giudizio troppi, nazisti della domenica che non hanno capito nulla della questione. Capitelo: parliamo di un misantropo sociopatico che sta bene a suo agio unicamente nei boschi che si trova costantemente assediato da situazionisti impuri che pensano di essere dalla sua parte quando è evidente non solo che non ci dovrebbero stare, ma che lui non ce li vuole.
E’ normale inizi a mettere i puntini sulle svastiche.
Prima facendo notare come l’italiano tipo, che Burzum ha identificato in Aranzulla probabilmente dopo un crosscheck tra numero di follower e info su wikipedia*, non abbia connotati prettamente europei, poi gettando il cuore oltre l’ostacolo e tirando in mezzo addirittura Salvini, trovandolo effettivamente poco credibile nella sua veste sovranista.
I risvolti poetici di tutta questa faccenda mi sembrano evidenti, ma si può ridere ancora di più andando a leggere tutti i vari tweet collegati alla vicenda, tra cui il mio preferito in assoluto è probabilmente questo:

So che non sarebbe il caso di ridere di gente del genere, ma io resto convinto che quello di Burzum sia un grandissimo messaggio: “smettetela di fare i suprematisti, inferiori di merda.”
Per qualcuno questa roba non dovrebbe stare su twitter e forse ha anche ragione, però da persona adulta a me fa sempre piacere quando i nazisti lo sono apertamente e dichiaratamente, tipo sti due idioti. Mi fanno molta più paura (e trovo molto più pericolosi) quelli che non lo danno a vedere.
Un saggio diceva che non dovremmo permettere ai nazisti di togliersi l’uniforme e fingere di non esserlo.
Onestamente non mi sento di dargli torto.

* gag.

Marco Crepaldi

Avevo deciso di lasciar passare la questione Marco Crepaldi senza metterci becco perché online “litigo” già abbastanza di mio sul tema della parità di genere, ma poi ho scoperto che lui è uno dei ragazzi di Dunkest e quindi ho deciso di approfondire.
Per iniziare quindi sono andato a vedermi il suo video:

A questo video sono seguiti, come forse ipotizzabile, una catena di eventi: critiche da un lato e campagne di supporto dall’altro che presto, se non subito, sono diventate insulti e benzina nello scenario della guerra tra sessi di cui ancora tantissima gente sente il bisogno.
Ora quindi mi prendo uno spazio per dire la mia.

Non credo sia un segreto la mia visione non sia tanto distante da quella di Marco. Un dilagante senso di avversione generalizzato verso il genere maschile esiste e sui social è abbastanza palpabile. Viene fuori ogni volta che si vira sull’argomento “parità di genere”, ma ormai è facile imbattercisi anche fuori contesto, se ammettiamo ci sia un contesto dove è lecito aspettarselo.
Uno degli ultimi tweet di questo tipo con cui ho interagito personalmente è questo:

Una generalizzazione a cazzo di cane che con bersaglio l’altro sesso (o un’etnia) farebbe quantomeno storcere il naso, ma che in questo caso dovremmo farci andar bene sulla base del fatto che “il sessismo nei confronti degli uomini non esiste“. Quando leggo cose di questo tipo, generalmente, mi incazzo, ma non per il motivo che si potrebbe pensare.
Non mi pesa il giudizio su di me, mi pesa il fatto che provando a mettere in discussione generalizzazioni di questo tipo si finisce per doversi smarcare da accuse di servilismo verso il patriarcato o di maschilismo proattivo, trattati alla stregua di chi vorrebbe la donna unicamente come oggetto sessuale o di cura domestica. Sono più che disposto ad essere attaccato per quel che penso e dico, decisamente meno per le generalizzazioni che da quel che penso e dico possono scaturire in chi ascolta e ancora meno per il semplice fatto di essere nato maschio. La vivo talmente male che quando sono in argomento ormai mi sento costretto ogni volta a mille precisazioni e distinguo, volti unicamente a tenere il punto circoscritto all’opinione specifica e non allo spettro di possibili deduzioni sbagliate che dall’opinione potrebbero scaturire. Il risultato è che chi mi legge pensa che mi stia giustificando, che stia mettendo le mani avanti stile “non sono maschilista, MA…”.
Ecco, il primo concetto che vorrei passasse da questo post è che forse quel che c’è prima del MA non conta, ma certamente conta quel che c’è dopo quindi sarebbe meglio prestare attenzione e valutare se davvero elimini il NON o semplicemente provi a spostare il discorso su un livello meno banale o assoluto.

L’integralismo a cui faccio riferimento poi ha l’aggravante di andare a singhiozzo, almeno sui social. Non posso avere un’opinione sulla questione delle donne che combattono il patriarcato non depilandosi* perché “sono uomo e non posso capire”, ma non mi è mai ancora successo di intervenire in una discussione sulla parità di genere sostenendo le parti “femministe” e venire trattato nello stesso modo. La mia opinione non è rilevante solo quando è disallineata.
Qui arriva il secondo punto che mi preme mettere in questo post. A me le persone che pensano si debba essere parte di una minoranza afflitta per comprenderne le ragioni spaventano. Dimostrano non solo assenza di empatia, ma anche un tremendo egoismo. Io sono piuttosto felice di espormi in favore di qualcuno che ha problemi che io non ho e non credo che non avere un problema equivalga a non poterlo comprendere. Certo da fuori posso necessitare di una guida o di spunti che potrei effettivamente non considerare dal mio punto di partenza, ma in quel caso vorrei me li si spiegasse invece di dirmi che non ho voce in capitolo.
L’impressione che ho, nella mia bolla social, è che le posizioni si stiano radicalizzando. Forse è una risposta al dilagare delle destre o del fronte populista, probabilmente anche io sono più netto di qualche anno fa nel rimarcare cosa sta dalla parte del giusto e cosa no, ma mi pare che la conseguenza principale di questo fenomeno sia che una mega guerra fratricida in cui spendiamo più tempo a fare la punta al cazzo di chi non è abbastanza dalla nostra parte rispetto a quello che investiamo nel fronteggiare chi sta dall’altra. Ci chiudiamo in un recinto in cui tutto ciò che non è perfettamente sovrapponibile a noi sta fuori e va osteggiato nello stesso modo e con la stessa forza. E’ una roba che non capisco e non mi piace, forse perchè la cosa del “Molti nemici, molto onore” mi ha sempre fatto cagare.

Arriviamo adesso a quello che forse mi separa da Marco. Ha senso farsi promotori di una campagna come quella che ha provato a portare avanti lui, nell’ambiente in cui ha provato a portarla avanti lui? Non lo so.
Come detto, io per primo non perdo occasione di infilarmi in quelle discussioni ogni volta che posso e provare a veicolare il messaggio, ma continuo a pensare che le proporzioni del fenomeno non siano tali da renderlo pericoloso quanto lui suggerisce. Per me si tratta più che altro di dare la sveglia a chi passa il limite, lui ne fa argomento di studio e da quel che dice siamo già andati oltre i “pochi casi isolati” e siamo saltati a piedi pari nel “Fenomeno in espansione”. Non ho strumenti per contraddirlo, però anche fosse: è davvero lecito parlare del problema oggi, in Italia? Ovviamente è sempre lecito parlarne, diciamo allora “legittimo”. Diciamo che se non posso comprendere o tollerare gli insulti che gli hanno rivolto, posso comprendere il ragionamento alla base per cui lamentarsi della misandria possa risultare “irrispettoso” in un ambiente in cui la misoginia è un problema decisamente più presente, radicato ed allarmante.
Lui dice chiaramente: “Non stiamo facendo una gara al problema più grave” ed ha ragione, però credo sia anche questione di sensibilità.
Io credo che chi in Italia è in cassa integrazione da Marzo e fatica ad arrivare a fine mese abbia un problema reale e concreto, ma forse non troverei corretto da parte sua lamentarsene al centro di un villaggio africano in cui le persone mangiano due volte a settimana. Non lo so, magari la differenza tra quel che fa lui e quel che faccio io è solo nella mia testa, può essere, ma io ancora la vedo.

Concludendo, a conti fatti questo fenomeno non è altro che una manifestazione tra le tante di quella che in sociologia è nota come Legge Juvenuts:

Una larga maggioranza dei tifosi non juventini non auspica un calcio più equo, vorrebbe solo che la sua squadra, un giorno, diventasse la Juve.


* Ovviamente ho un’opinione in merito alle donne che combattono il patriarcato non depilandosi e sono ben felice di illustrarla: facciano come vogliono, ovviamente.
Tuttavia non serve un genio per comprendere che il patriarcato può aver anche influenzato i canoni di bellezza estetica alle donne verso standard tossici, MA:
1) depilarsi non credo rientri in questi standard essendo di fatto accessibile a TUTTE senza limitazioni fisiche, metaboliche, ecc.
2) tutti quotidianamente siamo sottoposti a pressione sociale per le nostre apparenze, non solo le donne. La libertà di una donna di andare in giro coi peli sotto le ascelle è la stessa che ho io di farmi i capelli fucsia come a diciannove anni. Nessuno ce lo vieta, ma se abbiamo più di diciannove anni capiamo che per quanto formalmente insindacabile sia il nostro diritto, la società non ci permette di esercitarlo e farne una battaglia forse rientra nel focalizzarsi sulle stronzate che non sono propriamente il first world problem, col rischio concreto di far perdere di significato tutta la battaglia agli occhi di chi già era scettico di suo. Tipo: se il problema della parità di genere sono i peli delle ascelle, la parità di genere non è un problema. Lo so, è un ragionamento limitato, ma stiamo parlando di chi ha problemi nel vedere le disuguaglianze di genere, ci aspettiamo qualcosa di meglio? Forse prima sarebbe il caso di prioritizzare (altro concetto che sopra i diciannove anni dovremmo tutti essere in grado di comprendere) e portare la percezione di disuguaglianza alla popolazione nel suo complesso, usando esempi ben più significativi.
3) Il problema alla fine si riduce comunque al fatto che noi uomini, in realtà, di pressione sociale non ne facciamo manco un po’ verso i canoni estetici, perchè alla fine nessuno rinuncerà mai a una sco*ata per quattro peli (per quanto disgustosi) e questo è l’unico motivo reale per cui la situazione è ancora in discussione e non è morta immediatamente. Checchè leggiate in giro “Non ho bisogno di piacere agli uomini, mi tengo i peli” la realtà è che se coi peli avessero la certezza di non piacere più a nessuno, starebbero in coda dall’estetista per la definitiva.
Col punto 3 forse vi sto trollando.

Contromano in tangenziale

ATTENZIONE: questo è uno di quei post in cui mi parlo addosso con lo scopo ultimo di cavar fuori una direzione al mio complicato modo di essere. Lo scrivo per lettori che non esistono, ma che ipotizzo eviterebbero volentieri di finire a leggere una cosa così senza preavviso.

La barzelletta di quello che guida contromano in tangenziale la conosciamo tutti:
+ La radio: “Avvistato un pazzo contromano in tangenziale…”
+ Uomo al volante: “Uno? A me sembrano tantissimi!”
Fa ridere.
Però io ci vivo dentro.

Il mio problema è che non sono matto a sufficienza da pensare di essere l’unico nel giusto, sempre e comunque, ma contemporaneamente non riesco a capire come faccia la maggioranza delle persone con cui interagisco a non vedere il mondo come lo vedo io. La testa, programmata per ragionare con logica, mi porta a pensare sia io quello sbagliato, eppure la stessa logica spesso non mi permette di trovare l’errore. E questo porta al crash del sistema.
Una canzone che mi piace dice:

Mio nonno
Per quasi settant’anni
È stato in minoranza
E sta benissimo!

È una bella frase e Dio solo sa quanto mi piacerebbe fosse applicabile alla mia vita. Purtroppo non è così: io la vivo male.
L’ultimo ambito in cui mi sto scontrando con le persone che frequento, da amici, a colleghi, a persone con cui in qualche modo interagisco online è la situazione relativa all’infezione da coronavirus che stiamo vivendo, ma è davvero solo un altro esempio di una routine in cui mi trovo a sedermi dal lato opposto della maggioranza dei miei conoscenti e investo ore nel tentativo di discuterne.
Vista da fuori è facile: è il profilo tipico di quello che gode nell’andare contro tutti, ma la realtà dei fatti (per lo meno a livello conscio) è esattamente all’opposto. Allora perché faccio così? Non lo so.
Di solito inizio a ragionare su un argomento a partire dagli elementi che ho in mano, costruendomi un’opinione che poi uso per dibattere col prossimo. Questo mi serve per approfondire, dare spessore al mio punto di vista ed irrobustirlo, oppure cambiarlo. Non so se sia cosí per tutti, ma per me funziona.
Ci sono volte (rare, imho) in cui però sono sufficientemente convinto di quanto sostengo da volerlo spiegare a tutti. Boh, forse è un retaggio evangelico della mia educazione cattolica, cazzo ne so. Il punto è che mi ci sbatto e quando fallisco di norma mi deprimo.
Il motivo ho provato a spiegarlo fuori contesto giorni fa su twitter:

Il problema infatti è che non mi metto mai a discutere con chi so a priori non possa farcela a seguire il discorso (a mio insindacabile e del tutto soggettivo giudizio), io punto solo su cavalli che stimo, gente che penso possa capire e che, se non arriverà a sposare la mia linea, nella mia testa lo farà argomentando in modo dettagliato ed univoco, fornendomi spunti di riflessione magari nuovi a cui non avevo pensato in partenza.
Quanto ci credo? Nel 100% dei casi.
Quanto succede? Non ho fatto un conto, ma la percezione sta intorno al 10-20%.
Eppure insisto.
Ogni cazzo di volta.
E così accumulo delusioni, amarezza e senso di inopportuno.

Sono le 2:49.
Questo post ho iniziato a scriverlo dopo essermi sfogato con quella santa di mia moglie, che alla 1:00 di tutto aveva voglia, tranne che di sentirsi vomitare addosso le mie menate esistenziali, soprattutto se derivanti dall’ennesima discussione su twitter con un estraneo.
Non sono per nulla convinto, razionalmente, di non essere io lo scemo del villaggio.
Eppure non riesco a prendere in considerazione la cosa e continuo a sentirmi come il tizio che corre sicuro di sé, contromano, in tangenziale.

Notizie dal fronte: CORONAVIRUS

Siccome il business non si ferma certo per quattro colpi di tosse mi trovo a Linate, pronto a volare su Napoli con la speranza non decidano di sbattermi in quarantena appena atterrato.
La situazione in aereoporto è, occhiometricamente, quella standard delle partenze del lunedì mattina. Forse c’era un minimo di coda in meno al bar Motta, il primo dopo i controlli di sicurezza, ma non mi sono trovato nell’aereoporto deserto che qualcuno poteva ipotizzare e, a parte qualche mascherina e l’istinto incontrollabire di dare fuoco a chiunque soffi il naso, direi che non c’è niente da segnalare.
Siccome al mio imbarco manca grossomodo un’ora, scrivo due righe sul blog in merito al CORONAVIRUS (tutto maiuscolo, così siete avvisati e dopo aver letto lavate le mani 20″).

Un po’ per la voglia di stare sul pezzo e un po’ per ipocondria, ho seguito la vicenda fin dai primi di gennaio, quando si è iniziato a parlare di Wuhan. Su una scala ipotetica di panico, mi sono stabilizzato quasi subito su un valore grossomodo intorno al 30%, beccandomi del paranoico un po’ da tutti. La situazione però era destinata a cambiare, come illustra il grafico qui sotto:

L’intersezione tra la retta rossa e quella verde è stimabile a venerdì scorso (21/2/20) nel primo pomeriggio.

Da quel momento sono passato dall’essere un matto allarmista ad essere un matto negazionista.
In queste ore quindi sto leggendo tantissimo di quello che circola sul tema, sia da fonti ufficiali, sia sui social network, luogo magico dove chiunque può togliersi il dubbio di sapere cosa pensi, che ne so, Paola Ferrari, di questa situazione (SPOILER: una serie di cazzate.).
Segue quindi un mini elenco di riflessioni sparse su quanto ho letto, classificate tramite categorie di persone che fosse per me andrebbero chiuse in centri per l’igiene mentale non credo abbiano le idee molto chiare in argomento.

1) Quelli che “Ma cos’è questa isteria di chiudere scuole/bar/negozi/ecc…? Ma ripigliatevi.”
Il problema di un virus che possono prendere tutti è, tenetevi forte, il fatto che possano prenderlo tutti. Questo vuol dire principalmente due cose. La prima è che se i contagiati superano una certa soglia, il nostro SSN per quanto buono finirebbe per collassare, con ovvie controindicazioni per la salute di tutti. La seconda è che più contagiati ci sono, più sale la probabilità lo contraggano persone più a rischio. Il che ci porta ad una seconda categoria.

2) Quelli che “La mortalità nelle persone giovani e sane è quasi nulla. Relax!”, che poi sono il sottoinsieme sfacciato del gruppo 1. Gente che magari fino a ieri si batteva per sensibilizzare in merito ai cambiamenti climatici e al futuro del pianeta che ci riguarda TUTTI, ma che per tutti intende evidentemente solo loro, o prima loro. Perché non è difficile capire che, di nuovo, senza prevenzione questa situazione può essere un problema serio per tante persone, che già hanno magari i cazzi loro da gestire.

3) Quelli che “I cinesi…”. Quanta miseria umana.

4) Quelli che “Avete rotto il cazzo coi cinesi e poi è colpa di un businessman milanese…”. Io la capisco la necessità di dare addosso al gruppo 3, è anche giusto, ma infilare la lotta di classe a cazzo di cane in ogni contesto e senza cognizione di causa non fa di voi persone intelligenti.

5) Quelli che “Burioni è il nemico a prescindere”. Di nuovo, capisco la volontà di ridimensionare l’ego di un uomo a cui è sfuggita di mano la percezione di sé e del proprio ruolo, ma un conto è criticare l’uomo e condannare certi suoi atteggiamenti, un altro è provare a dimostrare sia un pirla a 360°, o comunque anche nell’ambito delle sue competenze. Non è così e, spiace dirlo, ogni accusa di questo tipo che viene rispedita al mittente dai dati o dall’evidenza quell’ego lo pompa.

6) Quelli che “Italia Paese ridicolo, unici in Europa che non hanno arginato il problema…”. Raga, no. In Italia una serie piuttosto unica di coincidenze ha voluto che un trentottenne grave (evento raro) dicesse di avere un amico rientrato dalla cina (che poi non c’entrava una beata minchia) per innalzare i livelli di attenzione ed intensificare i controlli. A questo punto, come dice il proverbio, chi cerca trova. È difficile pensare l’Italia abbia più rapporti con la Cina rispetto ad altri Paesi europei e, a quanto ho letto, non c’erano altrove misure più stringenti delle nostre per il contenimento. Questa continua necessità di autodipingerci come repubblica delle banane non è che faccia bene.

7) Quelli che “Facciamo le scorte!!!1!”. Qui non so neanche cosa dire, mi chiedo solo quelli che si portano a casa settemilioni di casse d’acqua cosa pensano faccia il CORONAVIRUS ai rubinetti. Boh.

Ok, mi sono imbarcato e non mi vengono altre considerazioni al momento. Dal fronte è tutto, a voi studio.

Sanremo 2020: le canzoni in gara

Non sto seguendo Sanremo.
Non perchè abbia di meglio da fare o perchè ritenga importante boicottare il festival, semplicemente preso come spettacolo di intrattenimento non mi interessa per nulla e, anzi, soffrirei terribilmente se provassi a guardarlo.
Discorso diverso sono le canzoni in gara, che per qualche motivo ogni anno solleticano la mia curiosità pur sapendo a priori siano tutte ultra lontane dal poter finire anche per sbaglio nello spettro dei miei ascolti.
Questa mattina quindi ho approfittato della playlist che Spotify ha creato ad hoc e mi sono sentito tutti i pezzi, commentandoli di getto e al primo ascolto su twitter.
Qualcuno mi ha detto che poteva essere più intelligente, avendo un blog, racchiudere tutti i tweet in un unico post(o) ed in effetti ha senso, quindi li riporto di seguito esattamente come mi sono usciti.
Una sorta di mini guida a questa edizione del Festival della Canzone Italiana.

  1. Musica (E il resto scompare) di Elettra Lamborghini.
    Boh dai, poi rompevate il cazzo per Despacito.
  2. Me ne frego di Achille Lauro
    Funziona, per me pure più di Rolls Royce. Il personaggio mi resta comunque indigeribile.
  3. Eden di Rancore/Dardust
    Questi han puntato sull’impegno politico perchè gli mancava la canzone. Dubito paghi.
  4. Andromeda di Elodie
    Nel 2020 credo ci stia e lei è brava. A me il pezzo fa cagare.
  5. Tikibombom di Levante
    Fino ad ora il pezzo migliore e lei non è che mi faccia impazzire.
  6. Rosso di Rabbia di Anastasio
    Premio “ritornello dimmerda”. Non è l’unico problema eh.
  7. Fai Rumore di Diodato
    La prima Canzone di Sanremo™ che sento in questa playlist. Per molti è un bene, chi sono io per?
  8. Ringo Starr di Pinguini Tattici Nucleari
    Not my cup of tea, ma il testo è carino e tutto sommato se la sentissi in radio probabilmente non spegnerei
  9. NO GRAZIE di JUNIOR CALLY
    Ma perchè il caps lock? Perchè? Cmq un pezzo rap anonimo e cerchiobottista di cui aveva bisogno solo chi la musica non dovrebbe ascoltarla.
  10. Viceversa di Francesco Gabbani
    Dovrei chiedere a mio figlio, che è il target. La paura è che il ritornello potrebbe anche piacergli, ma con quella strofa la probabilità che ci arrivi è bassina. Brutta non direi, però.
  11. Come mia madre di Giordana Angi
    Sorvoliamo sul “questa chi è?” perchè non è l’unica che non conosco in playlist e l’ignoranza è al portatore come i libretti postali. La voce mi piace ed è la seconda Canzone di Sanremo™ , la SNAI manco quota che me la dimentichi subito.
  12. Baciami Adesso di Enrico Nigiotti
    Sono entrato nel blocco Canzone di Sanremo™? Possibile, cmq non credo ci fosse bisogno di un altro Biagio Antonacci.
  13. Dov’è di Le Vibrazioni
    Sono nel blocco, senti che sensazione di comfort. Però oh, questa tra le Canzoni di Sanremo™ al momento è la meglio per ampio distacco.
  14. Il confronto di Marco Masini
    Perchè Marco? Perchè?
    (Canzoni di Sanremo™ in rimontissima si portano a 6/14)
  15. Carioca di Raphael Gualazzi
    Se skippo è tipo barare, vero?
    Ad un certo punto, prima che diventi triste come un party di capodanno su Canale 5, c’è una linea di piano che per me ha fottuto da qualche parte.
  16. Sincero di Bugo/Morgan
    Non so, mi pare indiscutibile giochi un altro sport rispetto al resto pur trasudando sforzo di non risultare fuori contesto.
    Leggevo che sono ultimi, difficile stupirsi.
  17. Finalmente io di Irene Grandi
    Finalmente?
  18. Voglio parlarti adesso di Paolo Jannacci
    Se vedete due robe che rotolano in terra me le rispedite?
    Non che mi servano eh, è più una questione affettiva.
    (Canzoni di Sanremo™ report: 7/18)
  19. Il Sole ad Est di Alberto Urso
    Mi dite se almeno è cieco? Se no non si spiega.
    (Non rompetemi il cazzo, ho tanti amici ciechi. Canzone di Sanremo™, così anche nel 2020 la quota tenore è salva)
  20. Lo sappiamo entrambi di RIKI
    A questo punto la domanda è lecita: perchè 32 artisti di cui metà inutili? Per finire alle due di notte lo spettacolo? Boh.
    Nona Canzone di Sanremo™ su venti pezzi totali. Inizio ad essere preoccupato, le proiezioni a 2/3 dello spoglio le danno sotto.
  21. Gigante di Piero Pelù
    AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH
  22. Nell’estasi o nel fango di Michele Zarrillo
    Ho perso le parole o forse sono loro che perdono me (cit.)
  23. Niente (Resilienza 74) di Rita Pavone
    Solo cuori.
    E NON VOGLIO SENTIRE REPLICHE.
  24. Ho amato tutto di Tosca
    Ultime speranze per una rimonta impossibile della Canzone di Sanremo™ affidate a sta lagna. Butta male. 
  25. Per sentirmi vivo di Fasma/GG
    Qui è dove mi piglio gli insulti, ma io la salvo nonostante TUTTO. E vi dico di più, la conto come Canzone di Sanremo™.
  26. Tsunami di Eugenio in via di Gioia
    “Siamo figli di Steve Jobs e del T9”
    Salta traccia.
  27. Va bene così di Leo Gassmann
    Non so, Leo. Non sono convinto vada davvero bene così. Direi l’opposto, anzi. (Canzone di Sanremo™ +1)
  28. 8 Marzo di Tecla
    Tecla è un bel nome, non mi spingerei oltre. Poi oh, in confronto al monologo della Leotta questo pezzo è un trattato femminista.
  29. Due Noi di Fadi
    Stiamo chiudendo il recinto coi buoi ormai scappati. Canzone di Sanremo™ matematicamente sconfitta da questa edizione del Festival. A nulla serve questo colpo di reni di Fadi, che quindi potevamo pure evitarci.
  30. Il gigante d’acciaio di Gabriella Martinelli/Lula
    Dignitosissima fino al ritornello, poi va beh, è pur sempre una roba da cantare sul palco dell’Ariston.
  31. Billy blu di MARCO SENTIERI
    Ma perchè il caps lock? Ad ogni modo, le canzoni di denuncia fino a qui erano effettivamente poche, c’era da aspettarsela. Vorrei strapparmi le orecchie.
  32. Nel bene e nel male di Matteo Faustini
    La Canzone di Sanremo™ chiude a 14/32, una debacle pazzesca, ma in fondo “è solo un bene che ci faccia così male”.

Bojack Horseman

E così è finito anche Bojack Horseman.
Ricordo quando l’ho iniziato, credo fosse già alla sua seconda o terza stagione e in giro ne parlavano più o meno tutti. Pensavo di trovarmi davanti una roba semi demenziale, volgarotta, di quelle che di solito a me non divertono, invece rimasi spiazzato. Non era quello che mi aspettavo, ma non era nemmeno qualcosa in cui è facile entrare, quantomeno non all’inizio.
Ho insistito e più andavo avanti più mi rendevo conto di non aver mai visto nulla che avesse la stessa potenza nel delineare i drammi umani contemporanei, con l’ulteriore aggiunta di una libertà narrativa che solo una serie animata può avere.
Ci sono episodi di Bojack Horseman che per me stanno di diritto tra i migliori episodi mai scritti in televisione: Fish Out of Water, That’s Too Much, Man!, Free Churro fino a quel capolavoro pazzesco che è The View from Halfway Down. Tutte puntate che per potenza narrativa mangiano in testa a roba ben più blasonata. Probabilmente ne dimentico anche qualcuno.
Serviva davvero umanizzare un cavallo per raccontarci le persone ed i loro rapporti, come partire da dei disegni di fantasia era davvero il miglior modo per mettere in scena relazioni interpersonali così dannatamente reali e vere.
Bojack Horseman è una serie perfetta con un finale perfetto.
E mi mancherà tantissimo.

NBA All-Star Game 2020

Anche quest’anno inauguriamo i post sul blog con le votazioni per l’All-Star Game NBA. Giochino divertente per una manifestazione irritante e senza senso, come ogni anno, e bla bla bla.
Solite cose dai, non sto a ripeterle anche quest’anno.
Vi sparo i quintetti, come sempre mix di simpatia e valore oggettivo. Poi, sotto, la spiega.

EAST:
GRAHAM: Partiamo subito con la quota Charlotte. E’ questione di tifo, ma se non stiamo facendo l’indegna figura che avevo pronosticato ad inizio stagione (ben lontana dal 13-21 che attualmente ci piazza al nono posto ad est) è soprattutto merito del signorino qui, che a tratti mi ha fatto pensare a Kemba come qualcosa di effettivamente non necessario. Tipo Rozier.
BROGDON: Su questo signore ci ho scommesso per Dunkest e devo dire di averci azzeccato. E’ buono, sta facendo bene ed è finito in un contesto secondo me interessante. Indiana squadra preferita ad Est e col rientro di Oladipo spero possa dare fastidio a qualcuno di ben più accreditato.
HAYWARD: Impossibile non votarlo. Una calamita per le calamità (cit.) che però ha fatto vedere di essere tornato il giocatore che pensavo non sarebbe più stato. Boston vola e spero per lui la stagione abbia già bussato abbastanza con la sfiga. Daje Gordon.
ANTETOKOUNMPO: Va beh dai, come fai a non votarlo.
ADEBAYO: Miami sorpresissima ad est, almeno per me, e gran parte del merito è suo. Sta facendo cose pazzesche, ma soprattutto mi permette di dare credito alla squadra senza dover votare l’odiosissimo Butler.

WEST:
DONCIC: Che meraviglia (autocit.). No dai, seriamente, la cosa più bella dell’NBA attuale.
HARDEN: Magari non vincerà mai niente (più che probabile), ma non me la sento proprio di lasciar fuori uno che ne mette 38 di media. TRENTOTTO. Cioè, non scherziamo.
JAMES: Per quel che mi riguarda sta facendo una stagione pazzesca, nonostante i 35 anni. In posizione di guardia, se sta bene fisicamente, è semplicemente illegale.
LEONARD: Volevo segarlo perchè la mossa fatta in estate, secondo me, è una porcheria epica, di quelle che fanno male alla lega. Però la realtà è che al momento penso sia il più grande vincente in NBA.
HOLMES: Giocatore simpatia di questa stagione. Ritrovatosi con minuti per pura circostanza, si è guadagnato un posto da titolare con tanta energia, sacrificio e intensità difensiva. Gli voglio davvero tantissimo bene.

La situa: #ScrubsRewatch

Quando Prime Video ha annunciato che avrebbe messo a catalogo tutte le stagioni di Scrubs ho pensato fosse l’occasione di fare il rewatch che mi promettevo di fare da tanto tempo.
Ho sempre considerato Scrubs la mia serie preferita, ma dopo tanti anni volevo verificare di non averla idealizzata eccessivamente. E invece, devo ammetterlo, lo avevo fatto.
È evidente sia un prodotto pensato ben prima del concetto di binge watching: ci sono una montagna di incongruenze e soffre di lungaggini e parti inutili che oggi forse una serie non potrebbe più permettersi. Ad essere del tutto onesti, anche la qualità non rimane certamente altissima per tutti e 182 gli episodi, anzi, ma il cuore della faccenda, racchiuso grossomodo nella prima e nell’ultima stagione, è ancora tutto lì a farsi ammirare. E mi ha riconquistato in pieno.
Non è stata solo operazione nostalgia però, in questa terza visione ho apprezzato cose che nelle precedenti non avevo notato. Carla, ad esempio, è uno dei personaggi femminili meglio scritti che mi vengano in mente, soprattutto per una serie che usa spesso linguaggio e stereotipi che oggi farebbero incazzare molti (anche giustamente).

Nota a margine: pur essendo Scrubs di fatto finito con l’ottava stagione, per la prima volta ho voluto guardare i 13 episodi di Scrubs Med School, quella specie di seguito/spin-off che è venuto dopo, con cast semi rivoluzionato. Pur essendo chiaro dal minuto 1 non sapesse dove andare a parare, devo riconoscere che il livello non è poi così distante dalla media delle altre stagioni, quindi il suo essere stato cancellato a metà della prima stagione è quasi più incomprensibile dell’idea di averlo voluto realizzare. Forse molti, come me, si sono semplicemente rifiutati di guardarlo, ma dopo un finale PERFETTO come quello della 8×19 era una scelta più che legittima, che mi sento di rivendicare in pieno.
Ora però bando alle ciance, è tempo de “La Situa”, ovvero di tutti i tweet che ho pubblicato durante questi due mesi in cui ho riguardato tutti gli episodi, marcando ciascun con l’hashtag #ScrubsRewatch.

30 Ottobre:
– S1e01 sto per premere play e sono onestamente emozionato.
– S1e01 miglior pilota di sempre e s1e02 attacca con quell’iconico montaggio musicale. Che serie meravigliosa.
– S1e03. Credo Scrubs abbia inventato il termine friendzone.
Poi vabbeh, potremmo discutere di quanto fosse avanti nello sviluppo dei personaggi femminili e di come i primi tre episodi siano la perfezione, ma viene tutto dopo gli ERASURE.
– Non riesco a non commentare ogni episodio al momento. S1e04, il tema della morte gestito con una maestria pazzesca. Piangerissimo.
– Sono stato in aereo e sono arrivato a s1e10. Forse tutto si normalizza un po’ dopo i primi episodi, ma le dinamiche tra i pg sono sublimi. Alla s1e06 compare Jordan e mi sono innamorato di nuovo.
1 Novembre:
– Scrubs è come quelle band nu-emocore in fissa con Gesù. Non sei magari d’accordo col messaggio, ma nella poetica gli riconosci spesso una marcia in più. S1e12 e s1e14 smaccatamente democristiani, eppure solo cuori. Ah, Alex figa atomica.
3 Novembre:
– S1e22. Ben. :(
5 Novembre:
– S2e01, si ricomincia dalle basi, ovvero dall’utilizzo della musica come chiave su cui tenere in piedi un episodio, cosa che forse era mancata un po’ nella seconda metà della prima stagione.
9 Novembre:
– S2e06. Episodio tutto sommato anonimo, ma poi arriva il discorso del dr. Cox a Turk ed è una di quelle cose per cui Scrubs è Scrubs.
13 Novembre:
– S2e12 è il primo episodio in cui le scenette surreali non avvengono nella testa di JD, ma nella realtà. Ero convinto succedesse ad inizio terza stagione, ma é un po’ il salto dello squalo per la serie. Poi non diventa brutta, ma certamente diversa.
18 Novembre:
– S2e17. Sto andando piuttosto a rilento, che cazzo di problema ho?
19 Novembre:
– S2e22 e finisce la seconda stagione. Ho riso più che con la prima, ma ho sofferto anche un filo più di stanca. TCW amore vero.
24 Novembre:
– S3e05 torna Dan. Personaggio meraviglioso, Dan.
– S3s06 e SBAM. Arriva Tara Raid. Ti amo ancora, Tara Raid.
25 Novembre:
– S3e12. Michael J. Fox pazzesco.
– S3e14 e non credo di farcela. Manco un po’, in effetti.
Lo ricordo come una delle cose più belle e toccanti abbia mai visto.
1 Dicembre:
– S4e01 e la scena della vasca sono il salto dello squalo.
– S4e04 e non riesco a seguire nessun episodio perché c’è Heather Graham con tutte quelle magliette scollate.
2 Dicembre:
– S4e15 la morosa di colore di JD non è la stessa ragazza della caffetteria della domanda Vaniglia o Cioccolato? Non ho voglia di controllare.
– S5e03 la fantasia del ladro di mele messicano si conferma una delle vette della serie.
3 Dicembre:
– La stagione 5, molto sopra la quattro fino ad ora (s5e09) è sia quella dei Toto che quella di More than a Feeling. La musica torna protagonista, non succedeva da un po’.
– E’ almeno la terza volta che vedo s5e16 nella mia vita, ma è la prima volta che la vedo da papà e, incidentalmente, la prima in cui mi vengono i lucciconi.
– S6e04 e la parodia di Dr. House con tanto di musichetta fake. Che stile.
4 Dicembre:
– S6e06 è quello musical.
Madonna.
Che.
Merda.
9 Dicembre:
– S6e11 è la puntata con il best of. Credevo fosse impossibile fare peggio di quella musical.
11 Dicembre:
– Credo la sesta sia la peggior stagione di Scrubs, e credo sia per quello che si son giocati la morte di Laverne (s6e15). Però funziona.
18 Dicembre:
– La stagione 6 mi sta mettendo a dura prova. Credo che una delle cose belle di Scrubs sia il suo non essere adatta al binge watching.
Cmq s6e20 ed ecco spuntare un giovane Reverendo Newlin. Quasi quasi riguardo True Blood.
22 Dicembre:
– s7e09 e il pensionamento di Bob Kelso. Che personaggio meraviglioso Bob Kelso.
23 Dicembre:
– Non capisco perché la stagione 6 e la 7 abbiano episodi in ordine palesemente sbagliato.
Andiamo alla 8, che ricordo come una delle migliori.
– S8e02 è ancora uno dei miei preferiti. Riprende una delle tematiche che il miglior Scrubs affronta in modo impareggiabile e lo fa come ci aveva abituati a fare.
Nota a margine: l’ottava stagione ha una fotografia tutta nuova. Sembra un’altra serie.
24 Dicembre:
– S8e06. Hanno palesemente rimosso pezzi di quanto successo nella stagione precedente. Boh.
27 Dicembre:
– S8e14. Oggi come allora una voglia di finire alle Bahamas che neanche quando guardavo Black Sails. E io ho amato Black Sails.
28 Dicembre:
– Con la 8×19 si conclude il mio rewatch, ma è stato come la prima volta. IL. MIGLIOR. FINALE. DI. SEMPRE.
Magari sto giro provo a guardare lo spin-off, ma dopo un finale così non ha molto senso. È stata una bella corsa, più difficile di quanto ricordassi.
– Mi sono visto anche Scrubs Med School alla fine, per la prima volta. È una sorta di Community che punta a coverizzare idee e personaggi delle stagioni precedenti spacciandoli per nuovi. Tipo Episodio VII.
E ho visto pure Interns, la webserie: Inutile.

5CONTRO5: The Offspring

Terzo capitolo per la rubrica che non avrei mai immaginato potesse arrivare al secondo. Vedi tu, a volte, la vita.
In questo episodio la scintilla che ha fatto scattare le playlist è una discussione su FB scaturita sotto un post di Spazio Rock che mentre scrivevo pensavo fosse una celebrazione per i vent’anni di Americana, ma che invece controllando è semplicemente fine a se stesso, visto e considerato che, nel 2019, Americana di anni ne ha compiuti 21 (data d’uscita 17/11/1998). Se proprio serve un anniversario per legittimare questa cosa Smash ha compiuto 25 anni l’8 aprile scorso, così tagliamo la testa al toro.
Per i meno attenti quindi, questo 5CONTRO5 parla di Offspring, con o senza il The a seconda dei gusti.
Come funziona questa rubrica? Facile: metti insieme cinque persone che hanno tutte una certa fissa per un gruppo e fai fare ad ognuna di loro una playlist “ascoltabile”, ovvero tra i 10 e i 14 pezzi. Alla fine le confronti e tiri le somme di quanto ognuno se la viva in modo diverso. In pratica la scoperta dell’acqua calda, ma con un giochino divertente. Una delle cinque persone potrei essere io.
Negli episodi precedenti Brand New e Get Up Kids.

Spazio statistiche: per la prima volta da quando scrivo questa rubrica c’è una canzone che fa 5/5: Self Esteem. Grazie al cazzo, starai pensando, però è comunque significativo se pensiamo che Come out and play fa solo 3/5 (!) e The Kids Aren’t Alright 1/5 (!!!). Che nessuno ci abbia messo Pretty Fly (for a white guy) invece me lo aspettavo, quello è un singolo per persone che non saprebbero fare una lista di 14 pezzi degli Offspring, perchè ne ascoltano al massimo tre. Tra i dischi Smash risulta il più rilevante (28/70), anche per il bias introdotto da uno dei giocatori, e credo in senso assoluto sia giusto così. Mi sorprende un po’ Ignition prenda più preferenze di Ixnay on the hombre (13/70 vs. 11/70), così come il fatto che Americana (10/70) sia così presente in playlist di persone che snobbano i due pezzi di cui sopra: ho sempre pensato che fosse il disco dei singoli. In coda troviamo Conspiracy of One (4/70), l’inascoltabile esordio The Offspring (3/70) e Splinder (1/70), che rispetto a questi forse non merita uno scarto così marcato.
Tutto il resto non è stato giustamente preso in considerazione.

Ora le playlist, come sempre grazie a tutti i partecipanti. <3

Felson
C’è un gruppo che per me è associabile al liceo più degli Offspring? Non credo proprio! “Ignition” (1992) e soprattutto “Smash” (1994) sono stati una colonna sonora potente e costantemente presente in quegli anni. Se penso al gruppo di Dexter Holland e Noodles mi vedo davanti alcuni flash ben definiti: le gite e il walkman, i video dei loro singoloni su Mtv (non ancora Mtv Italia), la felpa di Giulio presa su Carnaby, Self esteem cantata a squarciagola in macchina, la delusione di tutti quando è uscito “Ixnay on the hombre” (1996), il concerto al primo Independent del 1999 sotto la pioggia (in realtà non me lo ricordo quasi per niente, ricordo solo la pioggia e le ore passate in stazione a Bologna, di notte, bagnato fradicio, ad aspettare un treno per tornare a casa).
Poi ok, negli anni (e album) seguenti qualche buon singolo l’hanno imbroccato ma intanto il liceo era già finito e gli Offspring avevano anche lasciato la Epitaph per passare alla Columbia Records e sinceramente io volevo virare verso altri lidi musicali e loro erano sempre più ripetitivi e piatti ma con meno idee (figuratevi adesso).
Pero dai, “Smash” rimane un disco della madonna, insuperabile nella loro discografia, con tutti grandi pezzi e nemmeno un riempitivo e, non so voi, ma io lo so ancora tutto a memoria. Per cui, per concludere degnamente, penso seriamente che dobbiate riascoltarvelo tutto proprio adesso!

Max
“Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo (1) , e così il trauma è bello che superato. Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno (2). Poi ti dimettono perché stai bene e la prima cosa che fai è andare in posta a ritirare la tua pensione e te la godi al meglio. Col passare del tempo le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono (3). Poi inizi a lavorare e il primo giorno ti regalano un orologio d’oro. Lavori quarant’anni finché non sei così giovane (4) da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa (5). Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi (6), fai sesso (7) e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità (8), finché non sei bebè. Quando sei sufficientemente piccolo (9), ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene (10). Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno (11), in un posto riscaldato con room service e tanto affetto (12), senza che nessuno ti rompa i coglioni (13). E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo (14).”
Woody Allen & The Offpsring.

Mauro
Senza dubbio il mio peggior concerto del 2019 è stato quello degli Offspring al Bayfest.
Stanchi, debosciati, onesti (ma poco motivati) operai del punk rock anni ’90 (o di ciò che ne rimane).
Tuttavia, da quel giorno sono tornati prepotentemente in heavy rotation. Anche se riflettendoci, non sono mai completamente usciti dai miei ascolti ricorrenti. Mi è stato proprio chiaro che ci sono aspetti, anche nella Musica, che vanno oltre al tempo, alle preferenze, alle fasi e alle mode. E con orgoglio, ho capito che gli Offspring restano tra i punti fermi del mio percorso musicale. Forse perché hanno rappresentato quel passaggio simbolico dalla musica come sottofondo alla Musica come parte imprescindibile della vita. Fin da quando le playlists erano delle cassettine da 90 minuti e non delle infinite liste su Spotify, c’è sempre stato un buon motivo per inserire nella scaletta (almeno) un pezzo di questi ragazzotti californiani. Nella discografia degli Offspring, ci sono pezzi per ogni occasione: i momenti di festa, il cazzeggio con gli amici, il viaggio in pullman verso il liceo. E quando arrivano i momenti di rabbia e disillusione, ecco arrivare Dexter a consolarci con le sue urla.
Siamo umani e le nostre emozioni permangono dentro di noi sempre e comunque; anche se il tempo passa e gli Offspring non sono più quelli di un tempo, è bene ricordarsi che neanche noi lo siamo. I loro pezzi, però, restano intatti, pronti ad accogliere tutti, dai fan datati a chi li scoprirà grazie ad un algoritmo o al consiglio di uno zio più grande. Non sono un nostalgico, non si stava meglio prima, non si starà meglio dopo, ma si starà sempre bene ad urlare “you stupid god damn shit motherfucker”.

Marco
Sono in vacanza coi miei genitori, abbiamo parcheggiato la Xsara in uno spiazzo sterrato, imboccato un sentiero di macchia mediterranea che scende verso la costa, che a un tratto si apre su delle dune del giallo più giallo che riesca a ricordare. La spiaggia in sé è piccola, quando passo di fianco a un tizio che avrà una decina d’anni più di me (io ne ho 13 all’epoca), sta sbattendo l’asciugamano come si fa con le lenzuola, a terra c’è una radiolina da cui riconosco It’ll be a Long Time, ed è come tornare a casa. I miei genitori non ci sono più, il mare non mi interessa più, non sono più in vacanza, sono d’improvviso immerso nella vita in cui sto cercando di cacciarmi con ogni mezzo, perché è un fatto associativo, è riconoscere un odore del branco, un richiamo dello stormo.
Per me gli Offspring sono stati questo, la mia prima e più grande opportunità di fare qualcosa della mia vita. Se ho pensato che forse avrei potuto suonare uno strumento è perché un mio amico mi ha fatto ascoltare The Kids Aren’t Alright a bordo di un treno, e ancora oggi, 21 anni dopo, non ricordo un impatto altrettanto devastante al primo ascolto.
La mia intera estetica dell’estate è modellata sui suoni lontani, anni 90, bagnati, taglienti e arabeggianti delle chitarre di Noodles. Ho passato quasi vent’anni a farmi insegnare da tizio e caio che cosa sia davvero il punk: gli anni settanta, l’hardcore, il diy, i centri sociali, questo e quest’altro, l’anarchia o il nichilismo, la storia da studiare, il rifiuto delle major, del mainstream, joe strummer, let’s go sì ma life won’t wait no, e alla fine di tutte queste nozioni mi sono guardato allo specchio, e mi sono reso conto che non me ne fregava un cazzo di niente, per me il punk è la voce di Dexter Holland che urla “well fuck you, woah woah”, e lo sarà sempre. Mi dispiace, sono nato nel 1987. Il resto posso rispettarlo, posso studiarlo, può piacermi, ma non mi appartiene.
La scaletta che farei se avessi una tribute band degli Offspring.

Manq
Prima di mettere mano a questa playlist mi sono riascoltato tutta la discografia degli Offspring fino a Splinter. Gli ultimi due dischi riascoltati oggi danno molto meno fastidio di quanto me ne diedero ai tempi, per le tre leggi di Surimi:
1) se mangi tutti i giorni aragosta, quando ti danno i gamberoni storci il naso. Quando ti danno il surimi ti incazzi e non lo mangi.
2) se hai una dieta varia e ti piacciono i crostacei, il surimi non è la tua prima scelta, ma lo mangi volentieri.
3) il surimi è fatto di scarti e lo sanno tutti, se lo compri pensando sia granchio il problema è tuo.
Credo gli Offspring siano il gruppo meno originale che conosco, negli anni hanno riciclato una quantità di idee e riff imbarazzante, eppure sta mattina pensandoci riflettevo che ad altri gruppi che fanno la stessa cosa si concede il lusso di parlare di “autocitazioni”. Lo faccio anche io, come gli Offspring si meritino questo marchio d’infamia nonostante non sappia dire in base a cosa. Riascoltando tutto mi sono imbattuto in cose che avevo dimenticato, tipo quando hanno pensato di essere i Pearl Jam (Denial, Revisited) o di poter riproporre pari pari Dirty Magic dieci anni dopo senza che nessuno mangiasse la foglia (Vultures). La roba che più mi ha devastato è riascoltare Not the one e faticare ad arrivare in fondo per quanto è suonato a cazzo quel dannatissimo charleston. Il primo batterista degli Offspring è qualcosa di incomprensibile. Ad ogni modo, scegliere solo 14 tracce per una playlist è impossibile, ma soprattutto ingiusto. Avendo fatto io le regole non ha senso che me ne lamenti. Per una volta quindi affanculo il completismo, la razionalità, la volontà di raccontare il gruppo a tutto tondo. Ho fatto delle scelte e le ho fatte nell’unica maniera possibile: col cuore.
Se pensate manchino pezzi imprescindibili è per la legge di Keglevich: prima dei vent’anni la vodka alla frutta è pazzesca, ma finisce che ne bevi troppa, vomiti e poi non la bevi più.
Mai più.

Te spiego l’EMO

Giorni fa Andrea ha riscoperto il piacere di fare le playlist su Spotify e ne ha tirata fuori una che racconta l’emo nella sua prima fase, diciamo quella che va dal 1985 al 2000. Per chi non lo conoscesse, Andrea è una delle penne di Impatto Sonoro, ma soprattutto un “amico di internet” che recentemente ho avuto il piacere di incontrare di persona e con cui mi è già capitato di fare giochini tipo quello di cui vi sto scrivendo. 
Dico giochino perchè Andrea, dopo aver condiviso la sua (bellissima) playlist ed essersi beccato il mio like, ha pensato di chiedermi se mi andasse di farne una sullo stesso tema. Potevo mai tirarmi indietro? Ovvio che no.
Non paghi, abbiamo deciso di estendere il concetto e coprire anche le fasi successive della storia, in modo ne uscisse un quadro diciamo completo.
In sostanza quindi mi sono cimentato nel mettere giù una breve serie di playlist a tema EMO e, visto che sono uscite più carine di quanto immaginassi, ho pensato potesse valere la pena metterle anche qui sopra e scriverci due righe due di commento.
Le regole erano pochissime: finestra temporale definita e massimo 12 tracce, come qualsiasi playlist dovrebbe essere se lo scopo è farsi ascoltare. Io ad ognuna ho messo come cover un’immagine di Andrea Emo e il perchè, se avete letto fino a qui, non ha senso spiegarlo. 

Emo 101 (’85-’00)
A conti fatti la più semplice da fare, ma anche quella in cui credo fosse più difficile distinguersi rispetto ad altre ipotetiche liste redatte con il medesimo scopo. Parliamo degli anni in cui l’emo è nato ed ha goduto del suo momento creativo di maggior spicco. Per moltissimi, l’unico periodo che abbia senso analizzare.
Su 12 pezzi, credo almeno 8 escano da dischi che per me sono capolavori. La cosa se vogliamo peculiare è che lo sono anche per un sacco di gente che ne capisce molto più di me. I gruppi coinvolti son quelli che trovate in qualsiasi testo a tema emo reperibile su internet, da wikipedia in giù, tralasciando però tutte le pagine di gente che parla di una roba che non ha idea di cosa sia.
Dopo averla fatta l’ho ascoltata alla nausea.

Emo 202 (’01-’10)
Qui la situazione si fa spinosa perchè è evidente il primo decennio del nuovo millennio coincida sì con la “maturazione” del genere, ma anche con il suo più drammatico sputtanamento. La corretta informazione avrebbe dovuto tener conto di entrambi i fattori e regalarci una playlist cumulativa, ma con Andrea si è deciso per farne due, una radical chic e una da guilty pleasure. Io i confini tra le due li vedo davvero molto sfumati, ma capisco il ragionamento.
La prima è questa e contiene alcune delle mie canzoni della vita.

La seconda invece è decisamente più cafona e contiene un sacco di roba che non ha propriamente una dignità. Dal canto mio però rivendico il diritto di difendere ogni singola traccia di questa seconda lista, che a conti fatti se vogliamo ha dalla sua il tentativo di sviluppare il tema in maniera diversa, anche se profondamente sbagliata a livello ideologico.
Poi oh, se ho tempo per una sola delle due, 8/10 metto su la seconda perchè io un po’ la penso come René Ferretti.

Emo 303 (’11-’19)
Terza playlist e siamo a quello che per me è il capitolo più complicato perché c’è da pescare nell’ultimo decennio (che decennio poi non è, ma vabbeh) e io non sono più sul pezzo da tantissimo tempo. La prova è che in lista sono finiti pezzi di dischi belli, ma che non ho mai comprato.
In generale il grosso del mio sforzo era volto a dimostrare che le idee, quando si parla di emo, ormai siano finite, ma anche che fare bei dischi usando le idee di altri venuti prima non è mai stata pratica per quel che mi riguarda deplorevole. In coda ho voluto mettere quello che per me è l’unico filone nato in questo periodo e con qualcosa di “nuovo” da dire e se vogliamo fa sorridere perché pur basandosi sul campionare i pezzi dei decenni prima (letteralmente), alla fine risulta comunque più fresco del revivalismo derivativo delle tracce che lo precedono in questa playlist.
Questo giro ci ho messo anche un pezzo italiano perché, in questo decennio, ho ascoltato forse più dischi italiani che stranieri. Poi mi dicono che da noi arriva sempre tutto dopo, quindi credo abbia senso.

Probabilmente nessuno ha bisogno che io gli spieghi cosa sia l’EMO, certamente non nel 2019, ma è un giochino che mi sono divertito a fare e che mi ha permesso di mettere insieme delle playlist che ascolterò certamente un sacco.
Quindi boh, evviva.