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Gennaio 2006

And the winner is…

Il contest ha decretato il suo primo vincitore: Ze.
Grazie al suo aiuto sono riuscito a correggere il più grave errore di compatibilità con Firefox, su cui ora il blog risulta visualizzabile, seppur con qualche imprecisione grafica nell’allineamento delle colonne. La versione del template è quindi passata a 1.1.
Ze ha già detto di accettare il premio che ho in serbo per chiunque si renda utile in maniera cospiqua, quindi entro breve comunicherò di cosa si tratta su queste pagine.
Come detto tuttavia i problemi non sono finiti e quindi il contest resta ancora aperto a tutti.
Per il resto c’è veramente poco da dire.
Domani è il giorno del giudizio per quanto riguarda la mia vita in laboratorio, perchè scoprirò se finalmente le cellule si sono assestate così da poter iniziare a trasfettare. Al momento giacciono nei pozzetti 150000000 Hela e 15000000 NIH 3T3, la speranza è che domani ci siano ancora e stiano bene.
Sul fronte macchina fotografica, ho appena contattato il ragazzo che l’ha investita. Dopo una breve discussione sembra intenzionato a procedere tramite assicurazione. In attesa che mi comunichi gli estremi, domani dovrò far visita ai Carabinieri per sporgere denuncia.
Chiudo con un pensiero a chiunque abbia dedicato la sua vita/parte della sua vita/qualche momento/anche solo un istante alla Chimica Analitica. Capisco il vostro dolore.

Increa [snow] park

Serata alternativa?
Ok. Invece di andare a vedere il Milan e seguire in diretta l’ennesima prova indegna dei ragazzi, aderisco all’idea di Gabo e Lele: tavola e parco Increa*.
L’idea è di uscire poi con gli altri in seconda serata.
A tre anni dall’ultima volta in cui ho indossato la tavola eccomi nuovamente con scarponi e attacchi ai piedi. L’impatto iniziale è duro, ma poi, tutto sommato, ci si diverte.
La serata procede bene e si protrae fino alla una, anche perchè i miei amici sono andati via senza dirmi nulla, riducendo drasticamente le mie alternative. Probabilmente c’erano macchine a sufficienza alla panca, questa sera.
Non importa.
Soddisfatti e divertiti dalle scorribande sulla neve ci si appresta a tornare a casa.
Tempo di cambiare gli scarponi e un tizio, che non si sa cosa facesse li a quell’ora, in retro sbanda un attimo e centra pieno il mio zaino contenente il cellulare di Gabo, il lettore mp3 di Gabo, le maschere mia e di Gabo e la mia macchina fotografica. La verifica danni vaga subito ogni dubbio: le uniche cose rotte sono la spallina del mio zaino e la mia macchina foto.
Quest’ultima è totalmente andata.
Il tipo mi lascia nome e numero, io per scrupolo prendo anche la targa.
La fotocamera digitale non aveva nemmeno un anno.
Questo importa.
Arrivo a casa e cerco di sentire Ambra per un po’ di conforto. Mi dice che non rivedrò mai una lira da quel tizio.
Nulla da aggiungere.
Proprio un bel perido.
Se questo è il 2006, la fine non la voglio vedere.
La truppa al completo
* Lele nella migliore delle foto postume al decesso della mia Nikon

A Brugherio c’era la neve

La neve è caduta come mai la mia memoria è in grado di ricordare.
Una coltre profonda mezzo metro si è depositata su tutto ciò che mi circonda*, ovattando tutto.
I suoni, i colori, i pensieri.
Un paesaggio nuovo è calato lieve dal cielo, rendendo questo posto un posto nuovo.
Diverso.
Guardandomi attorno spaesato e sbigottito, intento a scattare insulse fotografie, mi è parso di essere stato trasportato altrove.
Lontano.
La cosa, per un attimo, mi ha fatto stare bene.
Bianca, bella e crudele.
* via XXV Aprile. 20047 Brugherio (MI)

A year has passed

“Bella!”
Questa è la prima parola che ho scritto su queste pagine ed è così che voglio incominciare oggi.
Un anno è passato da quando, in un pomeriggio di scarso lavoro, decisi di mettere in piedi un blog.
Chi avrebbe mai pensato che questo progetto sarebbe arrivato a compiere un anno?
Io no di certo.
In realtà il progetto era proprio quello di provare a raccontare dodici mesi della mia vita, ma al momento della partenza non avevo assolutamente la pretesa di arrivare a compiere quanto auspicato. Pensavo che sarebbe stata una delle mie passioni temporanee e che come tale sarebbe andata morendo col tempo, senza lasciarmi nulla di significativo.
Come è facile intuire, le cose sono andate in maniera estremamente diversa.
Scrivere qui mi ha appassionato. Mi ha dato l’enorme possibilità di sfogare le mie emozioni liberamente, conscio di farlo solo ed esclusivamente per me, ma anche del fatto che prima o poi qualcun’altro le avrebbe lette e che quindi non sarebbero state gettate al vento. Rileggere quanto mi è successo in quest’anno mi fa sempre piacere e mi da modo di ripensare ad cose che mi hanno reso felice o che mi hanno fatto stare male, cose che magari avrei dimenticato o rimosso e che invece ho reso incancellabili.
Scrivere mi fa stare bene e rileggere quanto ho scritto mi riempie il cuore.
In sintesi, il succo è questo.
Per questo, arrivato al traguardo prepostomi esattamente un anno fa, ho deciso di continuare.
Per quanto?
Chissà…
Sicuramente fino a che sarà valida la sciocca frase che ho usato per riepilogare il mio pensiero riguardo l’avere un diario on-line.
E’ quindi in quest’ottica che deve essere visto lo stravolgimento grafico che ho dato al tutto. In realtà questo era un altro dei miei propositi, ho solo voluto aspettare un’occazione importante per porlo in essere. Citandomi, da uno scritto del 31-01-2005:

E’ deciso: mi costruirò il mio Template Personale.

Ultimamente mi sento frivolo, quindi credo che la grafica ospiterà molte stelline e qualche cuoricino. Il colore di base sarà nero, ma non mancherà del rosa.

Ci ho lavorato sodo, veramente. Perloppiù di notte in modo da poterlo testare lontano da occhi indiscreti e creare l’effeto sorpresa che spero si sia verificato.
Come ovvio è lungi dall’essere perfetto, ma anche per questo ho pensato di istituire il contest descritto nella colonna di destra.
Fuori nevica veramente forte.
Sarà di oltre venti centimetri la coltre bianca e ovattata che avvolge il mondo esterno, uno spettacolo grandioso.
Nulla di più adatto al candore di un nuovo inizio.

Doccia fredda

Sono tutte morte.
Tutte.
Stamattina sono entrato in camera sterile, ho aperto l’incubatore a 37°C, ho preso con cura le mie tre flask T75 e la 24 well plate in cui avrei dovuto trasfettare, le ho guardate a microscopio e ho così preso atto dell’accaduto.
E’ come se mi avessero messo sotto una doccia fredda mentre ancora dormivo.
Avrei voluto tirare il tutto contro il muro e gridare.
Il mio capo sostiene sia un problema di siero, poichè con l’FBS della S***a© era già capitata una cosa del genere ad Elena, la dottoranda che lavora con me. Lei però lavorava su cellule più delicate rispetto alle mie e quindi si è pensato che per me quel siero potesse andare comunque bene.
Evidentemente non è così.
Fortunatamente non ho buttato via troppo lavoro, poichè nella fase in cui sono traslare gli esperimenti di un paio di giorni per ristabilire le colture non è un grossissimo problema, tuttavia quello che si prova di fronte ad uno spettacolo del genere è terribile. Il peggio è che al momento nel mio progetto ci sono già abbastanza interrogativi che, per essere chiariti e dissipati, richiedono prove continue e conseguenti tentativi fallimentari volti a “trovare la strada giusta”. Questo è normale per chi fa un lavoro come il mio, tuttavia non sempre è facile lavorare giorni solo per dire: “Ok, così non va, proviamo in un altro modo.”. La cosa a volte risulta un pochino avvilente, senza che vi si aggiungano imprevisti tipo quello odierno.
Mi hanno detto tutti che sono cose che capitano e che non devo abbattermi.
Non è facile.
Magari domani, se le cellule che ho scongelato e piastrato oggi con un nuovo siero cresceranno, il morale tornerà alto.
Adesso tuttavia sono moderatamente nervoso.

La mia risposta definitiva

Sono seriamente convinto che nessuno possa dirsi felice della propria vita.
Ciò nonostante alcune cose la rendono meritevole d’essere vissuta.
Sono poche cose, in rapporto alla totalità di ciò che la compone, ma ne sono il sale e costituiscono l’unica ragione per cui si va avanti.
Se la vita fosse una lavagnetta in cui è possibile cancellare quanto non ci piace di quel che si è scritto, probabilmente io potrei dare un colpo di straccio a gran parte, se non a tutto quello che in questi 24 anni abbondanti avrei tracciato su di essa. Soffermandomi a riflettere non c’è nulla di quanto ho vissuto che non presti il fianco a una possibile valutazione negativa e quindi associato ad un “magari non fosse andata così…”.
Tuttavia questo giudizio è profondamente ingiusto, poichè si sofferma su quanto di negativo accaduto, ma mai su quanto di bello e positivo ho tratto dalle esperienze del mio quarto di secolo scarso.
Per questo credo di poter affermare di non essere soddisfatto della mia vita solo in virtù del fatto che sono incapace di essere soddisfatto di qualunque cosa.
Quanto appena scritto però non può negare il malessere dato dall’insoddisfazione.
La coscienza non aiuta a superare il problema.
Che schifo.

Emo

Eccomi appena tornato dal live dei Lagwagon e quindi eccomi puntuale a scrivere le mie impressioni.
Innanzi tutto un grazie monumentale a Daniele che mi ha dato il biglietto e mi ha permesso di andarci, regalandomi così una bella serata.
Fatto il doveroso riconoscimento, la cosa che più mi sta a cuore dire non riguarda la musica.
Di quella parlerò dopo.
L’analisi riguarda le persone. Si cresce, è innegabile. I gusti cambiano e molto spesso si preferisce archiviare ciò che si è ascoltato in gioventù al grido di “ero giovane, ora sono diverso.”.
Vero.
Innegabile.
Così quando arrivano i Lagwagon a suonare a Milano il pensiero è: “che ci vado a fare? Non sono più tipo da quella roba.”. Ebbene andandoci comunque la sensazione non è per nulla quella e il pensiero diventa: “sarò anche cambiato, ma queste cose continuano a divertirmi e cazzo, vorrei mi divertissero finchè ho fiato in corpo!”.
Come me devono pensarla un sacco di persone che, puntualmente, capita di incontrare in queste situazioni. E’ stato bellissimo rivedere Carlo e Marco, Fabio Uni, Jack “Lorenzo” Burton e Francy e Marta BG. Quest’ultima tra l’altro studia farmacia a Milano eppure non l’ho mai vista. Comunque, se anche l’avessi vista in quella situazione e non sta sera, sarebbe stato diverso.
Così si viene rapidamente trascinati dall’atmosfera, aiutati da “Violins”, “May 16”, “Alien 8”, “Razor Burn” e tutti quei pezzi che si cantano a squarcia gola, saltando e alzando le corna al cielo. Non conta che Joey Cape non avesse un filo di voce questa sera, l’atmosfera e l’attitudine hanno colmato agilmente la lacuna.
Non so perchè, ma ho sempre l’impressione di poter sembrare ridicolo in queste situazioni.
Chissenefrega.
E’ in serate e momenti come questi che si assapora la felicità vera e quindi sono contento dell’essermela goduta appieno.
Col senno di poi, a non andarci avrei commesso uno sbaglio enorme.
Credo di aver detto tutto, anche riguardo alla musica.
Potrei aggiungere che hanno suonato in maniera impeccabile e precisa, ma se anche così non fosse stato, non credo avrebbe fatto differenza per me quindi l’elemento non è certo rilevante.
Vedrò altri concerti prossimamente, ma credo che nessuno avrà questo impatto emotivo.

Sogno

Non capita mai che io mi svegli e ricordi quanto ho sognato durante la notte.
Forse è perchè dormo poco o perchè il mio sonno è troppo profondo, non saprei dire. Le mie conoscenze in materia sono pressoché nulle e quindi darmi delle risposte mi è impossibile.
Questa mattina non dovevo andare al lavoro e ho quindi potuto protrarre il mio sonno più a lungo, tuttavia il mio bioritmo ormai saldamente formato ha fatto sì che mi svegliassi comunque intorno alle 8.00. Uno sguardo rapido al cellulare, un pensiero al disappunto provato nel realizzare l’inutilità dell’essere sveglio e il pronto ritorno al sonno innescato dal classico “voltarsi dall’altra parte”.
Così mi sono concesso un altro paio di ore di sonno, di quel sonno leggero e frammentato di chi non ha la tranquillità di poterlo continuare ad oltranza e sa che presto dovrà svegliarsi, di nuovo.
Ebbene, ricordo quanto ho sognato in quel lasso di tempo e quindi ho deciso di annotarlo qui. Premetto che, ad una mia prima analisi, quanto sto per scrivere è risultato totalmente privo di alcun senso. Come detto però, non so nulla in materia e quindi il mio giudizio potrebbe essere troppo superficiale. Mi limito quindi a riportare il tutto con spirito cronista, lasciando in sospeso i pareri e le opinioni personali in merito.

Sono al mare.
Non saprei contestualizzare dove, ricordo solo un ponte con una ringhiera, sopra delle altissime scogliere. Ricordo che l’attività principale del gruppo di persone con cui sto è saltare al di là della ringhiera e gettarsi dal dirupo, tuffandosi nelle acque dell’oceano. Non saprei dire da chi sia composto il gruppo con cui sono in vacanza, ma il feeling è quello che si ha in compagnia con degli amici pur non focalizzando la faccia di nessuno di questi.
Ad un certo punto il sogno mi vede costretto a salutare tutti per andare ad assistere ad un concrto. Mi reco quindi in una sorta di Hotel/Residence per prepararmi ed entrando incrocio l’Ottolini. Dapprima non la riconosco, ma poi riflettendo torno indietro a salutarla. E’ piuttosto diversa, sembra più vecchia, tuttavia mi risponde di essere lei e ricambia il saluto. Immancabile, vista la presenza della previacitata, ecco fare il suo ingresso la Ilo. Arriva con quello che dice essere il suo ragazzo, un tamarro col capello a spazzola e diversi piercings alle orecchie, la cui fisionomia non rimanda a nessuno che conosco. Anche lei ha fattezze decisamente diverse da quella della Ilo reale e anche lei fa finta di non vedermi. Puntuale la seguo per salutarla e lei ricambia con simpatia. Il suo ragazzo invece inizia a prendermi per il culo pesantemente. Decido di andarmene, ma lui insiste e così mentre mi allontano gli rispondo male. Il tipo a quanto pare non aspetta altro ed iniziano dei tafferugli fatti più che altro di spinte e frasi intimidatorie cui rispondo puntuale fino all’intervento di amici non meglio identificati, che si frappongono tra noi.
Me ne vado, questa volta sul serio, ed arrivo in quella che credo essere la mia sistemazione. Nel tentativo di trovare dei vestiti adatti al concerto ribalto un borsone blu, da cui esce un sacco di roba. La ricerca dura un po’ perchè non saltano fuori i pantaloni corti che cerco.
Mi incazzo mentalmente con mia madre rea di averli dimenticati nonostante le avessi detto esplicitamente di metterli in valigia. La rabbia tuttavia dura poco poichè i pantaloni saltano fuori. Li abbino ad una polo dell’Atticus identica a quella sfoggiata da Tom Delonge sull’ultimo numero della rivista Kerrang, che una volta indossata mi fa riflettere sul fatto che ho una pancia smisurata, nel sogno ancora più grande di quella reale.
Esco e parto per il concerto, che si tiene in una sorta di aula conferenze in cui un sacco di ragazzi sono seduti con carta e penna tra le mani. Molti di questi hanno una candela accesa sul loro banco.
La cosa mi sembra del tutto normale.

A questo punto mi sono svegliato.
Bizzarro.

The gift

“Would it make you feel much better
If it was you against the world
If you were an alien
If it were conspiracy
And would it hurt to live in comfort
If you found someone to trust
If you knew that you were with us
If we shared a common goal

But you will isolate, alienate
No one can appreciate the poor miss understood
Can you see that I don’t care anymore

Do you ever stop to listen
Are you a martyr for your pride
Does it makes you feel much better
When you are an alien?”

Thanx to: Daniele

Nottetempo

Freddo.
Ci saranno pressapoco 16° C in camera mia a quest’ora.
E’ normale, i miei dormono ormai da almeno 4/5 ore e il tepore dei piumoni Ikea permette di lasciare i caloriferi spenti durante la notte. Io sono a casa da un’oretta e mi trovo di fronte allo schermo del PC a digitare i freddi e rumorosi tasti della mia Logitech di modo che la pagina che sto scrivendo prenda forma. In sottofondo le note più varie, selezionate rigorosamente dal caso tra tutti i brani del mio catalogo multimediale. Il volume è per forza di cose bassissimo, ma nel silenzio generale il suono è comunque sufficientemente definito da farmi sentire meno solo.
Gran parte del tempo intercorso tra il mio rientro e questa attività è stato dedicato allo studio del nuovo templato. Ci lavoro da veramente molto tempo e sono contento di poter dire che è finalmente finito. Grafica nuova, problemi di compatibilità con risoluzione di 1024×768 risolta (almeno stando ai test effettuati) e conferma delle introduzioni fatte da me al templato attuale. Permane unicamente da fissare il baco per la compatibilità con Browser che non siano IE6, tuttavia questo è un problema di second’ordine che proverò a risolvere, ma che non vincolerà la release. La data di presentazione è già stata decisa.
Mi si chiudono gli occhi.
Voglio scrivere ancora un po’.
Tengo duro.
Domani mattina non lavoro e posso permettermi una notte brava. Il saggio di Renilla Luciferasi ha dato i valori attesi, forse anche prima del previsto. Sicuramente prima di quanto io avessi previsto. Le trasfezioni effettuate fino ad ora sono andate bene e le mie culture cellulari di HeLa sembrano non risentire della mia mano inesperta, continuando a proliferare come da programma. La soddisfazione che si prova ad avere dei risultati sul lavoro è immensa, a mio avviso poco paragonabile a qualunque risultato in ambito di studio. E’ come se una colata di cioccolato caldo mi avvolgesse il cuore.
E’ entrata mia madre. Si è appena svegliata e consiglia caldamente di prendere la via delle coperte.
Credo che le darò asolto.
Tuttavia lascierò iTunes acceso, spegnerò solo il monitor privando la stanza anche dell’ultima luce decisa. Non sopporto i rumori del silenzio che si sentono di notte, tuttavia la luminosità dello schermo del PC non mi permetterebbe mai di prendere sonno. Molto meglio il buio costellato dei led colorati disseminati per la stanza, l’atmosfera che crea è oltretutto anche più affascinante.
Mi alzo.
Tolgo i vestiti.
Oggi è finito.