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Manq

Quando scrivo di musica sono prolisso. E sticazzi.

Dischi.
Si era detto che mi sarei preso un post per scrivere di un po’ di dischi che sto ascoltando e che sono usciti più o meno tutti relativamente di recente.
Sono 7.
Quantitativamente parlando è tanta roba, qualitativamente non poi così tanta, ma in ogni caso sono tutti o quasi dischi che ero curioso di ascoltare e che di conseguenza mi va di raccontare.
Via.

Brand New – Daisy
Brand New - Daisy Questo per il sottoscritto era sicuramente il disco più atteso dell’anno e quindi è quasi d’obbligo partire da qui. Ed è quantomai difficile farlo perchè Daisy è un disco che, al primo ascolto, mi ha “sconvolto”. Anzi, mi ha aggredito senza lasciarmi il tempo di riprendermi fino alla sua conclusione, quando ho spento il lettore e mi sono chiesto se avessi realmente sentito quello che avevo sentito. Che i Brand New ogni volta siano capaci di dare una svolta al loro suono è indiscutibile ed ormai non fa più notizia, ma questo non impedisce di rimanere ogni santa volta che si ascolta un nuovo capitolo della storia, a bocca aperta. Il disco si apre con Vices, introdotta da un’alquanto suggestivo “old church hymn” (leggo in internet) ed è letteralmente un pugno in faccia. Dissonanze, suoni cupi e ruvidi e urla che nessuno mai avrebbe pensato di accostare ai Jesse Lacey e soci. Attenzione, non si parla delle urla posticce e postprodotte che tanto vanno di moda adesso, sia chiaro, ma di vere e proprie grida capaci di raschiare l’animo dell’ascoltatore e, nel mio caso, quasi di infastidirlo. Dopo un impatto del genere però sale la curiosità di capire dove sia diretto questo disco e così ci si ferma ad ascoltarlo con attenzione, nel tentativo di comprendere. Ascolto dopo ascolto si ritrovano la malinconia, l’intimità e l’emotività caratteristiche dei Brand New, ben identificabili in alcuni pezzi più vicini al precedente lavoro, ma continua ad essere chiaro che tutto è stato rielaborato e sfogato con una violenza mai usata prima. Alla fine non saprei come valutare questo disco, perchè è troppo ostico per poterlo fare così presto. Di sicuro è più lontano dai miei gusti rispetto a “Deja Entendu”, ma anche “The Devil and God are raging inside me” lo era eppure oggi lo trovo uno dei dischi più belli che ho in casa. Tuttavia, come ho letto su Alternative Press, “it’s entirely possible that the band simply wrote a good album this time around, not a great one.”.

The Used – Artwork
The Used - Artwork Lo so, ho già scritto molto di questo disco. Troppo. Però in realtà non l’ho mai fatto come si dovrebbe, ovvero lasciando da parte i miei pregiudizi e le mie valutazioni impulsive. Così mi ci sono dedicato con attenzione, l’ho ascoltato e riascoltato e l’ho paragonato ai predecessori. Con somma sorpresa mi sono reso conto che questo nuovo capitolo è semplicemente il meglio prodotto dalla band dopo l’inarrivabile esordio. Attenzione, non sto dicendo che sia un bel disco, almeno non senza chiarire cosa si intende con “bello”. Innanzi tutto non si può decontestualizzare il prodotto dal genere in cui rientra. Questo è un disco di fake-emocore posticcio di quello che va tanto di moda oggi. Assodato questo, lo si deve valutare in quell’ambito e, secondo me, all’interno del genere è un buon disco: melodie facilone che si stampano in testa al primo ascolto, superproduzione, finzione sempre in primo piano (dalle urlettine di sottofondo ai riffoni pseudo-metal) e cliches a chili. Rispetto agli ultimi due album oltretutto ci sono molti meno momenti “strappamutande” per ragazzine e questo non può che essere un bene. Insomma, all’interno di un genere che può non piacere e che di sicuro ormai sovrabbonda di letame, gli Used riescono a fare meno peggio di tanti altri, basti solo pensare all’ultimo lavoro dei Silverstein per esempio. Poi è chiaro che molte band che hanno iniziato con questa roba se la sono ampiamente lasciata alle spalle provando a non perdere totalmente la dignità, ma quelle sono scelte che, per quanto apprezzabili, esulano dalla valutazione di un disco.

Thrice – Beggars
Thrice - BeggarsAccennavo giusto poco fa a quelle band che, pur partite da certe sonorità (ai tempi ancora genuine e degne di rispetto), hanno deciso di rispondere alla prostituzione cui la scena andava in pasto e probabilmente ad esigenze artistiche altre rispetto al soldo facile, evolvendo il loro suono in qualcosa di decisamente più maturo e meno teenage friendly. Oltretutto, nella fattispecie, i Thrice sono un’altra band che da sempre ha sviluppato un percorso fatto di crescita e ricerca della propria strada, partendo dal metalcore più melodico degli esordi, passando per il nu-emocore, il post-hc ed arrivando a questo disco che, a mio avviso, tratta di puro e semplice post rock. Personalmente non avevo mai ascoltato il precedente lavoro e quindi il salto tra “Vehissu” e “Beggars” per me è stato decisamente ampio, di quelli che mio nonno da giovane faceva per saltare i fossi per il lungo, eppure l’atterraggio è stato più composto di quanto mi aspettassi. Il motivo è semplice: “Beggars” potrebbe benissimo essere il disco che, quest’anno, mi aspettavo dai Brand New. A mio avviso infatti c’è veramente tanto della band di Long Island in questo lavoro, come tuttavia c’è tanto degli At the Drive In. Con queste premesse direi che c’è poco altro da aggiungere e rimane solo da mettersi belli comodi ed ascoltarselo perchè, sempre a mio avviso, questo potrebbe benissimo rivelarsi il disco dell’anno. Evidentemente sto crescendo.

Saosin – In search of solid ground
Saosin - In search of solid groundLi avevo lasciati nel 2006 con l’album di esordio e li ritrovo nello stesso punto oggi, con questa seconda uscita. Non si sono mossi di una virgola i ragazzi, sfornando quello che non si può che definire un disco fotocopia. Stessi suoni, stessi pezzi, stesso tutto. Ecco, metterci tre anni a fare una roba del genere non è giustificabile ne tantomeno degno di applausi. Allora mi avevano colpito perchè in un panorama dove per suonare questo tipo di musica era quasi necessario infilare grida da tutte le parti, loro sfoggiavano un cantato pulito pulito e dai toni altissimi. Musicalmente parlando non sono mai stati particolarmente innovativi, però avevano tutto quello che serviva al posto giusto, con l’aggiunta di un batterista coi controfiocchi che anche su disco sapeva inserire piccole perle qua e la. Oggi, come dicevo, sono ancora così con la differenza che, a quel che mi è parso dai primi ascolti, anche le linee di batteria si siano appiattite un po’. I pezzi non sono brutti, si ascoltano volentieri anche più di una volta, ma non lasciano molto. Un disco da mettere in macchina e sentire in sottofondo quando c’è altra gente a bordo, per capirci, una cosa che non colpisce e che non infastidisce. Una roba per cultori della band, insomma.

Mae – (M)orning
Mae - (M)orningDovrebbe essere un EP questo dei Mae, il primo di una trilogia che dopo “(m)orning” dovrebbe dare alla luce “(a)fternoon” e “(e)vening”, ma 37 minuti di musica divisi in 8 pezzi lo rendono di diritto un vero e proprio disco. Il progetto che sta dietro alla trilogia mi è tutt’ora un po’ oscuro, nonostante io abbia provato a documentarmi in internet, ma se non ho capito male i nostri eroi hanno deciso di raggruppare le canzoni scritte nei mesi scorsi e vendute in internet per beneficienza, senza appoggiarsi ad alcuna casa discografica. Se ho capito giusto, l’iniziativa è sicuramente lodevole, ma adesso è il caso che io valuti i contenuti e devo dire che il disco mi piace. Si tratta di pop-rock pulito e solare, ma ben curato e non troppo timoroso di uscire da certi schemi (un esempio sono le due tracce sopra i 7 minuti, cosa che in quest’ambito non è certo usuale). Il tema è quello del mattino, dell’alba, e l’atmosfera è trasferita benissimo dalle orecchie alla mente rendendo l’esperienza simile ad un viaggio. I Mae da questo punto di vista hanno una certa tradizione, se si considera “The Everglow”, che secondo me resta il loro capolavoro. Brani lunghi quindi, ben articolati, ma anche pezzi più classici, sempre caratterizzati dalla voce leggera e dai suoni armoniosi. La chicca è forse il pezzo strumentale, “Two birds”, dove pianoforte e flauto si rincorrono come fossero il canto mattutino di due uccellini appostati sul davanzale della camera da letto. Dopo il flop di “Singularity” secondo me i Mae sono tornati ad ottimi livelli.

Darkest Hour – The eternal return
Darkest Hour - The eternal returnNon ho molto da dire riguardo questo disco e potrei seriamente recensirlo in una frase: i Darkest Hour mi hanno rotto il cazzo. Questa però non sarebbe una buona recensione (non che le altre debbano esserlo, però almeno ci provano) e quindi proverò ad articolare il concetto. Io non sono mai stato un metallaro, credo si sappia, e di conseguenza alla lunga ci sta che il trash/death proposto dalla band mi vada in noia, anzi, ci sarebbe da chiedersi come mai ci sia voluto addirittura un terzo disco. Forse perchè tra “Undoing Ruin” e “Deliver Us” c’era stato un’ulteriore salto in avanti per quanto riguarda la tamarria dei suoni e dei riffoni di chitarra, tale da spingermi comunque ad apprezzare il prodotto. Con questo nuovo album invece si torna un po’ indietro, addirittura in qualcosa si ripesca al metalcore iniziale ed in me subentra una certa noia. Per certi versi questo disco è una sorta di “Undoing Ruin” meno accattivante, con riff meno coinvolgenti e una struttura più ripetitiva, sempre che sia possibile non trovare ripetitivo questo genere di musica.

Poison the well – The tropic rot
Poison the well - The tropic rotChiudo questa interminabile carrellata di dischi e commenti con i Poison the Well e il loro ultimo album. Mi spiace dirlo, ma si tratta di una cocente delusione. Ad essere sincero già “Versions” non mi aveva certo entusiasmato nel suo tentativo di elevare l’HC a qualcosa di più razionale ed intimistico. Ecco, con quest’ultimo lavoro i ragazzi della Florida continuano su quella strada che forse apprezzerò tra qualche tempo, dopo ulteriori ascolti, ma che adesso mi lascia solo tanta nostalgia per i tempi di “Tear from the red” e “You come before you”.
Speriamo che vederli dal vivo mi tolga un po’ di questa nostalgia.

Ce l’ho fatta, ho finito.
Sono le 3 di notte.
Vado a letto.

Pallone vs. Palle

Volevo scrivere qualche parola, diverse in realtà, sulla cancellazione della puntata di Ballarò prevista per questa sera, rea di poter intaccare l’audience della Tv di Stato.
Penso tuttavia che desisterò, per due principali motivi:
1- So che Feltri ha pronto un editoriale in cui sviscera il Manq Sexy Gate, con tanto di documenti top secret. Non posso permettermi uno scandalo del genere a pochi mesi dall’inizio della mia convivenza con la Polly e oltretutto per me querelare il Giornale sarebbe economicamente infattibile, quindi è meglio che la smetta di parlar male del nostro Presidente.
2- La scelta di Rai Tre di proiettare “La Caduta – Gli ultimi giorni di Hitler” al posto della trasmissione di Floris ed in seguito “Correva l’anno – Le donne e la guerra” dice più di quanto avrei mai potuto scrivere io. E lo dice meglio, con più ironia. Tanto di cappello quindi a quella cha da domani, per editto presidenziale, sarà rinominata Rai Radio Londra.
Una cosa però devo proprio dirla, perchè non me ne capacito.
Perchè è stato montato tutto sto polverone inutile?
E’ Martedì.
C’è la Champions.
Chi potrebbe preferire Vespa al calcio?
E poi questa sera ci sono troppe partite imperdibili: il ritorno in champions del Milan, la Juve, il nuovo Real dei fenomeni, il nuovo Chelsea del maiale, il nuovo Manchester senza C. Ronaldo, il Bayern e via dicendo.
Anche il fatto che sia stata cancellata la puntata di Matrix prevista per la seconda serata è assurdo.
Ci stiamo forse dimenticando che a quell’ora vengono trasmessi i gol e, soprattutto, che ci sono da ascoltare le mirabolanti disquisizioni degli esperti di QSVS?
Naa, sono seriamente convinto che tutto questo polverone sia inutile.
Anzi, per avvalorare la mia tesi torno davanti al televisore, perchè dopo essere passati in vantaggio con un gol in fuorigioco, essere stati schiacciati per novanta minuti e aver preso un gol da polli, pare che i ragazzi si siano ricordati di saper giocare a pallone e che Seedorf e  Pippo abbiano costruito un gol della Madonna.

Ah, sì, prima o poi tornerò a scrivere d’altro. Ho in previsione di parlare di qualche disco nei prossimi giorni. Però la politica è troppo scoppiettante attualmente per essere ignorata. E poi, finchè posso, ne approfitto…

Non ci sono più parole

Il Presidente del Consiglio, invece di andare dal Presidente della Repubblica, va a puttane.
Oltretutto simula una malattia per poterlo fare.
Qualunque persona con una dignità propria si sarebbe dimessa.
Lui ovviamente no.
Però, cazzo, esigo almeno l’intervento di Brunetta.

“Minchia…”

Puntualmente, quando mi ritrovo a riflettere sul mio dottorato e sulla mia carriera, lavorativamente parlando attraverso i momenti peggiori.
Puntualmente questo capita in periodi in cui sono oltretutto oberato di lavoro che non sempre da le soddisfazioni che vorrei.
Puntualmente, infine, quando questo capita io scrivo qualche riga su questo blog per lagnarmene.
Oggi però non voglio farlo.
Oggi parlo di tutt’altro.
Oggi, continuando sul trend dello scorso post, prendo libero spunto dalla famiglia Doni e dedico un post all’ispettore Coliandro.
Il motivo è semplice: mi piace e, almeno quando stacco la sera, voglio dedicarmi alle cose che mi piacciono.
Ora io lo so che mi si accuserà di apprezzare questa serie perchè dipinge il poliziotto come un ignorante fascistoide invasato e convinto di essere Rambo, ma non è così.
Mi piace perchè mostra un poliziotto che, pur essendo un ignorante fascistoide invasato convinto di essere Rambo, sa smentire nei fatti quest’immagine che a parole non manca mai di dare di sè.
Se fossero così, i poliziotti, si starebbe meglio.
Il problema è che solitamente non si smentiscono, anzi.
Qui sarei molto tentato di partire con una divagazione a proposito di quello che ho appreso ultimamente sulle forze di polizia e che è stato raccontato proprio da un poliziotto, ma non lo farò perchè non voglio innervosirmi.
Sta di fatto che il prodotto messo assieme dai Manetti Bros. riesce a divertirmi e questo basta.
Oltretutto la regia e le musiche del tutto “non convenzionali” per la televisione italiana sono un’ottima boccata d’aria fresca nel palinsesto televisivo odierno.
Peccato solo per la recitazione di molte delle comparse e di alcuni dei personaggi a margine, che risultano veramente imbarazzanti.
Ora me ne vado a letto nel tentativo di finire il libro di Dexter, che sconsiglio a chiunque abbia visto la serie, e di riposare un po’.
Chiudo con una citazione proprio da Coliandro:

Ambulante: “Ti prego, aiuta me, compra fazzolettini. Io ho tre figli e mia moglie è incinta…”
Coliandro: “E che te devo dire… Scopa di meno…”

Ecco, per chiarire il personaggio: poi i fazzoletti li compra.

Something to write on blog about (plagio inconsapevole).

La mia nuova avventura di giornalista musicale al momento mi sta dando alcune soddisfazioni.
In settimana è infatti uscito su Groovebox il mio report sul live dei Get Up Kids @ Estragon.
Scrivere per una webzine tuttavia sta un po’ togliendo spazio a questo blog, perchè stendere due volte un pezzo che parla dello stesso evento è decisamente poco motivante. In un report scritto perchè qualcuno lo legga e non allo scopo di immortalare dei ricordi personali non trovo però giusto lasciare troppo spazio alle mie percezioni e quindi tento di attenermi al dovere di cronaca.
Il dilemma di conseguenza è che se scrivessi qui sopra del concerto, con tutta probabilità non ne uscirebbe una pagina come quella linkata in alto. Su questa pagina ci sarebbe ampio spazio per la bella sensazione provata nell’andare a Bologna finalmente in compagnia. Ci sarebbero delle menzioni d’onore a Marco e Carlo che si sono sparati insieme a me la trasferta, ma anche al BU e a Dietnam incontrati sul posto. Ci sarebbe un ampia cronaca della cena argentina fatta prima del live approfittando dei vari stand multietnici della Festa dell’Unità bolognese (che, per inciso, è veramente figa). Parlerei a lungo di come non ci abbiano serviti per quaranta minuti abbondanti, per poi mettersi una mano sul cuore una volta saputo che saremmo dovuti andare ad un concerto che iniziava circa 20 minuti dopo facendoci ingurgitare paella e grigliata mista di carne praticamente con l’imbuto.
Menzionerei la delusione nel non aver trovato una maglietta decente al banchetto, cosa a cui tenevo parecchio perchè i Get Up Kids live sono un evento che merita un cimelio.
Parlerei più o meno nello stesso modo dei The Briggs, ma sicuramente aggiungerei molto della diatriba animata avuta col bell’uomo sul loro essere simili o dissimili ai Dropkick Murphys.
E poi scriverei della performance dei ragazzi del Kansas, ma senza dedicare troppe righe alle scalette o alla risposta del pubblico. Parlerei soprattutto della mia risposta, la risposta di uno che la speranza di vederli dal vivo l’aveva abbandonata tanto tempo fa.
La risposta di uno che li adora per “Something to write home about” e che del resto si è sempre curato poco.
Uno che su “Action & Action” ha perso probabilmente la voce.
Uno che si è commosso su “Valentine” e “Out of Reach”.
Insomma, uno come me.
Avrei scritto della voce incredibile di Matt Pryor e dello stile ipnotizzante di Ryan Pope alla batteria, ma quello forse l’ho scritto anche nel report.
Una cosa che però anche in un pezzo di cronaca sicuramente non mi sono sentito di omettere è stato il fantastico e al contempo tremendo salto negli anni novanta cui questo concerto mi ha sottoposto. E’ stato bello, per una volta, vedere gente della mia età sotto il palco e gente più vecchia di me sul palco. E’ stato bello essere contenti e fieri, a nostro modo, dell’essere parte di un’altra generazione. Perchè i Get Up Kids, a differenza di tutti i gruppi che continuo a seguire dai gloriosi anni novanta, sono rimasti fermi a dieci anni fa. Basta dischi (the guilt show non l’ho credo mai sentito), basta concerti, nessun tentativo di continuare a restare attuali. Ogni due anni vedo i Nofx su un palco e sembra che il tempo non sia trascorso. Loro sono si convincono e ci convincono di essere gli stessi e va bene così, perchè anche noi trentenni con gli shorts un po’ vogliamo credere di essere rimasti al liceo. E’ una sorta di tacito accordo che sta bene ad entrambe le parti.
Con i Get Up Kids però quest’illusione scompare di fronte ad una band visibilmente invecchiata, ad un audience visibilmente invecchiata e per nulla reinfoltita dalle nuove leve e ad una scaletta che, che tu lo voglia o meno, è lì per ricordarti che una decina d’anni fa eri giovane.
Forse anche per questo non mi sono sbattuto più di tanto nel tentativo di andare a vedere gli Offspring Mercoledì scorso.
Sarebbe stato troppo presto, troppo traumatico.
Alla fine è bello saper trovare la voglia ed il tempo per scrivere qualcosa di più di una semplice cronaca di un live.
Oltretutto pagine più intime mi permettono di sfogare il mio innato talento per i titoli osceni.

[NdM: ho realizzato solo ora che il BU ha intitolato un post sul suo blog praticamente nello stesso modo. In quel post oltretutto linka un terzo post in cui si gioca con lo stesso tema. Questo lascia spazio ad una considerazione: noi ex giovani abbiamo poca fantasia e tanto cattivo gusto. Ad ogni modo la correzione al titolo è dovuta a questo. Se penso che all’inizio avevo intitolato il post “I’m a journalist, Dottie. A reporter”…]

Google Hit List [Agosto 2009]

Questo giro la classifica mi ha dato veramente un monte di soddisfazioni e, purtoppo, sono stato perfino costretto a scartare alcune richieste per limite di spazio.
Peccato.
Dopo il derby di Sabato e la prestazione di Ronaldinho e Seedorf è impossibile non dare il gradino più alto del podio a chi ha cercato l’ultimo vero numero 10 rossonero.
Ieri sera concerto Get up kids a Bologna. Non è questa la sede per discuterne, spero di parlarne come si deve nei prossimi giorni, ma almeno una cosa devo dirla: che figata.

1 – il musageta
2 – come non stare al computer
3 – sono a berlino fine agosto voglio scopare
4 – non c’è cattivo più cattivo di un buono video
5 – nobel per migliore montatura di occhiali 2005 theo
6 – posso trasformare casa mia in mini trattoria
7 – ho iniziato a mangiarmi le unghie a 30 anni
8 – farmville ma cagato u cazz
9 – nait a lugano
10 – distogliere la mente dai cattivi pensieri

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Due paroline, ma prorpio due, su questi giorni.

Diventa difficile non parlare di politica in questo fine Agosto.
Ci ho provato, davvero, forte della filosofia adottata dopo aver visitato gli States: ci si lamenta tanto del nostro paese, ma alla fine non è poi così malaccio.
Vero.
Anzi, vero in parte.
Vero sarebbe dire che il nostro paese è meglio di tanti altri, ma dire che non è malaccio proprio non me la sento.
E credo di avere per questo i miei buoni motivi.
Uno di questi è la diatriba politica di queste ore tra il vaticano ed il governo [NdM: tutte le minuscole sono esattamente dove devono essere da qui alla fine del post.]. Contro ogni più rosea previsione del sottoscritto infatti, pare che la chiesa abbia deciso di dire qualcosa a chi da anni si spaccia per “supporter” degli ideali cattolici e poi, ai fatti, non fa altro che infangarli sotto ogni prospettiva, dall’etica alla morale alla caritatevole/solidale. Preciso di essere sempre dell’idea che la chiesa debba stare al suo posto e non curarsi delle questioni politiche del paese, tuttavia non nego che vederla attaccare chi da anni la strumentalizza un po’ mi ha dato gusto.
Quello che la CEI ignora, tuttavia, è che da queste parti i politici sono assai abili nello sputare nel piatto dove si è mangiato fino ad un attimo prima. E così via libera a Feltri, uno che in un paese normale non scriverebbe nemmeno per i rotocalchi scandalistici con cui gli imbianchini proteggono il parquet dalla vernice, ma che se scoprisse di amare il riso da domani potrebbe benissimo dirigere la stampa di stato Cinese. Uno che è talmente idiota/privo di dignità da farsi dire cosa scrivere la mattina e poi guardare in TV lo stesso suggeritore che ne prende le distanze con un velo di disprezzo.
Preciso che, vista la legge vigente, Feltri è libero di venire qui e dire la sua in merito.
Questo però è solo l’ultimo atto della controffensiva. Già da giorni infatti ci sta pensando la lega a dire che la chiesa dovrebbe farsi i cazzi suoi.
Sì, la lega.
Sì, gli stessi che “cacciano gli imam a calci nel culo per difendere le tradizioni e la cultura cattolica dell’italia”.
Sì, gli stessi che sostengono che “torturare i clandestini sia legittima difesa”.
Sì, gli stessi che vorrebbero “garrottare i gay”.
Sì, insomma, quelli lì.
E anche con loro il tema è lo stesso di Feltri: rispondete voi in malo modo, che io non posso, però ditegliene quattro a quei pretacci maledetti.
Berlusconi è furbo, questo gli va riconosciuto.
Ed infatti dal canto suo si sta limitando a non avere fretta nel legiferare sul testamento biologico, tenendo il vaticano sulle spine per non dire in scacco, ma al contempo scatenando quell’altra faina di Gasparri contro il suo ex padrone Fini, reo di aver detto quello che la sinistra dovrebbe dire da anni.
La sinistra?
Errore mio, l’opposizione.
Lo so, sono un po’ acidello, ma dev’essere l’aria del meeting di Rimini che mi rende così.
Ne sento quasi l’odore… ops… no è che ho dimenticato al sole il secchiello dell’umido.
Dalla sagra nazionale di Cl infatti nessuno pare intenzionato a prendere le distanze dalla classe politica in auge e la cosa non sorprende poichè lì di sicuro la tutela dell’ideale cristiano non frega a nessuno.
Se questo è il panorama a dire che le cose nel paese vanno bene non riesco proprio.
Non posso dire bene di una nazione nella cui capitale ormai qualunque violenza sui “diversi” è diventata quotidianità.
Pensare che all’estero ci sia la possibilità di stare ancora peggio è, di conseguenza, decisamente scoraggiante.
Io, dal canto mio, mi limiterò a vedere come vanno le cose in Germania.
Se scoprissi che siamo diventati più “nazi” di loro però non la prenderei bene.
Non vorrei mai che tra dieci, venti o cinquant’anni qualcuno ambientasse a Roma “Inglorious Besterds 2”.

Parole ed opere

Si, vabbè, non sono noto per mantenere gli impegni presi.
Però ci provo.
Ad esempio sto provando in tutti i modi a mantener fede al mio proposito di iniziare a scrivere di musica non solo sulle pagine del mio blog. Non trovando molto spazio in giro come “recensore” e non avento reperito nemmeno mezza persona intenzionata a dar vita ad un progetto, ho deciso di darmi alle interviste.
Su questo fronte, ho ottenuto il primo risultato.
La mia intervista ai My Own Private Alaska è uscita in questi giorni su Groovebox e devo ringraziare Tempo per lo spazio che mi ha dato e per quello che, spero, mi darà in futuro.
Sono abbastanza soddisfatto del prodotto e quindi lo linko qui per chiunque volesse dargli una letta.
Il mio tentativo di dedicarmi con impegno ad una delle mie passioni però continua e così ho provato a richiedere un’intervista ad altre band. Al momento ho puntato Underøath, Brand New e Finch. Dai primi due, ovviamente, nessuna risposta mentre i terzi mi hanno chiesto di inviar loro le domande, cosa che ho fatto Venerdì.
Vedremo cosa ne uscirà.
Devo dire che scrivere domande per una band che amo molto è stato più facile.
Mi piacerebbe anche provare a contattare i Glassjaw, ma ad oggi mi è risultato impossibile riuscire a reperire un contatto che non sia il myspace.
Odio myspace.
In un futuro, se le interviste dovessero continuare, penso che aprirò una sezione su questo blog dove poterle leggere anche in lingua originale.
In realtà credo l’aprirò per bullarmene un po’.
Lo so, non è che sia poi nulla di cui vantarsi fare domande via email a dei gruppi musicali, però ai miei occhi è una cosa figa.
La sezione interviste non è la “nuova sezione” del sito di cui parlo da un po’ e che ad oggi non è ancora comparsa.
La realizzazione di quella sezione “misteriosa” sta ancora procedendo e, purtoppo, non senza qualche intoppo.
Credo che Settembre sarà il mese decisivo per la sua pubblicazione, ma essendo un mio proposito tutto lascia intendere che non sarà così.
Credo di stare apprendendo troppo bene e mio malgrado l’arte di disattendere attese e promesse fatte da quel maestro che è George R. R. Martin.
Potrei chiudere qui, ma non sarebbe giusto farlo senza citare l’inizio del campionato italiano di calcio.
Quest’anno non crdevo avrei fatto l’abbonamento a Mediaset Premium, fondamentalmente per due motivi:
1- Posso ufficializzare che dall’inverno mi trasferirò in Germania, precisamente a Colonia. Di conseguenza da Gennaio seguirò con tutta la passione di cui sono capace le sorti del Bochum ed il suo cammino in Bundesliga.
2- Continuo a serbare profondo risentimento verso la società A.C. Milan per la cessione di Kaka e per il mercato estivo a dir poco offensivo.
Eppure ieri sera ero ai blocchi di partenza con tesseria e decoder nuovo di zecca, pronto per le partite in HD.
Ora, sorvolando sul fatto che il canale HD da me non si prenda e di conseguenza sorvoliando sull’ammontare delle Madonne che ho cacciato ieri sera, restano due cose da dire.
La prima è che Leonardo è l’allenatore più bello ed elegante della serie A ed è un piacere vederlo e sentirlo parlare.
La seconda è che ancora una volta ho dimostrato di non essere abile nel portare a termine i miei propositi.

Domani aggiorno.

Promesso.
Volevo aggiornare questa sera, ma ero troppo impegnato a fare questo e a guardare questo.
Mica roba da poco, insomma.
Ho un sacco di argomenti in caldo però, quindi domani urge scrivere una paginetta.
Urge, oddio, diciamo che mi piacerebbe.
Sì, sto mettendo le mani avanti.
Mi conosco, io.