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Tema: il mio primo concerto. Svolgimento:

Il mio primo concerto è stato nel 1997. Era primavera, ma la data non la ricordo. Il fatto che una sommaria ricerca su google non abbia saputo aiutarmi contestualizza il periodo molto meglio di mille parole, anche se ho come l’idea che quelle mille parole da qui a qualche riga verranno comunque fuori.
In quel tempo (cit.) facevo la seconda liceo e da qualche mese avevo rivoluzionato i miei gusti musicali passando da Molella al punk-rock. Il mio primo concerto furono gli Offspring al forum di Assago.
E qui tutti si aspetterebbero alcuni secondi di silenzio imbarazzato. Ecco, no. Ma proprio neanche per il cazzo. Nella primavera del 1997 gli Offspring erano in giro a presentare “Ixnay on the hombre”, disco che io avevo già comprato originale dal mio negozio di fiducia e che era una bomba colossale senza se e senza ma. Dopo circa un anno speso ad ascoltare “Smash” a ripetizione, Ixnay l’avevo accolto tipo Parola del Signore.
Era Smash con delle canzoni nuove dentro.
Era perfetto.
Onestamente fatico tantissimo a ricordare come venni a sapere che gli Offspring avrebbero suonato a Milano. Forse me lo disse qualcuno a scuola, quasi certamente un metallaro perché i metallari erano sul pezzo. Può essere avessi già internet, ma certamente non lo sapevo usare. Quindi boh, non lo so, non ricordo e chissenefrega. Fatto sta che si decise immediatamente di andare. Il team, oltre al sottoscritto, annoverava altri tre iscritti. Il primo era Ciccio, il mio compagno di banco nonché fautore del mio indottrinamento al punk-rock. La seconda era la Laura E*, a sua volta responsabile dell’indottrinamento di Ciccio. Si narra che la fonte della cascata punk cui ci abbeverammo in massa in quegli anni fosse proprio la sorella di Laura, che la leggenda vuole anche fosse una figa stellare. Fatico a ricordarle entrambe, ma non faccio testo. Ultimo elemento era Orifizio, t.a.f.k.a. Fabrizio Orsini, della cui formazione musicale amo invece prendermi ampi meriti io.
Chiarite le adesioni fu il momento di comprare i biglietti, presi in prevendita alla Ricordi di Monza e pagati nell’intorno delle trentamila lire. Il biglietto era bellissimo, rosso e nero, stampato su una carta tipo lucida a costine. L’ho guardato giorni e lo tenevo sempre nel portafoglio, piegato dentro la carta d’identità. Un po’ per non perderlo (portarlo in giro per non perderlo era logica ferrea, per il me di allora), un po’ per sfoggiarlo in qualunque circostanza possibile. Allora pensavo che avrei tenuto tutti i biglietti dei concerti e che un giorno li avrei incorniciati tutti e affissi in camera.
Non mi ricordo il mio abbigliamento per l’occasione. Non avevo certamente addosso nessuna maglietta di un gruppo, perché semplicemente la mia prima maglietta di un gruppo la presi lì a fine concerto. Chiaramente la comprai al banchetto del merch ufficiale, perché per me prenderla fuori era l’equivalente di prenderla tarocca e non volevo essere attaccabile quando l’avrei mostrata orgoglioso. L’ho ovviamente conservata e non fosse per i buchi, le fisse di mia moglie e l’essere degli Offspring probabilmente la metterei ancora. Ricordo invece che avevo messo i Cat, quegli stivali da tabbozzo che andavano quando facevo le medie. Li avevo messi perché una delle regole dei concerti era “mettere scarpe alte e ben allacciate che se no nel pogo le perdi” e io, da neofita, mi ci ero attenuto. I Cat erano le uniche scarpe alte che avevo in casa.
Sul posto ci aveva portato mio padre, che s’era anche offerto di venirci a prendere. O forse non s’era offerto per niente, ma tant’è. Se nella primavera del 1997 io mi apprestavo a vedere il mio primo concerto, gran parte della responsabilità era di mio padre. Da bambino credo di avergli chiesto un sacco di volte di portarmi a vedere Vasco e lui mi aveva sempre risposto che a vedere Vasco non ci sarebbe venuto. Che al massimo saremmo potuti andare a vedere Springsteen. Ecco, mi pare un buon momento per dirgli grazie, anche se, oggi come allora, Springsteen mi fa cagare.
All’interno del Forum c’erano millemila persone. La cosa bella è che a quei tempi non c’era un cazzo di divisione tra tribune e parterre e ci si poteva muovere a piacimento tra le diverse aree. Ricordo le band a supporto, ma non ricordo l’ordine in cui suonarono. Certamente le Lunachicks mi fecero cagare tantissimo, mentre i Vandals anche, ma solo fino alla cover del pezzo di Grease che mi piacque una cifra e me li rese simpaticissimi. Ho qualche flash di gente nuda sul palco che si arrampica e fa robe turpi con il microfono, ma sono immagini frammentarie. La sensazione regina di tutto il momento supporting cast però fu la paura cieca del pogo. Vedevamo questo assembramento innaturale di corpi a sbattere gli uni sugli altri con violenza e pensavamo che, qualunque cosa sarebbe successa, l’imperativo era non finirci in mezzo.
Stimammo una sorta di posizione di confine, tra il pogo e la gente normale, e decidemmo di posizionarci lì e non oltre per assistere al concerto. Che vederlo dalle tribune ci sembrava comunque una cosa triste. Quello più a rischio dei quattro era Orifizio, caduto pochi giorni prima portando fuori il cane (true story) e dotato di maxicerottone sul cranio a protezione dei punti di sutura ricevuti. A detta sua era tutto molto punk.
Allo spegnersi delle luci l’adrenalina era altissima e l’attacco di Bad Habit fu una cosa che anche adesso, se ci ripenso, mi mette i brividi. Dexter Holland si presentò sul palco con una giacca verde fluo e dei pantaloni neri completamente pieni di cerniere lampo. Il mio conflitto con l’outfit punk iniziò lì, al primo live.
E poi ci sono ricordi davvero sparsi e frammentati, tipo che a metà del primo pezzo finimmo diritti sotto il palco. Il pogo si rivelò in realtà una cosa fighissima e alienante e catartica e mille altri aggettivi di cui fatico a capire il senso oggi, figuriamoci allora quando l’indomani cercai di spiegarlo a mia madre. Di alcuni momenti ho chiaramente il ricordo di essere stato in compagnia, ad esempio io e Ciccio che gridiamo “I hate Pellizza” durante Cool to hate (NdM: we still hate you.). Di altri invece ricordo la solitudine, come quando durante Genocide ho spiccato i salti più alti di tutta la mia vita senza curarmi di chi o cosa avessi intorno. Che pezzo clamoroso Genocide, porco il cazzo. Le tracce da Ignition non le conoscevo perché il disco non l’avevo mai sentito e forse manco sapevo esistesse, però mi ricordo che uscii deciso a procurarmi quella canzone che cominciava con tutti quei FUCK. Non dimenticherò mai quando partì la base di Intermission e tutti capimmo immediatamente che dopo ci sarebbe stata All I want e che sarebbe stato un delirio totale. E nemmeno il pronosticato delirio quando scoppiò davvero.
Insomma, il mio primo concerto furono gli Offspring al Forum di Assago nel 1997.
E fu fighissimo.

Questo pezzo è nato da la solita bella iniziativa di BASTONATE. Manq endorsa pesantemente BASTONATE ai Macchia Nera Internet Awards 2013 essenzialmente per tre motivi:
1) Oltre a partecipare sempre volentieri ad iniziative tipo quella di questo post, durante quella che fu “la settimana grindcore di BASTONATE” ci avevo pubblicato una cosa. Quindi in caso di vittoria sentirei il premio tremendamente mio.
2) Mi piacerebbe poter dire “Leggevo BASTONATE prima che fosse mainstream”
3) Se leggeste BASTONATE sapreste che i motivi sono sempre tre.
Quindi votate, grazie.

Rientro

Rientrato da una settimana, questo sarebbe il tempo di scrivere due righe sul viaggio da poco concluso, ma non ne ho tanta voglia.
Ho fatto il classico reportino del tour di Maui, che sta come tutti gli altri nella sezione itinerari. Ci sono anche delle foto, ma fanno cagare. Manq che fotografa le Hawaii è un fail clamoroso. Tipo quelli che hanno vestito Bar Rafaeli a Sanremo e l’han fatta sembrare un cesso.
Con le foto di NYC è andata un po’ meglio, ma credo sia anche e soprattutto perchè ho optato per la tecnica Jay Z, ovvero il bianco e nero. Il punto era che a New York ero già stato e le cose che mi erano piaciute le avevo tutte già fotografate. Sto giro le ho ovviamente fotografate di nuovo, ma ripubblicare gli scatti mi faceva tristezza.
E basta, non c’è molto altro da dire. Ho ascoltato i dischi che mi avevano consigliato, apprezzandone ben pochi. Jets to Brazil bello, Halestorm divertente nella misura in cui può esserlo un disco di Pink suonato da dei metallari (quindi a volte tanto), Godspeed you, Black Emperor! a tratti interessanti, Mogwai quasi sempre noioserrimi, Thee Silver Mt. Zion ecc… mi son sembrati una roba vicinissima a certi Brand New in certi punti e lì li ho apprezzati, Mikal Cronin carino. Il resto semplicemente non mi ha convinto o non mi è piaciuto o non fa per me (come se fossero tre cose differenti). Potrei non aver ascoltato tutto, ad onor del vero, ma se ho saltato qualcosa non è molto.
That’s it.
Ah no, dimenticavo.
Sette anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Forse non era la nipote di Mubarak.

Smartblog

Aggiornamento super conciso del blog dovuto al fatto che, recentemente, sono approdato nel magico mondo dello smart web e di conseguenza ho implementato notevolmente la mia già ampia gamma di profili on-line.
Ora ho un account Instagram, per dire, che è la roba di cui più sentivo la mancanza. Ovviamente ora che ce l’ho non lo userò mai, oppure lo userò malissimo, ma chissene.
Il punto è che questo blog, per me, sarà sempre lo snodo principale di tutte le mie attività on-line e quindi da qui dovrebbero poter essere seguite tutte. Nel menu a destra, quindi, alla voce foto, ora è possibile vedere un bel widgettino contenente l’ultimo scatto effettuato e il bottoncione che rimanda alla mia pagina. Sotto restano comunque tutte le gallerie che c’erano prima, perchè son sempre la parte principale di quella sezione.
L’altra novità è il reintegro della categoria musica, sempre nel menù a destra. Ora ci si trovano altri due bei widgettini. Il primo serve ad ascoltare in streaming le playlist che faccio con Spotify, il secondo serve ad ascoltare in streaming tutti gli episodi di quello che fu il mio programmino radiofonico.
Quest’ultimo l’ho messo perchè avrei sempre voglia di fare una seconda stagione e non è detto che prima o poi mi decida a mandarla in onda.
Fare questi aggiornamenti al blog ogni tanto mi fa sentire come quelli che nel 2013 fanno ancora i tagliandi alla Ritmo, ma vabbè.

Manq’s Awards 2012

Calma gente, non ho certo intenzione di lasciare che il mondo finisca senza che sappiate le mie valutazioni in merito all’anno che sta per concludersi. Si parla di musica, cinema, libri e televisione e come al solito di dice il meglio ed il peggio.
Chiaramente secondo il mio giudizio personale.
Ad ogni categoria corrisponde poi piccola spiega, ma questo ormai dovreste saperlo. Un anno in cui ho visto più film del solito (intesi come usciti nell’anno in corso), ma ho ascoltato meno musica del solito.
Insomma, questo è quanto.
NOTA: tutti i video li sto scegliendo dall’ufficio, ovvero senza audio. Sapevatelo.
Migliori dischi:
Pentimento – Pentimento
The cold harbour – Homebound
Joie de Vivre – We are all better than this
Spiega: Il primo vince perchè è un disco fighissimo pur non essendo mai diventato ufficialmente un disco. Il secondo è un disco HC come ce ne sono mille, ma più bello degli altri novecentonovantanove. Il terzo è “The power of failing” con le trombe. Fa riflettere che la mia top tre in un anno in cui ho ascoltato pochissimo sia composta unicamente da dischi che derivativi è poco. Rimpianto è non aver ascoltato tutto l’esordio dei Bad Ideas perchè i pezzi sentiti mi son piaciuti un sacco, ma il disco intero non sono mai riuscito a sentirlo.
Peggiori dischi:
3° Lostprophets – Weapons
2° The used – Vulnerable
1° Enter shikari – A flash flood of colours
Spiega: vabbè serve? No. E non sto nemmeno a mettere i link che, davvero, è meglio evitare.
Migliori concerti:
Touché Amoré @ Factory (MI)
MxPx All-star + Cancer @ Magnolia (MI)
Derozer @ Nautilus (VA)
Spiega: i primi sono la mia band “rivelazione” dell’anno. Arrivato tardi sui loro dischi, dal vivo sono superlativi. I secondi non li avevo mai visti e per tanti versi son stati un concerto magnifico, anche e soprattutto per l’atmosfera e la band di spalla. I terzi perchè non cantavo così ad un concerto probabilmente dagli anni novanta.
Peggiori concerti:
Converge @ Factory (MI)
Shandon @ Nautilus (VA)
Offspring @ Carroponte (MI)
Spiega: i Converge, dopo i primi venti minuti ad ammirare quanto sono fighi a suonare, mi hanno spaccato il cazzo. Gli Shandon, oggi, non hanno senso. Gli Offspring come gli Shandon, ma con l’aggravante di non essersi sciolti.
Migliori film:
The Avengers
Quella casa nel bosco
Diaz – Don’t clean up this blood
Spiega: The avengers è un film gigantesco dove tutto si picchia e/o esplode. Se andare al cinema ha ancora un senso è per film come questo. Quella casa nel bosco l’ho guardato solo perchè ne ho sentito parlar benissimo in giro e mi son trovato ad ammettere che ciò che avevo letto era vero. Caro Weadon, una doppietta che neanche la Ferrari. Al terzo posto c’è Diaz perchè è un film che va visto. Punto. Per questo toglie il gradino più basso del podio a “End of watch”, che è sempre un film sugli sbirri, ma forse con un’altra prospettiva.
Peggiori film:
Killer Joe
Le belve
J.Edgar
Spiega: Killer Joe, come Quella casa nel bosco, è stato caldamente suggeritomi dal mio amico internet che però, questo giro, secondo me non ci ha preso. Le belve è l’esempio esatto di come si possa fare un film dimmerda partendo da una sceneggiatura fighissima. A sua ulteriore colpa c’è l’averlo fatto credendo di fare un capolavoro. J. Edgar è la più colossale rottura di cazzo vista dal sottoscritto al cinema dai tempi del memorial di 2001: Odissea nello spazio.
Migliri serie TV:
True Blood stagione 5
Homeland stagione 2
Don’t trust the B**** of Apartment 23 stagione 1
Spiega: la prima vince per ampio distacco. La seconda si piazza in alto nonostante il finale. La terza fa riderissimo.
Peggiori serie TV:
Dexter serie 7
The Big Bang Theory serie 5
Californication serie 5
Spiega: la settima di Dexter aveva riportato il livello generale di scrittura su livelli più alti rispetto al passato (soprattutto recente). Restavano i difetti, ma c’era un miglioramento. Il finale, però, merda rara. La quinta di TBBT non faceva ridere. La quinta di Californication non aveva le tette.
Migliori libri:
A tuo rischio e pericolo – Josh Bazell
Tramonto e polvere – Joe R. Lansdale
Un polpo alla gola – Zerocalcare
Spiega: il primo è un libro geniale e pochi cazzi. Il secondo mi ha fatto scoprire un autore che non conoscevo e che mi piacerà approfondire. Il terzo è bello perchè non fa ridere.
Peggiori libri:
Gibuti – Elmore Leonard
Fahrenheit 451 – Ray Bradbury
A dance with dragons – George R.R. Martin
Spiega: il primo è a tratti geniale, ma a tratti pessimo. Sul secondo lo so già cosa state pensando, ovvero che sono un coglione. Io dico solo che l’ho letto, ne comprendo la portata, ma approcciarlo nel 2012 ha comunque un suo peso. E nel 2012 m’ha rotto il cazzo, anche (o forse soprattutto) per come è scritto. Sul terzo non so che dire. A parte “Martin vai a fare in culo”, intendo.
Ecco, direi che ho riassunto tutto.
Il post è stato scritto in parte dopo il pranzo aziendale, imputato della forma quindi è lo sfusaccio della trattoria. Riguardo la sostanza e le scelte, invece, era tutto stato preparato in precedenza.

#400tv is a state of mind

I bei tempi in cui questo blog veniva aggiornato di frequente sono finiti, o quantomeno non ci sono attualmente contemporanei. Causa l’impazzare dei social network ed il poco tempo a disposizione ormai qui sopra ci scrivo solo quando c’è qualcosa di veramente GROSSO da dire o raccontare. Ecco, oggi siamo in quelle circostanze lì.
Ieri sera infatti è andata in scena la serata conclusiva della seconda serie della #400tv, quella dedicata al ciclo Nati per Vincere, e per l’occasione il team de “I 400 calci” ha deciso di fare le cose in grande.
Prima di tutto l’evento in questione ha affiancato alla ormai consolidata visione domestica con twittata selvaggia anche la possibilità di trovarsi e vedere il film in compagnia. Le locations sponsorizzate erano due, una a Milano ed una a Roma, e così ho deciso di prendere parte alla “Real Delux Experience” andando ad unirmi al #TemMilano in quel della Santeria. Nota: la Santeria è un localino mica male in zona Milano est che fa un ottimo hamburger con mozzarella di bufala e che, soprattutto, ti omaggia di un piatto di lasagne mentre lo aspetti.
La seconda mossa totale è stata selezionare il più grande capolavoro cinematografico di sempre per la visione collettiva. E non dovrei nemmeno stare a precisare qual è il film di cui si parla (un po’ perchè la locandina qui affianco parla da sola e un po’ perchè non credo possa venirvi in mente altro titolo in seguito alle parole che ho scritto), ma lo faccio solo perchè nell’era Nolan ho imparato che niente deve essere mai lasciato intendere: la pellicola selezionata per la serata finale della #400tv vol.2 è “THE LAST BOYSCOUT”.
Pausa.
Bruce Willis.Tony Scott. Shane Black.
Se cercate on line notizie su questo film potete trovare dei rumors secondo cui Gesù ai tempi decise di ritornare tra noi per prendere parte alla pellicola, ma che poi cambiò idea resosi conto non sarebbe potuta essere in ogni caso migliore di come la conosciamo.
Se cercate on line notizie su questo film sperando di trovare quella che ho scritto qui sopra smettete subito di leggere questo blog, vi prego. O quantomeno non dite a nessuno che lo fate.
Ad ogni modo, tornando a noi, tutto questo insieme di fattori ha reso la serata di ieri una cosa decisamente epica. Più della volta in cui, per vedere lo stesso capolavoro, abbiamo occupato (credo illegalmente, ma non ne ho tutt’oggi la certezza) la sala del cinema di Agrate e ce lo siamo gustati in proiezione privata. Ieri eravamo tantissimi in uno spazio piccolissimo. C’era quella sensazione di umidità e sudore che si riscontra solo in circostanze ad alta carica erotica tipo i video di Britney Spears o la metropolitana in luglio. E poi c’erano le facce. Per me che sono evidentemente anziano (“Ciao, io su twitter sono @tizio92” “92 nel senso che sei del 1992?” “Sì.” “Me lo ripeti?”) le facce hanno ancora una loro certa importanza. Vedere e parlare con le persone nel tentativo, quasi sempre destinato a fallire, di collegarle ai nick con cui di solito chiacchieri on-line è una cosa fighissima. Gente che non avrei mai riconosciuto, gente che immaginavo completamente diversa. Una cosa che mi ha rimandato indietro ai tempi dei forum di GdR. Stesso nerdismo, stesso mix di nick buffi e nick incomprensibili, con l’intersezione dei due insiemi che tende ad infinito.
Tutti belli. Tutti bravi.
E allora la serata funziona a prescindere, anche se dei dieci lettori DVD in sala (credo rubati, non c’è altra spiegazione) non ce ne fosse uno accoppiato ad uno qualsiasi dei venti telecomandi e la visione fosse piombata sul canale audio inglese. Tanto i presenti avrebbero potuto ridoppiarlo interamente lì, sul momento, dalla prima all’ultima scena. Invece s’è preferito commentare, ridere, tifare, applaudire e #berneunpaio che poi, alla fine, credo siano state più di due per grossomodo tutti. Tranne il sottoscritto, che causa arrivo in loco alle 21.00 s’era sparato le sue cartucce ben prima della proiezione.
Chiudo qui, quindi, salutando e ringraziando tutti i presenti per la bella serata in compagnia. Eventuali repliche future non potranno che farmi piacere.
E comunque, #wouldbang Halle Berry.

Le monografie #1 – HC melodico

Hardcore Melodico by Manq on Grooveshark Dopo tanto parlarne, finalmente ho completato la prima delle famigerate monografie che il sottoscritto ha intenzione di dedicare alla musica che gli piace. Nulla vieta che questo primo capitolo diventi col tempo anche l’ultimo, non sono noto per portare a termine quel che comincio, però nell’immaginario del sottoscritto dovrebbe uscirne almeno un altro. O magari qualcosa che invece di un genere presenti una band. Insomma, vedremo. Tanto son cose di cui si parlerà tra un bel po’ di tempo, in ogni caso.
Tornando a bomba sul tema della monografia, questa selezione di brani, che potete ascoltare utilizzando il player qui a sinistra, ha la presunzione di dare un quadro di cosa sia per me l’Hardcore Melodico, approcciato da diverse direzioni e con diverse prospettive, nell’idea di dare al tutto una finta aura di completezza. Prima di iniziare, direi che è il caso di fare qualche premessa. Come tutte le etichette di genere, anche l’HC melodico ha dei confini molto poco marcati. Spesso è difficile stare lì a delineare dove finisce il punk-rock e dove inizia l’HC melodico, oppure dove finisca l’HC melodico ed inizi l’HC e basta, o ancora cosa ci sia di diverso tra il genere che presento qui e quella cosa che molti chiamano skate-punk.
Questa monografia presenta un certo tipo di suono, caratterizzato essenzialmente da velocità e melodia, non forzatamente legata alle linee vocali. Cerco quindi di tenere fuori i discorsi di tipo attitudinale e/o apparenza e mi butto a bomba sul suono. Se ascoltandola qualcuno penserà che ci ho messo roba che non c’entra, è liberissimo di farlo notare perchè i commenti son lì apposta.
Diretta conseguenza di quanto ho scritto sopra è la scelta dei pezzi. Qui non trovate le mie canzioni preferite delle band in questione, ma le canzoni che mi servono a chiarire il concetto. Alcune sono le mie preferite, altre no, ma il punto non sta lì. Che poi son comunque tutti pezzi clamorosi, quindi bene così.
Ok, direi che con l’introduzione ho concluso, quindi posso iniziare a presentarvi la mia selezione di pezzi.
Inizio, per forza di cose, con i Nofx. Per quanto mi riguarda, se dovessi spiegare l’HC melodico a qualcuno che non ne ha mai sentito parlare, difficilmente partirei da altri. Inventori o meno del genere, sicuramente sono tra tutti quelli che ne hanno dettato i canoni e che hanno sviluppato meglio il discorso. Il pezzo che ho messo, preso da una compilation di millemila anni fa e con il titolo lunghissimo, basterebbe da solo ad illustrare il fulcro della questione. Parto dalle basi quindi e di conseguenza non posso che citare Bad Religion e Pennywise. Mai stato fan di nessuna delle due realtà, ma citarne l’apporto all’inizio del fenomeno è fondamentale. Da questi tre gruppi, essenzialmente, si apre una seconda generazione. Qui lo spettro si amplia e le differenze tra i gruppi diventano meno marcate, anche a causa delle parentele tra le varie band. Ecco quindi i Ten Foot Pole e i loro figliocci Pulley come primo ramo dell’albero. Poi ci sono i Lagwagonche, forse, a livello qualitativo assoluto di questa seconda tornata sono un po’ il capostipite inteso come pura fedeltà alla struttura del genere. Con loro, l’altro gruppo imprescindibile sono i No Use for a Name del compiantissimo Tony Sly. I No Use però iniziano a mischiare le carte in tavola, per quanto possibile, tirando dal lato del sentimento ed esasperando non tanto il concetto di melodia, quanto quello di ballata e di deriva “pop”. Non definibili come band “pop-punk”, almeno per quanto mi riguarda, son di certo quelli che stanno in mezzo tra la prima parte del discorso e gruppi tipo gli Ataris o gli Autopilot Off. Il pop-punk affonda profondamente le radici nell’HC melodico, ma non solo per quanto riguarda il filone “sentimentale/pseudoemo” che parte dagli Ataris (o che comunque da loro è definibile), ma anche per tutte quelle cose più squisitamente punk-rock come possono essere i Blink-182.
Tornando alla diramazione presa coi Lagwagon e i No Use, il terzo filone identificabile è composto da quelle band che, strizzando un po’ l’occhio al metal, iniziando a prestare attenzione al suono delle chitarre e ai loro intrecci. Per quanto mi riguarda, anche qui il riferimento sono gli Strung Out, seguiti da gente come Belvedere e i primi Rufio. Se mi state seguendo, forse qualche differenza tra i diversi suoni la cogliete. Poi oh, liberissimi di dirmi che è tutta roba che suona uguale, non mi offendo.
Altro filone, altro regalo. Qui si parte dagli AFI e le contaminazioni sono più verso un immaginario “dark” che può, forse, prendere origine da cose tipo i Misfits. Ma anche no. Mai piaciuta sta roba, ad essere onesto. Figli autoproclamatisi degli AFI sono gli Aiden, band che nei rari casi in cui non è impegnata a fare musica oltre l’osceno fa suo il concetto infarcendolo di poserismo e di tutti i clichè che nel post 2000 giravano in un certo ambiente.
L’impegno politico, in tutto questo, non è stato certo tralasciato. Il primo nome che deve venire in mente, in questo senso, sono i Propagandhi, ma a ruota troviamo i Good Riddance e i loro cloni postumi Rise Against. Tra l’altro, dai Good Riddance, prendo spunto per delineare un certo spostamento verso l’HC “vero e proprio” che parte e arriva unicamente nel timbro vocale o nei cori, lasciando più o meno immutate le restanti parti musicali. In quest’ottica si inseriscono gruppi tipo gli H2O, più tendenti al melodico, o i Comeback Kid, più spostati verso l’accaccì. In mezzo, i previa citati Good Riddance e compagnia.
Non può mancare infine, nella disamina del fenomeno, la componente religiosa. In particolare qui analizzo il filone “Christian”, che in ambito HC melodico fonda, o quasi, sugli MxPx, da cui derivano fenomeni più o meno irrilevanti come gli Slick Shoes (che, cmq, qui includo con un pezzo spessissimo).
Tutto chiaro? Mi sa di no. E’ tutto un gran casino, infatti, perchè discriminare in base al suono e contemporaneamente al contenuto genera intersezioni insiemistiche che neanche alle elementari. Ci si perde immediatamente. Questo anche a sottolineare come chi si mette col righello a tracciare i confini delle etichette, dicendo cosa è dentro e cosa è fuori, spesso dice minchiate.
Fin qui la situazione ammerigana. Ma vuoi che nel vecchio continente non si facesse nulla di tutto questo? Figurarsi. Qui c’erano robe come i Satanic Surfers e i Millencolin a rallegrare le vite dei giovani. Si arrivava dopo, vero, ma non ancora fuori tempo massimo, quindi ok.
E nel bel Paese? Con soli 10 anni di ritardo, in molti casi, qualcosa è arrivato, ma è stato usato per generare fenomeni discutibilissimi. Esempio? I Vanilla Sky. Meno in ritardo e con molto più senso d’essere ci sono invece stati un sacco di gruppi, tra cui io però cito e citerò alla morte i Murder, We Wrote, band che amo come poche altre nella storia del genere.
Ora, finita la lista dei sottogeneri e delle correnti, veniamo ai fenomeni di costume, che in ambito HC melodico sono essenzialmente due. Il primo è quello non proprio esclusivissimo, della cover. Qui il nome neanche c’è da starlo a cercare, perchè la all-star band dei Me First and the Gimme Gimmes è più che sufficiente a colmare ogni desiderio di sapere. Per completezza, e per nominare un’altra band, infilo anche i New Found Glory che con le cover han fatto addirittura due dischi.
Secondo fenomeno è invece la canzone da trenta secondi, che più o meno tutti avevano in repertorio. L’opera omnia in questo senso è la compilation “Short music for short people” che, pur mettendo in fila band non esclusivamente HC melodico, è pensata da chi suonava quello. Non temo smentite. Da quel disco fondamentale pesco tre band tra quelle di genere che non avevo ancora citato, e segnalo così 88 Fingers Louie, Diesel Boy e Useless ID (proudly from Israel).
Cosa resta quindi, di tutto sto carrozzone? Molto. Tante band sono ancora in giro, alcune ancora scrivono dischi identici a se stessi volta dopo volta. Quelli che a detta di molti sarebbero dovuti essere gli eredi designati della scena sono gli A Wilhelm Scream, ma io non li ho mai ascoltati e, visti una volta dal vivo, avrei preferito continuare ad ignorarli.
Chiudo questo infinito discorso, quindi, con quella che per me è la summa del genere e del post. Si torna ai Nofx, perchè mi piacciono le robe cicolari, e la chicca di cui parlo è l’EP chiamato The Decline. Diciotto minuti che valgono oro e che esplicano certamente meglio di me tutto quello che avrei voluto dire con questo post.
Fine.
Ore rileggo tutto e pubblico, ma soprattutto mi riascolto la playlist che ne è uscita perchè il mio post magari fa schifo, ma la scaletta dei pezzi è suprema.

Piccole novità post ferie

Rientrato ieri dalla Turchia, non ho perso tempo e mi son messo subito a lavorare a quelli che di solito sono gli appuntamenti fissi post ferie.
Il primo è la classica mini guida che redigo ogni volta che faccio una vacanza itinerante. Il link è questo, ma la si può trovare come al solito nella sezione “itinerari” del sito.
La seconda cosa è l’annesso album con le foto migliori del viaggio. Anche in questo caso, il link è qui, ma ci si può arrivare tanto dalla sezione foto del menu qui a destra, quanto dalla previa citata miniguida.
Già che ero in ballo ad aggiornare e ricaricare parti di questo sito, ho deciso di mettere mano anche alla sezione musica che era priva di aggiornamenti da più di un anno (chi se ne fosse accorto vince la mia simpatia). Al momento quella parte del menu è quindi stata rimossa e verrà reintrodotta presto (indicativamente) all’interno di quel progetto sulle monografie di cui ho tanto parlato, ma che non ho ancora iniziato.
Il progetto però c’è, non si scappa.
Ecco, queste le novità principali.
Per il resto io ho passato delle ottime, seppur brevi, vacanze e sono rientrato abbastanza riposato.
Di tutto quel che ho fatto in queste due settimane però, vorrei scrivere solo del secondo libro di Josh Bazell, “A tuo rischio e pericolo”, perchè è semplicemente un capolavoro. Gli dedicherò un post in questa settimana. Vi basti sapere che è un libro su un mostro lacustre che cita “Science” e il “New England Journal” come referenze qua e la, e che alla fine ha una bibliografia chilometrica. Ah, e che fa letteralmente morire dal ridere.
Nient’altro da dire.
Domani sera probabilmente andrò a vedere “The Expandables 2”, con ben due giorni di ritardo. Se tutto va bene, scriverò anche di quello.
Si preannuncia una settimana ricchissima di aggiornamenti.

Titolo ad effetto

Avere un blog vuol dire prendersi del tempo, ogni tanto, per sedersi ad un tavolo e scrivere al computer.
Nel mio caso è sempre stato più sdraiarsi sul letto e scrivere al computer, ma il concetto non cambia moltissimo. Avere un blog come il mio vuole anche dire non scrivere nulla di particolarmente interessante, non avere velleità informative, non avere pretese di essere sul pezzo di qualunque pezzo si stia parlando e, soprattutto, non avere il minimo senso del “pubblico”. In anni di attività, qualcuno da queste parti c’è anche passato e ci ho scambiato due chiacchiere volentieri, ma se penso alle rare volte in cui, invece che scrivere per me, ho provato a scrivere per chi legge, a dare un servizio, beh, la realtà mi ha ricacciato subito al mio posto lasciando cadere spunti di discussione o inviti alla partecipazione clamorosamente e immancabilmente nel vuoto.
Perchè quindi io mi senta sempre a disagio durante i frequenti e più o meno lunghi periodi di mancato aggiornamento, è un grosso e grasso mistero.
Con gli anni questo diario ha perso per strada quell’aura emotiva ed introspettiva che aveva un tempo. La versione ufficiale è che crescendo una persona diventa più matura e non ha più bisogno di una valvola di sfogo on-line, ma in realtà ho l’impressione che crescendo io sia diventato semplicemente più riservato. Problemi e disagi non son certo finiti, ma adesso, non so neanche perchè, non reputo più necessario metterli nero su bianco. E se da un lato è vero che parte di quel ruolo se l’è preso la ragazza che ho sposato e che mi dorme affianco, dall’altro ci sono una serie di questioni per cui mia moglie non potrà mai sostituirsi completamente ad un interlocutore invisibile da cui non si cercano risposte, ma solo tacito ascolto, e a cui si può parlare senza il timore che si preoccupi per te.
Anyway, questo post era nato con l’idea di aggiornare il blog con le solite quattro vaccate, ma come ogni tanto succede ho iniziato a scrivere e tutto ha preso una piega diversa.
Evito quindi di iniziare adesso a buttar giù una disamina approfondita (!) sul valore legale della laurea e la correlata iniziativa del ministero che chiede ai cittadini un parere in merito. In sintesi: idea buona, ma quesiti troppo complessi per poter rispondere in maniera secca e senza compromessi. Più o meno in tutte le categorie, ogni risposta si presta ad argomentazioni a favore e a punti contro. Insomma, complicato. Però l’iniziativa di chiederci un parere è lodevole e io la pubblicizzo volentieri, perchè è sempre bello quando la gente può esprimere le proprie opinioni a chi governa. Nota polemica: per votare ci si deve registrare. Per registrarsi va fornito il titolo di studio. E niente, il MIUR non sa cos’è un PhD.
Evito anche di scrivere del fatto che oggi compie dieci anni “Tell all your friends”, primo disco dei Taking Back Sunday. Non è uno dei dischi della vita, ma contiene una delle canzoni della vita, questa qui, quindi merita che ne parli sul blog, ma non credo meriti un post tutto suo sullo stesso. Fa un po’ ridere, perchè l’ho ascoltato sicuramente più volte di “Nevermind” e probabilmente anche di “Hanno ucciso l’uomo ragno”, ma tant’è. Tanto nel 2014 faranno vent’anni “Smash” e “Punk in drublic” e io giassò che me ne dimenticherò senza colpo ferire dimostrando che tutto questo celebrare, in realtà, non ha mai avuto un gran senso. Escluso il ricordarti che stai diventando vecchio, ovviamente.
Mi risparmio anche di spender tempo a scrivere di quanto dissociato devo essere per apprezzare una canzone il cui video è la roba più brutta mai creata da essere vivente e la cui voce su di me ha l’effetto piacevole che avrebbe una lama rovente rigirata nelle carni.
Il post potrebbe pure finire qui.
Io, però, ancora non ho capito se questo blog stia soccombendo sotto i colpi di twitter, come sta succedendo a facebook, sotto i colpi della montagna di serie TV che guardo, come sta succedendo al mio tempo dedicato alla lettura, o sotto i colpi del mio avere, definitivamente, una vita da adulto in accezione quasi squisitamente negativa.

EDIT: Dopo aver riletto il post sento l’irrefrenabile bisogno di specificare a chi si fosse preoccupato leggendo, che va tutto bene. E questa riga esemplifica le prime trenta in maniera sublime.

Due o tre robe da dire

In aereo, rientrando dal week-end a Colonia, ho pensato che potesse essere il caso di aggiornare il blog.
Avere un blog oggi è cosa complicata, specie se si tratta di un blog come il mio: specchio della mia vita e cassa di risonanza per le mie riflessioni. Le nuove abitudini e la pigrizia infatti spingono perchè io la smetta di scrivere lunghe pagine qui sopra in virtù di lapidari e brevissimi status di Facebook o ancor più trendy Tweets.
E’ così che va il mondo ed è così che credo, prima o poi il mio blog morirà.
Ma non oggi.
Oggi aggiorno, dopo quasi due settimane, dando spazio ad un po’ di pensieri sparsi inerenti a fatti sparsi accaduti in ordine sparso negli ultimi tempi.
– L’FBI ha deciso di chiudere Megaupload e Megavideo. Ora, che quei due siti fossero utilizzati anche in modo illegale è credo incontestabile. Ci sono però un sacco di cose legali che la gente può usare per infrangere la legge senza che l’FBI si metta in mezzo. Tipo: non credo l’FBI chiuda General Motors perchè una parte delle persone che usa le automobili infrange i limiti di velocità. Insomma, mi pare un po’ l’abbiano fatta fuori dalla tazza. Sicuramente chi l’ha presa male son stati quelli dell’Anonimous Group che in prima istanza hanno hackerato qua e la siti di enti governativi statunitensi e di importanti colossi del music and video business e oggi hanno deciso di mettere online, anche simpaticamente (cit.), l’intero catalogo Sony Music. Io, volendo rimanere estraneo a queste lotte, mi limito a chiedermi se non sia forse il caso di rivedere la politica alla base della questione invece di continuare con guerre e rappresaglie che non porteranno mai a nulla. Perchè che di analoghi a Megaupload e Megavideo ce ne sono a bizzeffe non credo sia un segreto.
– Sicuramente l’argomento del momento è il dramma della Costa Concordia. Ora, non volendo entrare nel dettaglio della questione, mi limito a provare una certa pena per la questione Schettino, non tanto per l’uomo che stando a quanto si legge pare abbia sicuramente delle responsabilità, ma per la classica reazione italiana del “tutti fenomeni” per cui anche chi in vita sua non è mai riuscito a tenere a galla un materassino si permette di andarsene in giro a dire come un capitano si dovrebbe comportare e cosa avrebbe dovuto fare nella fattispecie. Io ho sentito la telefonata con la capitaneria di porto e ho visto un po’ di articoli qua e la. Che Schettino probabilmente non fosse il più integerrimo tra gli uomini di mare è una sensazione che difficilmente troverà smentite, tuttavia son sempre dell’idea che il capro espiatorio sia un male colossale perchè riduce problemi seri (la politica delle compagnie di crocere, per esempio, o i rischi di questo tipo di situazioni) alla macchietta di un disgraziato. In sintesi: che ci sia interesse a far finire il tutto in “Schettino era un coglione” mi pare ovvio. Io però verificherei se la cosa è vera e se, anche fosse, sia quella l’unica causa alla base del disastro.
– Venerdì è morta Sarah Burke dopo un brutto incidente mentre si allenava. Io lo capisco che non è Simoncelli e che non è certo il caso di fare a gara di popolarità tra giovanissimi ragazzi morti mentre inseguivano il loro sogno di sportivi, però ecco, due righe sui quotidiani nazionali potevano pure scriverle (Gazzetta esclusa, che ne ha parlato). Ad ogni modo, dispiace tanto.
– Ho visto i primi due episodi di Alcatraz, nuova serie TV in cui c’è lo zampino di JJ Abrams e della Bad Robot. Nonostante le premesse, pare per nulla male. E’ in sostanza identica a Fringe, solo senza le minchiate scientifiche da quattro soldi. Penso seguirò con attenzione. E’ anche iniziata la quinta serie di Californication, ma dopo due episodi non s’è vista nemmeno una tetta e questo non è un buon segno.
– Chiudendo col botto, è di questa sera la release del nuovo disco dei Fine before you came. Si intitola “Ormai” e io non l’ho ancora sentito, ma in battuta penso sia buona cosa per voi scaricarlo (qui) e ascoltarlo.

Assistenza tecnica blogger.com: a true story

Tempo fa avevo creato un blog per gestire la campagna di D&D in cui facevo il master (sono un nerd, what a surprise!).
Ai tempi ero un felice utente di blogger.com, così decisi di creare un nuovo account a nome del cattivone della campagna e iniziare a gestire la cosa in quel modo. Era un blog privato, accessibile unicamente a me e ai giocatori.
Sta di fatto che la campagna finisce un paio di anni fa ed io smetto di accedere al blog in questione fino a quando, giorni fa, mi torna la curiosità di voler leggere qualcuno di quei post. Decido così di effettuare il log in.
Purtroppo non ricordo più la casella email che avevo utilizzato per generare l’account di blogger, ma ingenuamente penso che questo non dovrebbe essere un problema. Casomai più ostico sarebbe non ricordare la password, ma solitamente non sono così originale e quindi mi sento abbastanza tranquillo e vado ad approcciare la questione.
Scopro che blogger è stato assorbito da google e che quindi devo accedere tramite account google. Per accedere, mi si richiedono email e password. Normale. Io però l’email non la ricordo, così clicco sul link “non riesci ad accedere al tuo account?” e finisco sulla pagina per il recupero dei dati. Easy.
Ci sono due opzioni. La prima, richiede l’inserimento dell’indirizzo email cui verranno inviate tutte le specifice come password, indirizzo,ecc…. La seconda opzione è quella che serve a me: “Hai dimenticato nome utente o password? Inserisci l’URL del tuo blog!”. Perfetto, io l’indirizzo del blog lo ricordo eccome, quindi riempio il campo indicato e clicco felice e speranzoso su “cerca”.
Questo è ciò che compare:

L’impressione è di essere finito in una barzelletta sui carabinieri.
Mi ci sforzo un po’, provo mille mila combinazioni di indirizzi hotmail.it, ma proprio non mi viene in mente qualse sia. Ok, non bisognerebbe mai registrare un servizio con un’email che non si controlla. Avete ragione. Però se non avessi fatto una cazzata non avrei necessità del centro assistenza. Non so voi, ma se io chiamo il fabbro perchè son rimasto chiuso fuori casa accetto che mi dia del pirla, però mi deve ANCHE aprire la porta. Altrimenti mi incazzo.
Tirate le mie mille o duemila madonne, provo ad approcciare il “centro assistenza“, che si rivela essere una sorta di forum, nel tentativo di avere qualche info. Scopro con somma sorpresa di non essere l’unico al mondo ad aver dimenticato la mail connessa al suo account, anzi, ci sono moltissime discussioni aperte che riportano una domanda come la mia. Ed è così che faccio la conoscenza di tal Fabrizio Castelli, genio assoluto ed eroe indiscusso. Fatico a capire se lavori per blogger o se sia semplicemente un caritatevole benefattore, sta di fatto che quest’uomo, con serafica pazienza, risponde a tutti la stessa cosa.
“Usa il form per il re-invio dei dati”.
Probabilmente è convinto di avere a che fare con suoi simili. Io lo capisco che, magari, a lavorare all’assistenza nella gran parte dei casi ci si trovi al cospetto di gente che, autonomamente, non sa nemmeno allacciarsi le scarpe. Ci sta quindi che la prima risposta sia nell’ambito dell’ovvietà. Se però il 99.9% delle persone ti risponde cose tipo: “certo che ho provato, il problema è che quel sistema l’ha pensato una scimmia visto che cercavo l’indirizzo email e mi han mandato l’informazione al mio indirizzo email”, forse qualche informazione in più dovresti darla. Invece niente. Tutte le discussioni che ho letto (e son tantissime) partono con l’utente X che espone il problema, Super Fabio che risponde di usare il form automatico e l’utente che replica di averci già provato, ma di necessitare un sistema alternativo.
La cosa assurda, è che sto tizio pare l’unica voce di blogger. Non c’è un servizio email da contattare, non c’è un referente con cui parlare. C’è solo il forum in cui la gente posta mille mila volte la stessa domanda e nessuno risponde nulla di vagamente utile.
Ora, io posso pure vivere senza poter accedere ai riassunti delle mie vecchie sessioni di D&D. Mi gira il cazzo, ma posso andare avanti. Il punto qui è un altro. Non è possibile, se ti chiami Google, mettere in piedi un servizio di assistenza tecnica così.
Il fatto che ormai la maggior parte delle aziende che forniscono prodotti non abbiano più da relazionarsi fisicamente col cliente, ha generato mostri terrificanti.