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Libri

Leggerezza di spirito

In questi giorni sono iper impegnato.
Devo leggere un libro, “Trasmissione d’élite o accesso alle conoscenze”, e farci una relazione per conto dell’università. Giunto ormai alla fine del libro posso asserire essere quanto di più incorerente abbia mai letto, oltre che di una noia terrificante e di una complessità spaventosa.
Penso che nella relazione ne parlerò piuttosto male. Penso che questo non mi aiuterà a superare l’esame in questione, ma tant’è.
Devo anche portarmi avanti con la stesura del torneo che stiamo organizzando per settembre. La cosa è piacevole da farsi, però richiede un mucchio di tempo e si tratta, come per l’impegno precedente, di scrivere in word.
Per questi motivi, principalmente, non sono riuscito ad aggiornare il blog con regolarità e perizia. A mia parziale discolpa c’è il fatto che non mi è assolutamente capitato nulla che valesse la pena raccontare.
Nulla tranne una cosa.
Ieri la Bri mi ha regalato le bolle di sapone e un pallone da spiaggia di quelli che si gonfiano.
Praticamente mi ha regalato un po’ di sana spensieratezza.
Grazie.

Oggi

Finito!
Con la full immersion di ieri, in cui ho letto circa 300 pagine, sono finalmente giunto all’epilogo di “Io uccido…”. Qualche commento. Innanzi tutto devo dire che è un buon libro, sicuramente non il migliore che abbia mai letto, ma più che discreto. La storia è bella, affascinante, sufficientemente intricata, ma non per questo incomprensibile. Ci sono, a parer mio, alcune notevoli incongruenze e il ragionamento che porta uno dei due detective alla soluzione è, per usare un’espressione figurata, un po’ “tirato per i capelli”, ma questo non pesa eccessivamente sull’economia della valutazione. Per la prima volta, leggendo un libro del genere, sono arrivato alla soluzione corretta molto prima che l’autore la svelasse. Non è quella che ho indicato su queste stesse pagine tempo fa, avevo letto veramente troppo poco per poterci arrivare allora, ma molte delle congetture che avevo fatto erano corrette e ci è voluto solo qualche capitolo in più per arrivare al nome esatto tramite il metodo dell’esclusione. Poche sono le regole in un thriller, per quel che mi riguarda, ma la principale è che il colpevole deve essere un personaggio noto fin dal principio se si vuole ottenere il “colpo di scena”. Per questo l’autore deve essere bravo nel dipingerlo come insospettabile e totalmente non sovrapponibile alla figura del killer. Faletti invece ha dato, secondo me, indizi troppo marcati fin da subito e quindi arrivarci è stato piuttosto elementare. Forse dipende solo dal fatto che la mia mente è propensa a fare gli stessi passaggi logici di quella dell’autore e quindi la mia intuizione è solo dovuta ad uno stile di ragionamento fortuitamente corretto per questo libro. Come controprova mi piacerebbe leggere il suo secondo lavoro, ma anche parlare con qualcuno che abbia letto “Io uccido…” per vedere se ha avuto le mie stesse impressioni.
Oggi è San Valentino. Non ho mai espresso alcun giudizio su questa festività. Non sono di quelli che la sentono propria, ma nemmeno di quelli che la schifano perchè figlia del consumismo. Sono di quelli che la ignorano. Probabilmente se stessi con una ragazza che ci tiene presterei alla cosa maggiore attenzione, non essendo così posso godermi la comodità di dire “chissenefrega”. L’unica cosa che mi piacerebbe fare è assaggiare i nuovi cioccolatini Magnum, quelli la cui pubblicità onnipresente mi ha stregato. Vodka e arancia in TV, fragola e marc de champagne (che poi chissà cos’è) sui cartelloni che tappezzano Milano. Saranno buoni? Sicuramente sono intriganti, ma questo credo sia un merito da imputare più ai responsabili marketing che ai pasticceri.
Intanto, mentre il mondo festeggia gli innamorati, la mia compagnia continua a dare origine a tresche maliziose e intrighi allucinati degni del miglior David Lynch. A vedere ciò che accade quotidianamente “alla panca” si direbbe sia vero il detto secondo cui l’amore si presenta sotto forme sempre diverse.
Ma non era il Diavolo a farlo?
Non che ci sia differenza…

Noia

14.41
Sono in ufficio. Niente da fare. I laboratori si ostinano a non far pervenire il materiale che mi serve per ultimare il mio lavoro. L’ultimo sollecito ha avuto come unico risultato l’ aver fatto alterare l’arrogante di turno, una di quelle dottoresse convinte di non doversi abbassare ad aiutare noi comuni impiegati perchè è troppo impegnata a salvare il mondo. Se c’è una cosa che questo lavoro mi ha insegnato è che, se mai sarò dottore, non dovrò assolutamente diventare come loro. Non credo che lo sarei stato a prescindere, perchè non è nella mia natura non rispettare il prossimo, tuttavia questa esperienza ha allontanato anche la più remota possibilità, frutto della sovrastima che un eventuale laurea può portare con se. E’ proprio vero che vivere “dall’altro lato della barricata” può aprirti gli occhi.
14.53
Il tempo non passa veramente più. Il mio capo non c’è, è malato. Anna, la collega per cui lavoro, sta poco bene e forse se ne andrà via anche lei. Io continuo a non avere nulla da fare. Due parole in ICQ con Missa riempiono a malapena 30 secondi di questo pomeriggio. La prospettiva di una partita a Spider (ovviamente livello hard) incombe. Sto diventando un mago a quel solitario.
Anna mi chiede se le vado a prendere un caffè con cioccolata alle macchinette del primo piano. Un diversivo. Accetto.
15.04
Eccomi di ritorno. Eccomi GIA’ di ritorno. Questo pomeriggio è ufficialmente buttato. Avrei potuto spenderlo studiando Fisiologia (il libro dovrebbe essermi arrivato proprio oggi), o leggendo il libro “Io Uccido…” di Faletti. L’ho iniziato sabato e sono ancora alle prime pagine. Il suo modo di scrivere non mi entusiasma, ma per il momento ci sono delle buone trovate. Mi è piaciuto molto il fatto che abbia descritto la quotidianità delle prime due vittime, prima di descriverne l’uccisione. Questo le ha rese più vicine al lettore, innescando un meccanismo di dispiacere che solitamente in queste circostanze narrative manca. Di solito le vittime, almeno le prime, sono comparse prive di qualsiasi battuta. Hanno l’unico scopo di evidenziare la presunta perfezione nell’agire del killer e quindi la loro morte non lascia strascichi emozionali nel lettore. Qui invece lo scrittore mi ci ha fatto affezionare quel tanto che basta per accendere la speranza vana che non morissero e per compiangerne la scomparsa. Scelta intelligente, a mio avviso.
Ho un sospetto su chi possa essere l’assassino. E’ probabilmente del tutto infondato e frutto della mia fantasia, visto che ho letto si e no otto dei più di sessanta capitoli del best seller, tuttavia voglio annotarmelo. Per me il colpevole è Pierrot. A farmelo sospettare sono una serie smodata di congetture, tra cui il suo nome collegato al fatto che i capitoli in cui agisce il killer siano intitolati “carnevale”. Più avanti, a fine libro, scoprirò se avevo ragione.
15.33