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L’italia è una merda.

Diritto di replica

E’ una situazione strana, quella del mio Paese. Ogni giorno si fa un gran parlare del diritto di replica, ma la cosa buffa è che a richiederlo siano sempre e solo le persone che la possibilità di parlare già ce l’hanno. Le giornate trascorrono tra commenti e repliche degli stessi agli stessi, in un circolo vizioso che onestamente mi ha decisamente stancato. Ieri era Maroni che, in qualità di Ministro degli Interni, sentiva la necessità di far sentire la sua voce sorvolando sul fatto che la sua carica questa possibilità gliela fornisce a prescindere. Oggi è il comitato per la Vita a voler replicare alle storie di vita di Welby ed Englaro. Come se alla Chiesa mancasse una voce. Come se non ci fosse il Papa tutte le domeniche su tutti i telegiornali. Cosa ci sia da replicare poi ad un racconto di vita, resta un mistero. Il concetto è che questa gente sente di continuo il bisogno di dire la sua su tutto, sempre. Non conta quante volte l’abbiano già fatto e quanto spazio già abbiano, vogliono di più. Vogliono parlare sempre, vogliono spazio sempre. Si impongono. Non credo qualcuno possa affermare che Berlusconi non abbia possibilità di esprimere le sue opinioni, però è necessario che intervenga a Ballarò per farlo una volta di più.
Ancora e ancora.
Il pretesto come detto è sempre lo stesso: il diritto di replica.
Ho citato questi tre casi, ma ce ne sarebbero molti altri ed il fatto che questa maggioranza lo faccia in modo più “violento” non le da comunque l’esclusiva. Gli altri fanno altrettanto e non certo con meno frequenza.
Esistono però persone cui il diritto di replica è negato, sempre, e forse è il caso che qualcuno dia loro questa possibilità. Sempre che queste persone non decidano di prendersi da soli il diritto di replicare, utilizzando mezzi che in qualunque caso il sottoscritto non si sentirebbe di criticare.
Prendiamo ad esempio questa ragazza. Le verrà data la possibilità di replicare al suo amico carabiniere?
Oppure si potrebbe chiedere di replicare ai cittadini che hanno devoluto il 5×1000 quest’anno e che ne sono stati derubati.
Credo sarebbe anche giusto far replicare un po’ di votanti di qualsivoglia colore e chiedere loro se il Parlamento parlasse davvero in loro vece quando oggi, praticamente all’unanimità, ha deciso di non rinunciare il vitalizio. In giorni in cui non si raggiunge la maggiornaza su nulla o quasi, vedere il voto compatto di 498 deputati fa una certa impressione.
Insomma, non vado avanti con la lista perchè poi finisco per innervosirmi ancora di più, però direi che di esempi di diritto di replica mancato ce ne sono a bizzeffe, quotidianamente.
Alcuni si organizzano e salgono sui monumenti per farsi sentire, ma c’è chi pensa che andrebbero menati per questo.
Ecco, questo post è essenzialmente volto a ringraziare il signor Giuliani per aver fatto valere il mio diritto di replica.

I heard they play louder live!

Vacanze finite, ma ferie ancora in atto.
Fermo a Milano per una settimana di pseudo relax prima del rientro al lavoro non è ancora tempo per me di scrivere riguardo il viaggio, le foto, il surf e tutto il resto.
Per quello ci sarà modo nei prossimi giorni, quando la routine della vita dell’emigrante sarà totalmente ricostituita e sarà davvero necessario fare un po’ il punto delle vacanze 2010.
Mentre il PC è impegnato a rippare tonnellate di CD che mi piacerebbe sentire anche oltre confine (lo so, potrei scaricarli, ma sono un idiota) mi prendo qualche minuto per scrivere del concerto dei NOFX cui Martedì sera ho preso parte in quel di Brescia.
I NOFX sono i Rolling Stone della mia generazione. Punto.
No, non sto esagerando e se qualcuno non lo capisce o non è parte della generazione di cui sopra, oppure semplicemente non se ne è ancora reso conto.
Non si parla di gente che si è limitata ad inventare un genere, qui siamo molto oltre. Qui si parla di una band che ha creato un qualcosa di così trasversale che è difficile anche solo parlarne per renderne l’idea.
I Nofx sono oltre le mode, oltre le ondate, oltre il revival. Piacciono a chi ascolta punk-rock dal ’94, a chi ha smesso di ascoltare punk-rock nel ’95 e a chi ha iniziato nel 2009. Piacciono a chi a trent’anni ancora mette all-star e pantaloni corti come a chi adesso si trova molto più a suo agio in giacca e cravatta. C’è chi va a sentirli coi figli e chi ci va coi genitori. Tutto questo senza essere mai, MAI, stati nell’hype, inteso ovviamente come quel momento in cui la gente che conta decide che tu sei un prodotto che va bene vendere. Sulla cresta dell’onda vera invece, quella che definisce coloro che hanno successo indipendentemente se è stabilito o meno che ne abbiano, Fat Mike, Melvin, Hefe e Smelly ci sono da quasi vent’anni e non pare proprio siano destinati a scenderne.
E questa non è l’unica cosa figa. Il top è che non ci saranno mai due concerti dei Nofx uguali perché non ci sono i singoli. Non c’è la classica scaletta pre fatta di pezzi che se non li suoni la gente si incrista e rivuole i soldi del biglietto. Tolta forse “Linoleum” non c’è una canzone che io ricordi come suonata in ogni loro live. Ogni volta pezzi diversi e ogni volta qualcuno del pubblico andrà in visibilio per la traccia che aspettava di sentire da anni e che finalmente gli viene regalata.
Martedì mi hanno fatto “Falling in love”, la mia preferita di sempre. Chi se l’aspettava? E chi si aspettava “We Threw Gasoline On The Fire And Now We Have Stumps For Arms And No Eyebrows” presa direttamente da Punk-o-rama vol.3?
Dai, non c’è storia e non c’è competizione, sono i Rolling Stone della mia generazione con buona pace di tutti gli altri.
Aspettiamo vent’anni e sarà chiaro a tutti.

Nota a margine.
I Nofx l’altra sera hanno suonato alla festa di Radio Onda d’Urto al prezzo di quindici euro. Le considerazioni in merito sono le seguenti. In primis ci sarebbe da riflettere su quante volte mi sono stati inculati i soldi per farmeli vedere dal vivo, quindi plauso onesto all’organizzazione dell’evento. In secondo luogo ancora una volta ho assistito ad un concerto all’aperto in un posto che più fuori dal centro abitato c’è solo l’Amazzonia, ma a dei volumi che dire ridicoli è eufemistico.
Se in centro abitato la questione è mascherabile con il rispetto della quiete pubblica, in posti come quello di Martedì (o come il Magnolia di Milano) anche quella facciata cade e si rivela l’aggressione a mano armata che la classe dirigente di questo bel paese di merda cui tanto sono legato (mannaggia a me) mette costantemente in atto nei confronti della cultura, di qualunque forma e sostanza questa sia fatta.
Il messaggio ai pezzi di merda che quotidianamente lavorano per sopprimere tutto ciò che loro non capiscono (e visti i soggetti si parla di una quantità incalcolabile di cose) è sempre lo stesso: per quanto ci proviate, non riuscirete mai a togliere chi la cerca, la gioia di vivere.
Bastardi.

Fade to black

La mattina io, solitamente, leggo il giornale per farmi un’idea di quel che succede.
Di norma visito Repubblica.it e do una scorsa ai titoli della homepage, aprendo solo gli articoli che attirano il mio interesse. Se la notizia è particolarmente succulenta e non ho troppo da fare al lavoro magari apro anche il Corriere ed il Giornale, giusto per capire un po’ come la notizia è stata recepita e riportata dalle varie parti.
In questi giorni l’attenzione della stampa è sicuramente incentrata sulle riforme finanziarie. Il dibattito investe gli ormai arci noti condoni che il nostro governo attua per rientrare di una parte (minima, stando alle cifre) di quanto sottratto al fisco utilizzando vari metodi di evasione. Tremonti ha ribadito più volte di stare lavorando per combattere in profondità questa piaga e io non ho le basi per poter sostenere che questo non sia vero. Da totale ignorante in campo economico, lo dico senza sarcasmo, trovo che alcuni dei procedimenti vadano nella direzione opposta (come l’innalzamento del limite per il pagamento in contanti da 100 a 5000 euro) se non addirittura verso una sensazione di impunità percepita quantomeno da chi, come me, in quanto dipendente assiste alla cosa da spettatore. I vari condoni come i patteggiamenti infatti lasciano l’impressione che, superato il disagio morale, l’evadere le tasse non porti ad alcuna conseguenza punitiva. Il caso di Valentino Rossi è solo uno degli esempi più eclatanti in merito, con il pilota che versa 20 milioni di euro a fronte dei 112 richiesti (ecco la fonte). D’altra parte è viva convinzione del nostro premier che, se sottoposti ad una pressione fiscale valutata come “scorretta”, i cittadini siano “moralmente autorizzati ad evadere, per quanto possibile, le tasse”, quindi per quel che mi riguarda la lotta all’evasione potrebbe essere sostenuta in termini sicuramente più decisi.
Dico tutto questo perchè questo clima di lassismo nei confronti del problema è facilmente percepibile girando per il paese, quando ci si scontra contro il muro insormontabile del “neraccio”. Alcune volte non ci si fa nemmeno caso, come quando il barista non consegna lo scontrino del caffè o il parrucchiere non rilascia la fattura. Altre volte ci si scontra con la propria morale o i propri bilanci di fine mese, come quando il dentista chiede il 20% in meno per l’apparecchio del bambino o il muratore fa lo stesso per la facciata della propria palazzina. Sono tanti soldi, il risparmio è cospiquo e quindi non sempre è facile restare sulla retta via, ma c’è chi comunque ci riesce.
Ultimamente però stanno via via diventando sempre più comuni situazioni ancora più estreme. Parlo di quando ci si decide a comprare casa e ci si va ad informare presso l’agenzia. Non è insolito, anzi è veramente comune, che ci si ritrovi di fronte alla richiesta di pagare un’ingente parte del valore dell’immobile in nero. La cosa se vogliamo tragicomica è che in questi casi l’acquirente non trae nemmeno vantaggio dall’infrazione, perchè non ci risparmia nulla. L’affare è solo per chi vende. Gli agenti immobiliari sono anche preparatissimi nel indicare all’utente come fare a versare queste somme spropositate senza destare attenzione. Un mio amico mi raccontava che nel suo caso gli chiesero di prelevare 2400 euro ogni venti giorni e, semplicemente, consegnarli. Leggendo in internet si può facilmente vedere come questo tipo di richiesta non sia soltanto comune, ma anche incredibilmente sfacciata e, cigliegina sulla torta, come non si tratti più di un accordo tra le parti, ma di una regola a cui non ci si può sottrarre.
In molti casi o si accetta il nero, o non si compra.
Sempre restando a quanto ho sentito da diverse testimonianze, questo fenomeno è abituale per quanto riguarda le case non ancora costruite, mentre si affievolisce decisamente se si va a trattare per immobili già edificati.
Un’altra domanda che mi sono ed ho posto in merito alla faccenda è come mai nessuno si rivolga alla Guardia di Finanza e la prima cosa che si nota è una scarsissima fiducia del cittadino medio nei confronti delle forze dell’ordine. E’ vero che rifugiarsi dietro la classica frase: “Tanto, anche se denuncio, non fanno un cazzo.” è forse un po’ troppo comodo, ma analizzando le cose con un minimo di calma e lucidità non è poi così incomprensibile questo tipo di rassegnazione. Il fenomeno in questione ha infatti assunto pieghe e dinamiche talmente macroscopiche da rendere difficile per il cittadino l’idea che il tutto sia ignoto alla GdF. Anzi. L’idea che passa è che la piaga non sia insanabile, ma semplicemente non curata e forse a questo contribuisce anche il clima di lassismo e depenalizzazione di cui parlavo all’inizio. Per curiosità personale, tuttavia, ho deciso di provare a guardare sul sito della Guardia di Finanza se ci fosse materiale in merito e mi sono imbattuto in questa pagina. Il concetto, in sintesi, è che non solo la compravendita di immobili con pagamenti in nero sia illegale e gravemente punita, ma anche come questa sia sconveniente da un punto di vista economico. Il tutto non farebbe una grinza, se le cose funzionassero come si dovrebbe, tuttavia il fatto che questo tipo di accordi siano diventati se non consueti, quantomeno molto comuni rende il tutto come dire “retorico”. Quello che manca, almeno stando alle mie capacità di navigare il sito, è una chiara indicazione su cosa fare e a chi rivolgersi qualora “vittime” di proposte indecenti di questa risma. Per dovere di cronaca segnalo tuttavia la presenza sul sito di un numero verde a cui è probabilmente possibile rivolgere le domande in questione ed avere delle risposte. Avrei volentieri concluso questa mia piccolissima “inchiesta” (eddai, ci sono le virgolette, siate buoni) chiamando e facendo qualche domanda, ma non essendo in Italia mi è impossibile farlo.
Chiudo linkando una pagina in cui è possibile leggere una delle tante testimonianze in merito che si possono trovare in giro per la rete. La cosa che ha destato in me maggiore attenzione sono stati i commenti. Cito:

“… Prima di andare dal GDF ragioni sul fatto che facendo una segnalazione potrebbe rovinare l’esistenza ad un essere umano. …”

L’amore vince sempre sull’odio.

Mamma Rai, padre ignoto.

A mezz’ora dall’inizio del mondiale, scopro che il servizio streaming della Rai è accessibile solo sul territorio italiano.
Utilissimo.
Immagino ci siano milioni di famiglie che non prendono Rai1 a casa, ma che hanno la banda larga.
Noi italiani all’estero invece veniamo buoni solo quando c’è da votare, poi per il resto chissenefrega, possiamo benissimo guardare la nazionale commentata dai tedeschi. Sempre che dopo l’ultima volta i tedeschi decidano di farla vedere.
Non ci sono più parole per descrivere il mio paese.

EDIT: A riprova di quanto detto sopra la televisione pubblica tedesca manda tutte le partite del mondiale in chiaro. Tutte. Come è giusto che sia, cazzo.

Agli atti

Silvio Berlusconi, il presidentissimo, ormai ha decisamente perso la brocca.
Non che io l’abbia mai trovato particolarmente assennato o abbia mai condiviso i suoi punti di vista, ma un conto è avere opinioni contrastanti, un conto è delirare.
Ecco, ultimamente siamo ampiamente nel secondo dei due ambiti e non lo dico tanto per dire, ma perchè ho prove tangibili.
Metto quindi agli atti le ultime due dichiarazioni dal premier che ho letto.
La prima riguarda il Milan ed è datata 26 Maggio:
“È la squadra che amo e perciò sono il primo tifoso. Però io quest’anno, nonostante i tanti infortuni, se avessi fatto l’allenatore avrei vinto lo scudetto con 5-6 punti di distacco…”. (Gazzetta.it)
Ok, adesso ditemi che questa non è la dichiarazione di un pazzo. Il Milan di quest’anno, godendo di non pochi favori arbitrali, è riuscito a stento ad arrivare terzo grazie ad un immenso lavoro del compianto Leonardo, capace di valorizzare una rosa che a mio avviso resta da quarto posto ad andar bene. E’ vero che ormai ai deliri di onnipotenza del presidente ci siamo un po’ tutti abituati (io ancora aspetto la cura per il cancro e il milione di posti di lavoro), ma mi rimane impossibile da capire come la gente non colga il totale distacco dalla realtà da parte dell’uomo che dovrebbe portare avanti il Paese.
La seconda dichiarazione poi, se possibile, è anche meglio.
Silvio la sfodera alla conferenza stampa dopo i lavori dell’Ocse:
«Cito una frase di colui che era considerato come un grande dittatore: “dicono che ho potere, ma io non ho nessun potere, forse ce l’hanno i gerarchi, ma non io. Io posso solo decidere se far andare il mio cavallo a destra o a sinistra”». (Ansa.it)
A parte la totale non veridicità dell’assunto, ma poi citare Mussolini è veramente troppo, anche per Berlusconi. Oltretutto citarlo come “colui che era considerato come un grande dittatore”. Un grande dittatore? ERA considerato? Ma scherziamo?
Comunque sia la cosa ha subito fatto breccia nel cuore dei fedelissimi araldi del presidente, tanto che Libero se ne esce con un’imperdibile raccolta DVD dei discorsi del Duce. Per carità, si tratta di documenti storici, nessuna apologia di fascismo.
Anche il titolo è quantomai critico: “Il Duce, le parole, gli applausi.”.
Io sono schifato, e la cosa ci sta tutta, ma credo che più schifati di me siano coloro che nel Duce ancora vedono qualcosa di positivo (sì, questa gente esiste). Per i fascisti veri siamo al limite della bestemmia ed io, in un certo senso, li capisco.
Mi dispiace tarpare le ali a Berlusconi, ma non ha e non avrà mai la pasta per fare il Duce. Senza i milioni con cui compra quotidianamente chi gli sta attorno, Berlusconi non sarebbe nessuno.

Dopo l’ultima parola

Vivendo in Germania non è facile stare al passo con la divertente macchietta della politica italiana.
Stando qui sono costretto a trovare le notizie in rete e a leggere i giornali, privato della grandissima comodità del mezzo televisivo e della sua capacità di informare. Nell’albergo di Parigi in cui ho soggiornato, però, c’era la TV satellitare e così, Venerdì sera, non ho potuto fare a meno di gustarmi una fantastica puntata de “L’ultima parola”, programma di approfondimento in onda su Rai 2 condotto da Gianluigi Paragone.
Lo dico subito: a me Paragone sta un sacco simpatico. Pur non essendo propriamente vicino alla mia parte politica (ma chi lo è, oggi? E soprattutto qual’è la mia parte politica??), ho sempre trovato un personaggio piacevole, specie quando inserito in dibattiti calcistici su qualche rete locale.
Il suo programma però me l’ero sempre perso. Per quel che ho potuto vedere non mi è parso mal fatto. Filogovernativo sì, ma cercando comunque di fare giornalismo d’inchiesta interpellando più o meno tutte le parti politiche e senza eccessivo protagonismo.
La puntata in questione verteva sui costi della “casta” politica italiana in ottica di valorizzare la manovra Tremonti. Ne sono usciti momenti decisamente divertenti, almeno per la parte che ho visto io (dall’intervista di Rizzo o Stella, non ricordo, uno dei due in ogni caso).
Il primo l’ha regalato Barbareschi in un servizio in cui si denunciavano le scarse ore lavorative del Parlamento e si chiedeva un parere riguardo al taglio del 5% sugli stipendi dei parlamentari invocato dalla manovra Tremonti. Citando lo spezzone che parte al minuto 1:53, l’onorevole sosteneva come tutti gli italiani, in un momento difficile, dovrebbero fare un sacrificio e non solo i politici.
Per me è già molto sopportare che uno come Barbareschi stia in Parlamento, figuriamoci come posso reagire al fatto che lo facciano anche parlare. Un’uscita più infelice è riuscita in questi giorni solo a quell’altra mente sopraffina della Gregoracci, in un’intervista in cui sostiene il trauma di suo figlio Nathan Falco per la perdita dello yatch cui ormai era affezionato.
Giusto per intenderci, quando si parla del taglio del 5% sullo stipendio dei parlamentari, si parla di un decurtamento sul netto, senza tener conto di tutta quella infinita sfilza di bonus, rimborsi e cazzi vari che ogni mese entrano in busta paga agli onorevoli. Si parla quindi di briciole, spannometricamente di 270 euro per un senatore che porta a casa 5400 euro di stipendio più altri 10000 tra competenze accessorie e rimborso stipendi ai portaborse. 270 euro in meno al mese a gente che prende sedicimila euro al mese netti. Come diceva qualcuno non è molto, ma è qualcosa e quindi lungi da me criticare l’iniziativa. Se però mi si dice che lo stesso 5% debba essere tolto a chi campa con 800 euro al mese iniziano a girarmi i coglioni, specie se a dirlo è quella faccia da cazzo di Barbareschi. Per quel che mi riguarda l’unico sacrificio che dovremmo fare tutti insieme è umano e coinvolge il deputato in questione in prima persona, ma vabbè, poi mi si dice che scrivo in preda alla rabbia ed in maniera irrazionale, quindi meglio ritirare tutto.
Scusa Luca, ritiro la parte sul sacrificio umano e cancello anche il passaggio in cui ti do della faccia da cazzo.
Ora va meglio.
Si diceva che una cospiqua parte dello stipendio dei Parlamentari sia loro fornita per il pagamento degli stipendi dei portaborse. Viene quindi mostrato un servizio in cui si denuncia come quella parte di entrata sia ininfluente dall’avere o meno portaborse (si prendono i soldi anche se poi non si spendono) e che questo porti molti onorevoli a pagare i loro collaboratori in nero. Indignazione profonda in tutto lo studio, Peter Gomes chiede ai presenti se loro fanno cose del genere o conoscono gente che fa cose del genere e tutti rispondono ovviamente: “No, è vergognoso.”. Probabilmente quelli che lo fanno sono marziani o non appartengono a nessuno dei partiti rappresentati in studio, nell’ordine PdL, PD, Lega e UDC.
Un ruolo centrale nella trasmissione però lo recita la Santanchè, sempre pronta a regalare momenti indimenticabili a tutti i suoi fan. Dapprima si prende del “cane di Pavlov” da Beha, ma non reagisce perchè lo stesso le dice che non è un’offesa e lei ci crede. Poi dichiara che lei, imprenditrice, non ha mai preso una lira per fare politica e che ha sempre devoluto i suoi stipendi, il che è agghiacciante perchè significa che nel nostro paese ci si permette di pagare un sacco di soldi gente che questi soldi poi li regala perchè nemmeno gli servono. A sto punto non sarebbe meglio rinunciare direttamente allo stipendio e permettere un risparmio alle casse dello stato? Ma il picco di genialità è quando monta un casino perchè il sindaco di Bari Michele Emiliano, ritratto in una foto mentre festeggia un appalto controverso (non entro in merito, non conosco i fatti), brinda con Champagne e non con spumante italiano. Ora, a parte che portare le discussioni su certi piani è indice del personaggio, ma poi voglio dire: uno sarà pur libero di brindare con quel cazzo che vuole, o no? Mi piacerebbe andare a vedere se la signora Santanchè quando va al cinema ordina una Coca Cola o una spuma.
Devo aver scelto l’esempio sbagliato, con tutta probabilità lei al cinema va di Chinotto.
Comunque sia, mi spiace non poter seguire più la televisione italiana e i suoi programmi di approfondimento e avanspettacolo.
Oggi come oggi mi piacerebbe guardare anche il TG1 di Minzolini.
Va riconosciuto, inventare un guasto tecnico per non mandare la dichiarazione di Elio Germano premiato a Cannes, momento in cui l’attore attacca la classe politica del nostro paese, è a suo modo qualcosa di geniale.
Forse neanche Fede è mai arrivato a tanto.

730 for dummies

Quando oggi ho aperto il blog l’intenzione era quella di riuscire a farmi querelare.
Già perchè l’argomento in principio voleva essere la festa di compleanno di Noemi “Avantiavantic’èposto” Letizia, con tanto di citazioni multiple alla spumeggiante intervista da lei rilasciata nell’occasione. Poi ho pensato che per quanto sarei potuto essere offensivo (e lo sarei stato, cazzo se lo sarei stato), non sarei mai riuscito nell’intento di farmi querelare e così ho deciso di desistere.
Non solo, ho deciso di scrivere un post “di servizio”, qualcosa che possa essere di interesse per il prossimo vista l’imminente dead line che il popolo italiano si appresta ad affrontare: la dichiarazione dei redditi. Potrebbe succedere che un web-surfer qualsiasi si trovasse a passare di qui nel pieno di un conflitto interiore combattuto tra 8×1000, 5×1000, confessioni religiose di ogni sorta ed associazioni di varia natura e tipo. Questa persona, magari, potrebbe trarre del beneficio dal leggere quanto segue.
Partiamo dall’8×1000.
Pur essendo una tassa (non saprei come altro definirla) pagata da tutti, mi sono reso conto che pochi siano realmente informati riguardo le sue dinamiche. Il concetto che passa è che si sceglie a chi devolvere otto millesimi del proprio versamento IRPEF. Nulla di più sbagliato. Ai fini del finanziamento, la preferenza della persona più ricca d’Italia e della più povera pesano uguali. L’8×1000 totale dell’IRPEF versata da tutti viene suddiviso in percentuale rispetto alla scelta dei soli che hanno firmato per devolverlo. Speigo meglio, utilizzando in maniera semplificata i dati del 2000 diffusi dal Ministero e pubblicati su questo sito.
Alla chiesa cattolica vanno il 35% delle preferenze, allo Stato il 4% e a tutte le altre confessioni rispettivamente meno dell’1%.
Il 65% degli Italiani non firma.
Il totale dell’introito viene quindi suddiviso in base alle preferenze espresse e così la chiesa cattolica prende l’87% del totale, lo stato il 10% e le altre confessioni si spartiscono il resto.
Quasi il 90% del totale, che è vicino al miliardo di euro, viene devoluto ad una chiesa che raccoglie il 35% delle firme. Con questo non voglio dire che il meccanismo sia sbagliato, lo trovo di per se molto democratico visto che chi non sceglie non può lamentarsi, tuttavia non so quanto sia noto.
Il mio commento personale a tutto questo è che quindi, per una volta, scegliere sia realmente importante e sprono chiunque sia arrivato a leggere fino a qui perchè si informi e faccia una scelta sua. In tal senso può essere utile sapere che lo Stato non si prende la briga di informare su come la sua parte del bottino venga spesa e che sovente anche questi soldi vengono devoluti in favore della chiesa cattolica perchè utilizzati per la restrutturazione/ricostruzione di luoghi di culto.
Questo, personalmente, lo trovo già meno democratico.
E’ anche buona cosa sapere che, da che leggo in giro, risulta che la chiesa cattolica versi solo l’8% del ricavato alle missioni nel mondo, solitamente il primo motivo che spinge la gente a finanziarla.
Ad ogni modo, dopo attenta analisi e documentazione, da agnostico convinto ho scelto di dare la mia preferenza alla Chiesa Valdese e se mi si chiedesse il perchè risponderei mostrando la pagina che il loro website dedica alla faccenda (sì perchè loro le pubblicità in TV non credo possano permettersele). Investimenti variegati, solidarietà e sociale prioritari, trasparenza e finanziamenti ad associazioni umanitarie e scientifiche laiche. Se proprio devo scegliere a chi devono essere dati i soldi di tutti (ribadisco, non si sceglie per i propri soldi, ma per quelli di tutti) loro mi paiono i migliori pretendenti.
Veniamo ora alla seconda parte della questione: il 5×1000.
Anche in quest’ambito informandosi si scoprono un bel po’ di cose raccapriccianti divertenti riassunte per benino in questo video.

Innanzi tutto, in questo caso, si sceglie a chi dare i propri soldi e se non si esprime preferenza il proprio 5×1000 resta allo Stato. Niente ridistribuzione in base alle preferenze quindi e non può di conseguenza succedere che un’associazione che prende il 30% delle firme riceva il 90% del cash.
Altra cosa che è bene sapere è che lo Stato può riservarsi il diritto non solo di toglierlo, ma anche di mettervi un tetto se le uscite dalle casse nazionali si rivelassero troppo ingenti. Nel 2007 il tetto è stato messo a 400 milioni di euro. Questo significa che qualche italiano, pur avendo scelto a chi dare i propri soldi, non è stato accontentato ed è stato, se vogliamo, derubato.
Informarsi in merito al 5×1000 non è facile, però, almeno per il sottoscritto. Se si opera una ricerca in Google ci si trova di fronte a tonnellate di link di gente che richiede un versamento, ma manco mezzo in cui ne vengono spiegate le dinamiche.
Capita anche di trovarsi di fronte a pagine come quella per il “No alla vivisezione”, con tanto di foto del malcapitato cane.
Leggendo qualche riga si capisce che ancora una volta dalle parti nostre ci sia un profondo bisogno di informazione. Cito: “E’ documentato – e loro stesse lo ammettono – che le seguenti associazioni “per la ricerca”, le più note, usano parte dei fondi raccolti per finanziare esperimenti su animali, cioè vivisezione: AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ANLAIDS – Associazione Nazionale per la lotta contro l’AIDS, Telethon, Trenta Ore per la Vita.”. Innanzi tutto fare ricerca sugli animali non significa vivisezione. In secondo luogo forse è bene dire come tutti i farmaci in circolazione, di base, passino per una parte della sperimentazione condotta su cavie animali. Questa è una prassi per la sperimentazione farmaceutica. Probabilmente questa gente quando si ammala si lascia morire, perchè altrimenti non c’è spiegazione. Io capisco e condivido la condanna all’uso sconsiderato delle cavie e lavorando in quest’ambito sono, a differenza di chi lancia certe campagne, quantomeno informato. Vi sono ambiti della ricerca scientifica e sanitaria in cui lavorare sugli animali è essenziale. In questi ambiti esistono serie e restrittive regolamentazioni cui è necessario attenersi per garantire agli animali un trattamento per così dire conforme ai loro diritti. Il problema, perchè esiste un problema, è che l’animale spesso diventa un “reagente” come un altro ed il suo utilizzo tende ad essere esteso anche a campi di ricerca in cui si potrebbe procedere in modi alternativi, seppur magari impiegando più tempo.
Sto divagando.
L’ultimo concetto che mi preme sottolineare è che se si sceglie di dare il 5×1000 alla ricerca lo si dovrebbe fare in maniera intelligente. Un buon modo per farlo è finanziare associazioni private come Telethon. Un pessimo modo è devolverli alle Università Italiane. Il motivo è presto detto: in Italia non solo vengono dati pochi soldi alla ricerca universitaria da parte dello Stato, ma quelli che vengono dati sono spesi malissimo e tengono in piedi un sistema schifoso di raccomandazioni e incompetenza più simile ad un feudo che non ad un ambiente di studio. Nell’ambito medico scientifico le associazioni serie finanziano solo i laboratori seri, quelli che producono scienza e non che campano facendo un cazzo. Tra questi ci sono anche laboratori universitari? Sì, quindi comunque si starà finanziando la ricerca universitaria, solo selezionando quella che funziona.
Il discorso è complesso, ovviamente non penso che l’università italiana non vada finanziata (o, peggio, che vada “privatizzata”) perchè parte del problema deriva anche dal fatto che ci sono pochi soldi, tuttavia credo che prima che finanziata vada riformata come si deve.
Sto divagando di nuovo.
Ad ogni modo il concetto è che io, da studente di dottorato laureato in biotecnologie farmaceutiche, il mio 5×1000 lo do a Telethon.
Chiudo (era ora cazzo, post interminabile) sottolineando come questa infinita sfilza di schifezze sia roba squisitamente Italiana. In Germania se vuoi finanziare la chiesa ti dichiari credente e gli giri cinquanta eurozzi al mese. Se non lo fai però te li tieni in tasca.
Anche la ricerca qui è finanziata dallo Stato senza bisogno di campagne di sensibilizzazione al cittadino.
Questo non per dire che qui sia il paradiso, ma per sottolineare ancora una volta che pur essendo il posto dove vorrei essere adesso, l’Italia è una merda.

La classe politica italiana non è acqua. Purtroppo.

Dopo giorni di astinenza dalla scrittura del blog riprendo trattando ancora una volta di politica.
Non me ne si voglia, mi piacerebbe parlare anche d’altro, ma non ho molti argomenti in faretra ultimamente. Il risultato di questa sera a S. Siro oltretutto mi impone di glissare in toto sull’argomento calcio nonostante io mi sia imposto nell’annuale sfida del Fantacalcio.
Ad ogni modo vorrei parlare di Marcello Dell’Utri.
E’ un argomento che fa schifo, lo so, ma stando in Germania non so quale rilevanza possa aver avuto questa notizia nel mio paese e quindi ne parlo anche io, sicuro di ripetere cose che i TG nazionali hanno già mostrato fino alla nausea.
La procura di Palermo ha chiesto un inasprimento della pena per il sopracitato senatore del Popolo delle Libertà rispetto alla condanna infera in primo grado. Fino a qui nulla di interessante. Ad avermi lasciato un po’ così sono state le dichiarazioni dell’imputato che ai microfoni afferma in merito al processo: “Io sono… ho detto che faccio il deputato… faccio l’imputato, non il deputato. No? Per cui sono diciamo così vestito della carica di deputato per difendermi dai processi. L’ho detto e lo confermo. Che cosa farò dopo non lo so. Se non ci fossero per me questi problemi di carattere giudiziario io sicuramente non farei il deputato. Questo lo posso assicurare. Nel momento in cui mi chiuderanno tutto, basta…”.
Sembra assurdo, lo so, ma ha detto proprio così e al minuto 3.00 di questo video è possibile sentire la dichiarazione per bocca proprio del senatore.
Ormai non solo è possibile utilizzare la politica per scampare ai processi, ma è diventato addirittura lecito vantarsene.
Peggio, si fa passare la cosa come fosse una seccatura. Del tipo: “Che due coglioni dover prendere uno stipendio stratosferico come senatore senza dover realmente svolgerne le mansioni, ma solo per poter scansare le condanne…”.
Nel vasto bestiario dell’italica classe dirigente però non c’è solo questo. Ha recentemente fatto il suo ingresso anche il famigerato Bossi jr. Sì, quello che nonostante il padre ed i mille ricorsi è riuscito a farsi stampare tre volte alla maturità. Ora per carità di Dio, non ho nulla contro chi non è un fenomeno a scuola, anzi, alcuni dei miei più cari amici hanno avuto lo stesso problema. Uno di questi gli somiglia anche un po’, sicuramente come fisionomia, ma potrei scommettere anche da un punto di vista gergale. Il punto quindi non è che critico a priori chi non ha un buon rapporto con l’istruzione, ma cazzo, la classe politica che tira le redini di un paese non può essere formata dalla “gente comune”, sennò che cazzo li strapaghiamo a fare? Ad ogni modo anche a voler sorvolare sulla non brillantezza culturale del soggetto, come si può decidere di intraprendere una carriera politica per un paese di cui non ci si senta parte?Ora mi rivolgo a te, caro il mio Renzo. A sto punto il dubbio che in realtà non te ne freghi un cazzo, che tu non sappia fare un cazzo e che tu voglia fare politica perchè col padre che ti ritrovi puoi permetterti questa scappatoia invece di lavorare come tutti i comuni mortali, beh, mi viene. Ed allora mi sento di dovermi scusare verso i miei amici che, resisi conto che la scuola non faceva per loro, hanno deciso di andare a fare un lavoro onesto per portare a casa la pagnotta. Mi devo scusare per averli paragonati a te che sei solo un cazzone ignorante che ha la fortuna di avere un padre ormai impossibilitato a rifilarti i calci in culo che meriteresti (e che conoscendo il soggetto ti darebbe pure volentieri). Sei il manifesto del peggio della generazione nata nella bambagia e te lo dice uno che non è che ha fatto la guerra, ma che ancora ancora il concetto di “guadagnarsi da vivere” ce l’ha presente.
Vorrei conoscerli, i tredicimila fenomeni che ti hanno votato.
Ha ragione Gigi Riva: “Se non sta bene può anche andarsene dall’Italia, nessuno ne farà una malattia…”.
Grande, Rombo di Tuono.
Vabbè, è giunta l’ora di andare a letto.
Il prossimo post, salvo imprevedibili avvenimenti impossibili da non commentare, non parlerà di politica.
Cazzo, ci sono anche cose belle nella vita.
Tipo che questo week-end me ne vado a Bruges con la Polly e degli amici che ci faranno visita dall’Italia.
Oppure tipo “Amen”, il primo disco dei My Own Private Alaska che secondo me è stratosferico.
O anche il fatto che probabilmente riuscirò ad andare a Bochum a vedermi la sfida salvezza dell’ultima giornata contro l’Hannover.
Ah già, di calcio però ho detto che non parlo.

Ho scelto di non scegliere (cit.)

Prima che parta il classico e ormai decisamente stucchevole carrozzone televisivo in cui tutti i vari candidati di tutte le varie coalizioni si impegneranno a dire che hanno vinto loro, a questo giro voglio pensare che probabilmente ho vinto io.
Io che, per la prima volta da quando ne ho il diritto, ho scelto di non recarmi alle urne.
Potrei facilmente motivare con il fatto che sto all’estero e che rientrare solo per votare il week end prima di Pasqua mi sarebbe risultato non solo dispendioso, ma anche tremendamente seccante, tuttavia non è una precisazione che tiene.
Chi mi conosce sa benissimo che, se davvero mi fosse interessato farlo (come era qualche anno fa), un modo per rimpatriare ed esprimere la mia preferenza l’avrei trovato.
Se non ho votato quindi è perchè non ho voluto votare.
Oggi, tra un esperimento ed una delle tante proiezioni sui vari siti dei quotidiani italiani, mi sono preso qualche secondo per rileggere quanto scrissi in occasione delle ultime elezioni politiche. E’ evidente che sto peggiorando. Solo due anni dodici mesi fa ritenevo sbagliato l’astenersi dal voto ed oggi sono qui a manifestare approvazione verso il boom dei non votanti. Ok, è sicuramente vero che se già ha poco senso spendere soldi per rientrare in Italia ad esprimere una preferenza, non ne ha proprio rientrare per annullare la scheda. In condizioni normali con tutta probabilità avrei annullato, magari utilizzando qualche inutile, ma assai soddisfacente frase ad effetto incisa sulle schede con la matita copiativa. Nella situazione in cui mi trovo però la scelta più facile per esprimere dissenso e disinteresse nei confronti della classe politica italiana è l’astensione, quindi eccomi qui a scrivere l’apologia al non voto.
Stando ai dati, il 34,8% degli aventi diritto ha deciso di non recarsi alle urne. A questi dovranno aggiungersi coloro che hanno annullato la scheda o che l’hanno lasciata in bianco. Più di un Italiano su tre, in definitiva, ha scelto di non scegliere.
Sono numeri grossi.
Rispetto alle scorse Regionali l’incremento delle astensioni è del 7,5%, 8,5% se si restringe il cerchio alla mia cara ed amata Lombardia.
Questi sono dati che, in un paese civile in cui l’astensione non è consuetudine, dovrebbero far riflettere la classe dirigente in toto. Nella mia testa questa dovrebbe essere l’occasione per i nostri politicanti di dire: “Prendiamo questo segnale preoccupante come indice del non aver fatto il nostro dovere al meglio. E’ colpa nostra.”
E’ inutile girarci intorno, è veramente così che stanno le cose. Invece le mie proiezioni vedono il 97,5% dei politici in TV, questa sera e domani, a dire che per un motivo o per l’altro, il risultato è buono. Bersani dirà: “Questo deve portare Berlusconi a capire che deve iniziare a parlare dei problemi della gente.”. Cazzo, quante volte gli ho sentito dire questa frase? Quanto ci vorrà per fargli capire che lui è uno dei “problemi della gente”?
Ma Berlusconi non sarà da meno e dirà: “Tutto questo è frutto del clima d’odio generato dalla sinistra e dalla magistratura politicizzata”. Forse, se interrogato riguardo alle astensioni, millanterà anche di radicali sdraiati fuori dai seggi e gli elettori gli crederanno.
E questo è un altro dei “problemi della gente” di cui Bersani si riempie la bocca e per cui nè lui nè nessun’altro pare avere soluzione.
D’altra parte l’unico atto che ricordo del centro sinistra durante questa campagna elettorare è stato il tentativo, fortunatamente non andato a buon fine, di trombare Vendola in Puglia. Il buon Niki mi è simpatico. Con tutta probabilità, se è osteggiato anche dalla sua parte politica, è perchè forse qualcosa sta facendo.
L’italia ormai è un giocattolo lasciato dai suoi possessori in mano a bambini viziati che finiranno per romperlo.
Toglierglielo di mano ormai è impossibile, l’unica cosa che potremmo e dovremmo fare è dar loro una sonora sculacciata.

NdM: I dati citati sono tratti da Repubblica.it, ad eccezione delle mie personali previsioni.