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L’italia è una merda.

Manovre per rendere la televisione migliore.

Ci sarebbe molto di cui parlare a voler trattare dell’attualità italiana in questi giorni, ma ho deciso di focalizzarmi sull’aspetto televisivo della questione.
Sono altrettanto conscio del fatto che anche in quell’ambito ci sarebbe molto, troppo da dire, ma io voglio restringere ulteriormente il campo a coloro che vengono cacciati ed oscurati dalla TV italiana di Stato, ovvero mamma Rai, perchè si limitano ad esprimere il loro pensiero anche quando questo non è ossequioso nei confronti di chi comanda.
Voglio parlare di… Aldo Busi.
Leggo oggi sui giornali che il noto scrittore sarebbe stato esiliato con effetto immediato dalle televisioni di Stato a causa di una sua esternazione sul Papa in merito ad una riflessione sull’omofobia. Per chiarire meglio la questione non solo linko il video del passaggio incriminato, ma riporto anche testualmente. Sia mai che, un domani, il video sparisca dalla rete. Busi dice: “… però dico che se anche il Papa si scaglia contro gli omosessuali forse quello che… ormai è risaputo: l’omofobo è un omosessuale represso.”
Non mi interessa entrare nel merito della veridicità o meno della tesi, quel che mi interessa è analizzarne il contenuto ed i provvedimenti che ha scatenato, con le adeguate premesse.
Io comprendo, pur non condividendo, l’allontanamento dai programmi televisivi in caso di bestemmia come accadde al buon Roberto “Parola di Baffo” da Crema, per intenderci. Non condivido non perchè sia favorevole a certe esternazioni sullo schermo televisivo, intendiamoci. Sono il primo a ritenere doveroso un processo che porti alla diffusione, da parte dei mezzi di comunicazione di massa, di un certo tipo di educazione. Secondo me tutto il linguaggio scurrile, di ogni genere e tipo, andrebbe rimosso dalle televisioni. Tuttavia fatico a credere che la motivazione di Rai o Mediaset sia l’evitare di diffondere la maleducazione, visto e considerato che entrambe le reti passano reality in cui il linguaggio è colorito a dir poco. E non mi pare neppure che nessuno venga espulso da un programma televisivo perchè utilizza parolacce o linguaggio inappropriato di tipo “laico”.
Ad ogni modo Aldo Busi non ha bestemmiato, ma semplicemente accostato al Santo Padre la definizione di omosessuale represso. Ritenere questa un’offesa è implicitamente accostare alla parola omosessuale un significato offensivo e dileggiatorio che, se non erro, non ha. Avesse detto: “il Papa è un frocio” sarebbe stato diverso. Ritenere quindi la parola “omosessuale” un’offesa è implicitamente fare ammissione di omofobia, indi per cui anche definire il Papa come omofobo non risulterebbe poi così sacrilego. Quindi, stando all’analisi di ciò che Busi ha detto, si può pensare che sia condivisibile o meno, ma tutto pare fuorchè abbia rivolto al Santo Padre parole di insulto.
Poniamo però il caso sopra citato, ovvero che il cattolico medio ritenga quella di Busi un’offesa imperdonabile, perchè è necessario prendere provvedimenti così seri nei suoi confronti?
Una risposta potrebbe essere che nelle TV del nostro paese non è concesso parlare del credo religioso altrui in toni che potrebbero offendere la sensibilità dei credenti. Così fosse non avrei nulla da obbiettare.
Tuttavia a questo punto riterrei opportuno bandire dalle televisioni anche la signora Santanchè che, in questo video, così si esprime nei confronti del massimo profeta dell’Islam: “Maometto era un pervertito pedofilo in quanto aveva diverse mogli tra cui l’ultima di soli nove anni di età“. Tralasciando l’assurdità della frase, talmente decontestualizzata rispetto ad un momento storico e culturale che non è certo il presente da risultare di per sè risibile, ritengo di non sbagliarmi nel ritenere la definizione di “pervertito e pedofilo” ben peggiore di “omosessuale represso”.
Non mi risulta, tuttavia, che la signora Santanchè abbia dovuto subire alcun tipo di conseguenza dopo questa esternazione, quindi forse il motivo per cui l’uscita di Busi è intollerabile e quella dell’esponente del Movimento per l’Italia no è che la prima offende un largo numero di persone mentre la seconda solo una monoranza. Nel nostro paese, intendo.
Così fosse non credo sia tollerabile, per un paese civile, che vengano fatte certe differenze.
Meno male che così non è. Perchè insultare una vastissima parte del popolo italiano, usando un termine indiscutibilmente offensivo e volgare, è ritenuto tollerabilissimo dalla nostra televisione. Anzi. Proprio il nostro premier, che di TV ne ha tre e si batte quotidianamente per gestire anche le tre non di sua stretta proprietà, in questo video si permette di apostrofare diciamo il 35% degli Italiani come “coglioni che fanno il proprio disinteresse”.
Allora perchè tutta questa avversione per il povero Busi?
Io proprio non riesco a spiegarmelo. Tuttavia credo che nemmeno chi ha deciso per questo linciaggio mediatico possa spiegarne le motivazioni senza entrare in contraddizione o risultare ipocrita.
Meno male che a queste persone nessuno chiede spiegazioni.

Chi ha orecchie per intendere…

Quello riportato qui a fianco è uno dei tre spot d’autore che Intesa San Paolo ha deciso di far circolare sulle reti televisive del nostro bel paese. Non so se stia girando per davvero o no, purtoppo non posso più seguire la TV italiana, però in rete c’è arrivato, la gente ha iniziato a parlarne ed io, di conseguenza, voglio spender due parole in merito.
Per prima cosa mi permetterei di fare due pulci alla storia narrata nel promo. Claudio “33 anni, laurea con lode e dottorato (o PhD come dicono in America)” è il protagonista della favola. Facendo due conti a quell’età, se è bravo come si lascia intendere, a Los Angeles deve aver fatto il PhD e almeno un post-doc, se non due. Verrebbe da dire che uno non fa dottorato e due post-doc nello stesso laboratorio, se vuol davvero fare questo lavoro, ma qui andrei sulla pignoleria e non è questo quel che mi preme adesso, quindi passo oltre. Sta di fatto che a questo punto decide di ritornare in Italia a fare il PI, ovvero il capo laboratorio. Il professore americano gli fa il suo in bocca al lupo, la morosa americana sclera un po’, ma lui è deciso e parte. Domanda: dove cazzo va? Qualcuno gli ha spiegato che per tornare a fare il PI in Italia, in Università, deve fare milioni di concorsi che non vincerà mai perchè il suo posto è già assegnato ad almeno tre diversi sgherri che hanno sacrificato la scienza per restare a far da schiavi a qualche cattedrato? Forse no. Però, grazie al cielo, in Italia non c’è solo l’università e questo Claudio lo sa. Lui a Los Angeles ha pubblicato bene, diciamo un paio di primo nome su Nature/Science/Cell, ha un buon curriculum e quindi applica a Telethon e vince un posto da PI al Tigem di Napoli. Bravo. Come lui ce ne saranno 1 su un milione, anche e soprattutto considerata l’età, ma ci sono e quindi bravo. Adesso qualcuno mi spiega in tutto questo che ruolo può mai ricoprire Intesa San Paolo?
Sul serio, qualcuno me lo spieghi perchè io non lo capisco. Mi pare ovvio che non abbia la minima intenzione di finanziare la ricerca, visto che in gergo scientifico “finanziare” non vuol dire prestare dei soldi, ma regalarli. Potrei non prendere bene il fatto di essere emigrato proprio quando le banche iniziano a regalare denaro invece che succhiarlo come sanguisughe.
Forse però ho capito male. Forse quello che Intesa fa per Claudio, il ragazzo dello spot, esula dalla ricerca e si riferisce alla sua vita privata. A quel punto non capisco perchè scegliere il ricercatore come figura e non un qualunque ragazzo che decide di rientrare a lavorare nel suo paese, forse perchè la figura del ricercatore fa sempre un po’ più pena delle altre, ma ad ogni modo ok. Diciamo che Claudio ha bisogno di una mano per rifarsi una vita a Napoli, insieme a Kate, e quindi si rivolge alla banca amica dei ricercatori.
Sono così andato, per curiosità, a vedere sul sito di Intesa San Paolo i servizi che offrono ai giovani, ricercatori e non. Alla fine Claudio ha 33 anni e Kate forse pure qualcuno meno, quindi rientrano ampiamente nella finestra d’età necessaria per poter accedere a questi privilegi.
I due possono ad esempio aprire un conto a zero spese con operazioni on-line (ZEROTONDO). Wow. Non so quante banche non abbiano ormai conti di questo tipo, ma anche fosse l’unica mi chiedo in ogni caso cosa ci sarebbe di così straordinario in un ente che ti chiede di prestargli i tuoi soldi e non ti paga nemmeno. A sto punto te li tieni nel materasso, no? Vabbè, Claudio sta a Napoli e non vuole rischiare, quindi ok fa bene ad aprire il conto.
Costantemente in due su uno scooter però non possono andare avanti, ‘sti poveri figli (oltretutto, non per apparire razzista, ma è assodato che glielo fottano la prima settimana e non potendo nemmeno assicurarlo credo che presto o tardi avrà bisogno di una macchina. Se compra un altro scooter c’è da farsi due domande su come abbia avuto quei risultati nella ricerca.). Avranno bisogno di un’auto ed essendo ricercatori, indi privi di risparmi di sorta, potranno chiedere ad Intesa di far loro un prestito (PRESTITO GIOVANI). Purtroppo però Intesa chiuderà loro la porta in faccia perchè nessuno dei due ha risieduto in Italia gli ultimi due anni e quando avranno due anni di residenza, finalmente, saranno fuori dalla finestra temporale che consente di richiedere il prestito. Una sfiga, perchè avrebbero potuto farsi prestare 30.000 euro per renderne 35.000 dopo ventiquattro mesi (spannometricamente).
Servirà loro pure una casa, direi. Possono provare per un mutuo (DOMUS GIOVANI), ma come sopra Kate non ha i requisiti di italianità necessari per avere il prestito. Claudio invece dovrebbe poterlo ottenere anche senza un lavoro fisso e quindi siamo a posto. Ora, sul sito non se ne parla, ma credo che al buo Claudio qualche garanzia la chiedano comunque (l’ipoteca sull’immobile acquistato con i soldi della banca pare non bastare più).
Per finire, la coppia coraggiosa dello spot può anche scegliere di far partire un maxi investimento (EURIZON META GIOVANI) in cui affida un tot dei suoi risparmi nelle mani della Banca per almeno 5 anni per riuscire finalmente ad avere qualche spicciolo di interesse. Anche fosse vantaggioso (non ho tempo nè voglia di fare una simulazione on-line per capire quanto realmente frutti la cosa) non so quante coppie che devono costruirsi una vita in un nuovo paese, con un affitto da pagare (perchè di comprar casa, come detto, temo non se ne parli) e tutte le spese del caso, abbiano anche del valore aggiunto da investire. Che lavoro abbiamo detto che facevano Claudio e Kate? Ricercatori? Ah, ecco.

Der Anfang – l’inizio

Il primo approccio con la vita da emigrante non è stato più di tanto traumatico. Inutile nascondersi dietro ad un dito, l’essere in due ha sicuramente aiutato moltissimo il primo processo di adattamento e non è certo mia intenzione negarlo. La cosa che però vorrei sottolineare è che ormai il mondo sia veramente piccolissimo. A meno di quarantotto ore dal mio arrivo qui a Colonia gran parte delle mie abitudini è già ripresa, non solo grazie al lavoro, ma anche grazie al fatto che ho già la possibilità di connettermi ad internet nella mia piccola, ma funzionale casina*. Questo mi ha permesso non solo di contattare più o meno tutti coloro che ho lasciato in Italia, ma anche di dedicarmi ai miei interessi esattamente come non mi fossi mai spostato di 900 km verso nord.
In questo clima di “quotidianità illesa” mi sono quindi semplicemente dovuto inoltrare nei meandri della burocrazia locale, scoprendo che in realtà “tutto il mondo è paese”. Oggi infatti mi sono recato all’ufficio immigrazione per richiedere il famigerato Anmeldung, ovvero l’iscrizione ai registri di Colonia come domiciliato in loco. Inutile dire che all’ufficio immigrazione parlassero tutti solo ed esclusivamente tedesco. E’ stato divertente. Uscito di lì vittorioso ho deciso di provare a sfidare anche l’ufficio trasporti, dove ho comprato un abbonamento mensile alla modica cifra di 72 euri. In questo ha giocato un ruolo determinante la presenza della Polly, visto che qui in Germania i controllori non esistono e che l’Italiano, si sa, tende a non pagare. Anche ai trasporti trovare uno sportellista che parlasse inglese non è stata roba da poco, ma alla fine lì una signora che almeno lo capiva e lo parlucchiava c’era e quindi tutto si è risolto con estrema facilità. Ora resta da aprire un conto in banca, cosa per cui ho preso appuntamento Venerdì mattina. Anche in banca però nessuno (!) parla inglese e ci dovrò andare con Casi, uno dei ragazzi tedeschi che conosco, da usare come traduttore. Non so come la prenderà il garante della privacy tedesco, se ne hanno uno. A questo punto mi chiedo perchè quando mi è capitato di chiedere informazioni in giro da queste parti tutti sapessero sempre almeno capire l’inglese, mentre dietro ad uno sportello non ci sia mai nessuno in grado di fare altrettanto. Forse non sapere l’inglese da punti in più per l’assunzione in posti a contatto con il prossimo. Mi documenterò.
Forte di questa mia prima esperienza e dei miei innumerevoli e, credo, inevitabili parallelismi “Italia-Germania” ho deciso di creare due nuove categorie per questo Blog. Trattasi de “L’Italia è una merda.”, che si spiega da sola, e de “L’Italia è una merda, ma…” che in fin dei conti fa altrettanto.
In questi due giorni ho già fatto alcune scoperte sugli usi e costumi locali. So, ad esempio, che in qualunque panino imbottito i tedeschi mettono burro spalmato e maionese a meno che tu li convinca che le tue coronarie ne farebbero volentieri a meno, operazione per altro non facile. Ho scoperto che lo stipendio viene pagato in anticipo ad inizio mese e non alla fine, come logico se si pensa che il lavoratore l’affitto, il mutuo o anche semplicemente il pranzo non se lo può pagare il 27. Ho imparato che anche in Germania l’ufficio tecnico di un istituto di ricerca pubblico tende, se lasciato agire indisturbato, a fare le cose un po’ a cazzo di cane, ma va riconosciuto che qui almeno c’è chi prova a non lasciarlo agire indisturbato. Insomma, in soli due giorni ho già colto diversi aspetti di quella che sarà la mia vita futura e questo è un bene visto che, fino a prova contraria, mi toccherà integrarmi.
L’ultima cosa di cui voglio scrivere è la mia prontissima capacità di costruire progetti e situazioni anche disinserito dal mio abituale territorio d’azione.
Essere a Köln potrebbe risultare ottimo alla luce di quanto segue:

– In poco più di tre ore e con circa 29 euro posso recarmi a Parigi in treno. Con 19 euro e meno di 2 ore a Bruxelles. In un’ora soltanto a Bruges. Opportunità queste, che intendo sfruttare al 100% fin da Marzo quando credo/spero farò un paio di giorni nella capitale francese.
– Da Giovedì prossimo per 6 giorni interi tutta la città sarà in preda al carnevale più chiassoso, etilico e promisquo della terra. Sì, della terra, che se ne facciano una ragione i brasiliani.
– Il 18 Febbraio, appena finito il carnevale, potrò avere il mio primo contatto con la musica live locale andando a sentire il set acustico di Joey Cape e Tony Sly.
– L’11 Marzo potrei coronare il sogno di una vita andando a sentire Scooter. Harder, Faster, Scooter. Delirio.
Il 17 Aprile, se troverò i biglietti (cosa che mi dicono non facile), alle 15.30 potrò assistere alla sfida tra F.C. Köln e la mia squadra del cuore tedesca, ovvero il VFL Bochum. Ideale sarebbe farlo nel settore ospiti, tra i ragazzi, ma sarà dura.

A conti fatti ce la sto mettendo tutta per trarre il meglio da questa esperienza.
Certo i momenti duri devono ancora venire.
Venerdì ad esempio non sarà facile accettare di non poter sorseggiare un’ottima Bulldog al Tirna.

*Si prega di non tenere ricevimenti o feste da ballo.