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And there is joy

Nell’essere in macchina alle tre del mattino davanti a casa, da solo.
Nell’arroganza con cui mi pongo.
Nell’ennesima inutile riprova del fatto che con Aui vale la pena parlare.
Nelle due medie di Bulldog bevute.
Nel profondo disprezzo che mi capita di provare per gli altri.
Nel profumo di primavera che di notte è inconfondibile persino alle mie narici.
Nel calore che l’essere innamorato mi getta nel cuore ogni volta che penso a lei.
Nel week-end che alleggerisce il carico dei pensieri.
Nella bellezza della notte.
Nello scrivere un post volutamente pretenzioso.
Nei miei sogni.
Nei miei dubbi.
Nelle radici di ciò in cui credo.
Nella canzone dei Mineral da cui mi sto lasciando trasportare.
Nella pelle d’oca che ricopre il mio corpo al pensiero di tutto questo.
C’è la gioia.

Fotografia soprattutto, ma anche altro

Ieri sono andato a fare una gita fotografica insieme a Bazzu e Max. La scusa per la scampagnata l’ha data proprio il primo dei miei due soci, che ha deciso di acquistare una Canon 350D per provare a coltivare questa sua passione. Max è già da un po’ invece che possiede lo stesso strumento, tanto da avere addirittura due ottiche diverse. La pecora nera del gruppo in sostanza ero io, l’unico dotato di compatta.
Esticazzi.
La mia macchina infatti ha dato prova di se già in diverse occasioni e quindi ho pensato bene di poter aderire all’iniziativa senza alcun timore reverenziale. Il pomeriggio è stato molto divertente e, grazie a mio cugino Valerio, anche abbastanza profiquo. Fosse stato per noi infatti, il soggetto più interessante emerso sarebbe risultato essere una centrale dell’AEM che, con tutto il rispetto, non era certo bellissima. Valerio invece ci ha consigliato qualche meta più interessante, tra cui abbiamo scelto Trezzo e Crespi d’Adda. Approfitto anche per ringraziare i miei zii che ci hanno ospitati in casa nonostante l’improvvisata, offrendoci deliziosi stuzzichini e ottimo vino friulano.
Le foto che ho realizzato ieri le ho aggiunte all’album on-line di questo sito, qui.
A me piacciono.
Anche ai miei colleghi piacciono e siccome anche loro si dilettano in maniera del tutto amatoriale con la macchina fotografica, stiamo meditando di presentare qualche scatto ad un concorso indetto dalla Fnac. La voglia di competizione è grande in me un po’ in tutto quello che faccio, ma soprattutto non facendo il fotografo per vivere posso permettermi di sentirmi dire: “Lei è un incapace.” senza sentirmi un fallito.
Parlando della pagina dedicata alla fotografia di manq.it ho deciso di spostare il link alla suddetta più in alto nella sidebar, in attesa di trovare una sistemazione ancora migliore. così comunque dovrebbe risultare un po’ più visibile.
Aggiornare il template di questo sito è ormai impresa titanica. L’operazione richiede diversi minuti e spesso si conclude con un lavoro approssimativo e contenente diversi errori. Per questo ho deciso che il “disco del momento” diverrà “disco del mese”, così da permettermi di rinnovare l’ambiente ogni trenta giorni senza che la cosa disturbi il mio senso di coerenza.
Direi che è tutto.
No, non lo è.
Ho finalmente realizzato il test che misura quanto la gente mi conosce.
Dieci domande sono effettivamente troppo poche per valutare in maniera corretta, ma almeno il tutto risulta veloce e divertente.
Forse l’ho fatto un po’ troppo difficile.
Io, rifacendolo, ho ottenuto un punteggio di 98 su 100.
Enjoy!

Occhi aperti

E’ Venerdì, sono le 18.30 e sta piovendo. Non è un diluvio, è quella tipica pioggia primaverile che inserita nel contesto di Milano in un giorno di sciopero dei mezzi pubblici riesce a cristallizzare le strade e le vetture che loro malgrado le stanno percorrendo.
Sono abbastanza stanco.
Me ne accorgo perchè guido senza pensare a ciò che sto facendo, con le palpebre pesanti e la testa leggera, assente. Nello stereo gira un best autoprodotto dei Lagwagon. La scelta del CD è probabilmente dovuta al rammarico ancora vivo per averli persi live, o magari al fatto che nel traffico, sotto la pioggia e con la stanchezza fisica e mentale che ho in corpo oggi, l’unica cosa che chiedo alle casse è di sputare un po’ di sane e canterecce melodie che allontanino il nervoso e tengano gli occhi aperti.
I dieci chilometri circa che mi separano da casa stanno via via consumandosi ed in men che non si dica mi ritrovo a Cologno sud. Fermo allo stop, mi appresto a fare la rotonda che conduce all’ingresso della Tangenziale Est.
Non arriva nessuno.
Parto.
Mi tengo sulla destra per non dover tagliare la strada a nessuno al momento della deviazione a destra, metto la freccia e mi incolonno dietro un BMW. C’è un gran traffico, la coda per la tangenziale parte già dalla rotatoria e così la mia Yaris è costretta a stazionare in mezzo alla carreggiata, lasciando uno spiraglio sulla sinistra per chi, non dovendo uscire, è intenzionato a percorrere il resto della rotonda.
Alle mie spalle arriva una Civic grigia.
Me ne accorgo non so bene perchè, vista la mia scarsa presenza mentale in quel momento, tuttavia focalizzo con una lucidità insospettabile il tipo di macchina e la faccia del ragazzo che la guida, osservandoli dallo specchietto retrovisore.
Sono in tre a bordo e l’auto arriva ad una velocità piuttosto elevata, agevolata dal percorrere la direzione meno trafficata dello svincolo. Punta la mia sinistra, intenzionata a superarmi e continuare lungo la rotonda.
Penso: “Ci passa appena, perchè cazzo non rallenta?”.
Un flash.
La Civic colpisce in pieno la mia macchina.
La botta è forte, tuttavia il contraccolpo che subisco io all’interno dell”abitacolo è minimo.
Decido di scendere. Non sono una persona particolarmente irascibile, non sono nemmeno troppo alterato per quello che hanno appena fatto alla mia piccina. Dispiaciuto forse, ma calmo. La cosa mi sembra persino strana, in fin dei conti il danno è decisamente consistente, ciò nonostante la mia attenzione è al tipo del Civic. Voglio parlargli. Anche lui dev’essere mosso dallo stesso desiderio, perchè apre la portiera. Mentre scende inizio a parlare: “Cazzo, ma come pensavi di passarci?”.
Lo guardo.
Sorride.
Ha una pistola.
Non dice nemmeno una parola prima di sparare.
Nessun avvertimento, nessuna richiesta, nessuna minaccia.
Solo tre colpi.
So che sono tre perchè sento il rimbombo degli spari, in rapida successione, ma non capisco bene quanti di questi mi abbiano colpito perchè non sento dolore. L’istinto mi porta a guardare a terra, la vista mi si annebbia, ma la mente è lucidissima. Senza accorgermi ho portato la mano sinistra sulla pancia e vedo il sangue colare tra le dita. Ancora niente dolore, ma la paura che inizia a salire è straziante. D’istinto, senza realmente capire cosa volessi fare, cerco di muovere il braccio destro. Solo in questo momento avverto la prima lancinante fitta di dolore. Uno dei proiettili deve avermi colpito alla spalla. Non ne sono sicuro e credo non importi nemmeno molto, visto che le ginocchia cedono e mi ritrovo accasciato al suolo.
Nonostante un dolore mai provato prima d’ora, riesco a sentire le gocce della pioggia sul viso.
Chiudo gli occhi.
Sento la paura lasciare la mia mente, esattamente come il sangue sta lasciando il mio corpo.
Sono calmo.
Sto morendo.
Non so bene fino a che punto riesco ad essere cosciente della cosa, mi sembra tutto così strano. La prima cosa che penso è che il destino è bizzarro. “Perchè una persona dovrebbe nascere con un disturbo cardiaco, essere salvata dai medici a sette anni e morire a ventisei ucciso da un perfetto sconosciuto?”. Per un secondo penso addirittura che forse sarebbe stata la stessa cosa morire direttamente a sette anni, ma è solo un attimo. Tirando due rapide somme infatti ogni minuto vissuto da allora è valso la pena di viverlo, quindi fanculo al destino, fanculo al tipo del Civic e fanculo ai ragionamenti del cazzo che si fanno in punto di morte. Avrei volentieri continuato a stare al mondo, altro che palle.
Buffo, perchè questa è esattamente l’ultima cosa che penso prima di morire.
Un’altro flash.
Sono sul passo carrabile di fronte al cancello che porta al mio box, seduto in macchina.
I Lagwagon non hanno mai smesso di suonare, ma io non me ne sono accorto, esattamente come non mi sono accorto di aver guidato fino a casa.
Quella appena descritta è una delle tante astrazioni che la mia mente crea, giorno dopo giorno.
Di continuo.
Forse è per questo che difficilmente sogno durante la notte, perchè lo faccio incessantemente durante la giornata.
Ad occhi aperti.

Io c’ero. Cazzo.

E’ difficile commentare una serata come quella di ieri sera.
Per tanti motivi, non tutti necessariamente belli.
Certo è che mancare sarebbe stato imperdonabile.
Ieri sera dentro al Bloom di Mezzago tutto era come sarebbe dovuto essere.
Tutto.
Tanta commozione, tanti bei ricordi, tanta emozione al cospetto di un mare di istantanee di anni che ho amato.
E allora dito alzato e fuori la voce, per cantare ogni pezzo come fossi ripiombato nel 1997. E sicome nel 1997 ero giovane, via libera anche a qualche salto nel “pogo” trascinato da “Astronave” e “La ragazza che io amo”.
Il miglior concerto a cui ho assistito negli ultimi anni. Per molti versi il più bello di sempre.
Una festa.
Non credo solo per le Gambe, ma per tutti coloro che vedendole suonare hanno riportato alla mente una realtà che ha caratterizzato la seconda metà degli anni novanta.
A questo punto non mi resta che ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa serata.
E’ stata magica.
Non so se ci sarà mai più occasione di assistere ad una cosa del genere.
E’ bello pensare di sì.
E se sarà nel 2017, come simpaticamente preannunciato ieri sera, io ci sarò.
Indipendentemente da dove sarò o come sarò, perchè avrò sempre caro nel cuore ciò che sono stato.
Con orgoglio.

GAMBEdiBURRO@BLOOM – Senza via di scampo

Google Hit List [Aprile 2007]

Ultimamente la classifica delle googolate mi delude un po’.
Ha perso un po’ di smalto.

1 – foto negri spacca culo
2 – lepecoso
3 – vivere bene l omossessualita
4 – popoli che vivono allo stato primitivo
5 – cinghiale in salmì in barattolo
6 – cassano d’adda gay
7 – corso fidanzati a brugherio
8 – scuola per ricostruzione unghie monza
9 – brugherio
10 – canzone più bella di di scrubs

Last man standing

Ieri sera un piccolo gruppo di temerari composto da me, la Bri, Aui e Zetter ha deciso di approcciare la sfida alla trilogia del Signore degli Anelli.
Tre film, purtroppo solo il primo ed il terzo in versione extended, visti in rapida successione per avere un quadro completo e definitivo sull’opera cinematografica intenta a riproporre a suo modo l’opera di Tolkien.
La proiezione ha avuto inizio alle 19.00 di Sabato sera e si è conclusa poco dopo le 6.00 di questa mattina, interrotta solo dal cambio dei DVD, momenti in cui ci sì è concessa la possibilità di andare in bagno e di bere qualcosa.
Per reggere fino alla fine mi sono servite tre Redbull ed un caffè, ma in questo modo a tenermi sveglio per la parte finale de “Il Ritorno del Re” è stato il mal di pancia. La vittoria della competizione interna è andata alla Bri, che ha superato l’intero ostacolo somministrandosi unicamente due tazze di te. L’unico ad essersi concesso qualche pisolino è stato Aui, dormiente per la prima metà del secondo e del terzo capitolo della saga.
Devo ammettere che l’opera vista tutta di un fiato acquista un senso che nella visione a puntate non ero riuscito a darle. Prima di ieri infatti, avevo visto i tre episodi singolarmente al cinema, ognuno ad un anno dal precedente. In quella modalità non odiare il film è decisamente impossibile. Stare 3 ore in una sala per vedere “Le Due Torri” non è facile, visto che non succede nulla, il ritmo è lentissimo ed il tutto non ha ne capo ne coda. La visione complessiva invece riesce a coinvolgere abbastanza, anche nei momenti più lenti ed irritanti dei tre episodi. Tutto infatti risulta ben proporzionato all’insieme, cosa che nelle visioni singole non trapela. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio. La scalata di Frodo al monte Fato, il calvario su cui è incentrato il terzo episodio, vista al cinema esule dall’intero contesto sembra esasperata nei tempi e nella lentezza, come “tirata per le lunghe”. Ieri invece questa impressione non c’è stata poichè tutto nel film è ben proporzionato. Per concludere quindi devo ammettere di aver rivalutato non poco il Signore degli Anelli, da me sempre considerato un filmaccio. Certamente è assurdo dover utilizzare 11 ore per vedere un film, ma è un’esperienza che vorrei rifare, magari tra un annetto. Per questo motivo credo mi procurerò il maxi cofanetto finale con le tre versioni extended.
Chiudo dicendo che il personaggio migliore della saga è senza dubbio Boromir, l’unico non eccessivamente stereotipato. Il peggiore è senza dubbio Frodo Baggins (aka Frocio Bei Jeans) sempre pronto ad innervosire lo spettatore.
Non posso valutare gli elfi per l’odio raziale che provo nei loro confronti.
Resta l’idea che se l’avessi girato io, in tre ore massimo avrei fatto stare tutto il romanzo.
E frodo sarebbe stato Bruce Willis.

Non sono morto

Non ancora, perlomeno.
Sono tuttavia stato malaticcio, ovviamente proprio a cavallo del dì di festa, per dirla alla Leopardi.
Temperatura corporea di Manq il 24 Aprile alle 22.30: 39° C.
Ecco, forse senza l’aiuto di Rooney sarebbe stata 38 ° C, ma tant’è.
Di passare a casa la festa della liberazione proprio non avevo voglia e così ho comunque deciso di prendere parte alla grigliata organizzata (egregiamente, per altro) da Bazzu in quel di Vimercate. Nella mia testa due tachipirine, quattro o cinque morettoni ghiacciati, un paio di hamburger ben grigliati, qualche lancio di freesbee ed un po’ di vita all’aria aperta avrebbero dovuto costituire un sano e vigoroso rimedio al malanno.
Temperatura corporea di Manq il 25 Aprile alle 16.00 (dopo la grigliata, insomma): 38.5° C.
Come brillantemente previsto, la cura ha dato i suoi frutti. Il problema di questo rimedio sta prettamente nell’impossibilità di perpetrare il trattamento oltre la singola giornata, ovvero nel non poter prendere parte alle 4 grigliate necessarie a riportare la mia temperatura sui 36,5° C. Oggi ho provato con un rimedio sostitutivo, somministrandomi 8 comode ore di lavoro, ma questa volta la situazione non ha subito miglioramenti.
Così, a causa febbre, ho dovuto perdermi il live dei Lagwagon. Nulla di mai visto, per carità, ma pur sempre qualcosa che fa bene agli occhi, alle orecchie e al cuore. Sicuramente dopo la scandalosa prova di Sabato al Rainbow dei Rise Against avrei apprezzato molto. I Rise Against mi hanno rubato 15 euro. Concerto molle, sciapo, suonato male e cantato peggio, incapace di coinvolgere chiunque badi alla musica oltre che ad alzare il pugnetto. Per chi come me ha avuto i Good Riddance, i Rise Against sono decisamente superflui. In versione live, quantomeno, perchè su disco qualcosa la sanno regalare e questo va loro riconosciuto.
Ora però è bene che me ne torni sotto la copertina, perchè stare qui a scrivere mi ha messo freddo.
Il fatto che chiunque intorno a me sia mezzo nudo e imprecante per il caldo da una chiara immagine del mio stato di salute.
Appena starò meglio voglio andare in giro per Brugherio di notte e scattare delle fotografie.

I wanna pull and shoot the N.R.A.

Diventa difficile lasciar passare inosservato, o meglio incommentato, il tragico evento accaduto negli Stati Uniti d’America. Mi riferisco all’ennesima strage avvenuta all’interno di un college per mano di uno studente armato fino ai denti ed intenzionato a farsi finalmente notare dagli altri.
Risulta tuttavia parimenti complicato commentare la dichiarazione dell’NRA (National Rifle Association) secondo cui la tragedia poteva essere evitata se il campus non fosse stato “gun-free”, perchè gli studenti sarebbero potuti essere sufficientemente armati da fermare il loro collega prima che questi uccidesse 33 di loro.
Un quadretto da puro far west, come sottolineava la mia collega Paola oggi.
Non c’è molto da stupirsi, visto che l’associazione di cui sopra è stata presieduta per anni da Charlton Heston.
Certo che sentire in televisione Ferrara appoggiare la tesi dei pistoleri fa riflettere non poco sulla televisione italiana, sul giornalismo italiano, su Ferrara e su tante cose riguardo alle quali riflettevo già a sufficienza senza che mi venisse dato questo ulteriore motivo per farlo.
Probabilmente cercare di limitare l’accesso alle armi da fuoco non è una strategia sufficientemente intelligente per essere presa in considerazione.
Molto più furbo aumentarne la distribuzione in modo da arrivare ad armare ogni singolo cittadino ed autorizzarlo a freddare chiunque intorno a lui abbia intenzioni ostili, comportamenti sospetti, ideologie sovversive, aspetto non conforme agli standard o si ostini a palesare differenze di qualunque tipo con i modelli autorizzati in voga al momento.
Probabilmente solo così si potrà arrivare ad una società perfetta.
Certo potrebbero servire diversi anni ed innumerevoli vittime, ma nessuno pretende di ottenere risultati senza sacrifici.
Tornando al massacro della Virginia Tech, mi stupisce che ancora non siano stati messi sotto accusa i gusti musicali del killer, le sue abitudini ludiche, i suoi gusti sessuali o la sua religione. Sia mai che per una volta un ragazzo che impazisce e trucida diversi suoi coetanei possa essere etero, cristiano, non avezzo ai GdR e fan, chessò, di Robbie Williams. Non credo si saprà mai, tutto ciò che ci è dato sapere di lui è che era di origine coreana.
Meglio ripeterlo.
Era coreano, non americano.
Devo ammettere che dopo essere stato a New York fatico a comprendere come delle persone così gentili possano sopportare una politica tanto rivoltante.
Certo che se ti abbattono sotto il naso due palazzi di dimensioni letteralmente inimmaginabili (io non riuscivo a figurarmi le torri gemelle arrivato in Ground Zero, lì è tutto talmente enorme che immaginare qualcosa di ancora più grande è impossibile) e cominciano a farti avere paura di qualunque cosa ti stia attorno è facile che inizi a perdere il senno.
Indubbiamente gli U.S.A. hanno perso la guerra contro il terrorismo e nessuna bomba sganciata su nessun paese medio orientale potrà lenire la paura che serpeggia in quella nazione.
Se andiamo a guardare a chi questa situazione fa più comodo poi, non servo certo io per dire che è tutta gente senza barba nè turbante che vive ben lontana dalle grotte afghane.
Sto divagando, quindi non è il caso di continuare a scrivere.
Non voglio sembrare uno di quei vecchi che partono per la tangente ogni volta che tentano di affrontare un discorso serio.
Chiudo precisando che il titolo del post è una [dotta] citazione.

Enter Shikari

Meditandoci un po’ il live è stato enorme.
Musicalmente ottimi.
Tecnicamente validi.
Padronanza del palco egregia.
Matti furiosi.
HC tirato intervallato da tesissimi interludi techno.
Ho comprato una finger-light della band, merchandise ufficiale.
Ognuno di loro ne aveva una durante il concerto.
Delle circa cinquanta persone presenti al live, il 100% ne aveva almeno una all’uscita.
Sono anche degli ottimi managers.
La mia è blu e ha tre tipi di luce: intermittente veloce, intermittente lenta e fissa.
Decisamente tamarra.
Ora volo alla ricerca del CD.
Al rientro dal concerto mi sono fermato al Libra con Aledoni e abbiamo incontrato Ciccio.
Abbiamo parlato soprattutto delle nostre esperienze newyorkesi e ne è emersa una sola verità: Starbucks rules.

Call me elettro-hc

Se non scrivo è perchè tutto il tempo che ho da dedicare a questo blog lo uso per sistemare le foto e metterle on-line.
Tutte le pagine fino ad ora prodotte sono accessibili dall’archivio.
Ho aderito alla cieca al concerto degli Enter Shikari propostomi da Aledoni.
Ho aderito perchè me li ha definiti così: elettro-hardcore a due voci.
Dopo aver accettato, mi sono documentato.
Questo video spacca.