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Novembre 2005

Ozio

Inaspettati come la neve a novembre, ecco che tra le mani mi si materializzano ben due giorni di vacanza. Gli esperimenti di clonaggio in laboratorio sono andati alla grande e questo ha permesso che io potessi passare qualche giorno a casa in attesa che arrivi il kit per il luminometro e che il mio progetto possa proseguire per la sua strada. Una sorta di vacanza premio, se vogliamo, e come tale la sto vivendo: totalmente e incondizionatamente nell’ozio.
Che bella parola, musicale quasi.
Sveglia a metà mattinata, calmo e riflessivo tour della rete volto a leggere la Repubblica, i blog degli amici, i due o tre forum su cui bazzico e la Gazzetta e studio leggero di Chimica Bioinorganica. Ritmi blandi, insomma, nel tentativo di liberarmi dallo stress dell’ultimo mese.
Adesso penso che andrò a gustarmi un episodio della quarta serie di Dawson’s Creek spaparanzato sul mio letto, in attesa del pranzo cui seguiranno i Simpson, ancora un po’ di studio ed un aperitivo con The O, Lale e chissà chi altri.
Ulima cosa: non avendo voglia di scrivere l’ennesima pagina malinconica ed intrisa di tristezza, mi limito solo ad annotare la morte di un’altro gruppo che ha segnato la mia adolescenza in maniera irreversibile. Addio agli Ataris che, seppur continuando a fare musica sotto quel nome (blasfemi) si sono trasformati in una band indie/pop/alterna/sarcazzo da cui hanno preso le distanze sia Mike Davenport, ex bassista, sia Chris Knap, ex batterista e mio eroe assoluto. Se l’alternativa era produrre un altro disco come “So Long, Astoria” ben venga questa dissoluzione tuttavia anche in questo caso una piccola parte di me muore con loro.
Ascoltando ad un volume improbabile “I won’t spend another night alone” mi chiedo se questo 2005 la finirà di seppellire ad uno ad uno i mattoni che hanno costituito gli anni più belli della mia vita.

Delusioni

Il torneo si è concluso e, per la prima volta, ne sono realmente contento.
Stress, insoddisfazione, rabbia, gioia, tristeza e delusioni hanno sconvolto il mio animo per tre interminabili settimane ed ora, finalmente, tutto è finito. Potrei parlare di tante delle cose che sono accadute, ma la cosa che più mi sta a cuore analizzare è l’aspetto delle delusioni. Troppe ne sono scaturite da questo torneo e questo mi porta a pensare che è probabilmente buona cosa smettere. Parlo di delusioni con rammarico, ma non mi riferisco solo a quelle ricevute. Molte sono anche a quelle causate. Partirò tuttavia ad analizzare le prime.
Delusione è stato credere di poter contare su molte persone che in realtà questo appoggio non l’hanno mai dimostrato.
Delusione è stato scoprire di aver messo cuore e anima in una cosa pensando di essere parte di un gruppo, per poi capire di essere soli o quasi.
Delusione è stare male per un qualcosa che dovrebbe essere fonte unicamente di divertimento.
Delusione è aver troppe volte represso l’istintivo impulso di mandare tutti affanculo e partire per il Messico.
Delusione per le promesse infrante.
Delusione per le mancanze di rispetto.
Delusione per l’incapacità di lasciar scivolare le preoccupazioni e i problemi e per lo stupido orgoglio che sistematicamente mi porta a farmi carico di responsabilità che non mi appartengono o quantomeno che potrei anche permettermi di scansare.
Delusione per le bugie.
Delusione per le cattiverie.
Delusione per aver tenuto dentro sentimenti di dolore e tristezza e non essermene liberato sfogandomi, in qualunque modo, se non facendo buon viso a cattivo gioco.
Delusione perchè se avessi agito per come nei momenti più duri ho pensato, ora sarei probabilmente un bastardo, ma avrei sicuramente meno macigni nello stomaco.
Delusione infine, per aver a mia volta deluso.
Deluso chi da me si aspettava cose cui non ho potuto tener fede.
Deluso me stesso per aver mancato molti degli obbiettivi che mi ero prefisso e che, sebbene conscio di non averli mancati solo per colpa mia, restano emblema del fatto che forse avrei potuto fare di più.
Deluso chi mi è stato vicino (you know who you are) mostrandogli la mia incapacità di reagire se non con sterili ed inutili parole, che raramente hanno lasciato spazio ai fatti.
A tutte queste delusioni oggi rispondono le parole dei molti che, sinceri o ipocriti personalmente non mi importa, mi si sono avvicinati dicendomi la semplice frase: “Grazie, ci siamo divertiti.”. Questo personalmente basta a lavare via qualunque delusione e mi permette di andare a letto più sereno di ieri.
Grazie a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno provato a valorizzare l’immenso sbattimento che mi sono fatto.
In quest’ambiente si conoscono molte persone, alcune delle quali valgono ogni singolo secondo buttato in quest’avventura ed ogni singola goccia di sudore o lacrima versata.
Per tutti gli altri, c’è il disco del momento.

All good phones, have endings…

Tutto ebbe inizio alla prima di xXx, il filmone di Vin Diesel uscito nel 2002. Fu allo spettacolo dell’una di notte all’Arcadia di Melzo che la mia relazione felice e duratura con il precedente Nokia 3210 finì e lo fece nel peggiore dei modi. Mi lasciò, scappando dalla mia tasca e rifugiandosi tra le mani di qualche altro fan di Xander Cage, il mestiere della cui madre è noto a tutti.
Ritrovandomi solo e con il bisogno di un nuovo compagno Dual Band, andai ad aggirarmi tra gli scaffali del Bennet ed incontrai 8310.
Mi piacque subito.
Piccolo, privo di accessori inutili ad un telefono e discretamente elegante. Lo comprai. Il nostro rapporto è così durato più di 3 anni ed è stata una felice unione fino al sopraggiungere della malattia. Il mio telefono infatti, meno di 12 mesi or sono, ha avvertito i primi sintomi di Distrutio Coveris, patologia cui le popolazioni Nokia paiono essere molto predisposte e che porta ad un lento, ma inesorabile sgretolamento della robustissima cover in plasticaccia che li riveste.
In una società dove le coppie formate da uomini e telefonini si sfaldano alla prima difficoltà, decisi di dare un esempio morale ed invece di instaurare una nuova relazione optai per restare con il mio compagno ora che ne aveva più bisogno.
Furono momenti difficili.
Dapprima perse il totale controllo della chiusura posteriore, ritrovandosi spesso a perdere la batteria, anche in pubblico. La cosa era per lui fonte di grande imbarazzo, ma con adeguate medicazioni riuscii ad ovviare al suo problema e a fargli tornare il sorriso. La sua felicità però durò poco, poiché come un macigno calò su di lui l’effetto più grave della malattia, quello che poi ne ha causato la morte: la perdita del bottone dell’accensione.
Questa sventura rendeva necessarie pratiche dolorosissime ogni volta che dovevo accenderlo, ero costretto ad entrare nell’incavo rimasto aperto dopo la scomparsa del bottone con oggetti acuminati, in modo da poter premere l’interruttore situato al di sotto del pulsante che fu.
Ripensare alla violenza di quelle operazioni mi da i brividi.
Sta di fatto che nessun telefono potrebbe resistere a lungo sottoposto a tali torture e così oggi, alle 15.43, 8310 si è spento. Letteralmente ed irreversibilmente, visto che anche l’interruttore di cui sopra ha ceduto.
Panico.
Non potevo lasciarlo morire così, dentro di lui c’erano milioni di ricordi che, in un modo o nell’altro, avrei dovuto farmi dire prima di poterlo lasciare al suo destino. Per questo, allestita una sala operatoria alla bene e meglio, l’ho aperto*.
Sebbene conscio il mio intervento non potesse sortire effetto alcuno, non potevo fermarmi e continuavo ad operare. Quando ormai tutto appariva perduto, d’improvviso ecco una luce. Non quella del fondo di un tunnel, quella del display.
Si era riacceso.
Ora le cose da fare erano solo due: salvare tutti i dati dal telefono alla SIM e lasciarlo tornare a quel sonno dei giusti cui si era abbandonato. Così ho fatto.

Ora, sebbene ancora scosso dal dolore, mi sto vedendo con un Siemens C-45. Nulla di serio, è solo una soluzione che mi distrae da quanto ho perso.
Forse è già ora che inizi a guardarmi intorno per trovare un nuovo compagno.



* Foto crude e non adatte ad un pubblico impressionabile.

Hic fuerunt leones!

Dal sito della Fossa dei Leoni:

“COMUNICATO:
Non abbiamo voluto scrivere un comunicato in merito alla vicenda di Milan-Juve perchè in queste occasioni non siamo soliti rispondere con questi mezzi ed anche questa volta non faremo alcuna comunicazione sui fatti, ci limitiamo solo a dire che un’esposizione di parte e di comodo puo’ arrivare a far presupporre anche la piu’ ignobile delle infamie, pur di accreditarsi una posizione di vantaggio, ma un’accusa ha bisogno di riscontri oggettivi e pertinenti, non puo’ essere ambigua od evasiva perchè altrimenti è delazione.
Questa storia ha posto in evidenza punti di vista ormai inconciliabili all’interno della nostra curva e dopo avere discusso e riscontrato divergenze incolmabili ed insanabili, siamo giunti all’amara, ma orgogliosa decisione di scioglierci e chiudere così la meravigliosa avventura della Fossa dei Leoni.
Non è nostra intenzione utilizzare questo comunicato per difenderci dalle accuse mosseci, perchè siamo certi che chi ha avuto l’onore di conoscere o di scontrarsi con la Fossa dei Leoni non puo’ nemmeno immaginare che qualcuno possa essersi reso responsabile di cio che ci viene addebitato.
Per 37 anni tutti i ragazzi che hanno fatto parte della Fossa dei Leoni hanno condiviso con essa i valori e lo spirito dei fondatori, li hanno portati avanti con passione, con dedizione ed una convinzione ineguagliabile, per tutte le generazioni succedutesi e mantenendo tra esse un filo conduttore senza interruzioni di sorta.
Queste sono state le nostre fortune, le nostre forze e le nostre conquiste e tutti noi anche oggi, in un giorno che mai avremmo immaginato, dobbiamo essere felici, orgogliosi e fieri d’ avervi fatto parte, perchè oggi finisce la storia della Fossa dei Leoni, ma rimangono vivi e saldi dentro ciascuno di noi quei valori e quello spirito che sempre ci hanno contraddistinto.
Grazie a tutti.
Fossa dei Leoni”

La notizia è vecchia di una settimana, tuttavia io l’ho scoperta solo ora e quindi solo ora la riporto.
La truppa al completo
* Sangue, violenza, Fossa dei Leoni!

Lavori in corso

Dopo un paio di giorni di duro lavoro sono riuscito a dare al template del mio blog un look più consono alle mie esigenze. La novità fondamentale è indubbiamente rappresentata dalla colonna di destra, dove inserirò periodicamente la copertina dei dischi che si faranno notare o occuperanno grande spazio all’interno dei miei ascolti. Non è detto si tratti di dischi appena usciti, poichè spesso mi capita di mettere mano ad un cd dopo molto tempo e sentirlo tantissimo, magari anche più di quando l’ho avuto per le mani la prima volta. Credo sia giusto dare alla musica uno spazio in queste pagine, visto che si tratta di una componente importantissima della mia vita. Sotto lo spazio discografico ho spostato i links, così da non avere problemi ad inserirli anche in quantità copiosa. Dov’erano prima, se incrementati, avrebbero infatti reso difficoltoso l’accesso all’archivio ed alla lista delle pubblicazioni recenti.
Tutto sommato credo di aver fatto un buon lavoro, soprattutto se si considera il fatto che ci ho lavorato da solo e senza saperne nulla di HTML (fondamentali i link di help consigliatimi da Max ed i test effettuati da Bazzu, grazie ad entrambi). La mia soddisfazione però è del tutto teorica ed egoistica per via di qualche piccolo problema che potrebbe presentarsi su altri PC o con browser diversi da quello che utilizzo io. Per questo, ecco un paio di punti che tenderei a precisare:
1- Questo blog verrà progettato sempre e solo per le versioni aggiornate di IE, con la speranza che sia compatibile anche con altri browser, ma senza fare lavoro ulteriore perchè ciò avvenga (non ne sono in grado).
2- Questo blog sarà ottimizzato per risoluzioni non inferiori a 1024×768.
Attualmente, sul mio PC avente risoluzione 1280×1024 e utilizzante IE 6.0, la visualizzazione del tutto risulta ottimale*. Se tuttavia ciò non dovesse essere su altri sistemi rispettanti le clausule di standardizzazione, è buona cosa che il problema mi venga segnalato nella maniera più dettagliata possibile.
Lo script del templato sarà disponibile a chiunque lo chieda e voglia vederlo nel tentativo di aiutarmi ad ampliare il range di condizioni per la perfetta visualizzazione (compatibilità con diversi browser, risoluzioni, ecc…).
Non è male...
*Ecco come dovrebbe essere.

Melting pot

Oggi è arrivato in laboratorio un ragazzo giapponese che condurrà degli studi presso il Besta per le prossime due settimane. Non dico il nome perchè, sinceramente, sono in dubbio sul fatto che me l’abbia detto. Ho paura che il suo sia uno di quei nomi che estrapolare dalla frase in cui viene pronunciato è impossibile. Il suo arrivo ha portato nella mia vita lavorativa due principali innovazioni:
1- Non ho più il mio badge. Ho dovuto prestarglielo perchè lui arriva al mattino prestissimo e va via la sera tardissimo, quindi ne ha bisogno per entrare ed uscire. Bella fregatura visto che senza badge si resta chiusi fuori dal laboratorio ogni volta che se ne esce.
2- Dovrò parlare in inglese.
La seconda delle novità è, se vogliamo, la più rilevante. Il problema infatti non è solo dovuto al mio inglese pessimo, ma anche e soprattutto al suo. Devo ancora capire realmente se sia balbuziente, dislessico o semplicemente negato per le lingue straniere, tuttavia parlarci è una reale impresa. E’ vero che anche per lui deve essere la stessa cosa, visto che non ho certo una padronanza linguistica da Oxford, tuttavia nella sua maccheronicità il mio inglese possiede una certa limpidezza. Ogni parola, seppur pronunciata all’italiana, è separata dalle altre e distinguibile nel contesto. Le frasi del nipponico invece sono costantemente pronunciate tutte d’un fiato, interrotte solo da farfugliamenti di origine ignota (a meno che non metta il suo nome in ogni frase, perchè allora l’origine si chiarirebbe) e condite dalla proverbiale “L” a sostituire le “R”.
Non fosse per questi particolari, apprezzo molto lo scambio culturale che può innescarsi in un ambiente lavorativo come il mio. Al giapponese infatti si dovrebbe aggiungere Anieska, una ragazza polacca. Ha fatto il concorso per il dottorato e sembra l’abbia passato. Ora tutto sta a capire se vorrà accettare il posto. Dalle poche parole che ho potuto scambiarci quando ci ha fatto visita, pare piuttosto sicura di se. Si dice che addirittura abbia corretto Paola, la neolaureata che lavora con noi, sulla costruzione di un periodo in inglese durante una loro conversazione. Non so come avrei reagito se fosse capitato a me.
Intanto la mia lotta contro l’università procede nettamente appannaggio loro. Dopo la debacle di ieri ho provato a rialzare la testa. Devo assolutamente riuscire a dare un esame prima dell’anno nuovo e per fare questo ho sentito via mail due professoresse, rispettivamente di “Chimica Farmaceutica” e “Chimica Bioinorganica”, chiedendo se fosse possibile fissare un appello in Dicembre. Da noi infatti gli appelli si fissano contattando i professori, cosa che sarebbe anche comoda se realmente fissassero gli esami quando glielo si chiede. Sta di fatto che dopo più di 24 ore nessuna delle due mi ha ancora risposto. Domani telefonerò nei loro studi e proverò a vedere se almeno in questo modo mi degneranno di attenzione. Dubito, ma val la pena di fare un tentativo.
Ecco come sarebbe stato quanto scritto, se avessi dovuto raccontarlo al giapponese. Io infatti ragiono come un traduttore automatico: penso in italiano, traduco mentalmente e poi pronuncio il risultato ad alta voce. Come metodo è demenziale, ma se va bene quando lo fa Google non capisco perchè qualcuno si dovrebbe lamentare se lo faccio io.

You lose! Try again?

Eccomi qui, reduce da un penoso scritto a crocette di “Tossicologia” in cui mi è stato chiesto tutto fuorchè quello che ho studiato. Con questi presupposti, all’orale nemmeno ci vado così da evitarmi l’atroce dubbio di accettare o meno un voto perrimo. Mi chiedo a cosa possa servire un esame strutturato in questa maniera, ma forse è il caso di voltare pagina e mettersi sotto al più presto con altre cose. Finirà mai questa stramaledetta Università? Non sono troppo fiducioso, in questo momento, anche perchè di tempo per studiare ne ho sempre meno e la cosa certo non aiuta.
Intoppi come questo non fanno certo bene al mio morale, che in quest’ambito è sotto le suole da almeno un paio d’anni…

[Chiedere è lecito] Rispondere è educazione

Ho deciso di abbandonare la posizione di “muto ascoltatore” e prendere parte alle discussioni che si originano da quanto scrivo perchè le trovo molto interessanti.
Ciò nonostante continuerò a non cancellare nessun tipo di commento e mi limiterò ad intervenire e rispondere solo quando mi accorgerò che quanto ho scritto non è stato percepito come avrei voluto.

Henrietta Lacks never dies!

Mi sento un po’ in colpa nei confronti di questo blog. Proprio ora che quanto scrivo è motivo di vive ed accese discussioni non ho mai tempo da dedicare a queste pagine, aggiornandole solo di rado.
Il torneo che sto organizzando assieme ad alcuni soci è alle porte e tra quello, il lavoro e lo studio non ho veramente un minuto libero. Anche in questo momento per scrivere sto sottraendo tempo alla mia formazione universitara, tuttavia credo che la vita sia fatta di priorità.
Ieri sera sono stato ad una festa “dark” per il compleanno di Silver Fox. Il luogo preposto ad ospitarla era il Midnight, localino metal in quel di zona Porta Romana. Prepararmi per andarci è stato piuttosto fiko, tra lo smalto nero da stendere sulle unghie rigorosamente mangiucchiate e il pittaggio dei miei contorni oculari. Una volta pronto, nel mio vestito rigorosamente nero e dalla cravatta rosso fuoco, ero una sorta di Matt Skiba dei poveri. Non male.
Sono anche riuscito a farmi fare le corna dal DJ del locale che alla mia richiesta di “Fucking Hostile” dei Pantera ha risposto gridandomi: “Sei un grande!”. Certo, detto a me che il metal non lo sopporto potrebbe suonare buffo, ma in realtà stava a significare che mi ero ben mimetizzato e la cosa mi ha fatto piacere. Peccato non essere rimasto fino all’elezione del “più dark” della serata, tuttavia stavo crollando dal sonno e non avrei realmente potuto spingermi oltre. Il mio rammarico è dettato dalla convinzione che avrei vinto facile.
Al lavoro intanto si stanno susseguendo un po’ di novità. In primis ho finalmente iniziato a lavorare sul mio progetto e tempo una/due settimane dovrei poter mettere le mani sulle famose HeLa, cellule di tumore umano provenienti dalla cervice uterina di Henrietta Lacks, morta a causa di questa malattina nel 1951. In realtà non sono così sicuro del fatto che sia morta, visto che le sue cellule continuano a sopravvivere e proliferare (anche in maniera sconsideratamente veloce) in più o meno tutti i laboratori del mondo. Si potrebbe quasi dire che la signora Lacks ormai è immortale. Peccato che per diventarlo abbia dovuto morire e patire atroci sofferenze a causa del cancro. C’è dell’ironia anche a pensare che chi studia perchè i tumori smettano di proliferare nel mondo, non fa che continuare ad ingigantire ed espandere quello della povera Henrietta. Non so se l’opinione pubblica sia a conoscienza di questo fatto che, tengo a precisare, è tutt’altro che tenuto segreto. Probabilmente ne è all’oscuro visto che non ho sentito ancora nessuno lamentarsene in piazza. E di motivi per protestare ce ne sarebbero molti, credo. In fin dei conti ogni cellula del nostro organismo ha al suo interno tutto il patrimonio genico dell’individuo e quindi ne racchiude in se “la vita”. Eppure su questa questione non esiste un “Comitato per la Vita”, non c’è il Ruini di turno a sensibilizzare le coscienze, non vi è una campagna contro il “far west” e non vi saranno referendum entro breve.
Perchè? Io vorrei che qualcuno me lo spiegasse.
Ieri a “Che tempo che fa” è intervenuto Roberto Vacca a proposito dell’illuminismo. Serbo molta stima per quell’uomo, ha capito che l’arroganza si combatte solo con l’arroganza.