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Pubblicazione #5


Per quanto vada male, è sempre una soddisfazione.
L’unica di questo lavoro.
E con questo, ho provato anche l’ebrezza dell’essere ultimo nome e corresponding author.

4 commenti su “Pubblicazione #5”

  1. Congratulazioni!
    Sapevo che nelle discipline scientifiche contava l’ordine, ma pensavo che contasse più essere il primo autore, non l’ultimo!
    Noi siamo più democratici e andiamo sempre in rigoroso ordine alfabetico :-D

  2. Grazie!
    La questione dell’ordine dei nomi nelle pubblicazioni scientifiche io la trovo uno dei rari esempi di meritocrazia funzionante nel mondo che mi circonda.
    Vedi un paper e sai che chi ha il nome per primo ha fatto gli esperimenti e chi ce l’ha in fondo, per ultimo, sovraintende al progetto. L’ultimo nome di solito è quello del capo, per intenderci, quindi ha un peso diverso dal primo proprio per la definizione dei ruoli e per aspetti legati al CV. Poi ci sono casi e casi, tipo questo lavoro qui in cui io ho fatto anche tutti gli esperimenti e le altre persone coinvolte sono invece chimici che mi hanno aiutato nella scelta dei composti da testare e nella formazione in questo nuovo ambito. Ho potuto scegliere tra primo e ultimo nome e mi è stato suggerito di optare per la seconda opzione, quindi ho fatto così. Certo, il primo resta quello più gratificante a livello psicologico, ma solo perchè ho sempre vissuto quello come obbiettivo non essendo mai stato a capo di un progetto prima di oggi.
    Se nessuno fa la voce grossa per giochi politici, l’ordine dei nomi rispecchia il lavoro svolto e ti da un’idea al volo di quanto hai contribuito.
    Poi, chiaramente, ci sono casi e casi. Su lavori molto grossi e complessi, magari un terzo nome ha lavorato molto di più di un primo nome in un lavoretto piccolo (tipo questo qui), però questi sono dettagli.
    Io, nella mia carriera fino ad ora, sono sempre stato fortunato perchè mi è sempre stato riconosciuto l’esatto valore del lavoro svolto.
    C’è un’altra pubblicazione che mi riguarda che in questo momento è “under review” e lì finirò terzo nome pur avendo fatto io gran parte del lavoro sperimentale. La questione però è che esce per un laboratorio in cui non lavoro più da due anni, quindi può capitare di venir scalati. Dispiace, ma tutto sommato è abbastanza comprensibile.

  3. Chiarissimo. In economia ci sono mediamente molti meno autori per articolo (oltre i 4 è molto difficile andare, direi che metà sono single-author e metà fra i 2 e i 3 autori). Ovviamente, avere un articolo a firma singola conta molto di più di avere un articolo coautorato. Sugli articoli coautorati, effettivamente a volte c’è un po’ di incertezza sull’identificazione del contributo di ciascun autore. Tipicamente, se scrivi con un ricercatore più senior (o con il tuo advisor), si presume che tu abbia contribuito al lavoro “sporco” più che all’idea, e quindi vieni ulteriormente penalizzato.

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