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Manq

A Milano la musica è morta

Ieri sera sono stato a sentire i Funeral for a Friend al Rolling Stone di Milano.
Essendo Venerdì sera, alle 23.00 doveva iniziare la serata.
Per questo il concerto è stato tranciato alle 22.30 spaccate.
Niente bis.
Neanche un’ora di musica.
Nove pezzi.
Diciotto euri.
Innumerevoli madonne.
Oltretutto con il biglietto del concerto non è nemmeno permesso restare nel locale per la serata seguente.
Ci hanno cacciati.
Ok, sarebbe stata serata gay/lesbo e me ne sarei andato comunque, ma non è lì il punto.
E’ ora di finirla di organizzare i concerti a Milano o in posti che devono tenere il volume basso o in posti dove si deve forzatamente smontare entro le 22.30.
E’ uno schifo.
Vabbè, parliamo di musica. Il concerto è stato aperto da una band di Roma che faceva electro/rock modaiolo. Ragazzini, il bassista era pure simpatico, però se devi chiudere alle 22.30 mi chiedo che cazzo di senso abbia mettere addirittura due gruppi spalla di cui, non me ne vogliano, non frega un cazzo a nessuno.
Io sono sempre stato assolutamente favorevole al dare spazio alle band emergenti, anche quando non incontrano il mio gusto. Uno se le ascolta volentieri e magari scopre qualcosa di nuovo e piacevole, ma questo non deve togliere spazio alla band per cui, in parole schiette, ho speso i soldi.
Dopo di loro è stato il turno dei Cancer Bats, band su cui riponevo molte aspettative perchè pur non avendoli mai sentiti sono uno dei nomi che girà di più al momento.
Sono i re dei tamarri.
Suonano un heavy metal molto vecchio stile e sono senza dubbio divertenti. In un locale dove non ci saranno state più di cento persone, hanno suonato come fossero davanti al pubblico delle grandi occasioni e di questo va dato loro merito.
Alla fine è il turno dei FFAF.
Io li vidi esattamente un anno fa, in tour per presentare l’allora appena uscito “Tales don’t tell themselves”, e fecero secondo me un gran bel concerto.
A dodici mesi di distanza mi hanno lasciato con non pochi dubbi.
E’ infatti appena uscito un nuovo disco, da me mai sentito, che credo abbia l’unico pregio di avere in copertina ua tamarrissima doppia elica di DNA.
Due dischi in quindici mesi sono troppi per una band che non fa dell’innovazione iil suo cavallo di battaglia.
Per prima cosa li ho trovati brutti.
In secondo luogo il nuovo bassista non mi ha per nulla convinto.
Infine i suoni facevano discretamente cagare.
A loro merito va detto però che hanno provato a fare un bel concerto nonostante la penuria di pubblico, cosa che apprezzo, ma che non basta a risollevare la serata.
In sostanza, se non avessi visto i Jimmy Eat World a Febbraio, questa settimana avrebbe condensato al suo interno il concerto più brutto e quello più bello dell’anno.
Chiudo annunciando la pubblicazione di alcune foto della mia gita a Londra.
Di solito sono abbastanza deluso del mio operato di fotografo, ma in questo caso devo dire che alcune mi piacciono assai.

Nota: aggiornata la sezione “foto”

Finch@Astoria 2, London

Sono a casa.
Ho mille cose da fare e 36 ore di veglia sulle spalle, di cui otto abbondanti di lavoro.
Ciò nonostante devo assolutamente scrivere del concerto di ieri sera.
Eclatante.
E’ stato un concerto eclatante.
Andiamo con ordine.
Mi presento all’ingresso del locale poco dopo le 18.30, forte del biglietto acquistato on-line. Il mio atroce pessimismo ha fatto sì che per tutto il giorno io pensassi che qualcosa sarebbe andato storto, rendendo il bel viaggio a Londra un’incompiuta simile alla notissima svista di Caporetto, e così mi ritrovo in coda all’apertura dei cancelli.
In Inghilterra i concerti iniziano paurosamente presto.
Da qui in avanti generalizzerò molte delle cose viste ieri come fossero consuetudini del Regno Unito, sebbene io abbia un’unica esperienza di questo tipo alle spalle.
Chissenefrega, il blog è mio e faccio come mi pare.
Il locale è un incrocio tra il Rainbow ed il Rolling Stone: il palco è in una saletta sotterranea abbastanza piccola su cui si avvacciano due sale laterali rialzate da cui si può seguire il concerto dall’alto con una vista fantastica del main (and only) stage. Da qualunque punto del locale infatti non si è mai a più di grossomodo dieci metri da chi sta suonando, cosa che rende il tutto di un’intimo impressionante.
Si registra il tutto esaurito, ma non essendo Wembley la cosa un po’ me l’aspettavo.
Alle 19.00 iniziano il loro set gli Shadows Chasing Ghosts. Sono una sorta di Silverstein dell’Essex. Sono giovani, si sbattono e non tengono nemmeno così male il palco, tuttavia la mia prof delle medie avrebbe scritto loro, a margine della valutazione, “poche idee e confuse”. Mi prendo la loro mezz’ora per valutare l’acustica del locale che è decisamente sopra le righe. Alla fine si meritano la mia simpatia.
19.30: cambio palco.
In Inghilterra il cambio palco si fa a mano.
La band che ha finito di suonare smonta ampli, piatti, rullante, spie, pedali e microfoni e se li porta via, lasciando che la seconda band in programma arrivi e si monti i suoi strumenti, operazione che svolta in Italia credo avrebbe impiegato delle ore.
Li ci mettono un quarto d’ora.
Il mio pensiero però è: come cazzo fanno ad avere i suoni a posto se si rimontano il palco ogni volta?
Inizio così a temere che il suono sarà una merda.
Sono quasi le 20.00 quando sale sul palco la seconda band: gli Hexes.
Mi bastano due accordi per odiarli dal profondo del mio cuore.
Oltretutto hanno dei suoni osceni: non si capisce una fava ed io imputo la cosa alla brillante idea dei cambi palco fatti alla cazzo di cane.
Nel tentativo di sentirli meno, visto che non sentire chi suona dentro quel locale è impossibile, faccio un salto al banchetto del merchandise.
Ho ovviamente finito tutte le sterline a mia disposizione prima di entrare, visto che all’uscita l’idea è volare in aereoporto, quindi posso solo guardare l’EP dei Finch, attualmente praticamente introvabile on-line.
Un pizzico di rammarico è ancora vivo in me.
Sta di fatto che intorno alle 20.20 anche i disgraziati sopracitati concludono la loro esibizione e iniziano a smantellare il palco.
In Inghilterra anche gli headliners della serata si montano il palco da soli.
Se sono i Finch.
I Rolling Stones magari hanno i fonici.
Mi piace pensare di no, comunque.
Sta di fatto che i nostri eroi salgono sul palco ed iniziano a montarsi la strumentazione.
Io li guardo e penso che i Finch sono il prototipo degli anti-poser.
Drew a tempo perso credo giri remake di film porno anni ’70.
Daniel è il sosia di Nicola Gallo di QSVS e si veste uguale: camicina bianca, pullover grigio fumo e sciarpina di ciniglia grigia annodata sotto la gola come i veri fighetti milanesi.
R2K arriva con il Woolrich addosso, cappuccio di pelo alzato, e fa i suoni così conciato in un ambiente dove ci saranno stati seimila gradi. Per suonare toglie il Woolrich e si rivela essere in pigiama (o comunque con una felpa brutterrima).
Alex ha la stessa camicia a scacchi che mette sempre. Forse è un tatuaggio, difficile capirlo.
N8 ha la maglia del primo dei due gruppi di supporto, gesto che apprezzo.
Disquisizione stilistica a parte, i Finch si fanno il cambio di palco in dieci minuti netti.
Prova suoni giusto in spia, nulla più.
A quel punto ho la certezza che si sentirà una merda.
L’inizio del loro set è previsto per le 21.00 così si aspetta un’infinità e l’agitazione sale.
Finalmente, alle nove spaccate, lo show comincia.
Si parte con “Perfection Through Silence” e, come previsto, non si capisce una mazza. Suoni confusi, gran macello, gente impazzita. Da metà pezzo in poi però tutto migliora, il suono si pulisce fino ad essere praticamente perfetto.
Nate ha una voce della madonna, non scherzo, e si sente tutta alla faccia della tonsillite che settimana scorsa l’ha costretto a cancellare diverse date del tour.
Il secondo pezzo è “Worms of the Earth”, la canzone che meno mi piace della band.
In sostanza, dopo due tracce, il concerto per me ancora non ingrana.
Dalla terza in poi però, mi prendo decisamente bene.
“Grey Metter”, “Insomniatic Meat” e “Miro” mi trascinano decisamente nel vivo dell’esperienza.
Nel sentirli rifeltto su come dal vivo i pezzi di “Say Hallo to Sunshine” rendano particolarmente bene.
“Daylight” viene accolta con una mezza ovazione dal pubblico, cosa che sorprende molto anche la band, trattandosi di un pezzo nuovo. Grande pezzo, a mio avviso, e grande esecuzione.
A questo punto hanno fatto “Untitled” e sono morto.
In inghilterra ai concerti tutti fanno macello.
Tutti.
Teenagers, anziani come il sottoscritto, ragazze: non si può uscire dal pit perchè tutto il locale ne è coinvolto. Durante questo pezzo ho attraversato tutta la pista per due volte, spinto e trascinato da forze sovrannaturali.
E prima dell’ultimo ritornello la gente si è spontaneamente aperta in due per poi fondersi in un unico grande e violentissimo abbraccio.
Le cose che tutte le band che vengono in Italia chiedono al pubblico di fare e che, immancabilmente, non fa mai nessuno.
Fantastico.
Ormai sono regredito ad un ragazzino: salto, canto, spingo e alzo le corna cercando di non perdere la giacca (come detto, zero cash per il guardaroba).
La band riprende a suonare egregiamente estratti dal secondo disco, prima di tornare agli albori con la combo “Letters to You” e “New Beginning”.
“Letters to you” l’ho cantata tutta con un trasporto che poche volte mi è capitato di mostrare, per tanti, troppi motivi.
E’ il momento di chiudere e per farlo i Finch scelgono “Chinese Organ Thieves”, ultima traccia del nuovo EP.
Presentandola Nate si prende un minuto e chiede se qualcuno ha già sentito “Chinese Democracy” dei G’n’R.
Citando, o meglio parafrasando: “Have you heard it? Damn. Ok, it’s not bad, but fifteen years to write that songs? Fifteen years? Anyway I’m not Axl Roses, this is not Chinese Democracy and we took only four years to compose it.”
Dal vivo il pezzo spacca, mette proprio la pelle d’oca.
A questo punto i cinque se ne vanno per un paio di minuti, prima di venire richiamati sul palco per il bis.
Il bis consiste in tre pezzi.
“Ender”.
“Stay with me”.
“What it is to burn”.
Sulla prima ho quasi pianto, sull’ultima credo di aver perso conoscenza e aver vissuto un’esperienza extracorporea.
Contemporaneamente.
Esagero?
Forse sì, ma è il mio blog e faccio come mi pare.
Scaletta della madonna.
Quella di ieri è stata una delle più belle esperienze di musica live che io abbia mai vissuto.
Sono stravolto, ma ripartirei oggi per farlo di nuovo.
Con questo interminabile report ho anche posto fine ad un periodo di scarsa produttività in ambito di blog.
Ok, un post infinito non può ovviare ad una latitanza lunghissima, ma come forse ho già detto il blog è mio e faccio come mi pare.

H’S’P will conquer the radio!

Io, al mattino, ascolto Tutto Esaurito su radio 105.
Tutto esaurito è il mio programma preferito.
Venerdì dopo aver sentito l’ennesima puntata del Marco Galli’s Factor, mi sono detto: “Beh, in mezzo a sti cretini potremmo fare anche noi bella figura.”.
Arrivato in ufficio, ho inviato “Sombrero” al programma.
Più che altro per ridere.
Ci hanno scelti.
Mi contatteranno per farmi presentare il pezzo prima di mandarlo.
Assurdo.
Prima in TV, poi in radio.
Tutto senza saper suonare e proponendo un prodotto di una demenza difficilmente eguagliabile.
Siamo dei fighi.

E’ fatta.

I Finch sono dei fighi.
Ok, lo so, ho iniziato così anche il post sugli Underoath.
Probabilmente non ho la stoffa per fare il “blogger che ne sa”.
Tuttavia i Finch sono assolutamente dei fighi e non c’è altro modo per iniziare a parlare di loro se non riconoscerlo.
Io li ho sempre amati.
“What it is to burn”, il loro primo disco, è stato prodotto da Mark Trombino e vede la partecipazione alle voci di Daryl Palumbo. Non dovrebbe essere nemmeno necessario aggiungere altro.
In quel disco ci sono solo pezzi belli, dal primo all’ultimo.
Ci sono perle come “Ender”, “Untitled”, “Three Simple Words”, “What it is to burn” e la devastante “Project Mayhem”.
E poi c’è “Letters to you”.
Quanto ho amato e amo tutt’oggi quella canzone è indescrivibile.
La adoro persino in chiave acustica.
In conclusione “What it is to burn” lo considero un disco della madonna.
Due o tre anni dopo è uscito “Say hallo to sunshine”.
Dopo averlo sentito la prima volta, scrissi questo post.
Oltre a trattarsi di uno dei peggiori post da me scritti e ad essere stato steso dopo aver visto uno, se non il concerto più pacco di sempre, quello linkato nella precedente frase è un esempio di come i giudizi andrebbero ponderati e non gettati d’impulso.
Ci ho messo più di un anno ad apprezzare “Say hallo to sunshine”.
Oggi forse lo ritengo addirittura più bello del predecessore.
E’ vero, non ci sono più i pezzi accattivanti e canterecci degli inizi, però le melodie ci sono eccome e sono devastanti, se uno ha la pazienza di metabolizzarle.
Con il secondo disco i Finch diventano in assoluto la versione figa dei Deftones.
Non mi pare certamente poco.
Anyway dopo l’uscita di quel disco i cinque sarebbero dovuti passare per l’Italia, precisamente a Torino.
Ai tempi, non amando il disco che stavano promuovendo con il tour, ero in dubbio se adare o no. Dubbio che avevo sciolto a poche settimane dall’evento, propendendo per il sì.
La data, neanche a dirlo, saltò.
Qualche mese più tardi, oltretutto, il gruppo decise di sciogliersi.
Questa primavera tuttavia, la band ha deciso di tornare insieme e di fare un tour negli Usa. La cosa è andata abbastanza bene, evidentemente, perchè i Finch hanno deciso di pubblicare un EP intitolato fantasiosamente proprio “Finch” e di continuare ad andare in tour.
Questa volta decidono pure di espatriare.
Europa.
Italia?
Ovviamente no. Però piazzano abbondanti date nel Regno Unito, tra cui una a Londra il 25 Novembre.
Fatti due conti, ho preso ferie, biglietto aereo e biglietto del concerto.
Se non succede nulla di eclatante, sarò ad Astoria a sentirli suonare dal vivo.
Su “Ender” credo piangerò.
Su “Letters to you” sicuramente piangerò.
Non vedo l’ora.
Sarà la prima volta in cui riesco ad andare ad un concerto fuori dai confini nazionali.
Chiudo con un commento al nuovo EP.
Sono quattro tracce. Le due centrali non mi paiono degne di nota, ma la prima e l’ultima sono dei gran pezzi.
“Daylight” soprattutto.

Google Hit List [Ottobre 2008]

Prima di prepararmi per l’appuntamento con l’Accappatoio Party mi prendo qualche minuto per la consueta classifica delle googleate.
La prima di questo mese è assurda, le altre direi bruttine.
Nei prossimi giorni spero di riuscire a prendermi una paginetta per parlare del primo viaggio/concerto che farò fuori dai confini italiani.
Per le prime indiscrezioni c’è la sezione musica del menu.
Ora vado a lavarmi.
Dopo la doccia metterò, come sempre, l’accappatoio.
La differenza è che lo terrò per tutta la sera.
Figata.
A volte mi chiedo perchè sia così difficile coinvolgere il prossimo in attività potenzialmente divertenti.
Ho capito che c’è il rischio di incappare in un flop, ma credo sia sempre meglio che andare a bere la solita birra nel solito posto tristezza.
Per carità, non siamo fatti tutti nello stesso modo, però se penso che non abbiamo ancora trent’anni un po’ la cosa mi rattrista.
Solo un poco.
Ognuno è libero di fare ciò che vuole e ho smesso di prendermela da tempo per queste cose.
Più o meno da quando ho capito di poterle fare anche da solo e di potermi divertire uguale.
Sta sera poi, non sarò nemmeno solo, quindi non so perchè mi son perso via con sto discorso.
E’ stata solo una riflessione estemporanea.
Vado, che è tardi.

1 – ostico, lottare. sfacelo m’assale, gonfia fiumana. oceano cieco, pozzo nero di pena m’accerchia senza spiragli. non esiste approdo
2 – alle signore piace cazzo giovane
3 – san remo
4 – “costruire uno scolapiatti”
5 – racconti infermiera e dottore
6 – feisbuc
7 – mi sono aperto il pollice
8 – occupare la parete sopra il letto
9 – chris martin si droga
10 – è corretto dire anticlericalista

Nota: aggiornata la sezione “musica”

L’unica cosa che dirò sulla questione scuola/Gelmini

Pubblico uno stralcio del discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l’11 Febbraio 1950.
C’è di che riflettere.

“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasfornare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori, si dice, di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi, ve l’ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.”

I sogni son desideri

Ho realizzato uno dei miei sogni.
Mi sono comprato il LEGO della miniera dei nani (si dice così, non la miniera dei nani della LEGO).
Sta sera me la sono montata tutta, ho finito alla una passata, ma ne è valsa assolutamente la pena.
E’ bellissima.
Innanzi tutto sono rimasto sopreso dal fatto che fosse proprio tutta da montare. Avevo sentito dire che ultimamente la LEGO era scaduta facendo costruzioni composte di macropezzi che si incastrano insieme in cinque minuti.
Non è così.
Non l’ho trovata affatto diversa da quelle che potevano essere le ultime produzioni LEGO con cui ho giocato da bambino, ovvero il LEGO dei pirati, il castello, la Banda del Lupo, o il LEGO dello spazio (anche in questo caso, si chiamano così).
Oltretutto ho avuto modo di apprezzare una certa dovizia e ricercatezza nei particolari che mi hanno felicemente sorpreso.
Insomma, il LEGO non delude mai.
Ora che l’ho montata penso la lascerò in salotto, di fianco a Patrick, a mostrarsi in tutto il suo splendore.
Ero talmente fiero del mio acquisto che mi sono scattato un sacco di foto, mentre realizzavo l’opera e a montaggio ultimato.
Ancora adesso ho un sorriso stampato in faccia che vale più di mille parole.
Il LEGO è la cosa più bella che l’uomo abbia creato.
Il LEGO dei nani è una chicca che uno come me, che i LEGO li ha avuti tutti e che ci ha giocato fino a quando i suoi genitori non glieli hanno dati via, non poteva lasciarsi scappare.
Ora vado a letto, che son stravolto e domani lavoro.
Chiudo con una delle foto che ho scattato all’opera.
Che figata!
*Arturo il fabbro, il più forte tra i nani al servizio di Re Bud.
Infatti mena come un fabbro.
A tempo perso forgia armi ed armature utili a sfogare la sua innata violenza.

Io non penso che tu sia un pirla

Ho aggiornato la mia agenda concerti.
La lista con gli eventi cui Manq difficilmente mancherà è, come al solito, nella sezione musica.
Questo è il motivo principale che mi porta a scrivere una paginetta.
Non ho molto da dire, infatti.
La mia vita lavorativa procede a stento, ma comunque meglio di quanto avesse fatto il mese scorso.
La mia vita extralavorativa, al momento, spacca.
E’ esattamente come la vorrei e questa è una cosa figa, che credo di poter affermare non mi sia mai capitata prima.
Non essendo io mai stato particolarmente incline a scrivere lunghi post riguardo la mia “felicità” viene da se che i contenuti di questa pagina necessitino di un qualche incremento.
La cosa si risolverebbe in un niente usando il solito trucchetto di tre step:
1- Aprire Repubblica.it
2- Leggere cosa ha detto oggi il papa
3- Inveire.
Oggi però non ne ho voglia (nonostante i primi due step porterebbero ad un terzo particolamrmente prolisso, visto che oggi il santo padre s’è occupato di malati incurabili).
Non mi va di essere ripetitivo e non voglio trasformare questo sito nel manifesto di un anticlericale.
Cazzo, spero non lo sia già diventato.
Panico.
Vabbè, tiriamo avanti e vediamo di uscirne con delle frivolezze.
Potrei ad esempio parlare di calcio. E’ un bel po’ che non parlo dello sport nazionale, effettivamente, e qualcosa da dire ce l’avrei anche.
Io amo Josè Mourinho.
Sul serio, da quando è approdato in Italia non mi perdo mezza dichiarazione, le trovo tutte decisamente geniali.
Ovviamente spero non vinca nulla, però non posso negare di essere un suo grandissimo ammiratore.
Ironico, sprezzante, arrogante, autocelebrativo e cattivo.
In una parola: idolo.
Ovviamente parlo del personaggio Josè Mourinho.
Se volessi parlare dell’allenatore l’unica parola sarebbe catenacciaro.
E qui si vede il genio che sta dietro alla società nerazzurra che decide di spendere uno sproposito per portare in Italia, patria de “l’importante è non prenderle”, un allenatore catenacciaro dal Portogallo, patria del “tutti avanti a gigioneggiare”.
Oltretutto per sostituire l’unico uomo in grado di far vincere qualcosa all’inter dai tempi di Trapattoni.
In tutto questo il Milan, squadra che seguo con moderata passione, continua ad affidarsi ad un altro elemento di dubbio gusto: Ancelotti, l’unico allenatore italiano che vorrebbe fare il catenaccio, ma non può. E allora si inventa le mezze punte davanti alla difesa, i centrocampisti sulla terzina, le ali che non possono oltrepassare la tre quarti e devono per forza crossare da lì e i fantasisti con compiti di copertura.
Tutto questo nella speranza di poter fare un gol e avere l’alibi per schierare tutti sulla linea di porta a difendere il risultato.
Il risultato è che il Milan, ormai da tre anni, ha perso ogni velleità di giocare al calcio. Tre anni orsono ci andò di lusso, perchè giocando un totale di 360′ in una stagione vincemmo la Champions. L’anno scorso di minuti giocati se ne sono visti forse 90, generati unicamente dalla voglia di non far vincere lo scudetto all’Inter proprio contro di noi.
Un po’ pochino anche per chi alla squadra c’è moderatamente affezionato come il sottoscritto.
Quest’anno però è arrivato Ronaldinho e con lui in casa mia è rientrata la voglia di accendere la tele e guardare i ragazzi. La speranza è ogni settimana quella di assistere alla giocata sensazionale che ti fa saltare in piedi sul divano.
Neanche a dirlo non è ancora successo e, vedendolo in campo, dubito succederà a breve.
Però quantomeno sta giocando e sta segnando, cosa che va ben oltre le mie aspettative di inizio stagione.
Comunque vada, lo amerò per sempre per aver segnato sotto la curva durante il derby e averci regalato quel balletto imbarazzante.
Curva dove ho rischiato più volte l’infarto.
Fortuna che seguo questo sport con moderato distacco, una piena dedizione mi costerebbe la vita.
Ah, il titolo è dedicato a Mourinho.
Se qualcuno si è sentito chiamato in causa nel leggerlo, beh, probabilmente di lui non penso la stessa cosa.

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Dumb is the one who reads!

I’m a little bit drunk.
Not so much, only a little bit.
I saw bad things.
I listen to bad words.
I read very bad discussions.
Do I really care about these things?
Who knows…
Who knows why am I writing in english?
Not me, for sure.
Damn.
Today I had a good evening with friends and Casi.
Dani told me that meets someone and I’m happy I was not there.
Am I still running away?
Am I afraid?
Am I only playing a role, acting like the guy that is still part of something broken?
What a fuck!
I’m only a perfect idiot.
The guy that loves regrets even when there are no regrets to love.
Today I worked all day, tomorrow I’ll do the same.
In this moment I have to put the 100 comments post outside my mind, because it’s all my fault if I saw it.
Fuck my curiosity!
Fuck this orrible post written in a so terrible english.
Fuck all the “fucks” I wrote in this page.
Fuck Dragoon beer and its 10% vol..
I have to sleep.
Seriously, I need at least 8 hours of deep sleep.
I can’t wait for my future.
I wouldn’t have my bed empty tonight.