Vai al contenuto

Viaggi

Si parte

Avrei voluto scrivere del film 300 dopo averlo visto.
Avrei voluto scrivere del concerto dei Linea 77 di ieri sera al Rolling Stone.
Avrei voluto scrivere di tante cose, ma ormai non c’è più tempo.
Si parte.

Stacco dal lavoro

Iniziano ufficilamente i preparativi.
Una delle prime cose da fare sarà tagliare la barba.
Che si apra il countdown!

Road to New York

La partenza per New York si avvicina.
Proprio nel momento in cui sentivo le forze abbandonarmi e la stanchezza prendere il sopravvento.
Domenica si vola oltre oceano.
Per prepararsi alla cosa la mia mente già naviga nei sogni, in un mix di tutto ciò che mi immagino questo viaggio possa regalarmi. Le tinte dei pensieri sono acquarellate ed i loro confini indefiniti, tuttavia l’immagine che ne affiora è chiara come poche cose lo sono state nella mia vita.
Ho fatto l’assicurazione sanitaria.
Nello sbrigare questa pratica e soprattutto nel pagare il premio mi sono soffermato a riflettere su come debba essere terribile vivere negli Sati Uniti ed essere povero.
Un povero nel paese a cui tutto il mondo [purtoppo] guarda e tende non può permettersi di ammalarsi. Questa cosa è drammatica.
Io però negli States ci vado carico di tutta l’ipocrisia del turista e quindi butto ideali e politica nel cassetto per sette giorni e dallo stesso estraggo macchina fotografica e contanti.
Al turista piace spendere.
Il turista non si deve far mancare nulla.
Il turista sarebbe più tranquillo se gli avessero versato sul conto lo stipendio, cosa che da Lunedì ancora non sembra essere successa.
Mi piacerebbe molto prendermi un cavalletto per la macchina fotografica. Ne vorrei uno abbastanza scalcinato, perchè ho ancora i piedi ben saldi a Brugherio e qui il cash preferisco non buttarlo alle ortiche, tuttavia senza questo strumento non so come poter fare foto in notturna che rendano giustizia alla grande mela. Sabato mi concederò un tour alla ricerca di qualcosa che faccia al caso mio.
Non so ancora che vestiti portare in America. In realtà è perchè non ho idea di che situazione climatica mi aspetti. L’unico indumento che sicuramente non mancherà in valigia è un paio di pantaloni corti per il Giovedì di Pasqua, giorno che in tutto il mondo apre la stagione degli shorts.
Spero che Giovedì prossimo non nevichi.
Sono [credo] riuscito a creare due pagine in cui si possono ascoltare in streaming due compilation che ho ultimamente ideato e riguardo alle quali forse ho anche già detto qualche parola.
Sono abbastanza contento del risultato ottenuto in entrambi i casi, da volerle condividere. Se qualcuno le ascolterà e vorrà dirmi cosa ne pensa, ne sarà valsa la pena.
Se così non fosse ne sarà comunque valsa la pena perchè ho imparato ancora qualche piccolo trucco dell’HTML.
E’ arrivata mia zia per la cena.
Vado ad aprire.
Ah, dimenticavo, ecco i link alle compilation.

Un fine settimana preciso

A volte capita di passare un week-end preciso, in cui tutto fila come avrebbe dovuto ed alla fine si va a letto soddisfatti, pronti per una nuova settimana di lavoro.
Lo scorso fine settimana per me è andato esattamente così e quindi ho deciso di scrivere un post per ripercorrerne le tappe.
Venerdì sera sono andato a “La Casa 139”, circolo A.R.C.I. di Milano. Ci sono andato con la Bri seguendo questo nuovo trend per cui almeno una sera a settimana cerco di fare qualcosa di diverso. Suonava un tipo Venerdì, tal Fabrizio Coppola. Non sapevamo nemmeno che suonasse, siamo andati lì perchè abbiamo fatto la tessera A.R.C.I. e stiamo cercando di sfruttarla. Il sopracitato cantante stava tenendo un set acustico in cui proponeva in chiave “unplugged” pezzi presi dai suoi due album pubblicati nonchè dal terzo in uscita per Ottobre. Lo show mi è piaciuto talmente tanto che alla fine ho acquistato il primo dei suoi dischi e mi sono ripromesso di andare alla seconda data milanese del suo minitur acustico. Mi piacerebbe proporre ad Aui di venire con me e la Bri a sentirlo, credo che gradirebbe tanto la musica quanto la compagnia.
Sabato mattina mi sono svegliato di buon’ora con diverse commissioni da fare. Il primo punto del programma prevedeva andare in biblioteca a prenotare un libro da leggere dopo Crypto di Dan Brown. L’operazione è perfettamente riuscita perchè ho prenotato “Un nome senza volto” di Ludlum e “Il trono di Spade” di R.R. Martin. A questo punto mi sento in dovere di spendere due parole su Crypto: una merda. Forse due parole sono un po’ pochine, quindi è il caso di argomentare. In sostanza è il classico ed ormai scontato libro di Dan Brown in cui però la tesi cospirativa non appassiona come nelle precedenti circostanze ed in più la trama risulta piuttosto scontata ed incapace di sorprendere. Direi che, visti gli unici intenti che l’autore si pone per i suoi manoscritti, è facile definire il libro come un fallimento.
Seconda tappa della mattinata è stata la questura di Monza, per il ritiro del passaporto della Bri in vista dell’ormai prossima partenza per NY. Tutto ok, documento ritirato e una seccatura in meno a cui badare.
La terza tappa mi ha visto rientrare al liceo “P. Frisi” dopo diverso tempo. L’idea era di dare una copia della tesi alla mia prof. di scienze dell’epoca, ma ho appreso che la totalità dei miei professori è ormai in pensione o in via di pensionamento quest’anno.
Mi sono sentito vecchio.
Sarà perchè sono vecchio.
In tutto questo però sono riuscito a salutare Antonio il bibliotecario e Diario, imperatore del “Mantega”.
Uscito dal mio vecchio liceo con un velo di tristezza mi sono appropinquato all’ultima tappa della mattinata: il Colors Tattoo Studio.
Alle 13.00 di Sabato ho inciso per la terza volta la mia pelle.
Direi che il risultato mi soddisfa decisamente, frocio quanto basta.
La serata di sabato è invece stata all’insegna dello sport: prima spazio alle gesta di Ronaldo sul prato di S.Siro e poi qualche partita a biliardo tra incapaci in un Tatanka inaspettatamente sovrapopolato.
A metà del mio fine settimana ero già ampiamente soddisfatto, ma la situazione è riuscita a migliorare Domenica pomeriggio, quando dopo circa 6 anni di speranze ho potuto assistere alla reunion dei Murder, We Wrote. Cinque pezzi suonati alla festa delle scuole di Cassano d’Adda possono sembrare pochi, ma per i fan che attendevano questo momento da un’eternità, è stato semplicemente magico.
“Falling Down”, cazzo, ho risentito “Falling Down”.
Emozione.
Questo bel week end si è concluso con un aperitivo censurabile al Route 66 e con una visita a casa della Bri.
Ci siamo visti “Lady Vendetta”, un film asiatico che mi aspettavo pesante ed invece si è rivelato bello. Abbiamo anche chiacchierato un bel po’.
Ora chiudo con una chicca scovata Sabato sera su Qoob, il canale pseudo indie di MTV sul digitale.
Mi ha spezzato.

Due righe nell’attesa di scriverne molte altre altrove

Dovrei essere impegnato con le correzioni delle correzioni delle correzioni della mia tesi, ma purtoppo (per lei e per me) Elena si è distorta una caviglia ed Elena capo l’ha dovuta accompagnare al pronto soccorso. Di conseguenza, una volta sbrigati i pochi lavori da banco che in questi giorni mi sono concesso, mi ritrovo con un po’ di tempo libero.
Per quanto assurda possa sembrare questa decisione per uno che da quasi un mese non fa che scrivere, ho deciso di impegnarlo scrivendo una paginetta sul mio diario virtuale. D’altra parte, potendo scegliere, preferirei ascoltare un po’ di musica o giocare a Baldur’s Gate II, ma sono entrambe attività che non è semplice svolgere in laboratorio senza sollevare legittime questioni.
Chiarito il motivo per cui alle 13.00 di un giorno lavorativo posso permettermi di scrivere i blog, è bene che mi focalizzi su ciò che voglio scrivere.
Non c’è molto da pensare, la scelta è forzata.
Ronaldo.
Il fenomeno.
Il gordo.
La merda.
Il campionissimo.
Tutte queste sfaccettature racchiuse in una nuova maglia a striscie rossonere.
Per quanto io non stia più parlando di calcio su queste pagine dall’addio di Manuel e Sheva, non ho smesso di seguire i ragazzi neanche in questa stagione infame.
Non nego però che l’euforia intorno al discorso “Milan” non sia prettamente alle stelle ultimamente e questo ingaggio potrebbe restituirmi un po’ di fervore sportivo. Sia che risulti un flop colossale, cosa tutt’altro che improbabile, sia che si riveli rinato e torni a fare reparto da solo il suo arrivo a Milano è cosa da seguire e tifare.
Insomma, un po’ di pepe sulla stagione calcistica ci voleva.
Cambiando discorso devo assolutamente trovare il video dei due ragazzini che, durante l’assemblea di classe, si sono dati al sesso orale facendosi filmare dai compagni.
Sono degli eroi.
Più che altro perchè hanno dato modo alla mandria di ipocriti da cui sono invasi i media di parlare per ore di come il mondo vada a rotoli.
Fossero questi i problemi, vivremmo tutti meglio.
Oggi è il giorno zero del progetto New York.
Al momento c’è un discrto livello di euforia.
Domani: Brand New.
Non male.

Un nuovo anno

Le feste sono finite.
Il 2006 è finito.
Più volte nei mesi che l’hanno costituito mi sono augurato potesse finire prima possibile. Ora che è arrivato il tanto atteso 2007 e che posso tirare due somme devo ammettere che non è stato un anno facile da vivere, per nulla, tuttavia devo riconoscergli che è finito bene.
Non che nei suoi ultimi giorni si sia fatto mancare la possibilità di darmi ulteriori grossi problemi, tuttavia credo di aver fatto un passo mentale importante e questo mi ha reso un po’ più forte.
Era necessario.
Torniamo per un attimo ai festeggiamenti.
Per gioire della conclusione del 2006 sono stato tre giorni a Monaco di Baviera con morosa ed amici.
Sono stati tre giorni bellissimi.
Per questo non posso che ringraziare tutti i presenti, ma anche Loretta Goggi, “Nati con la Camicia”, al Dunkel, il meteorismo, cauallo, tempio di morte, l’ormai dilagante dialetto milanese, i cd da macchina e tutte le altre cose inutili e stupide che hanno reso grande quest’esperienza.
Questa vacanza era ciò di cui avevo bisogno.
Ora è bene volgere uno sguardo a quello che mi aspetta.
Mi attende un anno strano e, dopo molto tempo, decisamente imprevedibile.
Tante cose cambieranno, magari anche troppe. Probabilmente io stesso cambierò e questa cosa mi spaventa come spaventerebbe chiunque.
Eppure mi sento pronto.
Quello che verrà potrà essere bello o brutto, ancora non lo so, ma voglio essere felice e farò di tutto per adempiere alla mia volontà.
Costi quello che costi.

Un’idea

E’ balenata lì per caso alle 4.00 della mattina.
Faceva freddo, tanto freddo da non sentire quasi più i piedi e le mani.
Eppure l’idea si è fatta strada nelle nostre menti, prendendo sempre maggior corpo e peso.
A quel punto il freddo non era più un problema, perchè il cuore si stava scaldando del fuoco che l’idea portava con se.
Amici, macchine cabrio, camicie a fiori, grattacieli e passaporti elettronici.
New York, Miami e Cancun.
Solo un’idea.
Troppe cose ad impedire che sia di più, per il momento.
Tuttavia è lì.
E’ bello.
Tanto bello da non poter aspettare domani per scriverlo.

Summer trip

So di aver passato la maggior parte dell’ultimo periodo a lagnarmi o vantarmi del mio Agosto brugherese.
So di conseguenza quanta incoerenza ci sia nel titolare questo post “Summer Trip” e, soprattutto, nel raccontarci il mio fine settimana in terra di Toscana.
Conscio di tutto questo posso semplicemente dire chissenefrega e iniziare con la narrazione.
Venerdì mattina all’alba, la Bri ed io abbiamo levato le tende con l’intenzione di farci un sano e breve tour enogastronomico.
La destinazione ufficiale era il Castello di Gargonza, dove avremmo pernottato l’unica notte passata fuori città, mentre quelle ufficiose erano Pienza e Montalcino.
L’idea era di dare sfogo alle nostre indoli golose (avrà poi il plurale la parola indole? Mi sa di no…) ingerendo quanto più pecorino, brunello e chinina possibili e magari riuscendo a dare sfogo alla voglia maledetta che mi assillava da quasi una settimana: fegato.
Il viaggio di andata è stato piuttosto dilettevole.
In sottofondo si alternavano i cd delle due playlist* stilate da me e Bri durante il tragitto e la strada scorreva abbastanza agevole in compagnia di un amico olandese al volante di una Porche GT2, che ho seguito da Milano Sud a Bologna Borgo Panigale.
Il tizio, che da buono straniero osservava tutti i limiti dando solo a sprazzi dimostrazioni di forza, si è rivelato molto cordiale e dopo quasi duecento chilometri passati a seguirlo come fossi la sua ombra, mi ha anche salutato mentre percorreva la rampa di uscita dall’autostrada.
Ho ricambiato il saluto.
E’ stato un bel momento.
Siamo arrivati a Pienza poco dopo le dieci della mattina.
Prima di darmi alle gioie del palato però era necessario che testassi il nuovo treno di Bridgestone Potenza montate sulla Yaris il giorno precedente.
Dopo quarantaduemila chilometri era effettivamente il caso di cambiare gomme.
Tra colli e vigneti il collaudo delle nuove coperture ha dato gli esiti sperati.
Una volta parcheggiata la macchina è iniziato il minitour per le vie del paesino che devo ammettere essere molto bello.
La peculiarità del luogo tuttavia resta il pecorino e le piccole botteghe locali che ne permettono l’assaggio libero sono tutte invitanti.
La nostra scelta è ricaduta sull’Azienda Agricola Zazzeri che con due fette di formaggio, una di salame e un bicchiere di buon rosso si è aggiudicata le nostre simpatie.
Questo sottintende che in quella piccola bottega io e la Bri abbiamo acquistato nell’ordine mezza forma di pecorino dolce, mezza forma di pecorino stagionato ed una finocchiona.
Appagati dalla prima tappa siamo ripartiti alla volta di Montalcino.
L’obbiettivo per la seconda sosta era, nemmeno a dirlo, il pranzo con al tavolo una bottiglia del famigerato Brunello.
Al modico costo di venti euro ci siamo così accaparrati una mezza bottiglia di Col D’Orcia per accompagnare i pinci al ragù di carne e funghi di Ambra ed il mio cinghiale con polenta.
A chiudere sono poi arrivati cantucci con moscato e grappa di Brunello Riserva.
Immensa.
Anche in questo caso ripartire senza i dovuti souvenir non sembrava elegante e quindi abbiamo deciso di fare nostre un paio di bottiglie di Brunello di Montalcino ed una mini bottiglia di distillato annesso.
Per le quattro di Venerdì pomeriggio le chiavi della Camera Superiore numero 19 della dimora storica di Castel Gargonza erano nelle nostre mani e noi stazionavamo felici ed infreddoliti ai bordi della sua gelida piscina.
Il pisolino era, a questo punto, un obbligo a cui non abbiamo sentito di sottrarci prima di una doccia ristoratrice ed un aperitivo al bar dell’albergo.
Ora il programma prevedeva la cena.
La Bri, navigando in internet, aveva scovato una piccola trattoria chiamata “La Locanda del Templare”.
Si può rinunciare a un locale con un nome del genere?
No.
Abbiamo prenotato.
La chicca del posto era che con un’aggiunta di un paio d’euro era possibile abbinare al piatto scelto un bicchiere di vino indicato senza dover trovare una bottiglia che andasse bene con tutto.
L’adesione all’iniziativa è stata totale.
Io ho preso delle tagliatelle di farina di castagne con funghi porcini accompagnate da un bianco fermo e molto fruttato e, goduria massima, fegatini con patate arrosto accompagnati da un buon rosso.
Ambra invece come primo ha optato per delle tagliatelle al ragù di cinghiale servite con un rosso di media gradazione, seguite da una tagliata di carne chinina a dir poco sublime, accompagnata da un rosso molto più strutturato.
A chiudere, per entrambi, dessert della casa e moscato.
Durante la cena abbiamo fatto la conoscenza di tal Lorenzo Villa, torinese D.O.C. che a cinquant’anni ha deciso di mollare il lavoro per trasferirsi a fare il viticoltore.
Una persona realmente splendida che, dopo averci offerto praticamente una bottiglia di grappa al tavolo, ci ha raccontato di quando allenava alla Berloni Torino, di quando per scherzo in un’amichevole allenò Dawkins e di quando, sempre per scherzo in una partitella contro ragazzini di un college americano in tour in Italia, si era trovato a marcare un giovanissimo Michael Jordan.
Tra cibo, bevande e compagnia la serata non sarebbe potuta essere migliore.
Almeno fino a che ci è stato presentato il conto.
Non perché questo fosse particolarmente salato, tutt’altro, quanto perché in quel momento il mio bancomat (sì, c’è scritto mio perché è quello del mio conto, su cui ci sono i miei soldi. Non è quello della mamma, per intenderci) ha deciso di smettere di funzionare.
In quel preciso istante, i due giorni da Re che ci siamo regalati hanno rischiato seriamente di trasformarsi in qualche mese da carcerato.
Fortunatamente la Bri aveva in tasca poco più del necessario a saldare il conto al ristorante.
Ora il problema restava solamente pagare albergo, casello ed eventuale benzina con i sedici euro che ci restavano in tasca.
Fortunatamente dopo vari tentativi sono riuscito, circa alla una di notte, a far sputare ad un bancomat qualche euro.
Questa mattina, una volta effettuato il check-out, disponevamo per il rientro della spropositata cifra di 52 euro e di un serbatoio pieno solo per metà.
La colazione faraonica fatta in albergo ed una guida paranoica che ha tenuto il motore inchiodato ai 3800 giri per quattrocento chilometri, con conseguente velocità di crociera di centoventi chilometri orari, ci hanno permesso di rientrare con ancora dieci euro in tasca e senza necessità di pranzare.
Sarebbero potuti essere anche trenta, se la non Bri mi avesse persuaso del fatto che la riserva non sarebbe bastata da Piacenza a casa.
Vista la precisione chirurgica con cui avevo guidato fino a quel momento, io avrei creduto all’impresa, ma probabilmente avrei solo costretto il team a restare a piedi sulla est.
Così è finita la mia breve, ma fantastica vacanza.
Domani invece a finire sarà il mio soggiorno nell’appartamentino e con lui, la mia estate.
Di quel che è stato questo periodo di indipendenza però è bene che ne parli in un’altra occasione.
Pur non potendo connettermi per pubblicare immediatamente quanto ho prodotto e valutarne la lunghezza, vedere che si tratta di due pagine di word mi è sufficiente a capire che è il caso che mi fermi qui.
Sono le 22.09 ed io sono a letto.
Per scrivere ho utilizzato il mio portatile, unico oggetto tecnologicamente avanzato di cui ho disposto in questo mese.
Affianco a me, la Bri sta dormendo già da parecchio tempo.
Non posso staccare però senza citare la chiamata che ho ricevuto poco fa dai quattro d’oltre oceano.Inutile spiegare quanto l’abbia gradita.

Ecco le playlist a confronto (Manq vs. Bri):
1- Darkest Hour – Undoing Ruin vs. Poison the Well – You Come Before You
2- Brand New – Your Favorite Weapon vs. Mineral – The Power of Failing
3- The Bled – Found in the Flood vs. The Used – The Used
4- Bloodhound Gang – Hafty Fine vs. Taking Back Sunday – Tell All Your Friend
5- Taking Back Sunday – Where you Want to Be vs. Fightstar – Grand Unification
6- Senses Fail – Let it Enfold You vs. Brand New – Deja Entendu
7- Angels & Airwaves – We don’t need to Wishper vs. Atreyu – The Curse
8- Grade – Under the Radar vs. Mae – The Everglow

The fairy tale of London

Eccomi qui.
Decisamente riposato e mediamente soddisfatto dalla prestazione degli Azzurri sono pronto a raccontare il tour che mi ha portato oltre manica nei giorni scorsi.
Inizierò parlando proprio della metropoli di per se stessa. Credo che sia la città più bella che io abbia mai visto. La cosa che mi ha più colpito è stata la grandissima varietà di paesaggi differenti che racchiude al suo interno. Parchi, palazzi ultramoderni, monumenti, zone caotiche, zone tranquille, quartieri di lusso ed enormi mercatini il tutto mischiato assieme senza lasciare in chi guarda la sensazione di disagio che differenze così grandi mal accostate saprebbero suscitare.
Sconvolgente.
Muovendosi in metropolitana poi, il tutto acquisisce ancora più valore perché ogni volta che si riemerge dal sottosuolo in un diverso quartiere si ha l’impressione di aver cambiato non solo città, ma forse persino paese e cultura. Soprattutto Domenica, passando da Camden Town a Soho e poi a Notthing Hill, a Temple e, per finire, al cuore della City, siamo stati sbalzati ripetutamente attraverso paesaggi che da noi potremmo trovare solo viaggiando con un ipotetico treno che in pochi minuti ci porti a Napoli, Firenze, Roma e Milano. Non credo che avrei potuto immaginare quello che realmente è Londra se qualcuno me l’avesse descritta in questo modo prima che ci andassi di persona, ma è assolutamente difficile rendere l’idea di quello che questa città offre a chi la visita. Devo ammettere, tra l’altro, che avere affianco una persona che mastica di Architettura mi ha aiutato moltissimo a cogliere il fascino anche di cose che magari, non lo so con certezza perché non mi ci sono mai trovato a cospetto, avrei difficilmente apprezzato. Un esempio è costituito dagli edifici ipermoderni come il Loyd’s, di cui mi sono letteralmente innamorato. Oltretutto, pur essendo la città in se ed i suoi abitanti di una sporcizia inenarrabile, tutti i monumenti e gli edifici sono al massimo del loro splendore, senza nulla che possa deturparne l’aspetto. Prima di partire mi immaginavo di trovare tutta un’altra città e forse anche per questo l’ho apprezzata così tanto.
Ha saputo stupirmi.
Ora è il momento di parlare dei Londinesi. Anche loro da un certo punto di vista hanno saputo stupirmi. Mai vista così tanta disponibilità verso i turisti. Chiunque ci capitasse attorno era pronto ad aiutarci anche senza che noi chiedessimo nulla. Sabato pomeriggio, ad esempio, stavamo consultando la cartina fuori da un Casinò per decidere dove andare e la ragazza alla reception è uscita apposta per chiedere se avessimo bisogno di aiuto. Stessa cosa per un addetto dell’underground che ci ha spiegato passo passo come fare i biglietti all’automatico per risparmiarci la coda allo sportello. Chissà perché me li immaginavo molto più chiusi verso gli stranieri. Altra cosa che mi ha impressionato moltissimo è la multirazzialità (vocabolo che credo di essermi testé inventato). Lo spettro di etnie perfettamente amalgamate che ho visto in questi due giorni non l’avevo mai visto da nessun altra parte. Per quel poco che ho potuto constatare, chi predica l’incompatibilità tra culture diverse dovrebbe farsi un viaggetto nella capitale del Regno Unito prima di sostenere nuovamente questa tesi. La cosa che invece non mi ha per nulla stupito è quanto questa gente senta il calcio ed i fiumi di birra che lo accompagnano. Sabato alle 15:00 l’Inghilterra ha battuto il Paraguay (e non ho detto l’Olanda del calcio totale o l’Argentina di Maradona) uno a zero, grazie ad un’autorete.
La sera alle 22:00 c’erano ancora in giro ragazzi e ragazze totalmente ubriachi, mezzi nudi, vestiti solo di patriottiche bandiere ed intenti a fare caroselli come neanche avessero vinto sei a zero la finale.
Fantastici.
Non che io trascuri il fattore calcio. Domenica c’è stata la rituale visita allo stadio che non manco di fare in nessuna delle città che visito. Tra i molteplici che si possono trovare a Londra ho scelto lo Stanford Bridge, per ovvi motivi nostalgici. Con un certo disagio sono entrato anche nello store ufficiale per vedere se fosse già reperibile la nuova maglia numero 7. Non c’era.
Meglio.
Altra cosa che non posso astenermi dal descrivere è il lato economico del viaggio. Che la “sterla” fosse moneta infame lo si sapeva dal principio e lo si era detto in tempi non sospetti. Ero tuttavia riuscito a non cadere nel suo diabolico tranello per quasi tutto Sabato, concedendomi unicamente acquisti che mi sarebbero stati rimborsati dai miei come la borsa porta pranzo di Harrods che mia madre voleva per atteggiarsi in ufficio o il nuovo paio di All Star che avrei comunque dovuto acquistare al rientro, viste le condizioni in cui versavano le precedenti.
Tutto procedeva bene fino appunto a Sabato sera, quando ho messo piede nel Virgin Megastore di Piccadilly Circus.
Lì si è consumato un dramma.
Quel posto vende tutti i CD dei miei sogni, anche quelli introvabili, quelli che non sono nemmeno riuscito ad ordinare via internet, persino quelli che nemmeno Uncle Bazzu a Los Angeles (e non ho detto Quartoggiaro) è riuscito a trovarmi.
Tutti.
Nel giro di pochi minuti, in preda agli spasmi e ad uno stato eccitatorio fuori dal comune, avevo per le mani una quantità di dischi tale da dover ipotecare la casa che non ho per poterli pagare. Riacquistata coscienza di me sono riuscito a limitare i danni comprando solo, si fa per dire, tre dischi: “Under the Radar” dei Grade, “The Everglow” dei MAE e la limited edition di “Tell All Your Friends” dei Taking Back Sunday che presenta al suo interno, oltre al disco, un DVD con video, interviste ed altre cose inutili da cui io però sono fisicamente dipendente. Il dramma in tutto questo non è stata nemmeno la spesa folle in se, ma l’essere uscito di lì col chiodo fisso di tutti i CD che avevo dovuto rimettere sugli scaffali e che forse non sarei mai più riuscito a trovare altrove.
Anche in un viaggio perfetto tuttavia, ci sono degli inconvenienti. In questo caso l’unico che sia degno di nota è il non aver visto nessuno dei due luoghi descritti nel “Codice Da Vinci”: Temple Church domenica era chiusa (?), mentre per l’abbazia di Westminster le 10 sterline richieste all’ingresso apparivano eccessive.
Bene, questo è quanto.
Probabilmente, a pensarci meglio, mi verrebbero in mente milioni di altre cose da dire riguardo al mio week-end, tuttavia credo che sia giusto chiudere qui, almeno per il momento.
Come credo sia intuibile, non aver praticamente dormito per due giorni interi e aver camminato tanto da avere dolori sparsi in tutto il corpo ancora oggi, non mi è pesato per nulla.

Foto del giorno n°2 – Il nostro arrivo a Buckingham Palace
Fuckingham Palace
*Manq: “Guarda te sti cani inglesi che pagliacciata stanno mettendo su davanti a Fuckingham Palace…”
Bri: “Amo, questo lo capiscono.”