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Concerti

Coldplay live? Ok!

Eccomi qui a scrivere due righe sul live dei Coldplay al Forum di Assago.
Mi tolgo subito il dente e l’annesso dolore: è stato un bel concerto.
Bene, ora posso prendermi il tempo che serve ad argomentare e a raccontare tutta la storia.
Innanzi tutto va detto che nè io nè Ciccio siamo fan sfegatati del gruppo e che ci siamo ritrovati a questo concerto grazie ad una proposta “di quelle che non si possono rifiutare” e per la quale mi sento di ringraziare sia la Simo che il suo amico collocato.
Arrivati sul posto entrambi abbiamo preferito una pizza e due panini con la salamella annaffiati da un paio di birre all’esibizione del gruppo di supporto. Di quest’ultimo non ricordo neppure il nome, non lo ricordavo nemmeno dieci minuti dopo averlo sentito con buona pace del tipo inglese che mi ha chiesto di loro e che si è sentito rispondere da Ciccio che erano i Beatles. Ricordo solo che erano dei sosia degli Artic Monkeys, ma a livello visivo non musicale. Musicalmente ricordavano più del letame.
Finita la cena, abbiamo deciso di prendere posto nella zona del forum che più ci competeva: la zona vip, accesso alla quale era compreso nell’offerta irrifiutabile. Per quanto io sia avezzo allo stare tra personalità di spicco, non ho mancato di dare luogo a buffe situazioni di cui riporto l’esempio massimo:
Manq: “Oh, c’è uno uguale a Luis Figo!”
Ciccio: “Pirla, è Luis Figo.”
Oltre al pallone d’oro mi sono trovato affianco ad altre figure mitologiche quali Alba Parietti (con attempato accompagnatore), Maurizio “Rete” Compagnoni, Le Vibrazioni (che ho stimato per essersi seguiti il concerto in mezzo alla calca e non nel palchetto VIP dove invece io e Ciccio, decisamente snob, ci siamo accomodati), i Finley, il batterista dei Bluvertigo in compagnia di Giorgia Surina (che dal vivo è una figa inumana) e il “105 friend” pelato.
Nota di demerito per il cantante dei Lost che, oltre ad essere inguardabile ed essere vestito con dei pantaloni stretti rossi che nemmeno Orifizio ai tempi migliori, era anche in compagnia di un cesso indecente.
Come io e Ciccio abbiamo subito convenuto, se sei famoso e non sei in giro con una figa, della vita non hai capito un cazzo.
Per questi motivi mi sono anche prso il lusso di una simpatica gag.
Lo fisso.
Mi vede.
Tocco dentro Ciccio.
Lui sorride.
Lo indico.
Lui si stima e si avvicina.
Io lo guardo e gli dico: “Tu sei il cantante di quel gruppo… com’è che vi chiamate?”
Lui si rabbuia in un istante e mi dice: “Lost.”
Poi se ne va a testa bassa.
A quel punto a sorridere siamo io e Ciccio.
Mondanità a parte direi che è il caso di spendere due parole sul concerto in se.
Come dicevo all’inizio mi è davvero piaciuto: buono show, buoni effetti visivi, buone coreografie, tutto sommato buon suono, idee carine: insomma bella prestazione.
Devo ammettere che i Coldplay hanno dei pezzi eclatanti: “Fix You”, “The Scientist”, “Yellow” e “Politik” su tutti. Unica mancanza in scaletta è “Trouble”, ma alla luce dei fatti non ha pesato.
Anche il nuovo singolo “Viva la Vida” presentata in versione suonata e in remix anni ’90 durante l’unico cambio palco ha reso moltissimo.
Dal vivo i Coldplay hanno una sezione ritmica devastante.
Ora due considerazioni/riflessioni. La prima è nata subito dopo il concerto, parlando col mio socio.
E’ indubbio che tecnicamente i Colplay non siano nulla di che. Nessuno fa più dello stretto necessario eccezion fatta forse per Chris Martin, che è un frontman decisamente capace. La questione è questa: il prodotto finito, ovvero la musica dei Coldplay, è nettamente superiore all’abilità tecnica di chi lo crea. Mai mi è capitato di notare un dislivello così pronunciato. La domanda è: sarà veramente tutta farina del loro sacco? Il dubbio è supportato da due annotazioni fornitemi da Ciccio:
1- Anche prima di sfondare i ragazzi erano decisamente ben collocati (mi si dice che Chris sia baronetto) e quindi gli aiuti non sarebbero mai stati di difficile reperimento.
2- L’ultimo album (mi si dice) prodotto da Brian Eno è decisamente diverso dagli altri.
Questa riflessione non vuole togliere nulla al gruppo, che comunque incarna una delle realtà musicali d’ampia portata più innovative e interessanti dei tempi che corrono, ma solo sinsigare un po’ il dubbio che è sempre divertente alimentare.
La seconda riflessione è invece nata il giorno dopo in laboratorio con Monica.
Durante i primi due pezzi del concerto Chris Martin mi ha dato la netta impressione di essere strafatto. Biascicava, cantava male e si muoveva confuso. Poi si è ripreso e ha fatto un grande show, probabilmente anche grazie al fatto che la droga ha iniziato a fare il suo effetto.
Ho realizzato che senza droga la storia della musica sarebbe probabilmente nulla.
Ampliando il discorso direi che senza droga il 90% dell’arte non esisterebbe.
Cazzo.
E poi dicono che la droga fa male.
Post fiume, post d’altri tempi.
Figata.

 

Ordine

E’ troppo tempo che non scrivo un sano post per punti.
I post per punti sono la linfa vitale di quasi tutti i blog.
Sicuramente di tutti quelli che valgono, e il mio per me vale molto.
Quindi post per punti sia.

– In televisione non c’è mai un cazzo, ma riescono comunque a mettere i bei film solo nelle sere in cui ci sono le partite.
“Point Break” è un film della madonna.
– Serata di campionato, Milan ancora assolutamente discutibile. Però senza Pirlo si vince. Mi accontento.
Domenica sera c’è il derby. Me lo vedrò dal terzo anello blu di S.Siro, biglietto già acquistato. Sono già in ansia.
Per quel che riguarda il fantacalcio, tutto lascia presagire l’ennesima giornata no.
– Sto leggendo “Bar Sport” di Benni. Non mi fa ridere. E’ grave?
– Martedì prossimo provo la sortita al forum con Ciccio. L’obbiettivo è vedere i Coldplay senza spendere miliardi.
– Ho fame.
– Ieri ho seguito la puntata di “Otto e Mezza” con ospite Alemanno.
Alemanno, secondo me, è un pupazzo dentro cui si cela Guzzanti (figlio) che fa l’imitazione di non ricordo chi.
Come tutti i pupazzi non fa ridere e fa un po’ pena.
– Questo week-end ho mangiato come un maiale. Ottima la sagra della patata, meno quella del gorgonzola.
Pregevole la gita a Faggeto Lario con annesso agriturismo, nonostante la carestia di salsiccette.
– In questi giorni continuo ad interrogarmi sul perchè l’antitrust non faccia nulla nei confronti della Carfagna.
La sua legge sulla prostituzione è concorrenza sleale.
Un’altro conflitto di interessi irrisolto.
– Ho ordinato un po’ di cd.
– Sono innamorato. Di nuovo.
– Sono stressato. Di nuovo.
– Ho bisogno di staccare dal lavoro.
– Sto provando a scaricare “Gomorra” e “Il Divo”. Io di film ne scarico parecchi e MAI mi è capitato di fare così fatica.
In rete ci sono solo fake. Io, che sono solito lasciarmi andare alla cultura del sospetto, ci vedo una cospirazione.

Non ce n’è, i post a punti sono sempre bellissimi.
Ordinati come piace a noi Italiani.

Fuck armageddon, this is hell!

Vedere i Bad Religion dal vivo è un’esperienza da fare.
Io l’ho fatta sta sera ed è stato molto bello.
Si sta parlando di un gruppo che suona da quasi trent’anni con la stessa convinzione, lo stesso apporccio e la stessa attitudine.
Una band il cui leader, quando non è in tour, insegna “Scienze della Vita” all’Università della California.
Gente con una certa età.
Però sta sera han tirato un’ora e mezza quasi di musica con poche pause e tantissima carica.
Hanno letteralemtne spaccato.
Chissenefrega se su CD non li ho mai ascoltati, i Bad Religion sono una delle icone di quel che da sempre sento più vicino come cultura musicale e quindi dal vivo prima o poi dovevo assolutamente vederli.
Ora che l’ho fatto so che ripeterei la scelta ancora e ancora, se ricapitasse l’occasione.
E non è detto che non inizi a dar loro anche qualche ascolto su disco.
Alla fine hanno dei pezzi decisamente giganteschi.

… and there will be sorrow no more…

A.A.A. Concertari cercasi.

Ho una certa voglia di andare ad un festival.
Questo festival.
L’evento ha una line-up della madonna, per quel che mi riguarda, racchiudendo gruppi che ho visto milioni di volte e che rivedrei ancora milioni di volte, gruppi che amo e che non ho mai visto, gruppi che mi incuriosiscono pur non avendoli mai realmente ascoltati su disco e gruppi che vorrei vedere per poterne parlare male con ulteriore verve.
Ora elencherò i principali motivi per cui andrei ad Interlaken:
Venerdì 13:
– Enter Shikari
– In flames
Sabato 14:
– Zebrahead
– Donots
– Die Ärtze
Domenica 15:
– Biffy Clyro
Senza contare appunto tutte quelle band che mi gusterei volentierissimo, ma che oggettivamente non valgono un viaggio di duecento e passa km, ovvero: Millencolin, Nofx, Offspring, Coheed and Cambria, The Donnas, Sick of it All e Hundred Reasons.
Eviterei volentierissimo di spararmi il terzo live dei Rise Against nel giro di dodici mesi, avendoli trovati osceni sia quando li vidi per scelta che quando li vidi per costrizione, e mi eviterei altresì volentieri la combo From First to Last + Bullet for my Valentine.
Essendo poi io estremamente onesto, guarderei volentieri pure i Linkin Park.
Ora passiamo alle cose più serie.
Potrebbe essere che qualcuno, leggendo queste righe, sia colto dal desiderio di dire: “Cazzo, io ci volevo troppo andare, ma non sapevo a chi chiedere”.
Ecco, in quel caso “Chi” sono io.
Disponibile per fare uno, due o tre giorni, l’unica cosa che non mi andrebbe è di fare solo il Sabato.
Oltretutto i Linkin Park, ultimo gruppo d’interesse per il sottoscritto, finiranno di suonare alle 20.30 (orario svizzero), indi non si prospetta nemmeno un massacro per il rientro.
Insomma, il tutto molto fattibile.
Molto più di molte altre date che ho visto sul territorio nazionale.
La speranza è di trovare qualche commilitone.

Come da pronostico

Se Dio esistesse e suonasse in una band, suonerebbe nei No Use For A Name.
Punto.
Fine della storia.
“On The Outside” è in assoluto la canzone che tira più in mezzo eseguita dal vivo.
“Coming Too Close” è da sempre il pezzo su cui mi è più difficile non piangere ascoltandolo live.
E poi loro suonano bene nonostante il posto (il Musicdrome è veramente indescrivibile), suonano tirato, suonano una scaletta di soli singoli che neanche Vasco potrebbe permettersi, suonano con attitudine.
Anche nel finale, quando fanno due pezzi a richiesta tra cui una “Don’t miss the train” di cui non ricordano pressochè nulla.
Io sarò di parte, è vero, però cazzo dal vivo sono sempre supremi.
Sempre.
Checchè ne dica il Bell’uomo, che comunque ringrazio per la compagnia e la bella serata.
Da bravo ultrafan ho presenziato anche al pre serata acustico del Quorter di Legnano, acquistando il disco nuovo e approfittando per farmelo autografare.
Come detto, io sono di parte.
Però, cazzo, gran concerto!

Buona la seconda

Dopo la delusione Jimmy Eat World e il sold out della coppia New Found Glory/Paramore avevo decisamente bisogno di un buon concerto per ritirarmi su e dare finalmente inizio alla stagione live 2008.
Oltretutto, grazie al pacco recapitatomi dal BU alle ore 19.00, ho anche rischiato di dover rimandare nuovamente l’inaugurazione, non fosse che Bazzu e Max hanno deciso di accompagnarmi in quel di Mezzago.
Quello dei Canadians al Bloom è stato molto più che un buon concerto.
Il quintetto veronese mi ha impressionato e appassionato come non pensavo riuscisse a fare. Su disco mi piacciono molto, ma dal vivo, col suono che diventa più ruvido e potente, sono addirittura strepitosi.
Non c’è molto altro da aggiungere, solo applausi a scena aperta e conversione della soddisfazione post live nell’acquisto dell’accoppiata CD+Spilletta.
Spero di poterli rivedere presto, magari ancora insieme ai Bobbit Uncut, il gruppo che ha aperto molto brillantemente la serata nonostante i disguidi con l’ampli del bassista.
Per il momento il Week end è andato alla grande. La cena di ieri con gli ex-compagni è stata spettacolare e oggi la Ilo è passata a bere un caffè da me per vedere la casa, omaggiandomi tra l’altro di sei splendide tazzine.
E’ stata molto carina.
Bene, ora vado a letto che domani si va a Chivasso.

Primo concerto dell’anno

Hanno suonato “Hear you me”.
Alla fine, nel bis, appena prima di “Dizzy” e io ho troppo di me legato a quel pezzo per non commuovermi.
Questo tuttavia è l’unico motivo che mi porta a desistere dal dire che mi hanno rubato diciotto euri.
Difficilmente mi spacco le palle durante un concerto. Anche quando ciò cui sto assistendo non mi piace è difficile che arrivi ad annoiarmi.
Sta sera è successo.
La cosa brutta è che non me lo sarei mai aspettato. Come già ho avuto modo di dire reputo l’ultimo lavoro dei Jimmy Eat World il loro miglior disco. Difficilmente mi capita di vedere dal vivo una band durante il tour del disco che preferisco, di solito arrivo in ritardo e mi ritrovo ad andare ai concerti sperando che il gruppo suoni la “roba vecchia”. Oltretutto di solito rimango molto deluso perchè ciò non avviene. Per una volta quindi ero euforico all’idea che gli estratti dall’ultimo lavoro avrebbero dominato all’interno della scaletta, ma neanche a dirlo questa serà ho assistito all’unico live della storia in cui questa consolidata tradizione non viene rispettata.
Quattro pezzi da “Chase this Light”.
Forse cinque, ma non ne sono neppure sicuro.
Decisamente troppo pochi.
A rendere il concerto pessimo però non è certo stata la scaletta.
Sono stati i volumi.
E i suoni.
Potevo parlare con Luca, Uippo, Dario e il BU senza gridare, potevo coprire il gruppo se decidevo di cantare qualche pezzo e riuscivo a sentire chiunque battesse le mani all’interno del locale. Credo di poter affermare di tenere volumi più alti di quelli di sta sera quando ascolto la radio in macchina e non ho nemmeno un impianto particolarmente raffinato. Difficile tirare in mezzo il pubblico suonando in sordina, anche se hai dalla tua una scaletta rimpinzata di ballatone e pezzi simil acustici. Ad un certo punto, se decidi di suonare “Bleed American” o “Big Casino” il volume lo devi tirare fuori, se no fai ridere.
E poi i suoni. Dopo i primi quattro pezzi l’impressione generale era che il batterista non ci fosse (non si vedeva sul palco, incastrato com’era sul fondo) e che l’avessero sostituito con una drum machine. La sezione ritmica, ridicolizzata dagli effetti, pareva quella di una base preregistrata che andava ad unirsi alle già molte basi preregistrate che avrebbero credo dovuto riempire il suono e che invece hanno solo dato l’idea di un maxi playback.
Imbarazzante.
Distorto inesistente, suoni finti, interazione col pubblico vicina allo zero, tenuta del palco modesta.
In sostanza un vero e proprio “fake” live.
Sembrava di assistere ad uno di quei video di MTV in cui si vede la band su un palco con in sottofondo il singolone estratto dal disco.
Al ritorno in macchina il BU, al telefono con la Vero, ha detto: “A me non è spiacuto, il mio socio invece è deluso. Voto medio direi quindi 5,5”.
Io ho risposto: “Cazzo, gli hai dato 8 tu.”
Non ci sono storie, alla fine di gruppi che dal vivo non deludono mai ce ne sono pochi.
Io continuerò ad ascoltare i Jimmy Eat World in macchina e continuerò ad apprezzare le melodie che solo loro sono in grado di tirar fuori, ma per andare ad un concerto sicuro di non restarne deluso ci sarà da aspettare ancora.
Ci sarà da aspettare il 21 Aprile, ad esempio.
In quell’occasione, per quanto il gruppo non produca nulla di decente dal 2002, so che mi divertirò.

Fake metal

Ok, è da Domenica che non do notizie di me e questo non è bello.
Però è anche vero che è da Domenica che vivo da solo e questa è la principale motivazione per il mio assenteismo.
Troppa roba da fare e troppo poco tempo, come al solito nella mia vita, e questo non può non avere ripercussione sulla mia attività di blogger.
Sta sera però, nonostante il sonno devastante, ho deciso di farmi forza e buttare giù qualche frase. All’inizio volevo scrivere qualcosa riguardo il mio nuovo lifestyle, tuttavia la mia condizione è stata testata ancora troppo poco perchè possa sbilanciarmi in un giudizio.
Certo che se fossi stato ancora dai miei l’essere uscito per la prima sera in questa settimana non avrebbe compromesso l’avere un pranzo domani a mezzogiorno, tuttavia trattasi di mere questioni organizzative che troppo poco pesano sulla valutazione della singletudine.
Volendo però scrivere qualcosa in questo post torno sulla mia serata in società.
Sono andato al Rainbow a sentire Atreyu e Still Remains.
Una bella serata fake metal insomma.
I secondi non li avevo mai nè visti nè sentiti e mi hanno fatto una bella impressione. Roba che difficilmente ascolterei su disco, che però dal vivo ha reso parecchio. Trattasi di tamarri, nè più nè meno, che però hanno dimostrato di saper tenere palco e pubblico in modo più che decoroso.
Poi a me i tamarri piacciono sempre.
Insomma, decisamente pollice alto.
Per gli Atreyu la definizione di tamarri è invece riduttiva.
Preparazione del palco e check che nemmeno i Metallica (per citare un gruppo che non ho mai visto live, ma che è noto essere abbastanza cagacazzo), scenografia raccapricciante e tempistiche iperdilatate sono troppo da sopportare per un gruppo che ha all’attivo quattro dischi di cui almeno tre identici tra loro.
Questo mi ha indisposto non poco.
Il set però è stato abbastanza divertente, per quanto conoscessi credo 4 soli pezzi di tutta la scaletta e persino questi siano stati suonati in maniera irriconoscibile. Il check faraonico non ha aiutato molto i suoni e questo, col senno del Poi, lo rende ancor più irritante. Il gruppo però intrattiene bene la folla, forse per via del fatto che tre dei cinque siano di una bruttezza leggendaria o forse per il fatto che tre dei cinque siano degli zarri da autoscontro durante la festa del paese.
Più probabilmente perchè il cantante possiede un oggetto magico arcano noto come “la canotta della virilità” che quando indossata rende il proprietario un figo d’altri tempi, ma una volta tolta lo trasforma nel peggiore dei ricchioni. C’è da dire che con il fisico sfoderato dal frontman e vista l’esigenza di mostrare i moltissimi tatuaggi, è comprensibile che questa sia durata indosso giusto due o tre pezzi.
In sostanza la serata è stata divertente seppur non abbia certo visto suonare gruppi le cui performance resteranno scolpite nella memoria. La Bri mi ha pure fatto una foto insieme al migliore degli atreyu, il bassista, che ha regalato veramente un gran live. Avrei voluto postarla, ma ho sonno e non ho voglia/tempo di ritoccarla per cancellare la mia faccia.
In quella foto oltretutto indosso la maglietta della futura ricchezza ed i tempi non sono ancora maturi perchè io la mostri.
Ora vado a nanna.

Manq, per te l’avventura DIMET…

…continua!
Prova scritta dell’esame di dottorato passata.
Giovedì sarà il momento dell’orale, il momento in cui tutto può essere riscritto da raccomandazioni e spintarelle del caso.
L’altro giorno, dopo lo scritto, parlando con il mio capo c’è stato un simpatico siparietto.
Capo: “Ma qualcuno in commissione sa che lavori qui da me?”
Manq: “Io non ho detto niente.”
Capo: “Beh, da curriculum dovrebbe vedersi.”
Manq: “In effetti sul curriculum è scritto.”
Capo: “Speriamo che vedendo questa cosa non ti gambizzino.”
Manq: “…”
Personalmente non faccio una malattia dell’entrare o meno in dottorato, mi piacerebbe ottenere il più possibile a livello di riconoscimenti dal lavoro che sto facendo, ma non è certo quella la molla che mi spinge a proseguire.
Insomma, vediamo un po’ cosa ne esce.
Ora, mentre l’idraulico si appresta a finire i lavori della mia casa, io mi appresto a partire per Bologna.
Stasera suonano gli Used e io non ho intenzione di perdermeli.
Questo si traduce come al solito in 400 chilometri di pura solitudine, immerso nei miei pensieri e imbottito di caffè come nemmeno un pocket cofee.
Se suonano Tragic Poetry piango.
Non credo ci sia pericolo.
Come sempre quando mi appresto ad una trasferta di questo tipo ho necessità di selezionare con cura la musica che mi accompagnerà.
Questo mi porta a poter riflettere sulla mia scaletta per il cofanetto. Faccio subito una precisazione: per me gli anni novanta sono andati dal maggio 1996 al maggio 2001 e sono stati anni ignoranti.
In rigoroso ordine di ascolto.

01 – The Offspring – Genocide
02 – Nofx – Release the hostage
03 – Derozer – No Surf!
04 – Millencolin – Lozin’ must
05 – Persiana Jones – Cosa pensi
06 – GAMBEdiBURRO – La ragazza che io amo
07 – The Ataris – I won’t spend another night alone
08 – No Use For a Name – Not your savior
09 – Blink 182 – Josie
10 – Strung Out – Gear Box
11 – Propagandhi – Middle finger response
12 – Fenix TX – All my fault
13 – Lagwagon – Alien 8
14 – Diesel Boy – Titty Twister
15 – Useless ID – Out of tune
16 – Murder, We Wrote – Look inside my heart

Rileggendola ho un solo aggettivo: settoriale.
Grazie ad Ale e Federico per aver partecipato.
Attendo The O, perennemente in ritardo, e Manowar, impegnato a far nascere il primogenito.
Ah, l’altra volta l’ho dimenticato, ma inserirei anche Fili tra gli autori del cofanetto.
Spero si produca in una bella lista.

Live reports don’t tell themselves

Mi sono visto proprio un bel concerto.
I Funeral for a Friend sta sera hanno fatto un grande show. Me li aspettavo precisi e puliti al punto di sembrare finti e mi aspettavo una prova discutibile da parte di Matt alla voce.
Così non è stato.
Il suono era effettivamente impeccabile ed i pezzi tutti suonati con una precisione spaventosa, ma la sensazione era di bravura più che di finzione. Anche la voce, tolti un paio di pezzi di rodaggio all’inizio, non si è certo risparmiata. La scaletta ha toccato tutta la produzione musicale della band, regalando anche la chicca di “10.45 Amsterdam Conversations” tratta da “Seven ways to scream out your name”. I pezzi nuovi in chiave live mi hanno convinto al 100%, ma è sicuramente sulla roba più datata che il concerto ha avuto i suoi picchi. Durante un siparietto volto ad elogiare il pubblico, ho anche appreso una roba abbastanza spiacevole: sembra che il menagement del gruppo abbia loro sconsigliato di fare tappa in Italia durante il tour europeo. Questa rivelazione aveva come scopo quello di dire che invece ci siamo rivelati un pubblico fantastico, tuttavia è abbastanza triste sapere che ci considerino un posto dove non è bello venire a suonare.
Per il bis hanno tenuto due pezzi enormi come “Streetcar” ed “Escape artists never die”. Sull’intro della prima, con il telefono che squilla, Matt ha anche accennato: “Milano, I just call to say I love you”, facendomi molto ridere. Chiudo la parte di post a loro dedicata con due cigliegine. La prima è che uno dei due chitarristi è ormai il sosia ciccione del cantante degli AFI, l’altra è che per la prima volta ho visto una tipa fare il segno del cuore con le mani ad un concerto. Quando me ne sono accorto ho sperato che Matt la vedesse, saltasse dal palco e la limonasse ferocemente.
Nel vedere tutto questo, avrei pianto.
Se la serata è stata molto piacevole gran parte del merito va anche ai Revolution Mother, il gruppo spalla. Trattasi di quattro bikers californiani usciti direttamente dagli anni ottanta e spinti da un’unica passione: l’hard rock. A vederli sembrano lo stereotipo degli harleysti ritratti nei telefilm americani di quell’epoca: bandane, giubbotti di jeans con sulla schiena il logo della banda, tatuaggi, barbone foltissime e tanta tanta attitudine. Che il loro sia un messaggio decisamente vintage è comprensibile al solo guardarli, ma per allontanare qualsiasi dubbio sfoderano una bella cover targata Black Flag, togliendo posto a qualsivoglia malinteso. Sentendoli suonare mi sono subito chiesto cosa ci facessero di spalla ad un gruppo come i Funeral for a Friend. La risposta mi è stata data poco dopo dal cantante della band.
“People ask us: “Why are Revolution Mother touring with Funeral for a Friend?”. Well there are not music categories. There are not music genres. There are only bad music and good music. We and Funeral for a friend play good fuckin’ music and we play it fucking loud!!”
Geniale.
Il loro show dura mezz’ora ed è puro spettacolo. Travolgenti da ogni punto di vista. Quando poi il chitarrista ha scavalcato le transenne per suonare un pezzo in mezzo al pubblico è stato il delirio. Tutti attorno a lui a corna alzate, sottoscritto compreso, in un momento di puro rock and roll!.
Al momento dei saluti si sono rammaricati di non potersi fermare a bere una birra con il pubblico, come loro consuetudine, per via delle serratissime date del tour. Se dovessero ricapitare in italia, non esiterei un secondo nel tornare a sentirli pur non apprezzando particolarmente il genere dal loro proposto.
Veri animali da palcoscenico.
Veri animali.
Chiudo, dopo aver ringraziato Carlo e la Sara per la compagnia, con l’unica nota negativa: il Musicdrome. Acustica buona, per carità, ma locale orribile e servizio sicurezza indisponente.