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Spero che i detti popolari a volte si sbaglino

Sono stato tre giorni a Napoli.
Ci sono andato per la discussione di dottorato di Elena e con questa scusa ho avuto anche modo di fare il turista.
E’ stata una piacevolissima esperienza.
Per quanto non tutto ciò che si dice sul capoluogo campano sia totalmente campato in aria, devo riconoscere che molte delle mie paure e dei miei pregiudizi si sono rivelati infondati. Mi vergogno ad ammetterlo, ma per la prima volta prima di partire per un viaggio ho fatto un bel censimento delle cose da portare e non portare, decidendo così di lasciare a casa bancomat, carta di credito, patente, codice fiscale, cellulare nuovo, macchina fotografica e lettore mp3.
La paura era ovviamente quella di venire alleggerito dei sopracitati oggetti.
Fortunatamente Napoli non si è rivelata così spaventosa come me la immaginavo ed ha concesso a me, Paola e Veronica di girare per i suoi vicoli come perfetti turisti scattando foto (fortunatamente la Vero la macchina l’ha portata) senza che ci venisse torto un capello.
Anche il rapporto con la popolazione locale è risultato meritevole di lode, non solo per ciò che riguarda i fantastici amici di Elena e la sua premurosissima mamma, ma anche e sopratutto per gli sconosciuti. Gente calda e ospitale, tanto diversa dal popolo del nord da risultare “strana”, ma mai in senso negativo. A tal proposito è scattata un’interessantissima analisi sociale volta a sviscerare le profonde diversità culturali che caratterizzano milanesi e napoletani, dibattito che ha interessato un po’ tutti i presenti alla cena di Venerdì fino all’arrivo delle pizze.
Quando la prima fetta di margherita ha fatto ingresso nella mia bocca è diventato impossibile parlare d’altro.
Come dicevo però, è bene ricordare che non tutto ciò che di Napoli si racconta è frutto di fantasie, razzismo e pregiudizio.
Il traffico è effettivamente quanto di più selvaggio e maleducato possa esistere ed il problema dei rifiuti è drammaticamente reale.
Oltretutto il primo approccio con Napoli da noi avuto è stato con i tassisti, che si sono rifiutati di portarci via dall’aereoporto solo perchè abbiamo fatto presente loro che la cifra richiesta non era esattamente quella che ci era stata preannunciata dalla nostra collega.
Quello è stato un momento piuttosto buffo, visto che abbiamo parlato solo con un tassista ed improvvisamente anche tutti gli altri si sono rivelati ostili ed intenzionati ad abbandonarci lì. Addirittura è arrivato un tizio di corsa mentre provavo a fermarne un altro dopo essermi allontanato di qualche decina di metri. Gridava roba tipo: “Non caricarli!” e una volta sopraggiunto mi ha chiarito che dovevo smetterla di chiedere perchè nessuno ci avrebbe portato.
Diciamo che come primo impatto non era stato proprio positivo.
Ci sarebbe molto altro da dire di questo viaggio, ma non credo sia importante farlo.
Mi preme di più spendere un’ultima riflessione sulle persone che mi hanno accompagnato.
Splendide.
Trovarsi bene con i propri colleghi è un bene enorme in tutti i lavori. Purtoppo nel mio caso il fatto che tutti siano precari rende questa situazione terminale e di conseguenza triste.
Un po’ come quando si pensa all’inevitabile incombenza della morte.
Fortunatamente sono attimi passati i quali si torna a gioire della bellezza del presente.
Si dice “vedi Napoli e poi muori”, io spero solo che il poi duri molto.
E che morte, in tedesco, non si dica Heidelberg.

1 commento su “Spero che i detti popolari a volte si sbaglino”

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