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Riflessioni

Verso il voto 2.0

Ieri ho scritto un post infinito sulle prossime elezioni.
Ho clikkato su “pubblica” ed in quel momento il database di aruba è andato giù, cancellando per sempre le mie riflessioni.
E’ stato un brutto momento.
Oggi, non so perchè, mi sento di provare a riscrivere qualche riga sull’argomento. Di solito non riscrivo mai testi che per qualche ragione vanno perduti prima di finire on-line, tuttavia per questa volta voglio fare un’eccezione.
Il succo del discorso era ed è la mia ormai arcinota incapacità di trovare qualcuno in grado di rappresentarmi alle prossime politiche. Questo è strano in un paese in cui nasce un partito ogni trentaquattro millisecondi, ma forse è perchè io sono talmente in minoranza da non poter avere nessuno che voglia rappresentarmi all’infuori di me stesso.
Se dovrò quindi scegliere tra tante opzioni più o meno distanti da ciò che cogito ergo da ciò che sum, ritengo di dover selezionare non solo la meno lontana, ma anche quella tra le vicine che più abbia possibilità di portare avanti quelle idee per cui ho deciso di schierarmi. Questo si traduce nel votare ualcuno che abbia la possibilità concreta di governare. Oltre a questo, c’è da considerare che da quando ho diritto di voto, la maggior parte delle volte ho mio malgrado usato la croce per far perdere qualcuno, piuttosto che per far vincere qualcun altro.
Sono l’emblema del voto contro.
A sto giro però mi sono stancato e ho deciso che il mio voto o sarà per qualcuno, oppure non sarà del tutto ed annullerò la scheda.
Per questo sto cercando di seguire il più possibile questa campagna elettorale, nella speranza di trovare almeno un motivo per votare il centrosinistra e giustificare il mio ennesimo voto contro come fosse un voto pro.
Ieri Veltroni ha provato a darmi questa motivazione ed io avevo quasi abboccato.
Ovviamente sto parlando della questione De Mita.
La mossa di non candidare il buon Ciriaco per via del fatto che è 45 (qua-ran-ta-cin-que) anni che sta in parlamento all’inizio mi ha quasi fatto gridare al miracolo.
Spazio al nuovo che avanza.
Poi però ho riflettuto un attimo. De Mita è un democristiano. Cosa cazzo ci fa un democristiano nel PD con tutti i partiti di centro che ci sono? Questo avrebbe dovuto far riflettere Veltroni, non l’età. Walter avrebbe dovuto dire: “Caro Ciriaco, è vero che come diceva sempre il nonno di Manq voi democristiani non morirete mai, tuttavia vi sarei grato se vi schiodaste dalle poltrone cui vi siete abbullonati e vi sciacquaste fuori dai coglioni, vecchi e giovani, perchè con la sinistra, per quanto moderata, voi non c’entrate niente.”. Invece a Veltroni De Mita faceva comunqe comodo, non tanto da non rischiare di perderlo per realizzare un’abilissima mossa mediatica, ma abbastanza da proporgli di restare nel PD con incarichi “che per essere svolti non richiedono la presenza in parlamento”. Per il leader del centrosinistra l’ideale sarebbe stato tenerselo, e con lui i suoi voti, dicendo in giro che però per la vecchia politica non c’era più posto.
All’atto pratico quindi la mossa è positiva, ma non tanto da essere motivo di voto.
E ci sarebbe da dire anche riguardo alla questione Radicali, tuttavia ora non ne ho più voglia.
In sostanza quindi continuo a restare alla finestra e ad attendere un segnale che valga i due tratti della matita copiativa che ho a disposizione.
Oggi ho perfino valutato l’idea di votare Di Pietro sulla base del fatto che nell’ultima legislatura si è comportato bene.
E poi sta col PD e quindi sarebbe un voto contro Berlusconi.
Credo questo basti a chiarire il livello di delirio che ho raggiunto.
Bene, direi che è tempo di chiudere. Per farlo sparo giusto un paio di bombe nella più classica e Moschiana tradizione:
1- Domenica sera si è deciso di andare a cuba 10 giorni a fine Giugno. Martedì Castro lascia il potere. Coincidenze?
2- Si avvicina un wend dal sapore retrò: Venerdì sera cena coi compagni del liceo, Sabato pomeriggio in sala col gruppo del liceo, Sabato sera Bloom di Mezzago a sentire i Canadians e Domenica trasferta a Chivasso per torneo.
Sta sera son preso bene e ho deciso che mi piace molto questa mia foto (by Max).
Non so quale delle due cose sia più sconcertante.

Interni ed esterne

Mi sto dando alla sistemazione di casa.
Oggi sono andato ritirare gli ultimi accessori da bagno ancora mancanti: la mensola, i due porta asciugamani ed il porta carta igienica. Non ho ancora ben capito quando, ma vedrò di installarli a breve così da chiudere la questione toilette una volta per tutte.
Fatto questo sono andato a verificare i progressi del mio salotto dal mio mobiliere di fiducia. Il divano dovrebbe essere in arrivo, mentre per quanto riguarda il preventivo della libreria e dell’eventuale mobile TV ancora non ho avuto notizie.
In settimana mi sono reso conto che dovrò assolutamente avere una televisione, e quindi un mobile ove appoggiarla, prima di Giugno.
A Giugno ci sono gli Europei, cosa che ho erroneamente omesso di valutare al momento di attribuire le priorità dell’arredamento.
Occore rimediare alla svelta.
Dulcis in fundo, ho quasi ultimato l’allestimento delle prime due decorazioni da parete che affiggerò in casa. La prima è stata ultimata oggi e prenderà posto all’ingresso, sopra il calorifero.
La seconda è ancora in fase embrionale, anche e soprattutto a causa del fatto che fino a quando non avrò chiaro come sarà allestito il mio salotto non ho idea di dove collocarla.
Il DVD comunque è arrivato ed è pronto ad essere incorniciato.
Sono un po’ cotto.
Ultimamente non sto riposando moltissimo e questo mi priva dell’energia necessaria a vivere, tuttavia grazie ad alcuni colleghi caparbi che mi tengono costantemente sulla corda (Paola huber alles), sto comunque cercando di uscire di casa.
Fare cose e vedere gente.
Soprattutto fare cose.
Sta sera non so cosa mi riserverà il destino, ho appena paccato una serata al Magnolia ed una festa di carnevale nel condominio di Elena.
Va bene uscire, ma proprio non potrei farcela a reggere nessuna delle due situazioni.
Oggi pomeriggio sono stato al funerale del mio proff di italiano del liceo ed è stato strano. Strano rivedere molti miei ex compagni, strano sapere che gran parte dei miei ex professori non se la passa propriamente bene, strano ritrovarsi a pensare se fosse giusto o meno andare al funerale di un docente con cui ho condiviso un rapporto di onesta indifferenza lungo tre anni. Ora come ora tuttavia sono contento di aver scelto di andarci.
Oggi è stato anche il pomeriggio della terza sessione di prove per il matrimonio di Carlo. E’ tornato Orifizio e quindi io sono tornato a non fare supergiù nulla, cosa che alleggerisce un po’ il divertimento di andare in sala. Non troppo però, perchè alla fine si ride sempre un sacco.
Oltretutto oggi ho contattato il primo plausibile offerente di lezioni di batteria.
So di non essere molto credibile, ma penso proprio di iniziare.
E’ ora di mettersi in gioco.

Ha ragione il Silvio

In Italia c’è un problema serio di informazione.
Purtoppo Berlusconi quando parla di questa cosa lo fa in toni ridicoli e adducendo motivazioni risibili, però leggendo i giornali non gli si può certo dare torto.
Notizia di ieri è l’ormai famoso “bambino inglese con tre genitori“.
Con notizie come questa in circolazione ci si può mai stupire del terrore che la ricerca scientifica causa nel 90% della popolazione che non ha mezzi e possibilità di farsi un’idea corretta in merito?
Vediamo di fare un po’ di chiarezza in ambito.
Per la delusione di molti devo subito chiarire che l’embrione in questione ha, come tutti, solo due genitori. Un papà ed una mamma. La sua fecondazione è avvenuta in vitro sì, ma a scopo di impianto e quindi tra una cellula uovo materna ed uno spematozoo paterno. Nulla di più “normale”, nulla di più di quel che si può fare anche in Italia per avere un figlio. Fino a qui spero che nessuno abbia nulla in contrario quindi, visto che pure la medioevale legge 40 lo consente..
La domanda allora è: da dove arriva il terzo genitore?
Semplice, anzi no, abbastanza complicato, ma proviamo a spiegare.
Più o meno tutti sanno che il patrimonio genetico di un individuo sta nei suoi cormosomi e che questi si ereditano dai genitori.
Molti di coloro che sanno tutto questo sanno anche che i cromosomi in questione stanno nel nucleo delle cellule. La cellula embrionale non fa differenza.
Pochi invece sanno che esistono, fuori dal nucleo cellulare, organelli che si chiamano mitocondri. Questi organelli, fondamentali per il patrimonio energetico della cellula, hanno al loro interno del DNA che nulla ha a che fare con i cromosomi e che serve alla produzione di alcune delle proteine che i mitocondri usano per produrre energia. Mutazioni in questo DNA causano importanti patologie ereditarie.
Quel che si è fatto è stato quindi prelevare il nucleo dalla cellula uovo fecondata, e con lui i cromosomi regalati da papà e mamma, e inserirli in una cellula priva di nucleo, ma con mitocondri dal DNA “sano”.
Questo vuol dire essenzialmente che il bambino che si svilupperà dall’embrione in questione avrà subito una sorta di “trapianto di mitocondri”, come fosse stato trapiantato del cuore, e che se tutto andrà bene, sarà sano.
I suoi genitori saranno sempre e solo due e lui somiglierà loro come tutti i bambini.
Questa tecnica, che comporta grossi rischi nel processo di enucleazione e impianto, potrebbe portare all’eliminazione dalla nascita di alcune gravissime malattie genetiche. Ovviamente molto dev’essere ancora fatto, però è una gran bella notizia.
E allora mi chiedo: perchè cazzo sbatterla sui giornali come fosse l’ultimo best seller di Mary Shelly?
Scienziati pazzi e senza scrupoli che giocano a fare Dio, si legge un po’ da tutte le parti.
Ecco quello che penso.
Se Dio ci si fosse sbattuto una minima a fare sto mondo le malattie mitocondriali non esisterebbero e nessuno sentirebbe l’esigenza di cercarne la cura. Purtoppo però il Santissimo ha deciso di far le cose con pressapochismo e questo non tutti siamo disposti ad accettarlo. Troppe cose già vanno male senza che ci si possa fare nulla, quindi lavorare per far si che un bambino nasca con un’aspettativa di vita oltre i tre mesi non la reputo così una malvagia idea.
La scienza purtoppo ha sempre fatto paura e sempre ne farà.
E’ destino.
Tuttavia non capisco perchè si continua a dar credito ad una masnada di ignoranti che, informati in materia come potrei esserlo io di pesca all’aringa norvegese, si permettono di andare in TV o sui giornali a sparar cazzate.
Questa cosa mi ha messo addosso un po’ di nervosismo.
Forse però il mio nervosismo deriva dal fatto che oggi ho preso una decisione importante.

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Ho realizzato

Ho realizzato di essere uno stupido.
Un illuso.
Uno che non vuole sentire, capire nè credere a realtà che non gli piacciono.
Ho perso la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Forse l’ho buttata via senza accorgermene o forse sono stato io ad essere gettato al vento.
C’è differenza?
Non credo, ma anche qualora ci fosse, io non la vedo.
Non vedo niente.
Sento un gran male però.
Lo sfogo in lacrime che non hanno alcun potere, in imprecazioni vuote e fini a se stesse e in questa patetica pagina on-line.
Conscio dell’inutilità di tutto questo, non ho la forza di oppormi a quanto mi sto facendo.
Rendermi ridicolo agli occhi del prossimo attualmente non è un mio problema.
Il mio problema è che devo smettere di essere innamorato e non ho idea di come si faccia.
C’è chi mi dice di dimenticare.
Io non voglio dimenticare.
Voglio trovare la forza per ricominciare.
Forse dovrei davvero trasformarmi in ciò che non sono mai stato.
Dovrei essere egoista.
Pensare solo a me e a come rialzare la testa.
Autoconvincersi di essere il peggior rimpianto di una persona non aiuta, quando quella persona è il tuo peggior rimpianto.
La porta è stata chiusa, resta da accettare che non si aprirà mai più anche se così non dovesse essere.
E’ finita.
Ora ho realmente realizzato.

Diversivi

In queste ore, in questi giorni, la mia vita è fatta prettamente di diversivi.
Caramelle che tengano lontana la lingua dal dente dolente.
Dopo sole due righe posso già dire che scrivere qui sopra non rientra in questa categoria di cose. Immaginavo sarebbe stato così, ma mi illudevo che aprire una pagina e scrivere di tutto ciò con cui mi sto tenendo occupato sarebbe stata un’altra abile mossa Kansas City.
Purtroppo per me scrivere significa pensare e pensare significa sputare la caramella e riconcentrarsi sul dente ammalato.
Con sadismo, per altro.
Perchè meditandoci ti accorgi che ancora, di quello che è successo, non hai capito un cazzo e, soprattutto, hai effettivamente realizzato ancora meno.
Questo vuol essenzialmente dire che, come già pronosticato, le cose peggioreranno.
E spero peggiorino in fretta, perchè quanto percepisco intorno a me, purtoppo, non è reale.
A quel punto il compito dei diversivi sarà decisamente più arduo.
Intanto sono prigioniero di una razionalità in tilt, che soffoca l’emotività, ma non fornisce nulla se non confuse indicazioni contraddittorie.
Vorrei uscirne, ma non ci riesco.
Purtoppo e per fortuna la mia natura razionale è troppo arcigna per essere soverchiata dall’oggi al domani.
La speranza è che questo blog sappia aiutarmi come ha già fatto in passato.
Per questo e solo per questo, continuo a scrivere.

L’importante è crederci

Una volta suonavo in un gruppo.
Anzi, una volta cantavo in un gruppo, perchè non sono mai stato capace di suonare niente.
Erano i tempi del liceo ed eravamo quattro pirla a cui serviva una scusa (in più) per bere birra e fare casino.
Oltre a me, la band comprendeva Orifizio alla batteria, Peich al basso e Bazzu alla chitarra. A parte quest’ultimo (e non è che sto dicendo Jimmy Hendrix), gli altri due musicanti non avevano mai suonato prima della nostra prima sessione in sala prove.
Era il 1997.
Ricordo che il nostro primo pezzo fu composto nella mia cameretta, con Orifizio che per tenere il tempo si batteva sulle cosce la custodia di un CD.
L’avventura musicale degli H’S’P finì quando si iniziava a suonare in maniera accettabile, dopo aver dovuto ristampare le nostre magliette causa esaurimento copie e aver suonato solo ben due volte dal vivo.
A distanza circa dieci anni però, Uazza ha deciso di sposarsi e di invitarci a suonare al suo matrimonio.
Abbiamo accettato.
Ieri siamo tornati in sala prove (ed è bello ricordare che l’ultima volta ci ero andato in bicicletta, non avendo la patente), ci siamo fatti dare la saletta più piccola e brutta ebbiamo rimesso mano ad un po’ di materiale.
Più che altro, ci siamo divertiti un sacco.
Purtroppo non c’era Orifizio, così ho dovuto cimentarmi con la batteria.
Io non l’avevo mai toccata una batteria, però è da sempre un mio grosso rimpianto quello di non aver mai imparato a suonare.
Dopo ieri sera ho deciso di informarmi nel tentativo di prendere lezioni.
Ieri sera ho infatti realizzato che a 26 anni devo smetterla di reputarmi troppo vecchio per fare queste cose.
Questo però non c’entra con la band, perchè gli H’S’P per la reunion contano molto sulla presenza alle pelli del quarto membro storico.
Senza di lui non può essere la stessa cosa.
In barba al mio senso del pudore, chiudo con un video registrato ieri sera.
E’ una cover dei Ramones, da sempre uno dei nostri cavalli di battaglia.

Sconforto

Pato debutta e segna, gli Undead tornano sui campi di battaglia, manca meno di una settimana alla rivoluzione ed io non posso scrivere più di due righe qui dal laboratorio perchè Infostrada mi ha tagliato telefono e aDSL.
Che palle.
Se solo da me arrivasse Fastweb…

Spero che i detti popolari a volte si sbaglino

Sono stato tre giorni a Napoli.
Ci sono andato per la discussione di dottorato di Elena e con questa scusa ho avuto anche modo di fare il turista.
E’ stata una piacevolissima esperienza.
Per quanto non tutto ciò che si dice sul capoluogo campano sia totalmente campato in aria, devo riconoscere che molte delle mie paure e dei miei pregiudizi si sono rivelati infondati. Mi vergogno ad ammetterlo, ma per la prima volta prima di partire per un viaggio ho fatto un bel censimento delle cose da portare e non portare, decidendo così di lasciare a casa bancomat, carta di credito, patente, codice fiscale, cellulare nuovo, macchina fotografica e lettore mp3.
La paura era ovviamente quella di venire alleggerito dei sopracitati oggetti.
Fortunatamente Napoli non si è rivelata così spaventosa come me la immaginavo ed ha concesso a me, Paola e Veronica di girare per i suoi vicoli come perfetti turisti scattando foto (fortunatamente la Vero la macchina l’ha portata) senza che ci venisse torto un capello.
Anche il rapporto con la popolazione locale è risultato meritevole di lode, non solo per ciò che riguarda i fantastici amici di Elena e la sua premurosissima mamma, ma anche e sopratutto per gli sconosciuti. Gente calda e ospitale, tanto diversa dal popolo del nord da risultare “strana”, ma mai in senso negativo. A tal proposito è scattata un’interessantissima analisi sociale volta a sviscerare le profonde diversità culturali che caratterizzano milanesi e napoletani, dibattito che ha interessato un po’ tutti i presenti alla cena di Venerdì fino all’arrivo delle pizze.
Quando la prima fetta di margherita ha fatto ingresso nella mia bocca è diventato impossibile parlare d’altro.
Come dicevo però, è bene ricordare che non tutto ciò che di Napoli si racconta è frutto di fantasie, razzismo e pregiudizio.
Il traffico è effettivamente quanto di più selvaggio e maleducato possa esistere ed il problema dei rifiuti è drammaticamente reale.
Oltretutto il primo approccio con Napoli da noi avuto è stato con i tassisti, che si sono rifiutati di portarci via dall’aereoporto solo perchè abbiamo fatto presente loro che la cifra richiesta non era esattamente quella che ci era stata preannunciata dalla nostra collega.
Quello è stato un momento piuttosto buffo, visto che abbiamo parlato solo con un tassista ed improvvisamente anche tutti gli altri si sono rivelati ostili ed intenzionati ad abbandonarci lì. Addirittura è arrivato un tizio di corsa mentre provavo a fermarne un altro dopo essermi allontanato di qualche decina di metri. Gridava roba tipo: “Non caricarli!” e una volta sopraggiunto mi ha chiarito che dovevo smetterla di chiedere perchè nessuno ci avrebbe portato.
Diciamo che come primo impatto non era stato proprio positivo.
Ci sarebbe molto altro da dire di questo viaggio, ma non credo sia importante farlo.
Mi preme di più spendere un’ultima riflessione sulle persone che mi hanno accompagnato.
Splendide.
Trovarsi bene con i propri colleghi è un bene enorme in tutti i lavori. Purtoppo nel mio caso il fatto che tutti siano precari rende questa situazione terminale e di conseguenza triste.
Un po’ come quando si pensa all’inevitabile incombenza della morte.
Fortunatamente sono attimi passati i quali si torna a gioire della bellezza del presente.
Si dice “vedi Napoli e poi muori”, io spero solo che il poi duri molto.
E che morte, in tedesco, non si dica Heidelberg.

L’inizio

E’ giunto il momento di scrivere un po’ di impressioni sulla mia nuova vita.
Oggi erano le nove e dieci quando ho rimesso piede a casa fuori dal laboratorio. La giornata è stata massacrante e l’unica cosa che mi importava era arrivare a casa per mettermi a letto. Una volta varcata la soglia però, ecco lì ad attendermi nuove responsabilità e nuove mansioni. Innanzi tutto la cena da preparare, poi l’organizzazione del pranzo del giorno seguente, entrambe con annessi piatti da lavare, ed infine accenni di pulizia dell’angolo cottura che non so ancora come utilizzare senza ridurre una discarica.
Il pensiero di tutto questo è stato come un pugno in faccia.
A quel punto però ho aperto il frigor, ho estratto una delle sei Moretti ivi contenute, l’ho stappata e me la sono bevuta riflettendo su come tutto questo non contasse nulla rispetto al fatto che fossi in casa mia.
Perchè è lì la chiave che fa assumere al tutto una connotazione diversa.
Ora sono le 22.45 e sono seduto in soggiorno a scrivere mentre aspetto che il calorifero aiuti i filetti di nasello a scongelarsi.
Domani pesce e patate al forno.
Cazzo.
Nel fine settimana mi è tornata l’influenza e quello è stato un momento poco felice. Effettivamente, essere soli quando si sta male è una bella rottura di coglioni. Fortunatamente vivere da solo però non vuol dire essere solo sul serio.
Tutto questo e molto altro che pensavo avrei scritto e che invece non credo scriverò serve a dire che sono contento.
Davvero.
Sono stanco, provato, costantemente indaffarato, non molto organizzato e assai dispersivo nell’impiego delle mie energie, però sono soddisfato e spero di riuscire in questa piccola grande impresa che è l’autosostentamento.
Ho infornato il nasello.
Prima di chiudere con un immagine dal mio nuovo mondo, un’ultima riflessione.
Essere senza TV vuol prevalentemente dire non avere più possibilità di vedere il TG. E’ vero che non è facile parlare dei telegiornali come di fonti di informazione, ma la mia pigrizia fa si che senza di questi io risulti totalmente tagliato fuori da ciò che accade in Italia e nel mondo.
Forse anche per questo sto così bene.
Kitchen
* La bistecca di roastbeef del Carrefour ha nettamente dominato questi primi giorni.